Fisiologia del gusto

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Sinossi

Il gusto è una sensazione multimodale che comprende l'olfatto retronasale, la sensibilità somestesica (termica, tattile, cenestesica e propriocettiva) e la sensibilità trigeminale chimica. La localizzazione delle sensibilità sulla lingua è del tutto infondata alla luce dei moderni strumenti di misurazione. Le vie gustative sono descritte a partire dai recettori sensoriali, proteine chemiorecettrici delle cellule sensoriali, zone di scambio tra l'interno e l'esterno. Oggi il meccanismo della trasduzione che trasforma il messaggio chimico in messaggio elettrico è conosciuto meglio rispetto al meccanismo di riconoscimento degli stimoli da parte dei recettori. Le vie ascendenti sono descritte a partire dai nervi periferici fino alle proiezioni corticali, che oggi è possibile esaminare mediante imaging cerebrale. La codificazione neurofisiologica della qualità e dell'intensità del gusto introduce la nozione di immagine sensoriale, in virtù della quale il sistema gustativo è un sistema discriminatore e non classificatore. Ogni molecola è identificata dall'insieme dei recettori gustativi e le differenze interindividuali di percezione e di sensibilità sono estremamente rilevanti. Il ricorso alla semantica e alla nozione di quattro qualità di base si è rivelato fortemente riduttivo ai fini dello studio della fisiologia del gusto. Esistono solamente descrizioni semantiche della percezione gustativa? Alcune particolarità del sistema gustativo rivelano l'importanza dell'apprendimento della temperatura, del pH e dell'ambiente. Attualmente i ricercatori sembrano concordare sulla teoria secondo cui l'età ridurrebbe la sensibilità olfattiva senza influire sul gusto.

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Introduzione

.Sensazione multimodale

Nella cavità orale sono presenti tre modalità sensoriali: gustativa, olfattiva e somestesica. Per modalità olfattiva si intende essenzialmente la sensibilità olfattiva percepita dalla via retronasale, o via delle coane. L'odore delle molecole adsorbite sulle mucose della cavità orofaringea viene percepito per via retronasale, soprattutto in quanto le coane sono aperture più grandi e meglio orientate verso la mucosa olfattiva senza l'ostacolo dei turbinati, come avviene invece nella via diretta anteriore attraverso le narici. D'altronde la pressione di vapore, che aumenta proporzionalmente alla temperatura, è maggiore nella bocca rispetto all'esterno e ciò aumenta la concentrazione degli stimoli odorosi nella fase di vapore all'interno della cavità orale e, quindi, la loro risalita verso la mucosa olfattiva attraverso le coane. In tal modo la modalità olfattiva è sempre fisiologicamente associata alla modalità gustativa, tanto che l'«insight» non riesce a distinguere le due sensazioni. Per individuare la confusione occorre eliminare l'olfatto retronasale mediante un artificio che consiste nel respirare una corrente di aria a 200 L/h circa attraverso le narici in senso anteroposteriore. Per sensibilità somestesica si intende le sensibilità termica, tattile, cenestesica, propriocettiva e trigeminale chimica. La confusione è grande anche tra modalità gustativa e modalità somestesica: esiste un'interazione tra le percezioni gustative e la struttura dei cibi. Il tatto superficiale e profondo, le informazioni propriocettive (tensione muscolare), cenestesiche (spostamento angolare delle articolazioni) e termiche (caldo, freddo) fanno parte integrante del «gusto» dei cibi. Un altro elemento importante è la sensibilità trigeminale chimica: alcuni recettori delle terminazioni perigemmali libere del trigemino sono sensibili agli stimoli piccanti: piperina del pepe, capsaicina del peperoncino. Tutte queste informazioni vengono inconsciamente confuse in una singola immagine sensoriale complessiva, a causa della presenza simultanea nell'alimento in bocca delle stimolazioni adeguate per le differenti sensibilità e a causa della convergenza funzionale delle vie di queste diverse modalità sensoriali.

.Localizzazione delle sensibilità sulla lingua

Un errore molto diffuso in letteratura consiste nel presentare una mappa delle diverse sensibilità qualitative sulla lingua. Tuttavia, è possibile misurare localmente sulla lingua soglie per diversi stimoli. La stimolazione della punta della lingua, del margine laterale, della regione delle papille foliate, della parte dorsale della lingua, o del velo palatino, permette di ottenere una percezione cosciente e di misurare una soglia di concentrazione: non si può assolutamente pretendere, quindi, di localizzare le sensibilità sulla lingua in funzione della natura dello stimolo; si sente tutto, ovunque, con una variazione quantitativa della sensibilità. LFigura 1 rivela il grado di intensità percepito durante stimolazioni locali mediante cotton-fioc per nove molecole differenti, su sette aree della lingua in 81 persone (dati personali). L'intensità della percezione varia a seconda della zona, ed è correlata alla densità delle papille. L'analisi dettagliata dei dati individuali mostra che, di fatto, è possibile riscontrare localmente una sensibilità preferenziale diversa per ogni persona. Grazie alle stimolazioni localizzate, inoltre, si riscontrano zone totalmente ageusiche probabilmente dovute a cause iatrogene (asportazione di denti o di polpa dentaria).

.Fig 1 : 
Mediante cotton-fioc sono stati applicati localmente nove stimoli diversi su sette zone distinte della lingua in 81 persone. Tre zone sono situate all'estremità della lingua, due sono simmetriche sui bordi laterali esterni, in corrispondenza dei denti n° 5, le ultime due sono dorsali con pari anteriorità. Gli stimoli sono stati applicati casualmente e alla cieca, dopo una seduta di allenamento. I partecipanti dovevano rispondere 0, 1 o 2 a seconda che percepissero o meno una sensazione indefinita o una sensazione netta. La figura illustra: 1. una mappa differente per ognuna delle quattro persone
presentate; 2. la sensibilità allo zucchero è maggiore sui bordi laterali rispetto alla zona anteriore per almeno due persone, contrariamente a quanto si ritiene abitualmente; 3. non sono rare zone ageusiche, sebbene le persone non ne siano consapevoli. Dalla media dei dati di tutti i partecipanti risulta che tutti gli stimoli sono efficaci su tutte le zone, e che le risposte maggiori e la maggiore densità delle papille caratterizzano sempre le stesse zone. HCl: acido cloridrico; NaCl: cloruro di sodio; MSG: glutammato monosodico.

Lo studio della sensibilità delle cellule e delle fibre gustative unitarie e lo studio dei campi recettoriali, inoltre, smentiscono l'esistenza di una mappa delle sensibilità sulla lingua. Infatti, le fibre della corda del timpano sono ramificate: una fibra innerva in media tre-quattro papille nel roditore e una papilla è innervata da tre-quattro fibre. Sulla lingua del gatto sono stati rilevati campi recettoriali di neuroni della corda del timpano formati probabilmente da piccoli punti lontani gli uni dagli altri. Ogawa e la sua équipe, mediante registrazioni nel nucleo del tratto solitario (NTS) o nel ponte, rispettivamente primo e secondo relais della catena sensoriale gustativa, hanno riscontrato nel roditore campi recettoriali disgiunti, con alcuni neuroni che rispondevano sia alla stimolazione di una piccola superficie della periferia della lingua sia a una piccola area del velo palatino o della parte faringea della cavità orale. Questa connessione nervosa dissociata non sembra compatibile, a priori, con la teoria di una localizzazione delle sensibilità secondo cui il dolce sarebbe percepito all'estremità della lingua, l'acido ai bordi ecc.

.Parametri della percezione gustativa

Per comodità distinguiamo la natura del gusto, che chiameremo qualità gustativa, la sua intensità e il parametro edonistico o di preferenza (quanto gradisco o non gradisco questo stimolo). Questa distinzione intellettiva estremamente chiara e il concetto di indipendenza di questi elementi non sono sempre scontati nella realtà pratica: sembra che le persone sostituiscano costantemente una discriminazione di intensità con una discriminazione qualitativa e confondano, al momento di gustare, la nozione di intensità, di preferenza e di natura della percezione. Ciascuno di questi tre parametri può essere valutato, in psicofisica, mediante misurazioni ripetute e dare luogo a una quantificazione indipendente, ripetibile e statisticamente convalidata.

.Dal recettore alla corteccia: le vie gustative

I recettori sensoriali sono proteine cosiddette chemiorecettrici situate nella membrana dei microvilli delle cellule sensoriali. Queste cellule (fig. 2), molto lunghe sono situate nelle gemme del gusto e il loro apice sconfina nel poro gustativo, una zona di scambio tra l'interno e l'esterno. Le gemme del gusto sono strutture a forma di «barilotto» di 50 μm di diametro e 50 μm di altezza, situate nelle papille gustative. In questa gemma sono situate verticalmente fino a dieci cellule fusiformi.

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Fig 2 : 
Ricostruzione di gemme del gusto di coniglio in vista laterale e dall'alto che mostra le cellule sensoriali (Royer e Kinnamon, 1991).

Le papille presentano una struttura diversa a seconda della localizzazione sulla lingua. Le papille fungiformi, di circa 500 μm di diametro, situate sui due terzi anteriori della lingua, contengono una o poche gemme del gusto. Il loro numero varia da 500 a 5.000 a seconda degli individui e la densità è massima all'estremità della lingua. Le papille del V linguale, dette caliciformi, sono costituite da un solco circolare nel quale sboccano i pori delle centinaia di gemme presenti. Le papille foliate, situate sui bordi esterni della lingua a livello del V linguale, sono costituite di solchi lineari e paralleli nei quali sboccano i pori delle gemme del gusto.

.Cellule sensoriali e rinnovamento cellulare

È noto che le cellule gustative, di origine epiteliale e non nervosa a differenza del neurorecettore olfattivo, sono sottoposte a un rinnovamento cellulare continuo di durata pari a 10 giorni circa. Si pone, quindi, il problema della stabilità della codificazione in periferia mediante il riconoscimento delle fibre e delle cellule di sensibilità adeguata. È stato dimostrato che il nervo gustativo è necessario ai fini della sopravvivenza delle cellule sensoriali grazie a fattori trofici trasportati dall'assone, ma la specificità della risposta gustativa sembra avere origine nel tessuto epiteliale. Un processo di riconoscimento reciproco garantisce la costanza del segnale nonostante il rinnovamento cellulare.

.Recettori

Il piano dei recettori, proteine chemiorecettrici situate nei microvilli delle cellule sensoriali, è attualmente l'anello meno conosciuto della catena sensoriale gustativa. Dopo i lavori condotti negli anni Settanta e Ottanta, nessuno è stato in grado di estrarre i recettori e capirne le relazioni con gli stimoli. La difficoltà dell'estrazione è, di fatto, una fonte di informazioni in quanto è dovuta alla scarsa affinità e alla scarsa specificità dei recettori per gli stimoli. Le interazioni tra stimoli e recettori si basano su alcuni legami di idrogeno (alcune chilocalorie per mole) e sulle interazioni dette idrofobe, come le forze di Van der Waals, all'origine della formazione di un complesso estremamente instabile. Dal punto di vista energetico, quindi, la situazione è molto diversa da un'interazione tra un enzima e il suo substrato. Attualmente prevale l'ipotesi del rapporto multiplo (non specifico) tra diversi recettori compatibili con uno stesso stimolo e, simmetricamente, tra diversi stimoli compatibili con uno stesso recettore, sulla base del concetto di «diversità molecolare» introdotto recentemente in farmacologia. I progressi dell'informatizzazione hanno permesso di sviluppare strumenti per la costruzione di modelli matematici applicabili alle molecole e di proporre delle strutture modello di sedi recettoriali. Questi recettori sono molto probabilmente recettori per gli stimoli organici dotati di sette segmenti transmembranari, mentre gli ioni Na+ e H+, responsabili rispettivamente delle sensibilità salata e acida, stimolano le cellule passando per alcuni ionofori.
Un tentativo di clonazione ha fornito 60 cloni responsabili della sintesi proteica della lingua, ma non ha accertato la natura chemiorecettrice di ognuna di queste proteine. Nelle gemme del gusto è stata riscontrata una proteina G, GUST27. Attualmente sono in corso lavori di genomica riguardanti l'olfatto senza corrispettivo per il sistema gustativo.

.Trasduzione

Grazie allo sviluppo della tecnica del patch clamp, che utilizza una sovrapposizione tra la micropipetta e la cellula in modo che la resistenza tra l'interno della pipetta e il bagno sia pari ad alcuni gigaohm, è possibile misurare correnti dell'ordine dei picoampère. Ciò permette di «vedere» passare gli ioni a scala quantica attraverso la membrana cellulare fissata all'estremità della pipetta di patch, sia che si tratti di un piccolo frammento della membrana cellulare staccato dalla cellula sia che si tratti di un piccolo frammento della membrana della cellula rimasta integra (configurazione della cellula intera o cellula attaccata). In tal modo si riscontrano varie vie di trasduzione ionotropiche o metabotropiche, mediante l'individuazione di canali attraverso la conduttanza in picosiemens e la sensibilità a una serie di agenti farmacologici agonisti o antagonisti di questi canali, applicati all'esterno della pipetta, nel bagno o all'interno della pipetta. Si distinguono gli ionofori o recettori ionotropici, i recettori-canale e i recettori metabotropici. Solo questi ultimi sono in rapporto con una catena di reazioni enzimatiche intracellulari, che producono messaggeri secondari.
Tra gli stimoli gustativi gli stimoli organici, cioè la maggior parte degli stimoli, presentano una forma geometrica che viene riconosciuta dai recettori per produrre la percezione. Al contrario gli stimoli ionici, Na+ e H+, sono ioni idratati caratterizzati unicamente dal raggio della sfera e dalla carica. In tal modo, il gusto salato è dovuto al catione Na+, il gusto acido al catione H+ e nessuno dei due presenta una forma da riconoscere, come nel caso delle molecole organiche quali gli osi, gli aminoacidi, le proteine o qualsiasi molecola di sintesi.
Nel caso del gusto, lo ione H+ chiude alcuni canali di potassio situati all'apice della cellula, determinando una depolarizzazione membranale mediante aumento delle cariche positive all'interno. Il catione Na+ passa attraverso alcuni canali specifici, tra i quali si distinguono almeno due categorie in quanto solamente alcuni vengono bloccati dall'amiloride. Anche i cationi Na+ possono passare attraverso canali cationici non specifici. L'ingresso di ioni Na+ attraverso la membrana apicale comporta una depolarizzazione della membrana. Questi canali sono pressocché ubiquitari e, di conseguenza, quasi tutte le cellule sono in grado di rispondere allo stimolo NaCl. È per questo motivo che un po' di sale aggiunto in cucina «esalta» tutti i sapori senza alterarli?
Il caso dei recettori- canale è illustrato dalla L-arginina che, nel pesce-gatto, si lega a recettori direttamente accoppiati a canali cationici non specifici.
La trasduzione del saccarosio passa attraverso la via dell'adenosina ciclica monofosfato (AMPc). Il saccarosio, come le altre molecole organiche, viene riconosciuto da uno o più tipi di recettori metabotropici all'interno dei microvilli della membrana apicale della cellula sensoriale; questo binding estremamente particolare con i cosiddetti recettori a sette segmenti transmembranari attiva una proteina G situata sotto la membrane associata al recettore, determinando una serie di eventi: un'adenilciclasi prodotta dall'adenosina ciclica monofosfato a partire dall'acido adenosin-trifosfato (ATP); l'adenosina ciclica monofosfato, messaggero intracellulare secondario, attiva una fosfochinasi A che, all'estremità basale della cellula, determina una fosforilazione e chiude un canale normalmente aperto al potassio uscente, a riposo. Ne consegue un accumulo di cariche positive all'interno e una depolarizzazione elettrica della cellula.
Un'altra via consiste nel modulare la concentrazione di adenosina ciclica monofosfato mediante una fosfodiesterasi attivata dalla proteina G. Ne consegue una modificazione dei valori di apertura dei canali K+ della membrana basale.
Un'altra via è conosciuta con il nome di via dell'IP3 (inositolo trifosfato), messaggero intracellulare secondario affiancato a un altro tipo di recettore metabotropico. Secondo lo stesso processo (vedi sopra), uno stimolo viene riconosciuto da uno o più recettori accoppiati a una proteina G in grado di attivare la fosfolipasi C. Quest'ultima determina la formazione di inositolo trifosfato che può mobilizzare i depositi di calcio (Ca++) intracellulari del reticolo endoplasmatico. Il calcio determina la liberazione del neuromediatore nella fessura sinaptica mediante esocitosi e produce potenziali di azione sul neurone gustativo. La fosfolipasi C può determinare la liberazione del DAG (diacilglicerolo), responsabile dell'attivazione di una fosfochinasi C in grado probabilmente di determinare una fosforilazione negli stessi canali del potassio della fosfochinasi A della via dell'adenosina ciclica monofosfato.
Per quanto riguarda l'attribuzione di una via precisa a una qualità gustativa, la questione non è semplice per le molecole organiche, contrariamente a quanto avviene per gli ioni sodio, salato e H+, acido. La chinina, che è abitualmente il composto di riferimento dell'amaro, chiude i canali di potassio della membrana apicale, come gli H+. Forse non si tratta dell'unica sede di azione, ma ciò può spiegare il motivo per cui tutti i lavori di registrazioni elettrofisiologiche del primo neurone hanno dimostrato una certa correlazione tra la sensibilità all'acido e alla chinina. Il denatonio, altro stimolo amaro, attiva la via dell'inositolo trifosfato e la via del diacilglicerolo mediante la fosfolipasi C, ma è stato dimostrato che agisce anche sulla fosfodiesterasi che regola la concentrazione di adenosina ciclica monofosfato. Gli zuccheri e gli edulcoranti aprono canali cationici sensibili all'amiloride: lo zucchero attiva anche la via metabotropica dell'adenosina ciclica monofosfato e gli edulcoranti le vie dell'inositolo trifosfato e del diacilglicerolo. Tuttavia, la loro azione non è indipendente in quanto entrambe le vie, che coesistono nelle stesse cellule, finiscono verosimilmente sugli stessi canali di potassio della membrana basale.
Il saccarosio e la D-fenilalanina, entrambi dolci, non funzionano con le stesse vie di trasduzione; allo stesso modo, la saccarina e il D-triptofano, anch'essi dolci, non funzionano nello stesso modo: le correnti di potassio ottenute mediante la stimolazione con D-triptofano dolce non sono influenzati dalla presenza di gurmarina, un inibitore del gusto dolce, contrariamente alle correnti di potassio registrate in risposta alla stimolazione mediante saccarina.

