Laringostroboscopia

  • Categoria: Esami
  • Pubblicato: Mercoledì, 28 Marzo 2012 05:15
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 Il termine «stroboscopia» deriva dal greco «strobos» (ruotare) e «skopeo» (osservare).

L’effetto stroboscopico fu descritto per la prima volta da Plateau nel 1829, nella sua tesi in Scienze Fisiche e Matematiche: esso si fonda su un’illusione ottica dovuta all’inerzia propria del nostro senso della vista. Secondo la legge di Talbot, ogni impressione luminosa che colpisce la retina lascia un’immagine positiva della durata di 0,2 secondi. Una serie di immagini singole, presentate ad intervalli inferiori a 0,2 secondi, apparirà dunque come un’immagine continua.
Movimenti vibratori o rotatori che si susseguono con rapidità tale da non poter essere percepiti dall’occhio umano, possono essere resi visibili illuminando a rapidi tratti le singole fasi di vibrazione e facendo in modo che la durata dei lampi sia inferiore alla durata del periodo di vibrazione. Quando la frequenza dei lampi coincide esattamente con la frequenza delle vibrazioni dell’oggetto, viene illuminata sempre la stessa fase vibratoria: l’oggetto, che in realtà vibra, appare ai nostri occhi immobile (immagine ferma) (Fig. 1). La posizione in cui l’oggetto appare fermo dipende dalla fase che viene illuminata.

