Fisiologia della deglutizione

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Sinossi

La deglutizione è il risultato della coordinazione sensitiva, motoria e temporale delle diverse strutture anatomiche orofaringee ed esofagee per garantire una deglutizione normale e sicura. La deglutizione consiste nella coordinazione dei muscoli e delle articolazioni nel senso di una progressione del bolo alimentare, solido o liquido, dalla bocca verso lo stomaco. La fase orale è regolata dal controllo volontario, mentre la fase faringea è considerata un riflesso e la fase esofagea è essenzialmente regolata dal sistema nervoso autonomo. Una conoscenza dei meccanismi anatomofisiologici implicati nella deglutizione permette di capire meglio la fisiopatologia dei disturbi della deglutizione e di prendere in considerazione la gestione terapeutica più efficace possibile. Descriveremo l'anatomia funzionale delle diverse unità motorie del tratto aerodigestivo implicate nell'atto della deglutizione, quindi lo svolgimento fisiologico delle diverse fasi della deglutizione e, infine, vedremo rapidamente i differenti metodi e le differenti tecniche di esplorazione della deglutizione.

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Introduzione

La deglutizione è un fenomeno presente nella maggior parte delle specie animali e che compare presto nel corso dell'embriogenesi. Deve essere presente alla nascita. 
I meccanismi della deglutizione umana sono complessi, ma estremamente efficaci. Le strutture anatomiche della cavità orale, del nasofaringe, dell'orofaringe e dell'ipofaringe sono messe in gioco per garantire una deglutizione normale e sicura. La deglutizione è un processo attivo che dipende della coordinazione sensitiva, motoria e temporale delle diverse strutture anatomiche nel senso di una progressione del bolo alimentare, solido o liquido, dalla bocca verso lo stomaco.
Tradizionalmente, lo sviluppo motosensoriale della deglutizione è stato suddiviso in quattro fasi : 1) fase preparatoria o di anticipazione; 2) fase orale; 3) fase faringea; 4) fase esofagea.
Per alcuni lo svolgimento della deglutizione avviene in tre fasi con una ulteriore separazione della fase orale in una fase preparatoria e in una fase di trasporto orale. Infine, altri hanno descritto la deglutizione in due fasi: la fase buccofaringea o orofaringea e la fase esofagea. La fase orale è regolata dal controllo volontario, mentre la fase faringea è considerata un riflesso e la fase esofagea è essenzialmente regolata dal sistema nervoso autonomo. Queste azioni non sono isolate, ma funzionano in sinergia e in modo interattivo .
Una classificazione pratica consiste nella suddivisione della deglutizione in più fasi che permettono una descrizione più strutturata di diversi eventi, tenendo presente che tutte le fasi sono funzionalmente legate. Ne risulta che una disfunzione che compare a livello di una delle fasi si ripercuote anche sulle altre.
Un certo numero di disturbi è in grado di alterare lo svolgimento della deglutizione: la conoscenza dei meccanismi anatomofisiologici implicati dovrebbe permettere la comprensione della fisiopatologia dei disturbi della deglutizione e di prendere in considerazione la gestione terapeutica più efficace possibile.
Nella prima parte descriveremo la fisiologia delle differenti fasi della deglutizione, poi affronteremo il controllo nervoso della deglutizione. Infine, vedremo i differenti metodi e le differenti tecniche di esplorazione della deglutizione.

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Fisiologia della deglutizione

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Fase preparatoria e fase orale

Situazione

La cavità orale è lo spazio compreso tra la fascia labiale anteriormente, la mucosa iugale lateralmente, la lingua e i muscoli del pavimento buccale in basso, la volta palatale in alto e la cavità orale dietro, cavità che termina in corrispondenza dei pilastri anteriori del velo del palato. Essa interviene nelle funzioni di articolazione della parola, della masticazione del cibo e ha funzioni accessorie di cavità aerea per il flusso respiratorio. I muscoli all'interno della cavità orale e intorno a essa assicurano i movimenti della mandibola, delle labbra, delle guance, del velo palatino e della lingua.

Fase preparatoria

La fase preparatoria è anche chiamata «fase di anticipazione» poiché permette di inizializzare le azioni successive della deglutizione, che comincia quando viene messo in bocca il cibo.
Questa fase comprende una successione di atti volontari che iniziano con la contenzione del cibo nella cavità orale, la masticazione, la miscelazione e l'insalivazione del bolo grazie ai muscoli di labbra, guance, lingua e mandibola. Questi muscoli sono messi in azione sui differenti piani in modo ritmico e permettono di evitare che si costituiscano recessi in cui si depositerebbero frammenti di bolo. Durante la masticazione l'attività dei muscoli temporali e dei muscoli masseteri è sincrona. La mandibola agisce in sinergia con i muscoli sottoioidei nell'apertura della bocca. La lingua è collegata posteriormente all'osso ioide, all'epiglottide, al velo del palato e alla faringe. La massa linguale è ancorata sul rafe ipomandibolare e la sua dinamica è condizionata dalla stabilità relativa della mandibola e/o dell'osso ioide. La chiusura labiale viene mantenuta per evitare le perdite. Le vie respiratorie sono ancora aperte e la respirazione nasale continua.
Questo tempo di preparazione permette di apportare ai cibi le proprietà fisicochimiche appropriate per una buona deglutizione. Il flusso salivare aumenta in modo rilevante e prepara la digestione, da una parte secernendo amilasi e dall'altra stimolando la peristalsi intestinale e la secrezione delle ghiandole digestive. È durante questa fase che la consapevolezza del piacere è più sviluppata grazie alla stimolazione delle papille gustative e di alcuni recettori olfattivi.
La durata di questa fase varia a seconda della consistenza e della solidità del cibo, così come i gusti e le circostanze alimentari come l'ambiente, la fame, la motivazione e la coscienza sociale.
Questa fase richiede e mette in gioco la coordinazione neuromuscolare di diverse strutture:


la fascia labiale e la chiusura labiale;

la muscolatura del volto e la tonicità della muscolatura labioiugale;

i movimenti della mandibola;

i movimenti della lingua;

i muscoli del palato molle e la chiusura orofaringea.