La Figura 3 ricapitola lo stato attuale delle nostre conoscenze e mostra chiaramente che diversi meccanismi di trasduzione non solo sono presenti contemporaneamente in una stessa cellula ma interagiscono l'uno con l'altro. Di conseguenza, non è possibile assegnare un'unica via di trasduzione a una «qualità» gustativa, né si può ancora ritenere che queste vie funzionino indipendentemente.

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Fig 3 : 
Schemi delle vie di trasduzione individuate nelle cellule gustative di diverse specie (da Kinnamon e Margolskee, 1996).

 

 

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Qualunque sia la via di trasduzione utilizzata, l'ultima fase del processo consiste in un accumulo di calcio in corrispondenza della fessura sinaptica, che determina l'esocitosi del neuromediatore nella membrana presinaptica e, di conseguenza, potenziali di azione nel neurone sottostante. Il calcio proviene dagli stock del reticolo endoplasmatico, mobilizzati nel caso della via dell'inositolo trifosfato, oppure da un rientro di calcio extracellulare attraverso canali di calcio della membrana basale. Questi canali dipendono dal voltaggio e vengono attivati (aperti) mediante la depolarizzazione cellulare, essa stessa conseguente alla modulazione della quantità di canali K+ aperti nella membrana basale. È la cellula, grazie al suo metabolismo, a fornire l'energia necessaria alla traduzione del messaggio chimico in messaggio «elettrico» (potenziale di azione). Il segnale, codificato in frequenza da questo momento, progredisce verso il sistema nervoso centrale.

.Innervazione periferica (Fig 4)

 

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Fig 4 : 
Vie gustative periferiche (da Rouvière). 1. Nervo linguale; 2. corda del timpano.

Le papille fungiformi dei due terzi anteriori della lingua sono innervate dalla la corda del timpano. Le fibre della corda del timpano viaggiano con le fibre del nervo V che assicura la sensibilità somestesica dei due terzi anteriori della lingua. Le fibre del V non penetrano nella gemma del gusto e non innervano le cellule gustative, ma rimangono perigemmali. Lungo il percorso periferico l'insieme delle fibre gustative e trigeminali prende il nome di nervo linguale, che successivamente designerà il contingente trigeminale quando si dividerà dalla «corda del timpano» che veicola la sensibilità gustativa chimica. La corda del timpano deve il suo nome al fatto che questo ramo nervoso segue la circonferenza del timpano, la regione più importante con cui entra in contatto.
Le papille caliciformi, situate nella parte posteriore della lingua, sono disposte secondo una forma geometrica detta a «V». Vengono innervate dal nervo IX o glossofaringeo, che veicola le sensibilità chimica (gustativa) e somestesica (meccanica e termica). Le papille foliate, invece, presentano una doppia innervazione  della corda del timpano e del glossofaringeo. Per quanto riguarda il numero di gemme del gusto, le papille caliciformi costituiscono un contingente più importante e le papille fungiformi un contingente minore (15% nei roditori, sebbene sia necessario tener conto di una grande variabilità numerica nell'uomo, da 500 a 5.000), ma la presenza in avamposto all'estremità della lingua, dove la densità è massima, conferisce loro un'importanza funzionale indipendente dal numero di gemme del gusto.
I corpi cellulari dei neuroni gustativi della corda del timpano sono riuniti nel linfonodo genicolato, i corpi cellulari del nervo trigemino nel linfonodo trigeminale o linfonodo di Gasser, mentre i corpi cellulari dei neuroni del glossofaringeo sono localizzati nel linfonodo petroso.
È stata accertata una sensibilità palatina nell'animale e nel feto umano, in cui si ritiene regredisca alla nascita. Tuttavia, il 40% degli adulti esaminati da Nilsson presenta una sensibilità gustativa sul velo palatino, che abbiamo potuto constatare anche noi mediante stimolazione elettrogustometrica in 60 adulti. Il palato è innervato dal grande nervo petroso superficiale. I corpi cellulari di questi neuroni sono situati nel linfonodo genicolato, e di conseguenza questa via segue lo stesso percorso della corda del timpano. Il grande nervo petroso superficiale innerva, nel ratto, il canale naso-incisivo situato dietro gli incisivi superiori, e veicola una sensibilità al saccarosio maggiore di quella della corda del timpano . Il nervo laringeo, ramo del vago X, veicola, almeno nel gatto, una rilevante sensibilità al saccarosio. I suoi corpi cellulari sono situati nel linfonodo nodoso.
La corda del timpano raggiunge il nervo facciale VII e prende allora il nome di VII bis o «facciale accessorio». I rami dei due nervi sono giuntivi, sempre identificabili. Al suo ingresso nel cranio, il facciale accessorio prende il nome di intermediario di Wrisberg.
Il segnale nervoso proveniente dalle cellule sensoriali gustative, emesso nei nervi VII bis, IX e forse X all'occorrenza, si proietta nei relais successivi della catena sensoriale.

.Vie ascendenti

Le vie gustative (Fig 5) sono state accuratamente descritte nel ratto. Studiate anche nel gatto, nel coniglio e nella scimmia, sono poco conosciute nell'uomo.

.Fig 5 : .

A. Vie ascendenti del gusto e della somestesia linguale. Le informazioni gustative sono veicolate dai nervi VII bis, IX e X. Le informazioni somestesiche linguali (tattili, termiche e chimiche) sono veicolate dal nervo linguale V. Le fibre somestesiche sono dotate di proiezioni prevalentemente controlaterali, mentre le proiezioni gustative sono omolaterali. Le fibre somestesiche e gustative proiettano nelle stesse aree corticali somatosensoriali I II (SI e SII), situate rispettivamente nella superficie dell'opercolo rolandico, alla base del giro postcentrale e nel lobo dell'insula (da Cerf, 1998). In blu: lemnisco mediano; in rosso: fascio tegmentale centrale; 1. ponte; 2. bulbo; 3. midollo spinale; Ln: linfonodo nodoso; Lp: linfonodo petroso; Lg: linfonodo genicolato; Lt: linfonodo trigeminale; NFS: nucleo del fascio solitario; NP: nucleo pontino; NPV: nucleo principale del V; NSV: nucleo spinale del V; Tal: talamo; VPM: nucleo ventroposteromediale; SI: area somatosensoriale I; SII: area somatosensoriale II.B. Schema delle vie gustative centrali secondo Norgren, 1985. Cna: nucleo centrale dell'amigdala; bst: nucleo del letto della stria terminale (Bed nucleus of stria terminalis); ht: ipotalamo; pbn; nst: nucleo del tratto solitario; VPMpc: nucleo ventropostedromediano parvicellulare; agic: corteccia insulare agranulare.

Le fibre dei tre nervi gustativi, VII bis, IX e X raggiungono il primo relais della catena sensoriale gustativa, il nucleo del fascio solitario (NFS) o nucleo del tratto solitario, situato nel bulbo, e proiettano nella porzione laterale secondo una disposizione corrispondente all'innervazione della lingua. Gli assoni del VII bis proiettano nella porzione più rostrale della parte laterale del nucleo del tratto solitario, e gli assoni del IX appena posteriormente. Gli assoni del X proiettano nella porzione più posteriore, a lato delle afferenze viscerali del nucleo del tratto solitario . Il nervo linguale (trigemino, V) proietta in maniera esattamente sovrapponibile alla corda del timpano.
Il secondo relais gustativo nel ponte, gruppo diffuso di piccole cellule che circondano il brachium conjunctivum, o peduncolo cerebellare, è stato riscontrato nel ratto da Norgren e Leonard nel 1971. Nella scimmia, almeno una parte delle fibre provenienti dal nucleo del tratto solitario bypassano il relais e proiettano direttamente nel talamo, mentre le fibre del nucleo del tratto solitario che proiettano nel ponte non sembrano proseguire verso il talamo. Nell'uomo, la presenza di proiezioni gustative nel relais pontino è attestata da osservazioni cliniche che descrivono carenze gustative legate a lesioni o emorragie situate nel ponte all'origine di atrofia retrograda del nucleo del tratto solitario.
A partire dal relais pontino o del nucleo del tratto solitario le fibre gustative raggiungono il talamo, proiettando nella porzione parvicellulare più ventrale, posteriore e mediana del talamo ventroposteromediano (VPMpc), chiamato talamo ventrobasale nell'uomo.
Malgrado un'antica credenza, le vie gustative sono omolaterali dal fascio tegmentale centrale, contrariamente alle vie della somestesia (nervo linguale o trigemino, V) che sono incrociate nel lemnisco mediano. Le osservazioni cliniche circoscrittre confermano l'omolateralità delle proiezioni gustative nell'uomo fino al talamo. Questo errore è dovuto al fatto che per localizzare le proiezioni gustative si ricorreva generalmente a una stimolazione della lingua di natura elettrica (quindi somestesica) e non gustativa chimica.
Infine, i neuroni provenienti dal relais talamico raggiungono le aree corticali.

.Proiezioni corticali

Ageusie moderate e persistenti (più di 1 mese) sono legate all'asportazione congiunta dell'insula anteriore e dell'opercolo, la parte esposta o infossata della base dei giri precentrali e postcentrali. Queste ageusie sono aggravate dall'ablazione della parte temporale. Nella scimmia-scoiattolo, due zone di proiezione spazialmente separate rispondono quasi simultaneamente alla stimolazione elettrica dei nervi VII bis o IX ; la parte inferiore dell'area somatosensoriale I (SI), corrispondente alla rappresentazione somatica delle strutture orali, alla superficie dell'opercolo parietale, e la parte profonda dell'opercolo frontale. Le risposte della seconda area presentano una latenza di 2 o 3 millisecondi in più e sono strettamente omolaterali. Gli esperimenti di asportazione hanno dimostrato che solo la rimozione combinata delle due aree corticali comporta la degenerazione dell'area gustativa talamica (VPMpc). Benjamin per primo, ha proposto l'ipotesi di proiezioni di sostegno (sustaining projections) del nucleo ventroposteromediano parvicellulare verso le aree corticali gustative, cioè di neuroni ramificati a partire dal nucleo ventroposteromediano parvicellulare.
Iniezioni anterograde di marker anterogrado nel nucleo ventroposteromediano parvicellulare hanno confermato, nel macaco, la presenza di queste due zone di proiezione simultanea provenienti dal talamo, la prima situata nella metà anteriore dell'insula e nell'opercolo frontale adiacente, la seconda alla base del giro precentrale, vicino all'area somatosensoriale. Questa doppia proiezione è stata confermata anche da registrazioni di potenziali indotti  e da marcature alla citocromo ossidasi.
Nell'uomo sono riportati studi clinici fin dalla fine del XIX secolo. Nel 1940 Bornstein localizzò le lesioni nella corteccia parietale e nella corteccia gustativa alla base del giro postcentrale, nell'area 43 di Brodmann. Inoltre, sono stati descritti due casi di epilessia caratterizzati da aure o allucinazioni gustative in concomitanza con lesioni situate nella scissura silviana con compressione dell'opercolo parietale o nell'opercolo parietale.
Stimolazioni elettriche dell'insula mediana nel corso di interventi intracerebrali possono determinare sensazioni gustative, spesso interpretate come sgradevoli o sconosciute in pazienti epilettici coscienti. Inoltre, queste stimolazioni possono indurre risposte sensoriomotorie dello stomaco, sensazioni di nausea ed eventualmente di paura. Motta ha studiato 79 pazienti in cura per tumori cerebrali o episodi vascolari. Dieci pazienti soffrono di ipogeusia sul lato della lingua omolaterale alla lesione e di deficit sensoriomotori controlaterali. Lo studio istologico dell'encefalo di tre pazienti ha permesso la localizzazione della lesione nell'insula. Motta conclude che la funzione gustativa si basa sull'integrità dell'insula anteriore e che le proiezioni gustative sono omolaterali, contrariamente alla sensibilità tattile della lingua che è controlaterale.
In tempi più recenti uno studio di risonanza magnetica (RMN) funzionale ha riunito i dati talvolta contradditori della letteratura e ha descritto esaurientemente le attivazioni corticali in risposta alla stimolazione gustativa e somestesica della lingua. La Figura 6 riassume comparativamente i dati della letteratura e i dati di questo studio di imaging cerebrale. Le aree corticali gustative comprendono l'insula anteriore, l'opercolo frontale adiacente, la parte esposta e la parte profonda della base del giro precentrale e postcentrale (o opercolo rolandico). La parte opercolare del giro temporale superiore viene attivata in occasione della percezione gustativa. La parte insulare alta e la parte bassa adiacente dei giri precentrali e postcentrali ospitano una zona di attivazione che potrebbe essere la zona delle proiezioni dirette, mentre l'insula bassa mostra un'attivazione monolaterale nell'emisfero dominante per una stimolazione complessiva della cavità orale (Faurion et al. Neurox Letters. 1999; 277 (3): 189-192). Questa zona è manifestamente secondaria. Uno studio di magnetoencefalografia (MEG) indica latenze più brevi per l'insula superiore.