Se la frequenza dei lampi non coincide esattamente con la frequenza di vibrazione, non viene illuminata ad ogni passaggio la medesima posizione, ma quella immediatamente adiacente. Ciò che si vede in questo caso è un movimento vibratorio apparentemente lento, composto dalle singole fasi di periodi successivi che nel loro insieme riproducono un effetto ottico di continuità (immagine in movimento) (Fig. 2). In altre parole, la stroboscopia fornisce un’immagine illusoria che si compone di piccoli frammenti del ciclo vibratorio reale, mentre l’oggetto in esame rimane per la maggior parte del tempo al buio.
Il primo stroboscopio meccanico era costituito da un disco forato rotante (da cui il termine «strobos») che interrompeva periodicamente un raggio di luce, essendo collocato fra una lampada e l’oggetto in esame. Con questo strumento Harless eseguì i primi esami stroboscopici su laringi escisse già nel 1852, cioè prima dell’introduzione dello specchietto laringeo da parte di Garcia (1854). Toepler nel 1866 ed Oertel nel 1878 esaminarono la laringe di un essere vivente con lo stroboscopio meccanico.
Muschold nel 1898 riuscì a realizzare le prime fotografie stroboscopiche, che ancor oggi sono oggetto di ammirazione. Nel 1937 Kallen e Polin produssero il primo stroboscopio completamente elettronico, successivamente perfezionato da Timcke nel 1958, che sfruttava lampi luminosi prodotti da tubi a scarica di gas (neon, xenon). Allo sviluppo della laringostroboscopia hanno dato contributi determinanti Seeman, che nel 1921 introdusse la stroboscopia nello studio delle patologie della voce, Luchsinger che con le sue ricerche creò le premesse per un utile impiego pratico e particolarmente Schönhärl, al quale si deve l’affermazione della stroboscopia nel campo della laringologia. Attualmente ulteriori fondamentali contributi si devono alle ricerche di Jurgen Wendler, che utilizza la metodica della «microstroboscopia intraoperatoria» e diGuy Cornut e di Marc Bouchayer 5 6 i quali hanno introdotto un protocollo diagnostico e terapeutico che prevede come prassi costante nella patologia laringea la videoregistrazione dell’esame stroboscopico e l’analisi alla moviola del ciclo vibratorio glottico. Più recenti, ma di rilievo non inferiore anche per le possibili evoluzioni, sono le ricerche di Peak Woo 15 sulla quantificazione delle osservazioni videostroboscopiche utilizzando l’elaborazione computerizzata delle immagini delle varie fasi vibratorie. I moderni laringostroboscopi sono tutti caratterizzati dalla regolazione automatica della frequenza, che permette di sincronizzare lo strumento con la frequenza fondamentale della voce del paziente; quest’ultima è prelevata mediante un microfono a contatto con la laringe o montato sul laringoscopio. La regolazione della differenza di fase per l’effetto «slow motion» o per la fissazione nei vari momenti del ciclo vibratorio viene effettuata mediante un pedale multifunzione. Di preferenza si usano endoscopi rigidi a quattro ingrandimenti, con fuoco fisso o variabile, con angolo di visuale a 90° o 70° ma in alternativa possono essere utilizzati anche endoscopi flessibili. Inizialmente questi ultimi venivano impiegati esclusivamente nei soggetti non collaboranti; l’introduzione di fonti di luce stroboscopiche allo xenon più potenti e di fibroscopi più luminosi hanno ampliato le indicazioni all’uso della fibro-videolaringostroboscopia. Entrambi gli strumenti presentano vantaggi e svantaggi. I telescopi rigidi forniscono immagini di dimensioni superiori e migliore qualità ma non sempre si ottiene una visione completa della commissura anteriore, la lingua deve essere estrusa e non di rado il paziente presenta riflessi tali da non rendere agevole la visione. I fibroscopi, dal canto loro, forniscono immagini degli atti fonatori più vicine alle condizioni fisiologiche, consentono una buona visione dell’intero laringe e di buona parte della faringe, i riflessi sono nettamente minori. La qualità delle immagini e la fedeltà dei colori sono però inferiori, le lesioni di piccole dimensioni non sempre sono ben caratterizzabili e il grandangolo determina distorsioni delle immagini, che appaiono più globose vicino alla punta e più sfuocate ai bordi. Nella nostra esperienza gli strumenti flessibili hanno ottenuto un posto di rilievo nella valutazione stroboscopica intraoperatoria nel corso di interventi di tiroplastica di medializzazione (tiroplastica di tipo I). In caso di paralisi laringee l’introduzione
fino al piano glottico permette di identificare eventuali slivellamenti verso l’alto o verso il basso della corda indirizzando il chirurgo nella localizzazione della sede in cui dovrà essere incisa la finestra cartilaginea; inoltre permette di poter identificare il corretto affrontamento delle corde vocali dopo l’avvenuta medializzazione, consentendo eventuali correzioni immediate dell’intervento al fine di ottenere il migliore risultato possibile. Normalmente l’esame viene videoregistrato, impiegando una microtelecamera collegata ad un videoregistratore con moviola e visualizzato su monitor ad alta definizione.Gli stroboscopi di ultima generazione sono inoltre in grado di fornire elementi di notevole importanza circa le caratteristiche acustiche della voce quali: la frequenza fondamentale, con la nota corrispondente, il livello di intensità sonora in dB, il Jitter e lo Shimmer, con possibilità di visualizzare contemporaneamente la forma dell’onda glottografica.
Più di recente l’implementazione con il personal computer ha permesso l’elaborazione
di software per l’archivio di sequenze di fotogrammi successivi relativi al ciclo vibratorio glottico con la possibilità di valutazioni qualitative e quantitative (Fig. 3) e l’archivio di immagini in movimento su CD ROM.

Tali tipi di attrezzature, che fino a qualche anno fa erano patrimonio di pochi centri di ricerca a causa degli alti costi di acquisto e manutenzione, sono oggi accessibili a molti specialisti che si dedicano particolarmente alla laringologia ed alla foniatria, poiché lo sviluppo tecnologico e la concorrenza tra le ditte produttrici hanno consentito un ragguardevole abbattimento dell’impegno economico richiesto.
La laringostroboscopia permette di analizzare nei dettagli le caratteristiche fisiologiche e patologiche della vibrazione glottica, che si basano fondamentalmente sulla teoria muco-ondulatoria formulata da Perello. Le corde vocali hanno 2 tipi di movimenti: quello trasverso del corpo muscolare e quello verticale degli strati soprastanti, che è riferibile all’onda mucosa e che è indicativo dell’elasticità della corda vocale. La stroboscopia consente di osservare entrambi i movimenti. Le fasi del ciclo vibratorio sono tre: apertura, avvicinamento e chiusura (Figg. 4 e 5). Dal rapporto tra la durata delle varie fasi si individuano le modalità di vibrazione: normale, ipercinetica ed ipocinetica. I parametri da valutare durante la laringostroboscopia, così come raccomandato da Hirano sono:

• simmetria (Figg. 6 e 7);
• periodicità (regolare, irregolare, inconsistente) (Fig. 8);
• chiusura glottica (completa, incompleta: ovalare, a triangolo posteriore o anteriore,
a clessidra, con precontatti, con solcature) (Figg. 9 e 10);
• ampiezza (Fig. 11);
• progressione dell’onda mucosa (Fig. 3).
In particolare le fasi di chiusura e di apertura devono sempre essere riferite al livello
di intensità, all’altezza tonale ed al registro con cui viene prodotta la voce, per evitare di interpretare come patologica un tipo di vibrazione che in realtà è fisiologico per quella modalità di produzione vocale (ad esempio, la vibrazione di tipo «marginale» nel registro di falsetto). Lo studio della progressione dell’onda mucosa dalla faccia inferiore a quella superiore della corda vocale è uno dei momenti fondamentali per l’individuazione di zone di rigidità della mucosa causata da lesioni cordali congenite o da precancerosi laringee.

La videostroboscopia, fornendo immagini delle diverse parti del ciclo vibratorio consente di visualizzare fenomeni non visibili ad occhio nudo quali segmenti cordali non vibranti, rigidità della mucosa ed il ritorno dell’onda mucosa dopo paralisi. Infine, come per tutte le metodiche che comportano la visualizzazione e l’archiviazione delle immagini, anche la videostroboscopia assume un importante ruolo nell’insegnamento della fisiologia e della patologia della vibrazione cordale.

L’apporto della laringovideostroboscopia alla diagnosi ed al trattamento della patologia cordale è stato chiaramente esemplificato nei lavori di Cornut e Bouchayer . Su tali basi e attenendosi al protocollo proposto per lo studio della patologia laringea, l’attività del nostro Ambulatorio di Foniatria e Logopedia (nel quale vengono eseguite e registrate oltre 600 laringostroboscopie all’anno per disfonia cronica) è costantemente archiviato anche con metodo informatico di memorizzazione delle immagini.
L’esperienza così svolta ci ha confermato l’importanza di questa indagine diagnostica:
• nella diagnosi differenziale tra lesioni laringee che presentano morfologia simile, come per esempio tra una cisti mucosa da ritenzione ed un nodulo: in questo caso la stroboscopia evidenzia la riduzione o l’arresto della vibrazione mucosa a livello della tumefazione o anche di tutta la corda, nel caso della cisti intracordale;
• nella corretta indicazione alla fonochirurgia, come ad esempio in presenza di noduli cordali ispessiti, in cui la stroboscopia permette di valutare l’entità dell’insufficienza glottica che si viene a creare per il pre-contatto tra i noduli, oppure fornendo indicazioni utili per quantificare «l’età» dei noduli stessi: quelli recenti sono soffici e scompaiono durante la fase di apertura, mentre quelli inveterati ed organizzati non scompaiono mai completamente; • nel porre il sospetto dell’esistenza di una lesione che non è chiaramente evidente anche alla stroboscopia e che andrà ricercata in sede operatoria, comenel caso della monocordite, in cui una riduzione dell’ondulazione mucosa sulla faccia superiore della corda vocale fa sospettare la presenza di una cisti intracordale, o nel caso della glottide ovalare, in cui durante l’analisi della vibrazione glottica può evidenziare la presenza di un «sulcus» o di una «vergeture », nei quali l’aderenza della lesione al legamento vocale provoca l’arresto della progressione dell’onda mucosa; 
• nell’indicare al chirurgo la zona precisa ove effettuare la cordotomia, come nel caso delle cicatrici cordali iatrogene in cui si cerchi di liberare la mucosa dall’adesione al legamento vocale; 
• Nelle monoplegie laringee, in cui permette di valutare il grado di insufficienza di chiusura della vibrazione glottica e di orientare la diagnosi differenziale tra paralisi neurogene ed anchilosi crico-aritenoidea: nel primo caso infatti durante la vibrazione stroboscopica la corda è flaccida; 
• La laringovideostroboscopia è infine l’esame fondamentale nel follow-up dopo interventi di fonochirurgia: in particolare dopo interventi di microchirurgia laringea permette di valutare il ripristino dell’ondulazione mucosa, mentre negli interventi di iniezione intracordale o di tiroplastica consente di valutare il miglioramento della competenza glottica.