Fase orale

La fase orale corrisponde al trasporto del bolo, raccolto sul dorso della lingua, verso la base della lingua e la faringe. La cavità orale è chiusa, la mandibola fissata al fine di garantire un punto fisso all'insieme della muscolatura sottoioidea, i denti in occlusione: l'apice della lingua fa leva contro la cresta alveolare degli incisivi superiori. La lingua mobile forma una depressione e spinge il bolo alimentare verso l'alto e posteriormente, accostandosi progressivamente al palato dall'avanti all'indietro .
Durante tutta questa fase il bolo alimentare è mantenuto nella cavità orale, anteriormente grazie alla chiusura labiale, posteriormente grazie alla chiusura dell'orofaringe da parte del velo del palato che aderisce sul dorso della lingua e previene la penetrazione di cibo nella faringe mentre la laringe è ancora aperta. La pressione intraorale aumenta, grazie al tono dei muscoli, la fascia labiale e iugale. La fase orale si interrompe nel momento in cui il bolo supera i pilastri del velo. La sua durata è di circa 1 s.

Particolarità

Bisogna sottolineare che esiste, nelle deglutizioni primarie, un'iperattività presente a livello dei muscoli orbicolari, soprattutto per il labbro inferiore. Peraltro, questa fase orale non è indispensabile, come testimoniano le deglutizioni di secrezioni che giungono dal rinofaringe.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngFase faringea

La cavità orale e la faringe sono anatomicamente separate, ma costituiscono una sola entità fisiologica. Questa regione orofaringea è coinvolta nella risposta motoria complessa che comprende la masticazione, la deglutizione, la parola e la respirazione.
La faringe può essere schematicamente divisa in tre parti con il rinofaringe chiuso dall'innalzamento del velo palatino durante il passaggio del bolo in direzione della faringe in alto, l'orofaringe posteriormente alla cavità orale e l'ipofaringe, che è situata dietro e sotto il livello dell'epiglottide. Questa ha la forma di un imbuto, costituito lateralmente e indietro dai muscoli costrittori medio e inferiore della faringe, in avanti dalla parte posteriore della laringe e dalla regione retrocricoidea (Fig. 1). L'ipofaringe circonda lateralmente e indietro la laringe e costituisce i seni piriformi(Fig. 2). I seni piriformi sovrastano l'esofago e terminano in basso con il muscolo cricofaringeo. Questo muscolo serve da valvola a doppio senso all'estremità superiore dell'esofago, che permette al bolo di entrare nell'esofago e permette il passaggio in senso contrario del cibo durante il vomito o dell'aria durante l'eruttazione.

 

Figura 1. 
Regione retrocricoidea (freccia).

 

Figura 2
Seni piriformi (frecce).

 

 

 

Il tempo faringeo è la fase più rilevante e più delicata della deglutizione, poiché controlla da una parte il trasporto del bolo in direzione dell'esofago e dall'altra la protezione delle vie respiratorie. Questa fase della deglutizione è involontaria e riflessa. 
La fase faringea è scatenata dal contatto del bolo alimentare con i recettori sensitivi dei pilastri del velo, delle pareti laterali e posteriori dell'orofaringe, della parte posteriore della lingua e del margine laringeo (zona riflessogena di Wassileff). Informazioni sensoriali provenienti dai recettori della zona di Wassileff sono inviate ai centri midollari della deglutizione attraverso il IX paio di nervi cranici.
Un certo numero di eventi, che noi descriveremo in tre fasi, si manifesterà molto rapidamente e in modo sincronizzato.

Svolgimento del tempo faringeo (Fig. 3, Fig. 4, Fig. 5, Fig. 6, Fig. 7 e Fig. 8)

Occlusione velofaringea

Alla fine della fase orale, nel momento in cui il bolo supera i pilastri del velo del palato, quest'ultimo si innalza attraverso l'azione del sollevatore del palato per impedire la risalita del bolo nel rinofaringe. Il restringimento del rinofaringe a causa della contrazione dei muscoli costrittori superiori della faringe e dei faringostafilini partecipa alla chiusura dell'apertura velofaringea. L'occlusione velofaringea partecipa alla creazione di una pressione intraorale e faringea, necessaria alla progressione della seconda fase della deglutizione. La chiusura velofaringea è completa nel momento in cui inizia la peristalsi faringea.

Figura 3. 
Inizio della chiusura laringea.

 

Figura 4. 
Compressione delle pliche ventricolari

 

 

 

 

Figura 5. 
Chiusura del vestibolo laringeo

 

 

 

 

Figura 6. 
Inizio del distacco dell'epiglottide.

 

 

 

 

Figura 7. 
Basculamento dell'epiglottide.

 

 

 

 

 

Figura 8
Riapertura laringea.