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Fig 6 : 
studio in risonanza magnetica (RMN) funzionale delle proiezioni gustative nell'uomo. Schema ricapitolativo delle principali aree attivate in occasione della percezione gustativa. Le attivazioni sono state localizzate prevalentemente nel lobo dell'insula (1 e 2), nell'opercolo frontale (3), nell'opercolo rolandico o base dei giri precentrali e postcentrali (4) e nell'opercolo temporale (5). Nel lobo dell'insula sono state distinte due zone, la prima situata nella parte superiore del lobo insulare (1) e la seconda nella parte inferiore (2) (Cerf, 1998). F1: Giro frontale superiore; F2: giro frontale medio; F3: giro frontale inferiore; PrC: giro precentrale; PoC: giro postcentrale; CG: giro cingolato; T1: giro temporale superiore; T2: giro temporale medio; T3: giro temporale inferiore.
A. Vista laterale (emisfero sinistro).
B. Lobo dell'insula (emisfero sinistro).
C. Sezione coronale 1.
D. Sezione coronale 2..

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Gli stimoli somestesici e gli stimoli gustativi attivano complessivamente le stesse zone, ma le attivazioni simultanee nel corso della stimolazione non sono identiche per una stimolazione puramente gustativa e una stimolazione somestesica o somatogustativa: sono facilmente visibili l'immagine multimodale del «gusto» e la discriminazione potenziale di queste sensorialità.

.Lateralizzazione

Gli studi sulla scimmia di Benjamin e Burton dimostrano chiaramente che le proiezioni corticali del VII bis e del IX sono omolaterali nell'insula e nell'opercolo frontale adiacente, e ciò concorda con la natura omolaterale dei disturbi gustativi osservati da Motta in seguito a lesioni localizzate nell'insula. Ma le proiezioni di questi stessi nervi nell'opercolo parietale sono al tempo stesso omolaterali e controlaterali, sebbene con una latenza più breve nell'emisfero omolaterale. Ciò permette di comprendere le osservazioni di disturbi gustativi controlaterali effettuate da Bornstein, sebbene apparentemente in contraddizione con quelle di Motta.

.Proiezioni extracorticali

La questione verrà trattata in un altro articolo in quanto riguarda l'assunzione e la regolazione alimentare, un argomento che supera i confini della fisiologia sensoriale gustativa propriamente detta. Tuttavia, in questa sede possiamo riassumere alcune considerazioni. Nel ratto sono state descritte proiezioni verso le aree limbiche a partire dal ponte e, eventualmente, dal nucleo del tratto solitario. Queste proiezioni terminano nel nucleo centrale dell'amigdala, nel nucleo del letto della stria terminale, nell'ipotalamo laterale e in altre strutture limbiche quali la sostanza innominata. Il complesso dell'amigdala è considerato una struttura multisensoriale che partecipa ai processi generali di memorizzazione e in particolare ai meccanismi di formazione del condizionamento gustativo avversivo. L'ipotalamo laterale partecipa alla valutazione edonistica generale degli stimoli esterocettivi e introcettivi. Nella scimmia è possibile riscontrare cellule che rispondono specificatamente alla vista di una bibita gradita all'animale, o che si attivano in occasione dell'assunzione di cibo.

.Vie discendenti

Nell'animale Norgen, ha riscontrato vie efferenti fino al nucleo del tratto solitario ma non oltre, contrariamente ad altri sistemi sensoriali, l'udito per esempio.

.Convergenze funzionali

È molto difficile trovare cellule nella corteccia che rispondano unicamente agli stimoli gustativi. Quasi tutte le cellule rispondono a una o più modalità percepite nella cavità orale: caldo, freddo, tatto. Giachetti e Mac Leod hanno dimostrato convergenze cellulari che riuniscono la sensibilità somestesica della lingua e la sensibilità propriamente olfattiva nella corteccia piriforme. Inoltre, gli stessi Autori hanno riscontrato una convergenza olfattolinguale nel talamo del ratto. Infine, nel nucleo del tratto solitario si riscontrano risposte olfattive multisinaptiche.
Gli stessi nervi periferici sono solo in parte specifici: la corda del timpano che innerva i due terzi anteriori della lingua trasmette la sensibilità chimica e anche termica, discriminando differenze di 3 °C circa nel criceto, mentre il ramo linguale del V trasmette le informazioni somestesiche e termiche più elaborate, con una capacità di discriminazione ampiamente inferiore al decimo di grado. Il glossofaringeo, che innerva la parte più posteriore della lingua, è misto.
Non c'è quindi da meravigliarsi che la semantica relativa al «gusto» sia caratterizzata da una certa confusione tra le diverse modalità sensoriali (gusto, olfatto, somestesia), in tutte le culture attuali e antiche più o meno etnicamente distinte.

.Codificazione neurofisiologica della qualità gustativa

Ozeki e Sato avevano dimostrato che ogni cellula sensoriale, che costituisce la più piccola unità funzionale alla periferia, poteva rispondere alla stimolazione di più stimoli di qualità diversa. In altri termini, una cellula può essere contemporaneamente sensibile al sale, all'acido, allo zucchero e alla chinina. Tonosaki e Funakoshi hanno dimostrato che una cellula può rispondere a diversi zuccheri con funzioni di intensità diverse, cioè che ogni cellula è in grado di rispondere a più stimoli differenti e nello stesso tempo di discriminarli a seconda del numero di potenziali di azione emessi per ogni stimolo. La capacità di discriminazione è tale che osi simili (fruttosio, glucosio, saccarosio) vengono distinti. Per quanto riguarda i nervi gustativi, cioè l'anello successivo alle cellule sensoriali, Sato et al  avevano dimostrato che anche ciascuna delle fibre della corda del timpano rispondeva a più stimoli (salato, acido, dolce, amaro) nonché al caldo e al freddo.
Fin dal 1939 Pfaffmann ha espresso il principio secondo cui dalla registrazione delle risposte delle fibre gustative per un grande insieme di stimoli si otterrebbero spettri di risposte totalmente diversi. La distribuzione delle sensibilità nel glossofaringeo e nella corda del timpano è casuale; in altri termini, ogni fibra può rispondere a uno, due, tre o quattro stimoli tra i quattro che sono stati esaminati: zucchero, sale, acido o chinina (amaro) secondo qualsiasi combinazione. Non è possibile prevedere la probabilità di risposta di una fibra a un dato stimolo a partire dallo spettro di risposte ad alcuni stimoli. Ciò equivale a dire che le sensibilità alle quattro qualità sono distribuite a caso nei nervi periferici, e che di conseguenza il codice gustativo non si basa su linee definite a seconda della qualità.
Fin dal 1963 Erickson ha proposto per primo la teoria secondo cui un motivo (in inglese: pattern) di fibre attivate e non attivate può codificare un messaggio diverso per ogni molecola o ogni stimolo, costituendo in tal modo una gamma di risposte sulla base del tipo di stimolo, chimicamente puro o meno. Yamamoto e Kawamura hanno confermato e illustrato il concetto di pattern o motivo di attivazione presente nelle fibre dei nervi periferici.
Tuttavia, alcuni Autori hanno ricercato gruppi di fibre in grado di rispondere più specificamente a ciascuno dei quattro stimoli abitualmente esaminati e ipoteticamente rappresentativi delle quattro qualità «fondamentali» o «primarie»: dolce, acido, salato, amaro. In tal modo è nato il concetto di best responding fibers. Con alcuni aggiustamenti i neuroni potevano essere classificati in funzione dello stimolo che, tra i quattro (zucchero, sale, acido o chinina), permetteva di ottenere la risposta più forte. Questa teoria della codificazione è stata documentata da un'ampia letteratura ed è tuttora sostenuta da alcuni Autori.
Utilizzando il parametro entropico sviluppato da Travers e Smith per misurare l'ampiezza dello spettro di risposta delle cellule unitarie, si scopre che nessun Autore ha trovato fibre specifiche in periferia né alcun neurone specifico nei relais successivi della catena sensoriale: i corpi cellulari stimolati rispondono sempre a più stimoli differenti di qualità diversa, per esempio dolce e salato e amaro, oppure salato e acido e amaro, ecc. Le registrazioni nei relais successivi non mostrano alcuna riduzione dell'ampiezza degli spettri di risposta mano a mano che si prosegue verso la corteccia; al contrario, le «unità» o neuroni sarebbero sempre meno specifici. Di conseguenza, è impossibile dimostrare la realtà neurofisiologica delle classificazioni delle risposte in termini di qualità percepita.
Sembra, come Pfaffmann aveva predetto nel 1939 e come Erickson ha ben spiegato, che ogni stimolo attivi una serie di neuroni determinando un'immagine detta «immagine sensoriale» o «immagine gustativa», simile a un'immagine visiva, in tutte le zone di proiezione delle informazioni gustative. Con un numero anche limitato di pixel è possibile creare un infinità di immagini differenti, e in tal modo ogni stimolo può suscitare un motivo diverso di attivazione di neuroni, confermando la straordinaria capacità di discriminazione del sistema gustativo dimostrato alla periferia e in psicofisica nell'uomo. Il confronto con un'immagine del televisore o di un computer, che comporta un numero di pixel molto inferiore a quello del sistema nervoso centrale, è un buon metodo per capire il concetto «di immagine sensoriale». Questa immagine di attivazione è associata all'assunzione dello stimolo in maniera cosciente mediante apprendimento ripetitivo, e successivamente viene riconosciuta dal sistema nervoso centrale come «identificatoria» dello stimolo. Questo meccanismo permette di capire che la codificazione neuronale di uno stimolo può variare da persona a persona, generando così similitudini tra prodotti molto vari a seconda delle persone. Per alcuni, l'acido glicirrizico (liquirizia) è classificato fra i gusti dolci, mentre per altri è troppo diverso per appartenere alla stessa categoria. Per alcuni il metilmannopiranoside è amaro, per altri è dolce: sarà sufficiente il difetto di un recettore in una persona per mascherare in tal modo la percezione.
Il concetto di immagine sensoriale permette anche di comprendere ciò che succede nel caso di un'associazione fra stimoli. Per il cervello l'associazione non è mai solo uno stimolo diverso. Le immagini sensoriali non sono mai linearmente addizionabili in quanto i recettori, le vie di trasduzione e le fibre nervose sono in parte comuni agli stimoli chimicamente puri che vengono associati. Il risultato, quindi, è piuttosto l'unione dei pixel attivati che costituiscono una nuova immagine, indipendente dalle precedenti. In tal modo il concetto di «purezza» o «unicità» della sensazione gustativa è indipendente dalla purezza chimica dello stimolo; il senso gustativo non è né analitico come l'udito, in cui la persona distingue le due note di un accordo, né sintetico come la visione dei colori, in cui è possibile «vedere» il verde quando il giallo e il blu sono sovrapposti. La sintesi diretta di un gusto a partire da associazioni non è possibile. Il concetto di «sensazione primaria» non si applica al gusto.
Una delle caratteristiche che permette al sistema gustativo di essere discriminante dipende dal fatto che ogni neurone non funziona secondo il meccanismo «o tutto o niente», in quanto la frequenza di attivazione varia a seconda della capacità dello stimolo di attivare le cellule innervate da un dato neurone. Ciò aumenta ancora il numero di immagini distinguibili, così come una gradazione più ricca di grigi diversi aumenta la definizione di una immagine visiva in bianco e nero.
Molto probabilmente la cellula recettrice ha in superficie una serie di molecole recettrici diverse. Alcuni argomenti sembrano dimostrare che nell'olfatto ogni cellula sarebbe specifica di un recettore. È fortemente possibile che la situazione sia diversa per quanto riguarda il gusto: ogni cellula presenta più tipi di recettori diversi. Se non altro è stato dimostrato che ogni cellula può contenere più sistemi di trasduzione diversi per più stimoli diversi. Inoltre nel gusto, diversamente dall'olfatto, non esiste alcun sistema di convergenza in cui i neurorecettori proiettino tutti su uno stesso glomerulo che rappresenta l'unità funzionale. Nel gusto, infatti, le fibre sono ramificate e innervano più papille a caso, mentre ogni papilla riceve afferenze da più fibre a caso.
Pertanto, a seconda dei recettori molecolari che contiene, una cellula, sotto l'effetto della stimolazione gustativa, trasmetterà la sua risposta a un certo numero di fibre nervose. Per il sistema delle ramificazioni delle fibre e dell'innervazione multipla, un certo insieme di fibre sarà attivato per un certo insieme di cellule attivate. L'insieme delle fibre attivate sarà diverso a seconda dello stimolo. Ogni stimolo, quindi, verrà discriminato a partire dalla periferia, e ciò permette al sistema gustativo di essere un sistema discriminante e non classificatore.

.Codificazione dell'intensità

Maggiore è la concentrazione di uno stimolo, maggiore è il numero di potenziali di azione della fibra e il numero di fibre reclutate. È lecito supporre che ciò sia dovuto al reclutamento di recettori meno sensibili o caratterizzati da uno spettro di risposta più ampio. Di conseguenza, la codificazione dell'intensità e la codificazione della qualità non sono indipendenti: sono le stesse fibre che indicano le due dimensioni della percezione. Se la concentrazione varia, anche la qualità percepita può variare.
Se il sistema opera come un discriminatore di stimoli e non come un classificatore di percezioni, si pone il problema di capire perché gli Autori del XIX e XX secolo abbiano ragionato in termini di qualità e di categorie.

.Relazione tra la psicofisica e l'elettrofisiologia

Nel nervo gustativo umano esiste una relazione lineare tra le valutazioni di intensità percepite dalla persona e l'ampiezza della risposta integrata della corda del timpano. Le ampiezze delle risposte della corda del timpano nelle persone sono state registrate nel corso di interventi sull'orecchio medio, per un insieme di stimoli di varie concentrazioni applicati sulla lingua del paziente in anestesia. In seguito le stesse persone, una volta sveglie, hanno valutato l'intensità di questi stimoli. Questo esperimento, che dimostra un rapporto lineare tra i dati di psicofisica quantitativa e i dati elettrofisiologici del primo neurone, ci permette di capire che la variabile intensità misurata nelle persone in psicofisica è direttamente proporzionale all'intensità del messaggio periferico (recettori). Si tratta dell'unica fonte sperimentale che convalidi l'impiego di una psicofisica quantitativa per acquisire informazioni riguardo al funzionamento degli elementi periferici della catena gustativa.

.Differenze interpersonali e capacità di discriminazione del sistema gustativo (dati recenti di psicofisica)

Diversi metodi permettono di esaminare i parametri qualità, intensità e preferenza mediante una misurazione psicofisica (impiego della persona come strumento di misura delle percezioni). Si distinguono tecniche di discriminazione, metodi descrittivi della qualità percepita, metodi di valutazione quantitativa della percezione e metodi di valutazione della preferenza.
I metodi di misurazione dell'intensità appartengono a due grandi categorie: una in cui si lavora a concentrazione costante, l'altra a intensità costante. Nel primo caso, si chiede alla persona di quantificare mediante annotazioni l'intensità delle proprie percezioni in proporzione al rapporto delle intensità percepite in un insieme di campioni. Nel secondo caso, si chiede alla persona di confrontare l'intensità di uno stimolo con una soluzione di riferimento e si fa variare, secondo un processo definito, la concentrazione dello stimolo per ottenere la concentrazione isointensa. In tal modo è possibile ottenere una concentrazione che determina una percezione isointensa al riferimento, indipendentemente dal gusto.
Le preferenze vengono misurate mediante la classificazione o il confronto binario di due stimoli presentati ripetitivamente oppure mediante il sistema dell'annotazione su una scala eventualmente strutturata.

.Differenze interindividuali di percezione nel gusto

Il metodo di misurazione a intensità costante è stato applicato allo studio delle sensibilità individuali delle persone a livello della soglia e a livello sopraliminare. LaFigura 7 mostra che le concentrazioni soglia variano in un fattore 10 da una persona all'altra; per l'aspartame, per esempio, variano da 3 a 30 micromolari (μmol) a seconda delle persone. A livello sopraliminare, per il saccarosio le concentrazioni isointense al riferimento variano da 0,03 a più di 0,3 mol (10 a 100 g/L). Non c'è da meravigliarsi, quindi, che le persone utilizzino quantità variabili di saccarosio per «zuccherare» il proprio caffè. Ciò che viene comunemente considerata una preferenza forse lo è, ma forse è anche il riflesso di una sensibilità diversa di ogni persona per ottenere lo stesso livello di intensità del gusto dolce.

.Fig 7 : 
Distribuzione delle soglie di 60 persone per quattro stimoli dolci: saccarosio, acesulfame K (MOD), dulcina, aspartame. Ogni soglia è misurata ripetutamente in seguito a apprendimento. L'estensione delle distribuzioni, in un fattore spesso pari o superiore a 10 in concentrazione, rivela l'ampiezza delle differenze di sensibilità interindividuali (dati personali).

Stando così le cose, la media delle sensibilità non è rappresentativa della sensibilità di ognuno. L'osservatore standard non esiste. Fontvieille et al hanno dimostrato che il potere dolcificante del fruttosio varia a seconda delle persone da 0,8 a 1,25 a temperatura normale e pH neutro, e che i diabetici sono in media il 3% più sensibili dei soggetti normali. Sebbene la differenza sia statisticamente significativa, lo sfasamento di queste medie è estremamente ridotto: le differenze interindividuali all'interno di un gruppo di persone sono sempre più grandi rispetto alla differenza tra le medie di due gruppi (Fig 8). Se si considerasse unicamente il parametro sensoriale, sarebbe interessante raccomandare il fruttosio solamente ai diabetici il cui potere dolcificante è superiore all'unità, allo scopo di ridurre il consumo di glucidi.

.Fig 8 : 
Potere dolcificante del fruttosio in persone normali e in diabetici (Fontvieille et al, 1989). Il potere dolcificante è espresso dal rapporto tra il peso di fruttosio e il peso di saccarosio, che dà un'intensità equivalente del gusto dolce. Un potere dolcificante superiore all'unità (100%) indica che una quantità di fruttosio inferiore alla quantità di saccarosio è sufficiente per ottenere l'isointensità. Le due distribuzioni, in parte sfasate e significativamente diverse, mostrano tuttavia che la differenza interindividuale in ogni gruppo è superiore alla differenza tra i due gruppi.

Questa grande differenza interindividuale di sensibilità è rimasta ignota per decenni in quanto non era stata misurata. Si conosce un unico esempio: la discriminazione tra coloro che percepiscono e coloro che non percepiscono il propiltiouracile (PTU) o feniltiocarbamide (PTC). Alcune persone non percepiscono il gusto amaro dei cristalli di feniltiocarbamide, e questa particolarità viene trasmessa come un carattere recessivo mendeliano. Queste particolarità sono genetiche e dimostrano l'assenza di un recettore gustativo o, almeno, una differenza genetica nella dotazione di recettori a seconda delle persone. Si ritiene generalmente che i «non-sensibili» non percepiscano il gusto di questa serie di composti del gruppo NCS. In realtà ciò non è del tutto esatto, in quanto i non-sensibili possono percepire questi composti per concentrazioni maggiori, presumibilmente attraverso meccanismi recettoriali diversi. Si noti che non ci sarebbe alcun rapporto tra il carattere «non-sensibile» e il daltonismo.
Se confrontiamo le sensibilità delle persone per due stimoli dolci chimicamente diversi, per esempio la taumatina e la saccarina, si constata che non esiste una possibile predittività: la sensibilità di una persona può essere inferiore alla media del gruppo per la taumatina e superiore alla media del gruppo per la saccarina; un'altra persona può presentare le caratteristiche contrarie, e ciò in maniera statisticamente significativa.
I profili di sensibilità (Fig 9A) permettono di valutare graficamente le differenze interindividuali di sensibilità in un gruppo di persone e di calcolare il coefficiente di correlazione tra questi profili (r di Pearson) fornisce un indice quantitativo del grado di somiglianza dei profili, convalidato statisticamente. È possibile confrontare i profili di due stimoli (Fig 9B) per un insieme di persone e in tal modo «valutare» il grado di somiglianza di azione biologica di due stimoli sul sistema gustativo, oppure confrontare accuratamente i profili di due persone per un insieme di stimoli e valutare in tal modo il grado di somiglianza del loro spazio percettivo personale.

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Fig 9 : 
Soglie di individuazione di 60 persone per aspartame e saccarina (A). Correlazione aspartame-saccarina: r = 0,38 (B).
A. Profili ottenuti per le soglie di individuazione di 60 persone relativamente a due stimoli dolci: l'aspartame e la saccarina. La soglia è la media delle misurazioni ripetute in seguito ad apprendimento, circondata dall'errore standard sulla media (scarto tipo/numero di dati). Le persone sono rappresentate sull'asse delle ascisse in funzione della sensibilità alla saccarina..
B. Gli stessi dati rappresentati sotto forma di un correlogramma: il r di Pearson è un indice statistico che quantifica la somiglianza dei profili, in questo caso estremamente bassa come indica la dispersione della nube di punti.

 

L'analisi multidimensionale, invece, permette una rappresentazione nello spazio dell'insieme di queste somiglianze, contemporaneamente e non due a due come nel caso della correlazione. Lo spazio gustativo risultante (Fig 10) sembra fortemente pluridimensionale (la dimensione dello spazio può essere superiore a 10 per 20 stimoli e 60 persone) e continuo.

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Fig 10 : 
Analisi fattoriale delle corrispondenze di un quadro di dati quantitativi: concentrazioni isointense ottenute a livello sopraliminare. Gli stimoli dolci sono codificati in rosso e gli stimoli amari sono codificati in verde. Le distanze tra i prodotti sono proporzionali alle similitudini dei profili (figura 9A) del quadro di dati. Lo spazio degli stimoli è continuo. I due sotto-spazi «dolce» e «amaro» sono estesi e si compenetrano: la distanza tra due stimoli della stessa qualità è grande quanto la distanza tra stimoli di qualità diversa. Le persone (numeri) sono localizzate in questo spazio in funzione della sensibilità a ogni stimolo. Si constata che sono distribuite in modo continuativo in questo spazio: ognuno «vede» lo spazio gustativo dal proprio punto di vista. Questa immagine tridimensionale rappresenta solo il 40% dell'informazione contenuta nei dati: lo spazio gustativo è fortemente pluridimensionale rispetto allo spazio della visione dei colori.

Lo spazio gustativo è continuo. Utilizzando 20 o 40 molecole non si riscontrano gruppi ben distinti relativi ai quattro descrittori: dolce, amaro, salato, acido. I profili di risposta dei diversi stimoli dolci possono essere estremamente diversi gli uni dagli altri, e lo stesso vale per gli stimoli amari. Anche gli stimoli amari sono molto diversi gli uni dagli altri. Oltre agli stimoli dolce e amaro, nello spazio gustativo sono situati altri stimoli di qualità non definita, in diverse direzioni dello spazio.
Lo spazio gustativo è pluridimensionale. Contrariamente alla visione dei colori trivariata, la sensibilità gustativa si basa su circa una decina di canali di informazione periferici, che si spera di individuare mediante la clonazione e di caratterizzare mediante lo studio in patch clamp dei diversi recettori ionotrobopici e metabotropici. Ogni stimolo interessa quindi un insieme particolare di recettori. Gli insiemi di recettori sensibili ai diversi stimoli dolci sono certamente sovrapponibili, ma non identici. Lo stesso vale per gli stimoli amari, nonché per tutti gli stimoli che non sono né amari né dolci e che, per questo motivo, non vengono ben identificati né memorizzati.
La percezione gustativa varia da persona a persona, come illustrato sulla rappresentazione dei piani fattoriali dell'analisi dalla dispersione continua dei punti che rappresentano le persone: ognuno vede lo spazio gustativo dal proprio punto di vista. Mentre è possibile misurare le intensità percepite rispetto a uno standard comune a tutte le persone e misurare la sensibilità assoluta esprimendola mediante la soglia di detezione (ciò che permette di oggettivare le differenze di intensità percepite), non è possibileesprimere le differenze di percezioni qualitative da persona a persona. La zolletta di zucchero serve a qualificare la percezione del gusto che noi chiamiamo dolce, ma la sensazione che ciascuno sente nel gustarla è inesprimibile. Il fatto che tutte le persone siano situate in un vasto spazio pluridimensionale insegna che, appunto, non percepiamo sensazioni identiche.
Lo spazio continuo indica che ogni molecola viene discriminata dall'insieme dei recettori gustativi. «L'immagine sensoriale» prodotta dall'attivazione di alcune cellule relativamente ad altre non attivate determina l'identità del prodotto esaminato; lo stimolo produce un'immagine discriminabile rispetto a tutte le altre. Di conseguenza, abbiamo a disposizione un'infinita varietà di percezioni gustative diverse, o «gusti» o «sapori» o «qualità gustative», come Henning aveva scritto nel 1916.
La classificazione in quattro categorie non dimostra l'esistenza di quattro sapori soltanto, così come la classificazione dei colori in tre categorie non significa che noi vediamo unicamente tre colori. Americani e Giapponesi utilizzano generalmente più di quattro categorie per classificare intuitivamente 13 stimoli gustativi diversi: sono proposte fino a nove categorie, o anche dieci a seconda delle persone, generalmente cinque o sei. Stando così le cose, perché disponiamo solamente di quattro termini per descrivere le nostre percezioni gustative?

.Relazione tra semantica e fisiologia

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Cenni storici della descrizione semantica

Gli uomini non hanno sempre individuato quattro qualità gustative. Aristotele distingueva «, nei sapori come nei colori, da un lato le specie di base che sono anche i contrari, come il dolce e l'amaro, dall'altra le specie derivate, dal dolce il morbido, dall'amaro il salato, e infine l'intermedio tra il dolce e l'amaro, cioè l'agro, l'aspro, l'astringente e l'acido: così sembrano essere suddivisi i diversi sapori». Si può dedurre che Aristotele distribuisse tutti i sapori lungo un continuum monodimensionale simile al continuum della visione dei colori. Nel 1751 Linné distingueva dieci qualità gustative: «umido, asciutto, acido, amaro, grasso, astringente, dolce, agro, mucoso, salato». Solamente nel 1824 Chevreul distinse la sensibilità tattile, olfattiva e gustativa. Fick fu probabilmente il primo a proporre, nel 1864, una classificazione in quattro categorie. Nel 1894, Kiesow propose di rappresentare il continuum dei sapori in uno spazio a due dimensioni, in cui ciascuno dei quadranti era caratterizzato da uno dei quattro punti di riferimento «dolce, salato, acido, amaro» conservato da Chevreul. Ma nel 1914 il chimico Cohn considerava queste quattro qualità modalità isolate, classi indipendenti; lo psicologo Henning nel 1916, sostenne argomenti a favore di un continuum delle sensibilità (Kontinuirliche Reihe) disposte intorno ai quattro descrittori semantici: dolce, salato, acido, amaro. Henning rappresentò le similitudini qualitative tra i gusti dei composti organici o minerali sulla superficie di un tetraedro, delimitando lo spazio gustativo delle quattro qualità ai quattro apici. Per esempio, pose il cloruro di ammonio e l'alluminato di potassio tra il salato e l'acido, il bromuro e lo ioduro di potassio tra il salato e l'amaro, ecc. Del suo famoso modello tetraedrico alcuni Autori conservarono solamente gli apici e definirono l'Autore, al contrario, il difensore della teoria delle quattro qualità primarie indipendenti. Nella storia si sono succeduti uno spazio monodimensionale con Aristotele, poi uno spazio bidimensionale con Kiesow e infine uno spazio tridimensionale con Henning. Al giorno d'oggi siamo in grado di sfruttare calcoli multidimensionali a partire dai dati della psicofisica, e lo spazio gustativo è divenuto più ampio.

.Variazioni geografiche o variazioni in funzione del linguaggio

Oltre alle modificazioni subite nel corso del tempo, le diverse denominazioni delle sensazioni gustative variano anche geograficamente, a seconda della lingua.
In giapponese, dolce corrisponde a un kanji che si pronuncia in due modi a seconda del senso attribuito: U-MA-I per «buono», oppure A-MA-I per «dolce». Non sappiamo se la pronuncia corrisponda al termine «dolce» in francese o al termine «sweet» in inglese. «Amaro» utilizza un kanji che significa «sgradevole», «brutta esperienza». Ikanji giapponesi considerati suggeriscono una contrapposizione e una canzone tradizionale evoca due fiumi, uno amaro, che non è buono da bere, e l'altro umai, buono da bere. In ebraico, il termine «amar» è tradotto con amaro e si riferisce all'episodio secondo cui Dio cambiò l'acqua non potabile in acqua potabile per il suo popolo. Questo contrasto «dolce» - «amaro» sembra alquanto diffuso e si confonde con la contrapposizione «buono» - «cattivo».
Dall'India agli Indiani dell'America Latina si riscontra sempre una confusione tra le diverse modalità sensoriali: gusto, olfatto, somestesia. La ricchezza del vocabolario varia da una lingua all'altra ed è ben noto che gli Indiani d'America utilizzano una varietà di parole più ricca del francese per descrivere il piccante del peperoncino. Il numero di parole supplementari indica sempre una migliore discriminazione nell'ambito della sensibilità somestesica. In inglese, per esempio, piccante viene detto pungentpickingprickingpinching o puckering. È impossibile trovare parole supplementari per definire i «sapori» propriamente detti, nel senso fisiologico del termine.

.Esistono descrittori semantici della percezione gustativa?

Zuccherato, che si diceva «dolce» prima dell'arrivo dello zucchero, è l'aggettivo formato a partire dal nome che designa espressamente un oggetto concreto, è il nome di un prodotto, un prototipo e non un descrittore. Lo stesso vale per salato che indica il gusto del sale, una sostanza pura e perfettamente definita come lo zucchero. Per questi due prodotti, se le persone non percepiscono le stesse sensazioni almeno dispongono costantemente di uno stimolo assolutamente simile e riproducibile: l'uomo ha potuto accordarsi sui termini. Allo stesso modo, il gusto acido è il gusto dello ione H+.
Il gusto amaro e il gusto acido, invece, non sembrano altrettanto ben definiti nelle persone ancora poco pratiche di degustazione sperimentale. In particolare, si riscontra una grande confusione tra HCl e chinina (di fatto il 50%, e ciò significa che le persone rispondono a caso). Nella cultura di tutti i giorni, il senso delle parole acido e amaro non è ancora realmente acquisito.
In tre casi su quattro la parola designa elementi chimicamente puri ormai di uso comune nella quotidianità, cioè il gusto dello zucchero e il gusto del sale, dell'acido. Si tratta di prototipi, non di descrittori della sensazione. Il quarto termine sembra indicare l'aspetto edonistico negativo eventualmente correlato all'effetto tossico. I veri descrittori semantici della sensazione non esistono né nel gusto né nell'olfatto: l'unico descrittore per definire il gusto dolce della d-serina o della l-serina (diversi tra loro e diversi dallo zucchero) è il nome del prodotto, come avviene nell'olfatto.
I veri descrittori sono multimodali: hanno per nome «sogliola alla mugnaia» o «trota all'acetosella», l'oggetto in questione è visivo, denominato, memorizzato con il proprio nome e l'immagine «gustativa» è olfattiva, trigeminale tattile, termica e chimica.