 

 

Occlusione laringea

La laringe e l'osso ioide si sollevano anteriormente, permettendo alla faringe di allargarsi e di creare un'aspirazione del bolo in direzione dell'ipofaringe e partecipando al rilasciamento del muscolo cricofaringeo. 
Le strutture endolaringee (pieghe vocali e pieghe ventricolari) sono in adduzione. La chiusura del piano glottico è il primo evento del tempo faringeo. L'esclusione del tratto respiratorio è assicurata in primo luogo dall'inibizione respiratoria centrale. È favorita dall'ascesa e dalla proiezione anteriore della laringe che, associata alla regressione della base della lingua, pone la laringe sotto la massa della lingua e completa il basculamento all'indietro dell'epiglottide.
L'epiglottide scivola indietro sul vestibolo laringeo per proteggere le vie respiratorie, per creare uno «scivolo» che faciliti la discesa del bolo nei seni piriformi. In caso di boli liquidi l'epiglottide ha il compito di rallentare la discesa nella faringe, permettendo la chiusura delle pliche vocali e la risalita della laringe.
Questa occlusione completa della laringe si effettua dal basso verso l'alto in maniera sequenziale, tramite una contrazione dei muscoli interaritenoidei, quindi dei muscoli ariepiglottici e dei muscoli stilofaringei situati nelle pieghe faringoepiglottiche.

Propulsione del bolo

Le pliche faringopalatine si avvicinano alla linea mediana per formare un corridoio in cui si impegna il bolo.
La lingua si ritrae tra i pilastri del velo e viene a collocarsi contro la parete faringea posteriore per spingere il bolo nella faringe e impedire il suo ritorno endobuccale. L'ascesa e la proiezione anteriore della laringe sono al loro massimo al momento del distacco dalla base della lingua. La peristalsi faringea inizia nel momento del distacco dalla base della lingua e comprende l'azione successiva e sinergica dei muscoli costrittori superiori, medi e inferiori della faringe. Questo peristaltismo permette una contrazione progressiva della parte alta verso il basso, che riduce il calibro laterale e anteroposteriore della faringe e partecipa alla progressione del bolo verso l'esofago grazie all'onda di pressione positiva al di sopra del bolo, prevenendo gli eventuali residui dopo la deglutizione.
Al momento della deglutizione un soggetto normale blocca la sua respirazione, (questo si chiama «apnea di deglutizione») e la deglutizione normale interrompe la fase espiratoria del ciclo respiratorio. Bisogna notare che il 90% dell'atto della deglutizione si effettua durante l'espirazione. Dopo la deglutizione la ripresa della respirazione si realizza attraverso un'espirazione.

Fattori partecipanti allo svolgimento della fase faringea

Tre fattori partecipano alla progressione del bolo alimentare dalla faringe verso l'esofago:


l'azione propulsiva della base della lingua ;

la peristalsi faringea, assicurata dai muscoli costrittori della faringe: non è tanto la forza della contrazione a essere importante, ma la sua velocità e la sua sincronizzazione. L'onda peristaltica è pari a 10-20 cm/s. Questa velocità varia di poco qualunque sia il volume o la viscosità del bolo;

la presenza di una pressione negativa nell'ipofaringe. L'esofago deve perciò avere una pressione inferiore alla pressione positiva che esiste a livello del bolo e sopra di esso, per facilitare la progressione in esofago dopo il superamento dello sfintere superiore dell'esofago (SSE). L'apertura dello sfintere superiore permette il passaggio dei cibi nell'esofago con una continuità tra la peristalsi faringea e la peristalsi gastroesofagea. Il superamento dello SSE dipende dall'integrità delle forze di propulsione .

In caso di penetrazione accidentale di particelle alimentari nella laringe prima o dopo lo scatenamento del tempo faringeo, il riflesso di chiusura laringea e il riflesso della tosse assicurano la protezione dell'albero bronchiale.
La grandezza del bolo non modifica lo svolgimento della fase orofaringea, ma modifica la sincronizzazione di ogni tappa della deglutizione . L'ampiezza dei movimenti non aumenta parallelamente al volume del bolo. L'aumento di volume da 1 a 20 ml aumenta il tempo di transito, così come il tempo di sollevamento e di chiusura laringea. Oltre 20 ml di acqua, il soggetto normale avrà tendenza a suddividere il bolo liquido in due o più «ingestioni». I pazienti con un disturbo neurologico della deglutizione devono frammentare il bolo liquido a prescindere dal volume.
Una volta che la deglutizione è iniziata, la cascata delle attivazioni muscolari sequenziali non si altera di molto, qualunque sia la densità di un bolo. Questa constatazione è a favore di un modello di controllo nervoso centrale.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngFase esofagea

La fase esofagea comprende da una parte l'apertura dello sfintere esofageo superiore e dall'altra la fase esofagea propriamente detta.
La fase faringea si conclude con il rilasciamento del muscolo cricofaringeo, che permette il passaggio del bolo nell'esofago. Lo SSE ha un tono continuo e si apre solo al momento della deglutizione.

Fase di apertura dello sfintere esofageo superiore

Lo SSE (o bocca dell'esofago) è situato alla giunzione tra la faringe e l'esofago. È collocato in corrispondenza della VI e della VII vertebra cervicale. Lo sfintere è in teoria chiuso a riposo e le fibre muscolari sono toniche e contratte. È formato dalle fibre inferiori del muscolo costrittore inferiore della faringe, dal muscolo cricofaringeo e dalle fibre superiori dell'esofago.
L'apertura della bocca esofagea inizia con l'inibizione del tono vagale di riposo e dipende dal rilasciamento muscolare e dall'ascesa della laringe, che scolla la cricoide dalla parete faringea posteriore. Questa ascesa laringea anteriore permette anche di dirigere di preferenza il bolo alimentare in direzione dell'imbuto ipofaringeo e dello SSE.
Le fibre dello SSE si rilasciano giusto al momento dell'attraversamento del bolo o al momento del vomito o di un'eruttazione. Tuttavia, anche durante il rilasciamento completo lo sfintere conserva una forza passiva elastica di chiusura nelle sue fibre muscolari. Subito dopo il passaggio di un bolo in esofago lo SSE si richiude in modo molto tonico per impedire il reflusso del bolo nella faringe.
Lo SSE si apre sotto l'azione di più forze: il volume e il peso del bolo, le forze di trazione dei muscoli sopraioidei verso l'alto e in avanti, come dei muscoli costrittori della faringe e dei muscoli che accorciano la faringe: lo stilofaringeo, il palatofaringeo e il salpingofaringeo. Lo stilofaringeo agisce anche allargando la faringe, cosa che permette di aumentare le pressioni negative nell'ipofaringe per facilitare il trasporto del bolo.
Tre fattori parteciperebbero all'apertura dello SSE:


l'innervazione vagale (X paio di nervi cranici);

lo sviluppo temporale del peristaltismo faringeo;

il sollevamento della laringe che agirebbe tirando il muscolo verso l'alto e che lo aprirebbe con un meccanismo di trazione e, di conseguenza, provocando il suo rilasciamento.

Secondo Jacob si possono descrivere cinque fasi di rilasciamento dello SSE:


la prima fase consiste in un'inibizione della contrazione tonica del muscolo cricofaringeo che precede l'apertura effettiva dello SSE di 0,1 s. L'attivazione del costrittore inferiore della faringe precede il rilasciamento del muscolo cricofaringeo;

la seconda fase è contraddistinta dall'apertura del cricofaringeo sotto l'effetto biomeccanico di spostamento iodolaringeo. L'osso ioide è tirato in avanti e in alto dai muscoli sopraioidei e sottomentali. Questo movimento induce, congiuntamente all'azione del muscolo tiroioideo, l'ascesa in avanti della laringe, cosa che permette di scollare la cartilagine cricoide dalla parete faringea posteriore. Siccome lo SSE è collegato al sistema laringeo dal muscolo cricofaringeo, la parte anteriore dello sfintere può aprirsi poiché le sue fibre sono rilassate;

la terza fase corrisponde alla distensione dello SSE legata alla pressione, al volume e al peso del bolo che arriva;

la quarta fase corrisponde al collasso passivo delle fibre distese dello SSE al momento del passaggio del bolo;

la quinta fase è la chiusura attiva dello SSE con la contrazione del muscolo cricofaringeo.

Il meccanismo di rilasciamento e di apertura del muscolo cricofaringeo dello SSE è regolata dal controllo nervoso piuttosto che biomeccanica, poiché il rapporto e la correlazione tra la durata dell'ascesa della laringe e dell'apertura dello SSE nel soggetto normale scompaiono nel soggetto disfagico con paralisi sopranucleare di origine neurologica diversa.
Questa fase è innervata dal nervo glossofaringeo (IX) e dal nervo vago (X paio di nervi cranici).

Fase esofagea

La fase esofagea riflessa è in continuità con la fase faringea. Il tempo esofageo inizia con l'abbassamento della faringe e la chiusura serrata del muscolo cricofaringeo. Un sistema complesso di onde peristaltiche, associato al fenomeno della gravità, trasporta il bolo verso lo stomaco. Un'onda peristaltica deriva dall'azione delle fibre muscolari esofagee, che sono orientate longitudinalmente e orizzontalmente in modo circolare. L'onda è il risultato della contrazione delle fibre verticali all'altezza del bolo e del rilasciamento delle fibre circolari a valle. È sotto la dipendenza del sistema nervoso centrale. Questo tempo può durare da 2 a 10 secondi a seconda della consistenza del bolo .

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Controllo neurologico della deglutizione

La deglutizione è un comportamento sensitivo-motorio complesso che mette in gioco la contrazione e l'inibizione coordinata e bilaterale della muscolatura peribuccale, linguale, laringea, faringea ed esofagea. Nel corso della deglutizione sono coinvolti diversi livelli del sistema nervoso centrale (SNC), della corteccia cerebrale frontale e limbica, i linfonodi della base, l'ipotalamo, il tronco cerebrale (bulboprotuberanziale) fino al midollo spinale; molti muscoli striati innervati dai nervi cranici sono eccitati e/o inibiti in modo sequenziale per permettere il passaggio del bolo dalla bocca allo stomaco . 
La comprensione dei sistemi di controllo neurologico è lungi dall'essere completamente chiarita, ma si sa che i tre quarti dei disturbi della deglutizione sono di origine neurologica .
Il controllo neurologico mette in gioco afferenze ed efferenze periferiche con i nervi cranici e le radici spinali, un'integrazione a livello del tronco cerebrale che rappresenta il centro della deglutizione e un controllo emisferico.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngA livello del tronco cerebrale

Lo svolgimento della deglutizione comprende una fase orale volontaria e due fasi riflesse, faringea ed esofagea. La fase faringea è molto complessa e può essere precipitata dalle fibre sensitive afferenti provenienti dal nervo laringeo superiore e dal nervo glossofaringeo. Queste fibre si proiettano nel nucleo del trigemino e nel nucleo del tratto solitario, per poi terminare nei centri bulbari della deglutizione.
La regione orofaringea è estremamente ricca di recettori e presenta una grande varietà per il gusto, la sensibilità tattile e termica, i meccano- e chemiorecettori, la propriocezione e la stereognosia.