.Confusione con il carattere edonistico

Si riscontra una frequente confusione riguardo al carattere edonistico, posto sullo stesso piano della qualità: buono e cattivo servono a descrivere ciò che non si riesce a nominare. Si tratta di una tendenza del tutto naturale in quanto il carattere edonistico è il più importante per la persona. A questo proposito, poiché ciò che è amaro è cattivo si tende a definire amaro tutto ciò che è cattivo. Tuttavia, non tutto ciò che è cattivo è amaro e non tutto ciò che è amaro è identico. L'analogia mentale viene compiuta su un criterio edonistico, e non qualitativo come nel caso della descrizione dicotomica di Aristotele.
Nelle nostre analisi basate su dati oggettivi riguardanti la discriminazione degli stimoli da parte del sistema gustativo, riscontriamo una sovrapposizione esatta del primo fattore (fattore preponderante) e del carattere edonistico. In altre parole, il primo fattore contrappone prodotti dolci e prodotti amari su una base sperimentale esclusivamente quantitativa. Di conseguenza dolce, antenato di zuccherato, la traduzione di «sweet», sembra significare buono, e «amaro» sembra significare «cattivo». L'associazione tra astringente, amaro, acido, cattivo da una parte e dolce, morbido, buono, salato dall'altra, è sempre esistita nel corso dei secoli: basse concentrazioni di sale sono definite sweet in un lavoro di Bartoshuk et al. La traduzione di sweet non è ovviamente «dolce», in questo caso.

.Alcune particolarità del sistema gustativo

Il sistema gustativo presenta una saturazione della funzione che collega l'intensità percepita alla concentrazione dello stimolo. La stessa osservazione si basa su registrazioni del nervo gustativo che indicano che si tratta di un fenomeno periferico. Non è chiaro se ciò sia dovuto all'occupazione dei recettori, ai sistemi di trasduzione oppure alla sinapsi cellula sensoriale-neurone. In ogni caso, occorre ricordare che è possibile effettuare valutazioni quantitative unicamente su una gamma estremamente ristretta di concentrazioni tra la soglia e la saturazione. La parte della funzione di intensità assimilabile a una funzione lineare è molto breve e spesso diversa da persona a persona. Per esempio, la saturazione per il saccarosio è ormai presente a 80 g/L di saccarosio (zucchero) in alcune persone, mentre numerosi ricercatori utilizzano concentrazioni superiori.
L'apprendimento sembra una funzione essenziale nel gusto e nessun esperimento può fornire risultati soddisfacenti in una sola volta, in quanto nel corso dell'apprendimento la sensibilità sopraliminare varia facilmente di un fattore 4 in concentrazione e le soglie variano in un fattore 10. L'apprendimento di uno stimolo non è generalizzabile a un altro, e ciò indica che qualsiasi funzione di riconoscimento, di individuazione o di valutazione dell'intensità richiede una funzione di «riconoscimento della forma» da parte del sistema nervoso centrale. Dopo l'apprendimento, e in presenza di condizioni di sperimentazione ottimali, l'uomo è uno strumento di misura notevolmente costante e affidabile.
La sensibilità gustativa dipende dalla temperatura, che a sua volta dipende dallo stimolo: in altri termini, lo zucchero è più dolce a caldo che a freddo, mentre la situazione è un po' diversa per il fruttosio. Per altri edulcoranti la «dolcezza» non varia con la temperatura. Questo fenomeno è stato osservato in psicofisica nell'uomo e sull'animale durante registrazioni elettrofisiologiche, ma i meccanismi di base non sono chiari.
Inoltre il pH dell'ambiente altera le proprietà organolettiche di diversi stimoli e i costituenti dell'ambiente nel quale si integra lo stimolo. Per esempio, il fruttosio è 1,7 volte più dolce del saccarosio nel succo di limone a pH3, e solamente 0,8 volte dolce come il saccarosio nel succo di pompelmo a pH3.
Esiste un'ampia documentazione riguardo all'effetto dell'età, ma i dati sono notevolmente contraddittori. Attualmente i ricercatori sembrano concordare sulla teoria secondo cui l'età ridurrebbe la sensibilità olfattiva senza influire sul gusto. La misurazione mediante elettrogustometria non ha riscontrato alcun effetto dell'età in 192 persone fino a 85 anni non affette da patologie, ma occorre notare che questo tipo di stimolazione esamina realmente la funzione delle cellule sensoriali, ma non analizza tutte le vie di trasduzione e, in particolare, probabilmente le vie dell'adenosina ciclica monofosfato e dell'inositolo trifosfato. È necessario ripetere gli esperimenti alla luce delle recenti conoscenze riguardo ai meccanismi di trasduzione, al fine di trovare risposte definitive. Inoltre, la sensibilità gustativa può essere modificata da numerose altre condizioni, indipendentemente dall'età, che non sono sempre vengono prese in considerazione negli studi (terapie farmacologiche, interventi odontoiatrici, ecc.).
La sinergia è un termine utilizzato spesso erroneamente in questo campo. Solo due esempi di sinergia sono attualmente documentati e riconosciuti nel gusto: l'associazione di 5'-ribonucleotide monofosfato (esempio: 5' GMP [5'-acide guanosine-monophosphorique], 5'-IMP [acido inosin-monofosfato]) e di glutammato monosodico provoca nell'uomo e nell'animale una risposta quantitativamente superiore alla somma delle risposte dei due stimoli presentati separatamente. Quando la concentrazione presentata è tale che la risposta al GMP è nulla, la risposta alla miscela dei due è superiore alla risposta al solo glutammato monosodico.
Ciò deve essere distinto dall'uso comune del termine «esaltatore di gusto» che designa in generale la proprietà di aumentare la gradevolezza dell'alimento. Per esempio, il glutammato è spesso presentato come un agente di sapidità, «esaltatore di gusto», ciò significa solamente che aggiungere glutammato rende il prodotto finito più gustoso. Ma ciò avviene anche nel caso del cibo salato, più gustoso, più gradevole del cibo senza sale.
Un'altra sinergia è stata dimostrata da Schiffman et al a proposito della caffeina, in grado a 10-4 molari, una concentrazione non percepibile dall'uomo, di rendere due volte più forte l'intensità di una soluzione di alcuni stimoli sapidi.

.Adattamento e adattamento crociato

È possibile riscontrare e misurare una riduzione dell'intensità percepita chiamata «adattamento» quando gli stimoli sono presentati in successione. L'adattamento riscontrato interessa differentemente i vari stimoli utilizzati e non è reciproco. Dipende non solamente dallo stimolo ma anche dalla persona. Costituisce una buona fonte di informazioni per studiare i recettori comuni in grado di riconoscere diverse molecole.

.Applicazioni cliniche per la diagnosi e l'esame delle disfunzioni gustative

Poiché l'esame della funzione e dei disturbi del gusto è stato trattato in un altro capitolo (vedi fascicolo 20-490-D-10 dell'Encyclopédie Médico-Chirurgicale), in questa sede tratteremo brevemente le difficoltà e le possibilità della diagnosi.
Durante la visita medica è necessario che il medico distingua se il disturbo è gustativo, olfattivo o trigeminale, in quanto il paziente, per quanto in buona fede, non riesce a individuarne l'origine. Nella maggior parte dei casi la perdita del «gusto» riflette un deficit della funzione olfattiva.
La funzione olfattiva può essere esaminata dando al paziente flaconi odorosi tra i quali vengono presentati controlli in ordine casuale. Sfortunatamente la maggior parte degli odori, anche chimicamente puri, è caratterizzata da una marcata componente trigeminale chimica. È necessario selezionare odori a bassa componente trigeminale e utilizzare concentrazioni basse.
Per quanto riguarda il gusto è possibile utilizzare stimoli chimici oppure ricorrere all'elettrogustometria. L'elettrogustometria è un metodo rapido utilizzabile in ambiente clinico che prevede la stimolazione di una superficie della lingua di circa 5 mm2 mediante una corrente continua. Permette di esaminare la funzione delle cellule sensoriali e le vie nervose, in quanto si tratta di una stimolazione ionoforetica della saliva idrolizzata. Tuttavia, analizza esclusivamente la sensibilità ai cationi (Na+: salato, H+: acido, e altri cationi presenti nella saliva); non permette di accertare la sensibilità delle cellule agli stimoli organici le cui vie di trasduzione passano attraverso l'inositolo trifosfato o l'adenosina ciclica monofosfato. Permette di esaminare accuratamente le vie gustative, ma non la funzione di tutti i recettori periferici.
Il livello di corrente che è necessario applicare per ottenere una soglia gustativa o un pizzicore di origine somatosensoriale è estremamente diverso: di conseguenza l'elettrogustometro permette di distinguere la sensibilità somestesica dalla sensibilità gustativa.
Si noti che l'elettrogustometria può valutare la sensibilità localmente e che quindi permette di individuare zone di ageusia sulla lingua. In virtù dell'innervazione gustativa multipla (almeno quattro nervi sono interessati, le due corde del timpano e i due glossofaringei) il paziente non ha mai coscienza di un deficit che riguarda solo una frazione della lingua. Di conseguenza, pochi pazienti accusano un deficit gustativo che possa essere utile ai fini dell'individuazione di una patologia neurologica. Il test della sensibilità gustativa implica, quindi, la redazione di una mappa sommaria nel caso di soglie elevate. Nei pazienti anziani non affetti da patologie legate all'età, la presenza di una soglia abnormemente alta diffusa o localizzata è dovuta a una terapia farmacologica, a una deafferentazione oppure a una patologia (non sappiamo se le persone anziane presentino un deficit a livello dei recettori di molecole organiche che funzionano mediante le vie di trasduzione metabotropiche).
La tecnica ideale per esaminare la funzione gustativa consiste ovviamente nell'impiego di soluzioni chimicamente pure in concentrazione nota. In questo caso occorre scegliere soluzioni non odorose, in quanto è impossibile eliminare realmente l'informazione olfattiva per via retronasale senza un dispositivo pneumatico che pulisca le fosse nasali con una corrente di aria di 200 L/h.
La presentazione di stimoli per coppie di concentrazioni variabili e per inquadramento, secondo il metodo di Dixon, permette di ottenere per esempio una soglia di individuazione in 5-7 minuti. Tuttavia, è necessario considerare la necessità di un apprendimento affinché il paziente fornisca una soglia «normale». Prima di ogni apprendimento la soglia normale può essere situata a livelli di concentrazione dieci volte maggiori rispetto a dopo l'apprendimento. L'identificazione di un sapore non è utile in quanto nel 50% dei casi gli uomini per natura confondono il gusto acido e il gusto amaro. Il riconoscimento di una soluzione di cloruro di sodio (salato) richiede una familiarizzazione, in quanto il paziente che conosce naturalmente solo il «troppo salato» può riconoscere spontaneamente la qualità «salata» solo per una concentrazione troppo alta rispetto ai livelli normali. La definizione di questa «normalità» è d'altronde molto aleatoria, a causa delle differenze interindividuali di sensibilità di origine genetica (in un fattore 4-5 in concentrazione per il 67% della popolazione e un fattore superiore a 10 per il 95% della popolazione).
La diagnosi richiede non uno ma una serie di test di approfondimento, semplici ma accurati.

Questi esami vengono attualmente eseguiti in pazienti affetti da cancro, in odontoiatria e in un centro di neurologia. In ciascuno dei casi, i risultati indicano che la chemioterapia riduce temporaneamente la sensibilità gustativa, le deafferentazioni trigeminali sembrano modificare la sensibilità gustativa e che stimolazioni elettriche corticali sembrano modificare la sensibilità linguale. L'esplorazione funzionale è, di fatto, un terreno molto promettente ancora da sondare, purché si considerino le differenze di sensibilità individuali, gli effetti dell'apprendimento e della familiarizzazione sulla sensibilità, la grande capacità di discriminazione del sistema gustativo che si manifesta mediante la presenza di innumerevoli sapori diversi privi di una possibile descrizione semantica, la necessità di lavorare su dati quantitativi di misurazione della sensibilità e non sul riconoscimento qualitativo o sulla valutazione edonistica.

Fisiologia della deglutizione

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Sinossi

La deglutizione è il risultato della coordinazione sensitiva, motoria e temporale delle diverse strutture anatomiche orofaringee ed esofagee per garantire una deglutizione normale e sicura. La deglutizione consiste nella coordinazione dei muscoli e delle articolazioni nel senso di una progressione del bolo alimentare, solido o liquido, dalla bocca verso lo stomaco. La fase orale è regolata dal controllo volontario, mentre la fase faringea è considerata un riflesso e la fase esofagea è essenzialmente regolata dal sistema nervoso autonomo. Una conoscenza dei meccanismi anatomofisiologici implicati nella deglutizione permette di capire meglio la fisiopatologia dei disturbi della deglutizione e di prendere in considerazione la gestione terapeutica più efficace possibile. Descriveremo l'anatomia funzionale delle diverse unità motorie del tratto aerodigestivo implicate nell'atto della deglutizione, quindi lo svolgimento fisiologico delle diverse fasi della deglutizione e, infine, vedremo rapidamente i differenti metodi e le differenti tecniche di esplorazione della deglutizione.

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Introduzione

La deglutizione è un fenomeno presente nella maggior parte delle specie animali e che compare presto nel corso dell'embriogenesi. Deve essere presente alla nascita. 
I meccanismi della deglutizione umana sono complessi, ma estremamente efficaci. Le strutture anatomiche della cavità orale, del nasofaringe, dell'orofaringe e dell'ipofaringe sono messe in gioco per garantire una deglutizione normale e sicura. La deglutizione è un processo attivo che dipende della coordinazione sensitiva, motoria e temporale delle diverse strutture anatomiche nel senso di una progressione del bolo alimentare, solido o liquido, dalla bocca verso lo stomaco.
Tradizionalmente, lo sviluppo motosensoriale della deglutizione è stato suddiviso in quattro fasi : 1) fase preparatoria o di anticipazione; 2) fase orale; 3) fase faringea; 4) fase esofagea.
Per alcuni lo svolgimento della deglutizione avviene in tre fasi con una ulteriore separazione della fase orale in una fase preparatoria e in una fase di trasporto orale. Infine, altri hanno descritto la deglutizione in due fasi: la fase buccofaringea o orofaringea e la fase esofagea. La fase orale è regolata dal controllo volontario, mentre la fase faringea è considerata un riflesso e la fase esofagea è essenzialmente regolata dal sistema nervoso autonomo. Queste azioni non sono isolate, ma funzionano in sinergia e in modo interattivo .
Una classificazione pratica consiste nella suddivisione della deglutizione in più fasi che permettono una descrizione più strutturata di diversi eventi, tenendo presente che tutte le fasi sono funzionalmente legate. Ne risulta che una disfunzione che compare a livello di una delle fasi si ripercuote anche sulle altre.
Un certo numero di disturbi è in grado di alterare lo svolgimento della deglutizione: la conoscenza dei meccanismi anatomofisiologici implicati dovrebbe permettere la comprensione della fisiopatologia dei disturbi della deglutizione e di prendere in considerazione la gestione terapeutica più efficace possibile.
Nella prima parte descriveremo la fisiologia delle differenti fasi della deglutizione, poi affronteremo il controllo nervoso della deglutizione. Infine, vedremo i differenti metodi e le differenti tecniche di esplorazione della deglutizione.

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Fisiologia della deglutizione

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Fase preparatoria e fase orale

Situazione

La cavità orale è lo spazio compreso tra la fascia labiale anteriormente, la mucosa iugale lateralmente, la lingua e i muscoli del pavimento buccale in basso, la volta palatale in alto e la cavità orale dietro, cavità che termina in corrispondenza dei pilastri anteriori del velo del palato. Essa interviene nelle funzioni di articolazione della parola, della masticazione del cibo e ha funzioni accessorie di cavità aerea per il flusso respiratorio. I muscoli all'interno della cavità orale e intorno a essa assicurano i movimenti della mandibola, delle labbra, delle guance, del velo palatino e della lingua.

Fase preparatoria

La fase preparatoria è anche chiamata «fase di anticipazione» poiché permette di inizializzare le azioni successive della deglutizione, che comincia quando viene messo in bocca il cibo.
Questa fase comprende una successione di atti volontari che iniziano con la contenzione del cibo nella cavità orale, la masticazione, la miscelazione e l'insalivazione del bolo grazie ai muscoli di labbra, guance, lingua e mandibola. Questi muscoli sono messi in azione sui differenti piani in modo ritmico e permettono di evitare che si costituiscano recessi in cui si depositerebbero frammenti di bolo. Durante la masticazione l'attività dei muscoli temporali e dei muscoli masseteri è sincrona. La mandibola agisce in sinergia con i muscoli sottoioidei nell'apertura della bocca. La lingua è collegata posteriormente all'osso ioide, all'epiglottide, al velo del palato e alla faringe. La massa linguale è ancorata sul rafe ipomandibolare e la sua dinamica è condizionata dalla stabilità relativa della mandibola e/o dell'osso ioide. La chiusura labiale viene mantenuta per evitare le perdite. Le vie respiratorie sono ancora aperte e la respirazione nasale continua.
Questo tempo di preparazione permette di apportare ai cibi le proprietà fisicochimiche appropriate per una buona deglutizione. Il flusso salivare aumenta in modo rilevante e prepara la digestione, da una parte secernendo amilasi e dall'altra stimolando la peristalsi intestinale e la secrezione delle ghiandole digestive. È durante questa fase che la consapevolezza del piacere è più sviluppata grazie alla stimolazione delle papille gustative e di alcuni recettori olfattivi.
La durata di questa fase varia a seconda della consistenza e della solidità del cibo, così come i gusti e le circostanze alimentari come l'ambiente, la fame, la motivazione e la coscienza sociale.
Questa fase richiede e mette in gioco la coordinazione neuromuscolare di diverse strutture:


la fascia labiale e la chiusura labiale;

la muscolatura del volto e la tonicità della muscolatura labioiugale;

i movimenti della mandibola;

i movimenti della lingua;

i muscoli del palato molle e la chiusura orofaringea.

Fase orale

La fase orale corrisponde al trasporto del bolo, raccolto sul dorso della lingua, verso la base della lingua e la faringe. La cavità orale è chiusa, la mandibola fissata al fine di garantire un punto fisso all'insieme della muscolatura sottoioidea, i denti in occlusione: l'apice della lingua fa leva contro la cresta alveolare degli incisivi superiori. La lingua mobile forma una depressione e spinge il bolo alimentare verso l'alto e posteriormente, accostandosi progressivamente al palato dall'avanti all'indietro .
Durante tutta questa fase il bolo alimentare è mantenuto nella cavità orale, anteriormente grazie alla chiusura labiale, posteriormente grazie alla chiusura dell'orofaringe da parte del velo del palato che aderisce sul dorso della lingua e previene la penetrazione di cibo nella faringe mentre la laringe è ancora aperta. La pressione intraorale aumenta, grazie al tono dei muscoli, la fascia labiale e iugale. La fase orale si interrompe nel momento in cui il bolo supera i pilastri del velo. La sua durata è di circa 1 s.

Particolarità

Bisogna sottolineare che esiste, nelle deglutizioni primarie, un'iperattività presente a livello dei muscoli orbicolari, soprattutto per il labbro inferiore. Peraltro, questa fase orale non è indispensabile, come testimoniano le deglutizioni di secrezioni che giungono dal rinofaringe.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngFase faringea

La cavità orale e la faringe sono anatomicamente separate, ma costituiscono una sola entità fisiologica. Questa regione orofaringea è coinvolta nella risposta motoria complessa che comprende la masticazione, la deglutizione, la parola e la respirazione.
La faringe può essere schematicamente divisa in tre parti con il rinofaringe chiuso dall'innalzamento del velo palatino durante il passaggio del bolo in direzione della faringe in alto, l'orofaringe posteriormente alla cavità orale e l'ipofaringe, che è situata dietro e sotto il livello dell'epiglottide. Questa ha la forma di un imbuto, costituito lateralmente e indietro dai muscoli costrittori medio e inferiore della faringe, in avanti dalla parte posteriore della laringe e dalla regione retrocricoidea (Fig. 1). L'ipofaringe circonda lateralmente e indietro la laringe e costituisce i seni piriformi(Fig. 2). I seni piriformi sovrastano l'esofago e terminano in basso con il muscolo cricofaringeo. Questo muscolo serve da valvola a doppio senso all'estremità superiore dell'esofago, che permette al bolo di entrare nell'esofago e permette il passaggio in senso contrario del cibo durante il vomito o dell'aria durante l'eruttazione.

 

Figura 1. 
Regione retrocricoidea (freccia).

 

Figura 2
Seni piriformi (frecce).

 

 

 

Il tempo faringeo è la fase più rilevante e più delicata della deglutizione, poiché controlla da una parte il trasporto del bolo in direzione dell'esofago e dall'altra la protezione delle vie respiratorie. Questa fase della deglutizione è involontaria e riflessa. 
La fase faringea è scatenata dal contatto del bolo alimentare con i recettori sensitivi dei pilastri del velo, delle pareti laterali e posteriori dell'orofaringe, della parte posteriore della lingua e del margine laringeo (zona riflessogena di Wassileff). Informazioni sensoriali provenienti dai recettori della zona di Wassileff sono inviate ai centri midollari della deglutizione attraverso il IX paio di nervi cranici.
Un certo numero di eventi, che noi descriveremo in tre fasi, si manifesterà molto rapidamente e in modo sincronizzato.

Svolgimento del tempo faringeo (Fig. 3, Fig. 4, Fig. 5, Fig. 6, Fig. 7 e Fig. 8)

Occlusione velofaringea

Alla fine della fase orale, nel momento in cui il bolo supera i pilastri del velo del palato, quest'ultimo si innalza attraverso l'azione del sollevatore del palato per impedire la risalita del bolo nel rinofaringe. Il restringimento del rinofaringe a causa della contrazione dei muscoli costrittori superiori della faringe e dei faringostafilini partecipa alla chiusura dell'apertura velofaringea. L'occlusione velofaringea partecipa alla creazione di una pressione intraorale e faringea, necessaria alla progressione della seconda fase della deglutizione. La chiusura velofaringea è completa nel momento in cui inizia la peristalsi faringea.

Figura 3. 
Inizio della chiusura laringea.

 

Figura 4. 
Compressione delle pliche ventricolari

 

 

 

 

Figura 5. 
Chiusura del vestibolo laringeo

 

 

 

 

Figura 6. 
Inizio del distacco dell'epiglottide.

 

 

 

 

Figura 7. 
Basculamento dell'epiglottide.

 

 

 

 

 

Figura 8
Riapertura laringea.

 

 

Occlusione laringea

La laringe e l'osso ioide si sollevano anteriormente, permettendo alla faringe di allargarsi e di creare un'aspirazione del bolo in direzione dell'ipofaringe e partecipando al rilasciamento del muscolo cricofaringeo. 
Le strutture endolaringee (pieghe vocali e pieghe ventricolari) sono in adduzione. La chiusura del piano glottico è il primo evento del tempo faringeo. L'esclusione del tratto respiratorio è assicurata in primo luogo dall'inibizione respiratoria centrale. È favorita dall'ascesa e dalla proiezione anteriore della laringe che, associata alla regressione della base della lingua, pone la laringe sotto la massa della lingua e completa il basculamento all'indietro dell'epiglottide.
L'epiglottide scivola indietro sul vestibolo laringeo per proteggere le vie respiratorie, per creare uno «scivolo» che faciliti la discesa del bolo nei seni piriformi. In caso di boli liquidi l'epiglottide ha il compito di rallentare la discesa nella faringe, permettendo la chiusura delle pliche vocali e la risalita della laringe.
Questa occlusione completa della laringe si effettua dal basso verso l'alto in maniera sequenziale, tramite una contrazione dei muscoli interaritenoidei, quindi dei muscoli ariepiglottici e dei muscoli stilofaringei situati nelle pieghe faringoepiglottiche.

Propulsione del bolo

Le pliche faringopalatine si avvicinano alla linea mediana per formare un corridoio in cui si impegna il bolo.
La lingua si ritrae tra i pilastri del velo e viene a collocarsi contro la parete faringea posteriore per spingere il bolo nella faringe e impedire il suo ritorno endobuccale. L'ascesa e la proiezione anteriore della laringe sono al loro massimo al momento del distacco dalla base della lingua. La peristalsi faringea inizia nel momento del distacco dalla base della lingua e comprende l'azione successiva e sinergica dei muscoli costrittori superiori, medi e inferiori della faringe. Questo peristaltismo permette una contrazione progressiva della parte alta verso il basso, che riduce il calibro laterale e anteroposteriore della faringe e partecipa alla progressione del bolo verso l'esofago grazie all'onda di pressione positiva al di sopra del bolo, prevenendo gli eventuali residui dopo la deglutizione.
Al momento della deglutizione un soggetto normale blocca la sua respirazione, (questo si chiama «apnea di deglutizione») e la deglutizione normale interrompe la fase espiratoria del ciclo respiratorio. Bisogna notare che il 90% dell'atto della deglutizione si effettua durante l'espirazione. Dopo la deglutizione la ripresa della respirazione si realizza attraverso un'espirazione.

Fattori partecipanti allo svolgimento della fase faringea

Tre fattori partecipano alla progressione del bolo alimentare dalla faringe verso l'esofago:


l'azione propulsiva della base della lingua ;

la peristalsi faringea, assicurata dai muscoli costrittori della faringe: non è tanto la forza della contrazione a essere importante, ma la sua velocità e la sua sincronizzazione. L'onda peristaltica è pari a 10-20 cm/s. Questa velocità varia di poco qualunque sia il volume o la viscosità del bolo;

la presenza di una pressione negativa nell'ipofaringe. L'esofago deve perciò avere una pressione inferiore alla pressione positiva che esiste a livello del bolo e sopra di esso, per facilitare la progressione in esofago dopo il superamento dello sfintere superiore dell'esofago (SSE). L'apertura dello sfintere superiore permette il passaggio dei cibi nell'esofago con una continuità tra la peristalsi faringea e la peristalsi gastroesofagea. Il superamento dello SSE dipende dall'integrità delle forze di propulsione .

In caso di penetrazione accidentale di particelle alimentari nella laringe prima o dopo lo scatenamento del tempo faringeo, il riflesso di chiusura laringea e il riflesso della tosse assicurano la protezione dell'albero bronchiale.
La grandezza del bolo non modifica lo svolgimento della fase orofaringea, ma modifica la sincronizzazione di ogni tappa della deglutizione . L'ampiezza dei movimenti non aumenta parallelamente al volume del bolo. L'aumento di volume da 1 a 20 ml aumenta il tempo di transito, così come il tempo di sollevamento e di chiusura laringea. Oltre 20 ml di acqua, il soggetto normale avrà tendenza a suddividere il bolo liquido in due o più «ingestioni». I pazienti con un disturbo neurologico della deglutizione devono frammentare il bolo liquido a prescindere dal volume.
Una volta che la deglutizione è iniziata, la cascata delle attivazioni muscolari sequenziali non si altera di molto, qualunque sia la densità di un bolo. Questa constatazione è a favore di un modello di controllo nervoso centrale.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngFase esofagea

La fase esofagea comprende da una parte l'apertura dello sfintere esofageo superiore e dall'altra la fase esofagea propriamente detta.
La fase faringea si conclude con il rilasciamento del muscolo cricofaringeo, che permette il passaggio del bolo nell'esofago. Lo SSE ha un tono continuo e si apre solo al momento della deglutizione.

Fase di apertura dello sfintere esofageo superiore

Lo SSE (o bocca dell'esofago) è situato alla giunzione tra la faringe e l'esofago. È collocato in corrispondenza della VI e della VII vertebra cervicale. Lo sfintere è in teoria chiuso a riposo e le fibre muscolari sono toniche e contratte. È formato dalle fibre inferiori del muscolo costrittore inferiore della faringe, dal muscolo cricofaringeo e dalle fibre superiori dell'esofago.
L'apertura della bocca esofagea inizia con l'inibizione del tono vagale di riposo e dipende dal rilasciamento muscolare e dall'ascesa della laringe, che scolla la cricoide dalla parete faringea posteriore. Questa ascesa laringea anteriore permette anche di dirigere di preferenza il bolo alimentare in direzione dell'imbuto ipofaringeo e dello SSE.
Le fibre dello SSE si rilasciano giusto al momento dell'attraversamento del bolo o al momento del vomito o di un'eruttazione. Tuttavia, anche durante il rilasciamento completo lo sfintere conserva una forza passiva elastica di chiusura nelle sue fibre muscolari. Subito dopo il passaggio di un bolo in esofago lo SSE si richiude in modo molto tonico per impedire il reflusso del bolo nella faringe.
Lo SSE si apre sotto l'azione di più forze: il volume e il peso del bolo, le forze di trazione dei muscoli sopraioidei verso l'alto e in avanti, come dei muscoli costrittori della faringe e dei muscoli che accorciano la faringe: lo stilofaringeo, il palatofaringeo e il salpingofaringeo. Lo stilofaringeo agisce anche allargando la faringe, cosa che permette di aumentare le pressioni negative nell'ipofaringe per facilitare il trasporto del bolo.
Tre fattori parteciperebbero all'apertura dello SSE:


l'innervazione vagale (X paio di nervi cranici);

lo sviluppo temporale del peristaltismo faringeo;

il sollevamento della laringe che agirebbe tirando il muscolo verso l'alto e che lo aprirebbe con un meccanismo di trazione e, di conseguenza, provocando il suo rilasciamento.

Secondo Jacob si possono descrivere cinque fasi di rilasciamento dello SSE:


la prima fase consiste in un'inibizione della contrazione tonica del muscolo cricofaringeo che precede l'apertura effettiva dello SSE di 0,1 s. L'attivazione del costrittore inferiore della faringe precede il rilasciamento del muscolo cricofaringeo;

la seconda fase è contraddistinta dall'apertura del cricofaringeo sotto l'effetto biomeccanico di spostamento iodolaringeo. L'osso ioide è tirato in avanti e in alto dai muscoli sopraioidei e sottomentali. Questo movimento induce, congiuntamente all'azione del muscolo tiroioideo, l'ascesa in avanti della laringe, cosa che permette di scollare la cartilagine cricoide dalla parete faringea posteriore. Siccome lo SSE è collegato al sistema laringeo dal muscolo cricofaringeo, la parte anteriore dello sfintere può aprirsi poiché le sue fibre sono rilassate;

la terza fase corrisponde alla distensione dello SSE legata alla pressione, al volume e al peso del bolo che arriva;

la quarta fase corrisponde al collasso passivo delle fibre distese dello SSE al momento del passaggio del bolo;

la quinta fase è la chiusura attiva dello SSE con la contrazione del muscolo cricofaringeo.