A livello sensitivo

Le fibre della sensibilità della faccia e delle cavità orali e nasali provengono dal plesso faringeo, dal IX, dalle terminazioni sensitive del nervo mascellare superiore e dalla branca mandibolare del V tramite la corda del timpano per la cavità orale.
I nuclei sensitivi del VII bis, del IX e del X sono raggruppati nel nucleo del tratto solitario bulboprotuberanziale e nel nucleo rotondo . Successivamente, le vie sensitive proseguono attraverso le vie talamocorticali fino alla circonvoluzione parietale ascendente. Alcune fibre del nucleo del tratto solitario inviano proiezioni corticali nel giro precentrale laterale. La corteccia insulare anteriore potrebbe anche prendere parte alla trasmissione delle influenze sensitive verso la
corteccia.
La stimolazione di questi diversi nervi permette di scatenare e di controllare lo svolgimento della deglutizione in modo più o meno efficace secondo i nervi stimolati: il nervo laringeo superiore e il glossofaringeo per le regioni dei pilastri del velo, della base della lingua e della mucosa orofaringea sono i più efficaci. Il nervo laringeo superiore sembra preservare le vie aeree dall'inalazione di saliva o di secrezioni mucose.
Nella rieducazione si farà ricorso alla stimolazione dei pilastri del velo del palato per il loro ruolo di scatenatori del riflesso di deglutizione.
La presenza di meccanocettori, chemiorecettori e termorecettori nella cavità orale, sulla lingua e nella faringe permette di fornire informazioni essenziali per l'identificazione del bolo.
I meccanocettori della punta della lingua e della regione centrale del palato sono sensibili alla pressione esercitata dal bolo e la loro stimolazione favorirebbe lo scatenamento di movimenti peristaltici per spostare il bolo verso la cavità faringea.
I meccanocettori della laringe sarebbero più sensibili alle consistenze liquide, in particolare nella regione interaritenoidea, nel vestibolo laringeo e nel piano della glottide .
La sensibilità somestesica permette di discriminare nello spazio la sede del bolo. Questa discriminazione è più fine nella regione centrale che nella regione laterale.

A livello sensoriale

Il sistema gustativo comprende i recettori periferici, le gemme del gusto (cellule gustative) che sono distribuite in tutta la cavità orale, nella faringe e nella parte superiore dell'esofago. Sono innervate dalla corda del timpano ramo del nervo facciale (VII), dal ramo linguale del glossofaringeo (IX) e dal nervo laringeo superiore del X. Le fibre gustative si concludono nel nucleo del tratto solitario.
Le caratteristiche gustative e olfattive (ossia il gusto) associate alle informazioni visive dei cibi completano i dati sulla temperatura e sulla struttura.

A livello vegetativo

Nel corso della deglutizione si produce una stimolazione mista gustativa e olfattiva.
I nuclei salivari superiore e inferiore (fibre visceromotrici parasimpatiche) intervengono durante la salivazione tramite l'intermediazione della corda del timpano (V e VII bis) e i rami del IX.
Le fibre simpatiche che innervano lo SSE derivano dal ganglio cervicale superiore e dal ganglio stellato.
Lo scatenamento della deglutizione riflessa non necessita di alcun controllo corticale. I sistemi extrapiramidali e cerebellari hanno un'influenza sui nuclei bulbari.

A livello motorio

La motilità della faccia, della lingua, della faringe, della laringe e dell'esofago è assicurata dai nervi che sono stati precedentemente descritti. I nuclei motori di questi nervi sono localizzati nel nucleo ambiguo omolaterale situato a livello del bulbo. I motoneuroni della faringe e dell'esofago sono in posizione rostrale, mentre i motoneuroni laringei sono nella parte caudale. Il nucleo motore del XII è esteso su quasi tutta la lunghezza del bulbo sotto il quarto ventricolo.
Le proiezioni corticobulbari tramite la mediazione del fascio genicolato sono bilaterali e terminano a livello del piede della frontale ascendente (giro precentrale). Questi nuclei bulbari sono regolati dal sistema piramidale ed extrapiramidale. Sono circondati dalla sostanza reticolare che contiene le sinapsi tra i motoneuroni dei nervi cranici che permettono una comunicazione bilaterale. Esistono interconnessioni tra i nuclei motori e sensitivi che partecipano alla funzione degli archi riflessi.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngFunzioni riflesse della deglutizione

Le relazioni tra le afferenze sensitive e le efferenze motorie permettono la funzione riflesso della deglutizione, che mette in gioco la protezione delle vie respiratorie.
La tosse è un meccanismo di protezione che permette di espellere eventuali particelle dalla trachea, dai bronchi o dai polmoni. Questo riflesso sarebbe generato a livello del tronco cerebrale nel centro bulbare, in prossimità del centro della respirazione. La tosse a partenza laringea può essere ottenuta in modo volontario o riflesso. Il meccanismo riflesso comprende un'afferenza per il nervo laringeo superiore e un'efferenza attraverso il nervo laringeo inferiore o ricorrente. Tuttavia, la tosse non è che un semplice riflesso, ma può essere scatenata volontariamente, il che richiede un controllo centrale.
Il riflesso è anche un riflesso protettore, scatenato dal contatto con la parte posteriore della lingua o della parete faringea. Questa regione è innervata dal glossofaringeo (IX).
Alcuni riflessi sono detti «inestinguibili» e scompaiono normalmente nella prima infanzia. In particolare, il riflesso della lingua che, al momento di una stimolazione tattile, provoca nel neonato una deviazione della lingua verso il lato stimolato.
La deglutizione possiede un ruolo fondamentale nella nutrizione dell'individuo. Possiede tuttavia anche un ruolo protettivo del tratto respiratorio, che si esercita sia durante l'atto della nutrizione sia al di fuori di esso: in effetti, i meccanismi riflessi della deglutizione permettono di eliminare le secrezioni rinofaringee, tracheali, la saliva e il contenuto di un eventuale reflusso esofagofaringeo. Nel soggetto sveglio si produce una deglutizione al minuto; questo ritmo rallenta durante il sonno.
La depressione del centro bulbare, che comanda il riflesso della deglutizione a partire dalle informazioni veicolate dal nervo laringeo superiore, dagli anestetici o da un coma, comporta un rischio di pneumopatia da inalazione in assenza di ogni assunzione alimentare.
L'arco riflesso deriva dalla stimolazione dei recettori sensitivi, stimolazione che trasmette le informazioni tramite i nervi sensitivi (nervo laringeo superiore, plesso faringeo, V), fino al nucleo dorsale del bulbo (nucleo del tratto solitario). Alcuni interneuroni vanno quindi a congiungere il nucleo ventrale del bulbo (nucleo ambiguo). Da qui partono efferenze motorie viscerali (nucleo motore del X) e somatiche (fibre motorie del IX, X, XI interno e del V, VII, XII) per i muscoli effettori.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.png«Centro bulbare della deglutizione»