Il meccanismo di rilasciamento e di apertura del muscolo cricofaringeo dello SSE è regolata dal controllo nervoso piuttosto che biomeccanica, poiché il rapporto e la correlazione tra la durata dell'ascesa della laringe e dell'apertura dello SSE nel soggetto normale scompaiono nel soggetto disfagico con paralisi sopranucleare di origine neurologica diversa.
Questa fase è innervata dal nervo glossofaringeo (IX) e dal nervo vago (X paio di nervi cranici).

Fase esofagea

La fase esofagea riflessa è in continuità con la fase faringea. Il tempo esofageo inizia con l'abbassamento della faringe e la chiusura serrata del muscolo cricofaringeo. Un sistema complesso di onde peristaltiche, associato al fenomeno della gravità, trasporta il bolo verso lo stomaco. Un'onda peristaltica deriva dall'azione delle fibre muscolari esofagee, che sono orientate longitudinalmente e orizzontalmente in modo circolare. L'onda è il risultato della contrazione delle fibre verticali all'altezza del bolo e del rilasciamento delle fibre circolari a valle. È sotto la dipendenza del sistema nervoso centrale. Questo tempo può durare da 2 a 10 secondi a seconda della consistenza del bolo .

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Controllo neurologico della deglutizione

La deglutizione è un comportamento sensitivo-motorio complesso che mette in gioco la contrazione e l'inibizione coordinata e bilaterale della muscolatura peribuccale, linguale, laringea, faringea ed esofagea. Nel corso della deglutizione sono coinvolti diversi livelli del sistema nervoso centrale (SNC), della corteccia cerebrale frontale e limbica, i linfonodi della base, l'ipotalamo, il tronco cerebrale (bulboprotuberanziale) fino al midollo spinale; molti muscoli striati innervati dai nervi cranici sono eccitati e/o inibiti in modo sequenziale per permettere il passaggio del bolo dalla bocca allo stomaco . 
La comprensione dei sistemi di controllo neurologico è lungi dall'essere completamente chiarita, ma si sa che i tre quarti dei disturbi della deglutizione sono di origine neurologica .
Il controllo neurologico mette in gioco afferenze ed efferenze periferiche con i nervi cranici e le radici spinali, un'integrazione a livello del tronco cerebrale che rappresenta il centro della deglutizione e un controllo emisferico.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngA livello del tronco cerebrale

Lo svolgimento della deglutizione comprende una fase orale volontaria e due fasi riflesse, faringea ed esofagea. La fase faringea è molto complessa e può essere precipitata dalle fibre sensitive afferenti provenienti dal nervo laringeo superiore e dal nervo glossofaringeo. Queste fibre si proiettano nel nucleo del trigemino e nel nucleo del tratto solitario, per poi terminare nei centri bulbari della deglutizione.
La regione orofaringea è estremamente ricca di recettori e presenta una grande varietà per il gusto, la sensibilità tattile e termica, i meccano- e chemiorecettori, la propriocezione e la stereognosia.

A livello sensitivo

Le fibre della sensibilità della faccia e delle cavità orali e nasali provengono dal plesso faringeo, dal IX, dalle terminazioni sensitive del nervo mascellare superiore e dalla branca mandibolare del V tramite la corda del timpano per la cavità orale.
I nuclei sensitivi del VII bis, del IX e del X sono raggruppati nel nucleo del tratto solitario bulboprotuberanziale e nel nucleo rotondo . Successivamente, le vie sensitive proseguono attraverso le vie talamocorticali fino alla circonvoluzione parietale ascendente. Alcune fibre del nucleo del tratto solitario inviano proiezioni corticali nel giro precentrale laterale. La corteccia insulare anteriore potrebbe anche prendere parte alla trasmissione delle influenze sensitive verso la
corteccia.
La stimolazione di questi diversi nervi permette di scatenare e di controllare lo svolgimento della deglutizione in modo più o meno efficace secondo i nervi stimolati: il nervo laringeo superiore e il glossofaringeo per le regioni dei pilastri del velo, della base della lingua e della mucosa orofaringea sono i più efficaci. Il nervo laringeo superiore sembra preservare le vie aeree dall'inalazione di saliva o di secrezioni mucose.
Nella rieducazione si farà ricorso alla stimolazione dei pilastri del velo del palato per il loro ruolo di scatenatori del riflesso di deglutizione.
La presenza di meccanocettori, chemiorecettori e termorecettori nella cavità orale, sulla lingua e nella faringe permette di fornire informazioni essenziali per l'identificazione del bolo.
I meccanocettori della punta della lingua e della regione centrale del palato sono sensibili alla pressione esercitata dal bolo e la loro stimolazione favorirebbe lo scatenamento di movimenti peristaltici per spostare il bolo verso la cavità faringea.
I meccanocettori della laringe sarebbero più sensibili alle consistenze liquide, in particolare nella regione interaritenoidea, nel vestibolo laringeo e nel piano della glottide .
La sensibilità somestesica permette di discriminare nello spazio la sede del bolo. Questa discriminazione è più fine nella regione centrale che nella regione laterale.

A livello sensoriale

Il sistema gustativo comprende i recettori periferici, le gemme del gusto (cellule gustative) che sono distribuite in tutta la cavità orale, nella faringe e nella parte superiore dell'esofago. Sono innervate dalla corda del timpano ramo del nervo facciale (VII), dal ramo linguale del glossofaringeo (IX) e dal nervo laringeo superiore del X. Le fibre gustative si concludono nel nucleo del tratto solitario.
Le caratteristiche gustative e olfattive (ossia il gusto) associate alle informazioni visive dei cibi completano i dati sulla temperatura e sulla struttura.

A livello vegetativo

Nel corso della deglutizione si produce una stimolazione mista gustativa e olfattiva.
I nuclei salivari superiore e inferiore (fibre visceromotrici parasimpatiche) intervengono durante la salivazione tramite l'intermediazione della corda del timpano (V e VII bis) e i rami del IX.
Le fibre simpatiche che innervano lo SSE derivano dal ganglio cervicale superiore e dal ganglio stellato.
Lo scatenamento della deglutizione riflessa non necessita di alcun controllo corticale. I sistemi extrapiramidali e cerebellari hanno un'influenza sui nuclei bulbari.

A livello motorio

La motilità della faccia, della lingua, della faringe, della laringe e dell'esofago è assicurata dai nervi che sono stati precedentemente descritti. I nuclei motori di questi nervi sono localizzati nel nucleo ambiguo omolaterale situato a livello del bulbo. I motoneuroni della faringe e dell'esofago sono in posizione rostrale, mentre i motoneuroni laringei sono nella parte caudale. Il nucleo motore del XII è esteso su quasi tutta la lunghezza del bulbo sotto il quarto ventricolo.
Le proiezioni corticobulbari tramite la mediazione del fascio genicolato sono bilaterali e terminano a livello del piede della frontale ascendente (giro precentrale). Questi nuclei bulbari sono regolati dal sistema piramidale ed extrapiramidale. Sono circondati dalla sostanza reticolare che contiene le sinapsi tra i motoneuroni dei nervi cranici che permettono una comunicazione bilaterale. Esistono interconnessioni tra i nuclei motori e sensitivi che partecipano alla funzione degli archi riflessi.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngFunzioni riflesse della deglutizione

Le relazioni tra le afferenze sensitive e le efferenze motorie permettono la funzione riflesso della deglutizione, che mette in gioco la protezione delle vie respiratorie.
La tosse è un meccanismo di protezione che permette di espellere eventuali particelle dalla trachea, dai bronchi o dai polmoni. Questo riflesso sarebbe generato a livello del tronco cerebrale nel centro bulbare, in prossimità del centro della respirazione. La tosse a partenza laringea può essere ottenuta in modo volontario o riflesso. Il meccanismo riflesso comprende un'afferenza per il nervo laringeo superiore e un'efferenza attraverso il nervo laringeo inferiore o ricorrente. Tuttavia, la tosse non è che un semplice riflesso, ma può essere scatenata volontariamente, il che richiede un controllo centrale.
Il riflesso è anche un riflesso protettore, scatenato dal contatto con la parte posteriore della lingua o della parete faringea. Questa regione è innervata dal glossofaringeo (IX).
Alcuni riflessi sono detti «inestinguibili» e scompaiono normalmente nella prima infanzia. In particolare, il riflesso della lingua che, al momento di una stimolazione tattile, provoca nel neonato una deviazione della lingua verso il lato stimolato.
La deglutizione possiede un ruolo fondamentale nella nutrizione dell'individuo. Possiede tuttavia anche un ruolo protettivo del tratto respiratorio, che si esercita sia durante l'atto della nutrizione sia al di fuori di esso: in effetti, i meccanismi riflessi della deglutizione permettono di eliminare le secrezioni rinofaringee, tracheali, la saliva e il contenuto di un eventuale reflusso esofagofaringeo. Nel soggetto sveglio si produce una deglutizione al minuto; questo ritmo rallenta durante il sonno.
La depressione del centro bulbare, che comanda il riflesso della deglutizione a partire dalle informazioni veicolate dal nervo laringeo superiore, dagli anestetici o da un coma, comporta un rischio di pneumopatia da inalazione in assenza di ogni assunzione alimentare.
L'arco riflesso deriva dalla stimolazione dei recettori sensitivi, stimolazione che trasmette le informazioni tramite i nervi sensitivi (nervo laringeo superiore, plesso faringeo, V), fino al nucleo dorsale del bulbo (nucleo del tratto solitario). Alcuni interneuroni vanno quindi a congiungere il nucleo ventrale del bulbo (nucleo ambiguo). Da qui partono efferenze motorie viscerali (nucleo motore del X) e somatiche (fibre motorie del IX, X, XI interno e del V, VII, XII) per i muscoli effettori.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.png«Centro bulbare della deglutizione»

Il centro bulbare della deglutizione comprende:


nella regione dorsale considerata come organizzatrice, il nucleo del tratto solitario;

nella regione ventrale considerata come afferente, il nucleo ambiguo.

Questi due nuclei sono circondati dalla formazione reticolare. A questo livello, le connessioni nucleari e sopranucleari dei centri del respiro, della fonazione e della deglutizione si riuniscono, permettendo la coordinazione tra queste differenti funzion. Il sistema extrapiramidale e il sistema cerebellare hanno un'influenza sui nuclei bulbari.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngControllo corticale della deglutizione

Benché si supponga che l'atto della deglutizione sia sotto il controllo principale del tronco cerebrale, gli studi clinici, elettrofisiologici e in neuro-imaging mostrano che la corteccia cerebrale ha un ruolo fondamentale nella regolazione della deglutizione.

Controllo della deglutizione volontaria

Una persona può controllare volontariamente la sua deglutizione di saliva o alimentare presente nella cavità orale. Questo assioma permette di dire che il sistema bulboprotuberanziale implicato nella deglutizione può essere attivato da uno stimolo corticale. I modelli patologici, in particolare dopo un accidente vascolare cerebrale, suggeriscono un ruolo delle strutture cerebrali lese nella deglutizione.
In condizioni normali il sistema riceve informazioni discendenti che giungono dalla corteccia cerebrale. La corteccia può scatenare una deglutizione e modulare l'attività sequenziale del tronco cerebrale. Lo scatenamento volontario della deglutizione faringea coinvolge diverse strutture e le vie corticali e sottocorticali. Nell'uomo l'interazione tra le regioni corticali e bulboprotuberanziali deve, ad oggi, essere ancora compresa completamente.
Differenti studi di imaging funzionale mostrano un'attività emisferica corticale durante la deglutizione. Queste regioni sono l'area motrice primaria che codifica per la faccia, l'opercolo rolandico, la corteccia premotoria, l'insula e il giro cingolato anteriore. Il controllo sarebbe bilaterale con una predominanza non legata alla preferenza manuale. È stato anche messo in evidenza un coinvolgimento dei nuclei grigi centrali e del cervelletto .
Alcuni esperimenti di stimolazione magnetica di alcune regioni cerebrali consentono di ottenere una risposta muscolare localizzata associata a una sequenza della deglutizione. Dopo un accidente vascolare cerebrale esiste, peraltro, una riorganizzazione cerebrale con un fenomeno di compensazione tramite l'emisfero sano.

Controllo della deglutizione automatica

Alcuni studi sul feto umano normale hanno dimostrato che la deglutizione era possibile dalla XII settimana, mentre le strutture corticali e sottocorticali non sono ancora completamente sviluppate. Allo stesso modo, un'attività muscolare simile alla fase faringea ed esofagea della deglutizione è stata osservata in neonati anencefalici]. Peraltro, la presenza di lesioni corticali gravi non provoca sistematicamente una scomparsa dei riflessi della deglutizione. Questi studi suggeriscono che i centri bulboprotuberanziali della deglutizione e le loro afferenze sono le strutture essenziali dei riflessi della deglutizione e che la corteccia esercita solo un effetto facilitatore sull'inizio della deglutizione.
Studi recenti mostrano che la corteccia cerebrale svolge anche un ruolo nello svolgimento automatico della deglutizione nell'adulto.
Molti studi clinici hanno messo in evidenza che una disfunzione corticale, in particolare durante accidenti vascolari cerebrali (ACV), può manifestarsi con una disfagia. L'incidenza della disfagia può andare dal 30 al 50% nei pazienti coscienti dopo ACV. Così, le lesioni corticali possono avere un effetto significativo sui meccanismi periferici di comando della deglutizione a livello del tronco cerebrale.
I recenti progressi in imaging funzionale cerebrale permettono di esaminare le rappresentazioni corticali e sottocorticali della deglutizione. La partecipazione corticale della deglutizione è multifocale e rappresentata in modo bilaterale. Le regioni corticali coinvolte nella deglutizione sono rappresentate e si proiettano in modo bilaterale sui nuclei del tronco cerebrale, ma esiste un'asimmetria interemisferica. Le regioni che presentano un'attività alla risonanza magnetica funzionale (RMf) e quelle più spesso citate sono le regioni della corteccia sensitivomotoria, della corteccia prefrontale, del giro cingolato anteriore, della corteccia insulare anteriore, dell'opercolo rolandico, della regione parieto-occipitale e temporale. Inoltre, la deglutizione produce ipersegnali in RM funzionale nella regione dei gangli della base, del talamo e del cervelletto. Tuttavia, il loro ruolo esatto non è ancora noto .
Alcuni studi hanno dimostrato che una lesione unilaterale corticale non comportava, in teoria, modificazioni significative della deglutizione per l'esistenza di possibilità di compenso mediante riorganizzazione emisferica.

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Variabili che influenzano lo svolgimento della deglutizione

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Regione cervicocefalica

La funzione del tratto aerodigestivo durante la deglutizione non può essere isolata dal suo quadro cervicocefalico. La dinamica orofacciale è sottoposta alle costrizioni posturali cervicocefaliche. Tutte le strutture cranio-cervico-mandibolari, così come l'osso ioide sono interdipendenti. 
A queste forze divergenti bisogna aggiungere la gravità che richiama la testa in basso e in avanti.
Infine, la statica cefalica è in stretta relazione con la postura corporea e il respiro.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngCaratteristiche del bolo alimentare

La durata della deglutizione può essere influenzata da alcune caratteristiche del bolo alimentare; più il volume del bolo aumenta, più il distacco della base della lingua dura a lungo, più l'elevazione dell'osso ioide è importante e precoce, come anche lo svuotamento dello SSE.
Il basso volume salivare può rendere difficile la deglutizione riflessa in pazienti affetti da una patologia neurologica.
Più il bolo alimentare è viscoso, più lungo sarà il tempo orofaringeo.
La temperatura: per alcuni, l'applicazione di uno stimolo ghiacciato sui pilastri anteriori della tonsilla abbassa la soglia della deglutizione successiva .
L'evoluzione del comportamento della deglutizione compare verso i sei mesi e prosegue fino a 36 mesi. La maturazione del sistema nervoso centrale permette di sviluppare il controllo volontario della fase orale. Si producono alcune alterazioni anatomiche e permettono di diversificare i cibi.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngNel soggetto anziano

La stimolazione del nervo laringeo superiore è seguita da un'apnea e da una deglutizione completa.
La durata del tempo preparatorio orale è aumentata nella maggior parte dei soggetti anziani: l'edentulia non è l'unica responsabile; la forza masticatoria è diminuita, la massa muscolare linguale è ridotta a vantaggio del tessuto connettivo. La produzione di saliva è nettamente ridotta in rapporto al soggetto giovane.
Nell'anziano l'elevazione della laringe è meno importante e inizia più tardi. La durata del tempo faringeo è giudicata leggermente più lunga o simile a quella dei soggetti giovani. Al contrario, nel soggetto anziano l'ampiezza dell'onda di pressione dovuta al peristaltismo faringeo sembra essere aumentata. Questo aumento è interpretato come un meccanismo adattativo alla diminuzione della compliance dello SSE che sembra riscontrata in diversi studi manometrici: il tono basale dello sfintere è meno elevato e il suo rilasciamento non è mai completo.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngPostura

Le modificazioni posturali sono state molto studiate nel corso di questi ultimi anni nell'ambito della gestione postoperatoria della chirurgia faringolaringea e nel campo delle patologie neurologiche. La ricerca di posture e di movimenti facilitatori per la deglutizione ha un posto molto rilevante nel programma di riabilitazione funzionale, accanto all'adattamento della consistenza alimentare.
Il basculamento anteriore del mento provoca modificazioni tra le strutture implicate nella deglutizione. La base della lingua e la faccia laringea dell'epiglottide sono rese più vicine dalla parete posteriore della faringe e il diametro anteroposteriore del piano glottico è diminuito.
L'iperestensione cervicale, al contrario, apre le vie respiratorie e chiude l'asse digestivo.
Il tempo gastroesofageo è influenzato anche dalla postura. La peristalsi gastroesofagea è meno sollecitata quando il soggetto è in piedi, essendo la pesantezza sufficiente a far progredire il bolo alimentare, in particolare per i liquidi.

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Metodi di esplorazione della deglutizione

I differenti metodi di esplorazione della deglutizione hanno lo scopo di studiare i meccanismi fisiologici e biomeccanici, l'efficacia e il coordinamento delle azioni muscolari, e di capire dove sono gli eventuali disturbi, di porre una diagnosi per orientare la riabilitazione, di adattare l'ambiente e di educare i familiari. 
L'esame clinico costituisce la prima tappa della valutazione; questo esame orienterà gli altri esami, che saranno presentati secondo la loro frequenza e il loro interesse diagnostico, senza comunque trascurare di valutare il rischio peculiare di ogni esame.
Ogni esame inizia con l'osservazione dell'assunzione dei cibi e del comportamento alimentare, che permette una valutazione dell'importanza dei disturbi e delle loro ripercussioni. Le difficoltà possono essere a livello:


posturale o della motilità generale;

dello svolgimento della prima fase, in particolare dell'apertura mandibolare e dell'efficacia labiale. Si deve cercare la persistenza di una deglutizione primaria (posizione troppo anteriore della lingua, ipertonicità labiale) o dei riflessi inestinguibili, soprattutto nel soggetto anziano, che tenderà a succhiare;

dello svolgimento della fase faringea, in particolare verificando l'ascensione della laringe con la palpazione;

della propulsione o della presenza di stasi, oggettivata con la ripetizione dei movimenti di deglutizione.

L'esame clinico può essere completato da un bilancio nutrizionale o dietetico a seconda della gravità dei disturbi della deglutizione o della patologia sottostante, con, tra l'altro, il calcolo dell'indice di massa corporea (IMC).

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngPrincipali procedure strumentali

Rinofibroscopia

La rinofibroscopia è un esame quasi sistematico in ogni valutazione della deglutizione e può essere realizzato dalla maggior parte degli otorinolaringoiatri]. È l'esame più importante della valutazione strumentale della deglutizione. La rinofibroscopia è, il più delle volte, associata a una registrazione video. Questo esame può essere realizzato in ambulatorio o al letto del paziente, non necessita di preparazione e si esegue senza anestesia, allo scopo di esplorare la sensibilità del tratto aerodigestivo. 
Questo esame permette di precisare le caratteristiche anatomiche del tratto aerodigestivo, di visualizzare la morfologia, la motricità e la sensibilità delle regioni velofaringee e faringolaringee, così come la funzione della base della lingua. Si ricercherà l'eventuale presenza di stasi di secrezioni, flogosi, edema e si osserverà l'efficacia della tosse.
Le situazioni di deglutizione a vuoto e con un bolo colorato solido, semiliquido e liquido saranno analizzate a seconda della patologia.
La sensibilità può essere esplorata in modo molto preciso utilizzando fibroscopi di nuova generazione, con un canale operatore che permette l'iniezione di una quantità definita di aria per 50 ms. La regione aritenoide viene stimolata per ricercare il riflesso di chiusura laringea.
Uno dei limiti principali di questo esame è l'assenza di visualizzazione delle false vie dirette e dell'apertura dello SSE.
Un complemento di esame verrà richiesto qualora siano presenti segni di interessamento del tempo faringeo o esofageo.

Radiocinematografia della deglutizione

La radiocinematografia, o esame videoradioscopico della deglutizione, permette l'analisi morfologica e dinamica dell'insieme della deglutizione grazie all'ingestione di un mezzo di contrasto baritato di consistenza variabile.
Questo esame permette la visualizzazione del tragitto dei boli dalla cavità orale, il riflesso della deglutizione, la propulsione faringea, la chiusura laringea, la dinamica dello SSE e, soprattutto, la presenza di false vie anche asintomatiche. Permette la prova di differenti posture su proiezioni frontali e di profilo.
I limiti di questo esame stanno nel rischio da irradiazione proprio della radiocinematografia, che non permette l'esecuzione di esami seriati. Peraltro, bisogna essere in un centro che dispone di un reparto di radiologia e di personale di radiologia disponibile. I vincoli posturali possono essere per il paziente un fattore che aggrava le false vie.

Manometria faringoesofagea

Diverse manometrie faringoesofagee possono essere praticate per esplorare la muscolatura esofagea, costituita da fibre muscolari lisce, o per esplorare la muscolatura faringea costituita da fibre muscolari striate, che hanno contrazioni molto più rapide. Lo scopo di questi esami è quello di registrare le variazioni di pressione della faringe, la coordinazione faringoesofagea, il grado di rilasciamento dello SSE e dello sfintere inferiore dell'esofago (SEI), la motricità dell'esofago a riposo e durante la deglutizione. Questi esami non permettono però di misurare il grado di propulsione faringeo, l'apertura dello SSE e l'ascensione laringea.
Abbinata alla videoradioscopia, consente di ottenere una valutazione quantitativa sulla forza di propulsione faringea, sul tempo di transito faringeo, sull'apertura e la pressione dello SSE: questo accoppiamento è però delicato tecnicamente.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngAltre indagini strumentali

Non fanno parte degli esami di routine e verranno citate a titolo puramente indicativo.

Elettromiografia

Questo esame è praticato per esplorare i muscoli laringei nell'ambito delle lesioni neurologiche. Lo è molto meno per esplorare i muscoli della faringe. Quest'ultima tecnica, invasiva, ha soprattutto un interesse eziologico. Al contrario, l'elettromiografia di superficie, non invasiva, ha un approccio più funzionale. Può interessare contemporaneamente diversi muscoli.

Risonanza magnetica nucleare dinamica

La risonanza magnetica nucleare sembra interessante per la definizione anatomica delle immagini ottenute. Tuttavia, essa presenta dei limiti per le esplorazioni dinamiche, legati alla velocità di acquisizione delle immagini. Così, la qualità dell'immagine si deteriora tanto più quanto più si vuole aumentare il numero di immagini al secondo. Peraltro, il paziente è isolato e in decubito dorsale, fatto che rappresenta una condizione non fisiologica che può rivelarsi una controindicazione per un gran numero di pazienti con disturbi della deglutizione.

Ecografia

L'ecografia della lingua e dei muscoli del pavimento orale comporta un'immagine incompleta della cavità orale, ma permette di osservare i movimenti anteroposteriori della lingua mobile, così come quelli dell'osso ioide.

Cinescintigrafia della deglutizione

Questo esame permette di misurare il tempo di transito fisiologico di un bolo marcato con tecnezio 99m . Questo esame permette la diagnosi di false vie definite «asintomatiche» e può essere eseguito solo in un servizio di medicina nucleare.

Auscultazione cervicale

L'auscultazione cervicale studia i rumori della deglutizione nel tempo faringeo per verificarne l'integrità e individuare le false strade . L'identificazione, la coordinazione e la calibrazione dei diversi toni della deglutizione sono però ancora di dominio della ricerca clinica.
I recenti progressi nel neuro-imaging funzionale (RMf) aprono prospettive verso la comprensione delle rappresentazioni corticali della deglutizione umana. Tuttavia, questi esami sono ancora di dominio della ricerca clinica.

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Conclusioni

La conoscenza della fisiologia dei differenti tempi della deglutizione è fondamentale per permettere una diagnosi organica e/o funzionale, così come per una gestione più efficace possibile. La concertazione interdisciplinare permette la valutazione più completa possibile. L'esame clinico associato agli esami della deglutizione permette in genere di rilevare le situazioni potenzialmente fatali.

FISIOLOGIA DELLA GOLA Esofago

 

L'esofago è un condotto muscolare che permette il passaggio del cibo dalla faringe allo stomaco attraverso il torace.


Fisiologia dello sfintere superiore dell'esofago
Lo sfintere superiore dell'esofago (UES), muscolare striato, corrisponde a una zona di alta pressione tra la faringe e il corpo dell'esofago.
Metodi di studio
I metodi elettromiografici permettono di studiare i fenomeni rapidi di contrazione, la coordinazione faringo-esofagea e di quantificare la contrazione. La manometria può registrare le variazioni di pressione e la loro cinetica. Lo studio della deglutizione, mediante scintigrafia o con tecniche isotopiche, identifica gli asincronismi faringo-esofagei ma non permette di studiare in nessun modo le pressioni o le forze di contrazione.

UES a riposo
Al di fuori degli atti della deglutizione, esso rimane chiuso e previene l'ingresso di aria nell'esofago durante l'inspirazione. Le pressioni sono più elevate in avanti che indietro, ma soprattutto le pressioni misurate lateralmente sono tre volte più deboli di quelle misurate in senso anteroposteriore. La pressione è dell'ordine di 100 mm Hg. È dovuta alla contrazione del muscolo cricofaringeo e del muscolo costrittore inferiore del faringe. Questa pressione può essere modificata da alcuni fenomeni esofagei sottostanti: presenza di acido nell'esofago, distensione gassosa.

UES durante i movimenti della deglutizione
Dopo lo spostamento volontario del bolo alimentare all'indietro per la contrazione della lingua contro la parete posteriore della faringe, si osserva successivamente la comparsa di contrazioni faringee, l'interruzione del ciclo respiratorio, la chiusura delle vie aeree (rinofaringe e laringe) e l'apertura dell'UES. La deglutizione durerà 1 secondo, di cui 0,7 secondi sono necessari per attraversare l'UES. Alla fine del rilassamento, si verifica un'ipertonia transitoria che corrisponde a una ripresa della contrazione dei muscoli sfinterici e alla comparsa della peristalsi nell'esofago superiore.

Controllo
La pressione a riposo dell'UES è dovuta all'attività dei rami nervosi efferenti del nervo vago. La trasmissione neuromuscolare è mediata dall'acetilcolina.
Quando il bolo alimentare tocca la parete posteriore della faringe o il velo palatino, induce una deglutizione accompagnata da un rilassamento riflesso dell'UES. Il rilassamento dell'UES inizia prima della contrazione faringea.
La distensione della parete esofagea da parte di liquidi o solidi determina un aumento della pressione dell'UES. La distensione della parete dovuta a gas è responsabile di un rilassamento, che spiega il fenomeno dell'eruttazione. La presenza di acido nell'esofago o l'inspirazione aumentano la pressione a riposo dell'UES.

Fisiologia del corpo dell'esofago
Metodi di studio
La manometria è l'esame di scelta per studiare la funzione motoria del corpo dell'esofago.

Studio a riposo
In assenza di deglutizione, esiste una pressione endoluminale negativa di circa - 10 mmHg in rapporto alla pressione atmosferica, riflettendo la pressione intrapleurica. Questa pressione aumenta durante l'espirazione e diminuisce durante l'inspirazione. Al contrario degli altri muscoli lisci dell'apparato digerente, l'esofago non presenta attività miogena autonoma.

Peristalsi primaria
La deglutizione produce la propagazione di un'onda contrattile dalla faringe fino al corpo dell'esofago, passando così dalla muscolatura striata a quella liscia. Il passaggio di questa onda oblitera il lume di circa 5 cm nell'esofago superiore, e 10 cm nell'esofago inferiore. L'ampiezza dell'onda di contrazione varia a seconda del piano esofageo. È massima nell'esofago distale (70 mmHg), minima nell'esofago mediano (35 mmHg) e media nell'esofago superiore (53 mmHg). L'onda peristaltica raggiunge lo sfintere inferiore dell'esofago in meno di 6 secondi.

Peristalsi secondaria
Questa peristalsi è indotta da una distensione esofagea. Non è pertanto associata alla peristalsi faringea o a un rilassamento dell'UES. Queste onde nascono al di sopra della sede di distensione e creano una forza di propulsione dall'alto verso il basso. Esse persistono all'interno dell'esofago per l'intero periodo di permanenza del cibo. Il ruolo della peristalsi secondaria sarebbe quello di proseguire il lavoro di quella primaria.

Origine e controllo dei fenomeni motori
Il meccanismo di controllo più importante è quello nervoso. La peristalsi primaria è causata da un arco riflesso che inizia a livello della faringe, interessando il centro della deglutizione. Le fibre efferenti improntano il nervo vago e mettono in gioco alcuni recettori muscarinici.
In caso di peristalsi secondaria, lo scatenamento non è vagale, ma fa intervenire dei riflessi locali che interessano i plessi intramurali.
Il contenuto intraluminale modula l'attività esofagea mediante meccano- e chemorecettori. A livello del muscolo liscio, la distensione è capace di scatenare una contrazione peristaltica riflessa, la cui ampiezza dipende da quella della distensione. L'ampiezza delle contrazioni indotte dalla deglutizione di boli caldi è maggiore rispetto a quella indotta da boli freddi. I boli solidi causano una contrazione superiore a quella dei boli liquidi. Il pH del bolo alimentare modifica anche l'attività motoria esofagea.

Fisiologia dello sfintere esofageo inferiore
Metodi di studio
La manometria è l'esame di riferimento per lo studio dello sfintere inferiore dell'esofago (LES).

Studio a riposo
Con la manometria, la zona di resistenza della giunzione gastro-esofagea misura da 2 a 4 cm di lunghezza. Il mantenimento del tono basale è essenzialmente di origine miogena. Si tratta di una tensione permanente e intrinseca.

Studio dopo deglutizione
Il LES presenta un rilasciamento per tutta la durata della deglutizione. Il bolo alimentare può così passare nello stomaco. Il rilassamento inizia con il primo atto della deglutizione o alcuni secondi dopo.

Controllo
Il controllo della pressione del LES a riposo è modificato da alcuni fattori nervosi e umorali (tabella I) . Il rilassamento del LES è un fenomeno neurogenico causato dall'innervazione vagale. I fascicoli nervosi si articolano con alcuni neuroni inibitori non colinergici, non adrenergenici.