Il centro bulbare della deglutizione comprende:


nella regione dorsale considerata come organizzatrice, il nucleo del tratto solitario;

nella regione ventrale considerata come afferente, il nucleo ambiguo.

Questi due nuclei sono circondati dalla formazione reticolare. A questo livello, le connessioni nucleari e sopranucleari dei centri del respiro, della fonazione e della deglutizione si riuniscono, permettendo la coordinazione tra queste differenti funzion. Il sistema extrapiramidale e il sistema cerebellare hanno un'influenza sui nuclei bulbari.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngControllo corticale della deglutizione

Benché si supponga che l'atto della deglutizione sia sotto il controllo principale del tronco cerebrale, gli studi clinici, elettrofisiologici e in neuro-imaging mostrano che la corteccia cerebrale ha un ruolo fondamentale nella regolazione della deglutizione.

Controllo della deglutizione volontaria

Una persona può controllare volontariamente la sua deglutizione di saliva o alimentare presente nella cavità orale. Questo assioma permette di dire che il sistema bulboprotuberanziale implicato nella deglutizione può essere attivato da uno stimolo corticale. I modelli patologici, in particolare dopo un accidente vascolare cerebrale, suggeriscono un ruolo delle strutture cerebrali lese nella deglutizione.
In condizioni normali il sistema riceve informazioni discendenti che giungono dalla corteccia cerebrale. La corteccia può scatenare una deglutizione e modulare l'attività sequenziale del tronco cerebrale. Lo scatenamento volontario della deglutizione faringea coinvolge diverse strutture e le vie corticali e sottocorticali. Nell'uomo l'interazione tra le regioni corticali e bulboprotuberanziali deve, ad oggi, essere ancora compresa completamente.
Differenti studi di imaging funzionale mostrano un'attività emisferica corticale durante la deglutizione. Queste regioni sono l'area motrice primaria che codifica per la faccia, l'opercolo rolandico, la corteccia premotoria, l'insula e il giro cingolato anteriore. Il controllo sarebbe bilaterale con una predominanza non legata alla preferenza manuale. È stato anche messo in evidenza un coinvolgimento dei nuclei grigi centrali e del cervelletto .
Alcuni esperimenti di stimolazione magnetica di alcune regioni cerebrali consentono di ottenere una risposta muscolare localizzata associata a una sequenza della deglutizione. Dopo un accidente vascolare cerebrale esiste, peraltro, una riorganizzazione cerebrale con un fenomeno di compensazione tramite l'emisfero sano.

Controllo della deglutizione automatica

Alcuni studi sul feto umano normale hanno dimostrato che la deglutizione era possibile dalla XII settimana, mentre le strutture corticali e sottocorticali non sono ancora completamente sviluppate. Allo stesso modo, un'attività muscolare simile alla fase faringea ed esofagea della deglutizione è stata osservata in neonati anencefalici]. Peraltro, la presenza di lesioni corticali gravi non provoca sistematicamente una scomparsa dei riflessi della deglutizione. Questi studi suggeriscono che i centri bulboprotuberanziali della deglutizione e le loro afferenze sono le strutture essenziali dei riflessi della deglutizione e che la corteccia esercita solo un effetto facilitatore sull'inizio della deglutizione.
Studi recenti mostrano che la corteccia cerebrale svolge anche un ruolo nello svolgimento automatico della deglutizione nell'adulto.
Molti studi clinici hanno messo in evidenza che una disfunzione corticale, in particolare durante accidenti vascolari cerebrali (ACV), può manifestarsi con una disfagia. L'incidenza della disfagia può andare dal 30 al 50% nei pazienti coscienti dopo ACV. Così, le lesioni corticali possono avere un effetto significativo sui meccanismi periferici di comando della deglutizione a livello del tronco cerebrale.
I recenti progressi in imaging funzionale cerebrale permettono di esaminare le rappresentazioni corticali e sottocorticali della deglutizione. La partecipazione corticale della deglutizione è multifocale e rappresentata in modo bilaterale. Le regioni corticali coinvolte nella deglutizione sono rappresentate e si proiettano in modo bilaterale sui nuclei del tronco cerebrale, ma esiste un'asimmetria interemisferica. Le regioni che presentano un'attività alla risonanza magnetica funzionale (RMf) e quelle più spesso citate sono le regioni della corteccia sensitivomotoria, della corteccia prefrontale, del giro cingolato anteriore, della corteccia insulare anteriore, dell'opercolo rolandico, della regione parieto-occipitale e temporale. Inoltre, la deglutizione produce ipersegnali in RM funzionale nella regione dei gangli della base, del talamo e del cervelletto. Tuttavia, il loro ruolo esatto non è ancora noto .
Alcuni studi hanno dimostrato che una lesione unilaterale corticale non comportava, in teoria, modificazioni significative della deglutizione per l'esistenza di possibilità di compenso mediante riorganizzazione emisferica.

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Variabili che influenzano lo svolgimento della deglutizione

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Regione cervicocefalica

La funzione del tratto aerodigestivo durante la deglutizione non può essere isolata dal suo quadro cervicocefalico. La dinamica orofacciale è sottoposta alle costrizioni posturali cervicocefaliche. Tutte le strutture cranio-cervico-mandibolari, così come l'osso ioide sono interdipendenti. 
A queste forze divergenti bisogna aggiungere la gravità che richiama la testa in basso e in avanti.
Infine, la statica cefalica è in stretta relazione con la postura corporea e il respiro.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngCaratteristiche del bolo alimentare

La durata della deglutizione può essere influenzata da alcune caratteristiche del bolo alimentare; più il volume del bolo aumenta, più il distacco della base della lingua dura a lungo, più l'elevazione dell'osso ioide è importante e precoce, come anche lo svuotamento dello SSE.
Il basso volume salivare può rendere difficile la deglutizione riflessa in pazienti affetti da una patologia neurologica.
Più il bolo alimentare è viscoso, più lungo sarà il tempo orofaringeo.
La temperatura: per alcuni, l'applicazione di uno stimolo ghiacciato sui pilastri anteriori della tonsilla abbassa la soglia della deglutizione successiva .
L'evoluzione del comportamento della deglutizione compare verso i sei mesi e prosegue fino a 36 mesi. La maturazione del sistema nervoso centrale permette di sviluppare il controllo volontario della fase orale. Si producono alcune alterazioni anatomiche e permettono di diversificare i cibi.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngNel soggetto anziano

La stimolazione del nervo laringeo superiore è seguita da un'apnea e da una deglutizione completa.
La durata del tempo preparatorio orale è aumentata nella maggior parte dei soggetti anziani: l'edentulia non è l'unica responsabile; la forza masticatoria è diminuita, la massa muscolare linguale è ridotta a vantaggio del tessuto connettivo. La produzione di saliva è nettamente ridotta in rapporto al soggetto giovane.
Nell'anziano l'elevazione della laringe è meno importante e inizia più tardi. La durata del tempo faringeo è giudicata leggermente più lunga o simile a quella dei soggetti giovani. Al contrario, nel soggetto anziano l'ampiezza dell'onda di pressione dovuta al peristaltismo faringeo sembra essere aumentata. Questo aumento è interpretato come un meccanismo adattativo alla diminuzione della compliance dello SSE che sembra riscontrata in diversi studi manometrici: il tono basale dello sfintere è meno elevato e il suo rilasciamento non è mai completo.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngPostura

Le modificazioni posturali sono state molto studiate nel corso di questi ultimi anni nell'ambito della gestione postoperatoria della chirurgia faringolaringea e nel campo delle patologie neurologiche. La ricerca di posture e di movimenti facilitatori per la deglutizione ha un posto molto rilevante nel programma di riabilitazione funzionale, accanto all'adattamento della consistenza alimentare.
Il basculamento anteriore del mento provoca modificazioni tra le strutture implicate nella deglutizione. La base della lingua e la faccia laringea dell'epiglottide sono rese più vicine dalla parete posteriore della faringe e il diametro anteroposteriore del piano glottico è diminuito.
L'iperestensione cervicale, al contrario, apre le vie respiratorie e chiude l'asse digestivo.
Il tempo gastroesofageo è influenzato anche dalla postura. La peristalsi gastroesofagea è meno sollecitata quando il soggetto è in piedi, essendo la pesantezza sufficiente a far progredire il bolo alimentare, in particolare per i liquidi.

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Metodi di esplorazione della deglutizione

I differenti metodi di esplorazione della deglutizione hanno lo scopo di studiare i meccanismi fisiologici e biomeccanici, l'efficacia e il coordinamento delle azioni muscolari, e di capire dove sono gli eventuali disturbi, di porre una diagnosi per orientare la riabilitazione, di adattare l'ambiente e di educare i familiari. 
L'esame clinico costituisce la prima tappa della valutazione; questo esame orienterà gli altri esami, che saranno presentati secondo la loro frequenza e il loro interesse diagnostico, senza comunque trascurare di valutare il rischio peculiare di ogni esame.
Ogni esame inizia con l'osservazione dell'assunzione dei cibi e del comportamento alimentare, che permette una valutazione dell'importanza dei disturbi e delle loro ripercussioni. Le difficoltà possono essere a livello:


posturale o della motilità generale;

dello svolgimento della prima fase, in particolare dell'apertura mandibolare e dell'efficacia labiale. Si deve cercare la persistenza di una deglutizione primaria (posizione troppo anteriore della lingua, ipertonicità labiale) o dei riflessi inestinguibili, soprattutto nel soggetto anziano, che tenderà a succhiare;

dello svolgimento della fase faringea, in particolare verificando l'ascensione della laringe con la palpazione;

della propulsione o della presenza di stasi, oggettivata con la ripetizione dei movimenti di deglutizione.

L'esame clinico può essere completato da un bilancio nutrizionale o dietetico a seconda della gravità dei disturbi della deglutizione o della patologia sottostante, con, tra l'altro, il calcolo dell'indice di massa corporea (IMC).

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngPrincipali procedure strumentali

Rinofibroscopia

La rinofibroscopia è un esame quasi sistematico in ogni valutazione della deglutizione e può essere realizzato dalla maggior parte degli otorinolaringoiatri]. È l'esame più importante della valutazione strumentale della deglutizione. La rinofibroscopia è, il più delle volte, associata a una registrazione video. Questo esame può essere realizzato in ambulatorio o al letto del paziente, non necessita di preparazione e si esegue senza anestesia, allo scopo di esplorare la sensibilità del tratto aerodigestivo. 
Questo esame permette di precisare le caratteristiche anatomiche del tratto aerodigestivo, di visualizzare la morfologia, la motricità e la sensibilità delle regioni velofaringee e faringolaringee, così come la funzione della base della lingua. Si ricercherà l'eventuale presenza di stasi di secrezioni, flogosi, edema e si osserverà l'efficacia della tosse.
Le situazioni di deglutizione a vuoto e con un bolo colorato solido, semiliquido e liquido saranno analizzate a seconda della patologia.
La sensibilità può essere esplorata in modo molto preciso utilizzando fibroscopi di nuova generazione, con un canale operatore che permette l'iniezione di una quantità definita di aria per 50 ms. La regione aritenoide viene stimolata per ricercare il riflesso di chiusura laringea.
Uno dei limiti principali di questo esame è l'assenza di visualizzazione delle false vie dirette e dell'apertura dello SSE.
Un complemento di esame verrà richiesto qualora siano presenti segni di interessamento del tempo faringeo o esofageo.

Radiocinematografia della deglutizione

La radiocinematografia, o esame videoradioscopico della deglutizione, permette l'analisi morfologica e dinamica dell'insieme della deglutizione grazie all'ingestione di un mezzo di contrasto baritato di consistenza variabile.
Questo esame permette la visualizzazione del tragitto dei boli dalla cavità orale, il riflesso della deglutizione, la propulsione faringea, la chiusura laringea, la dinamica dello SSE e, soprattutto, la presenza di false vie anche asintomatiche. Permette la prova di differenti posture su proiezioni frontali e di profilo.
I limiti di questo esame stanno nel rischio da irradiazione proprio della radiocinematografia, che non permette l'esecuzione di esami seriati. Peraltro, bisogna essere in un centro che dispone di un reparto di radiologia e di personale di radiologia disponibile. I vincoli posturali possono essere per il paziente un fattore che aggrava le false vie.

Manometria faringoesofagea

Diverse manometrie faringoesofagee possono essere praticate per esplorare la muscolatura esofagea, costituita da fibre muscolari lisce, o per esplorare la muscolatura faringea costituita da fibre muscolari striate, che hanno contrazioni molto più rapide. Lo scopo di questi esami è quello di registrare le variazioni di pressione della faringe, la coordinazione faringoesofagea, il grado di rilasciamento dello SSE e dello sfintere inferiore dell'esofago (SEI), la motricità dell'esofago a riposo e durante la deglutizione. Questi esami non permettono però di misurare il grado di propulsione faringeo, l'apertura dello SSE e l'ascensione laringea.
Abbinata alla videoradioscopia, consente di ottenere una valutazione quantitativa sulla forza di propulsione faringea, sul tempo di transito faringeo, sull'apertura e la pressione dello SSE: questo accoppiamento è però delicato tecnicamente.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngAltre indagini strumentali

Non fanno parte degli esami di routine e verranno citate a titolo puramente indicativo.

Elettromiografia

Questo esame è praticato per esplorare i muscoli laringei nell'ambito delle lesioni neurologiche. Lo è molto meno per esplorare i muscoli della faringe. Quest'ultima tecnica, invasiva, ha soprattutto un interesse eziologico. Al contrario, l'elettromiografia di superficie, non invasiva, ha un approccio più funzionale. Può interessare contemporaneamente diversi muscoli.

Risonanza magnetica nucleare dinamica

La risonanza magnetica nucleare sembra interessante per la definizione anatomica delle immagini ottenute. Tuttavia, essa presenta dei limiti per le esplorazioni dinamiche, legati alla velocità di acquisizione delle immagini. Così, la qualità dell'immagine si deteriora tanto più quanto più si vuole aumentare il numero di immagini al secondo. Peraltro, il paziente è isolato e in decubito dorsale, fatto che rappresenta una condizione non fisiologica che può rivelarsi una controindicazione per un gran numero di pazienti con disturbi della deglutizione.

Ecografia

L'ecografia della lingua e dei muscoli del pavimento orale comporta un'immagine incompleta della cavità orale, ma permette di osservare i movimenti anteroposteriori della lingua mobile, così come quelli dell'osso ioide.

Cinescintigrafia della deglutizione

Questo esame permette di misurare il tempo di transito fisiologico di un bolo marcato con tecnezio 99m . Questo esame permette la diagnosi di false vie definite «asintomatiche» e può essere eseguito solo in un servizio di medicina nucleare.

Auscultazione cervicale

L'auscultazione cervicale studia i rumori della deglutizione nel tempo faringeo per verificarne l'integrità e individuare le false strade . L'identificazione, la coordinazione e la calibrazione dei diversi toni della deglutizione sono però ancora di dominio della ricerca clinica.
I recenti progressi nel neuro-imaging funzionale (RMf) aprono prospettive verso la comprensione delle rappresentazioni corticali della deglutizione umana. Tuttavia, questi esami sono ancora di dominio della ricerca clinica.

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Conclusioni

La conoscenza della fisiologia dei differenti tempi della deglutizione è fondamentale per permettere una diagnosi organica e/o funzionale, così come per una gestione più efficace possibile. La concertazione interdisciplinare permette la valutazione più completa possibile. L'esame clinico associato agli esami della deglutizione permette in genere di rilevare le situazioni potenzialmente fatali.