Dislessie

 

I SISTEMI DI LETTURA E LE DISLESSIE

L’alessia senza agrafia
-Disturbo di lettura senza altri disturbi concomitanti.
-I pazienti scrivono senza essere capaci di leggere quello che hanno scritto
Interpretazione--> disturbo da disconnessione.
La lesione danneggia il lobo occipitale sinistro e lo splenio del corpo calloso
.

- il lobo occipitale di
sinistra non elabora
gli stimoli visivi.
- il lobo occipitale
destro elabora gli stimoli,
ma e’ disconnesso
dall’emisfero
sinistro per il danno
al corpo calloso.

--> l’informazione visiva non arriva quindi alle aree di produzione linguistica.

--> dislessia senza disturbi del linguaggio

 

 

In realta’ il paziente dovrebbe avere, in base a questa interpretazione, anche --> disturbi
di denominazione di oggetti --> questo non accade sempre.

Modelli psicolinguistici della lettura (a due vie). Dall’analisi delle caratteristiche fisiche delle lettere che compongono la parola lo stimolo puo’ seguire due vie:
a) La via fonologica
b) La via lessicale (via diretta)

 

 

a) Via fonologica: permette
la conversione
della forma ortografica
delle lettere nel
corrispondente fonema
(questa via e’ l’unica che
ci permette di leggere
le parole non conosciute
e le non parole)
.

 

 

 

 

 

 

 

 

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b) Via lessicale.
È la via che viene seguita
dai lettori esperti. Serve
per leggere le parole
irregolari che non possono
essere lette attraverso la
conversione G/F
Alcune
parole devono essere
disambiguate passando per
il lessico e la semantica
(es. àncora e ancòra).

 

 

 

 

 

 

 

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c) esiste anche una via
lessicale non-semantica
--> paziente che leggeva
senza capire il significato
delle parole che leggeva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DISLESSIE
Si distinguono:
1. Dislessie periferiche
2. Dislessie centrali
1. Le dislessie periferiche dipendono dal danno a stadi di elaborazione dell’ informazioni corrispondneti all’analisi degli attributi visivi di una parola.

Lettura lettera per lettera
E’ l’alessia pura senza agrafia:

 

- I pazienti leggono le singole
lettere e poi da esse ricostruiscono
la parola.

- Sia il tempo di lettura che
l’accuratezza dipendono dalla
lunghezza delle parole.

Interpretazioni:
--> simultanagnosia
--> danno alla forma visiva delle parole.

 

 

 

 

 

Dislessia attenzionale
- Difficolta’ di lettura sia per lettere che per parole quando sono presenti piu’ di uno stimolo per categoria.
- Molto rara (due pazienti: lesione parietale profonda sinistra)
Es. --> possono leggere casa ma non casa, sedia
___--> possono leggere m, ma non m, d

-hanno difficolta’ a leggere brani
-hanno difficolta’ a leggere le singole lettere delle parole
-deficit non specifico per le parole, ma anche per le figure deficit pre-lessicale di un sistema di filtro.

Dislessia da neglect
Errori di omissione e di sostituzione
Es. FAME --> -AME
_________--> TANE
Le omissioni interessano la parte sinistra delle parole, la parte sinistra di un brano, la parte sinistra di una pagina.
- Effetto di lunghezza e di lessicalita’.
- Interpretata come parte della sindrome da neglect.

 

 

--> utilizzano la via
fonologica
es. parola --> ola
--> i giudizi semantici
e di priming vengono
fatti attraverso la via
semantica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le dislessie centrali
Riflettono il danno alle componenti centrali del sistema di lettura.

La dislessia superficiale
- Danno alla via diretta (lessicale) per lesione retrorolandica e del lobo temporale sinistro.

 

 

- I pazienti possono
leggere solo attraverso
la via di conversione
grafema/fomema
(sublessicale).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Presentano:

 

a) Capacita’ di lettura
di parole regolari e
non parole ortograficamente
legali ben conservata
b) buona capacità di lettura
di singole lettere isolate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) errori nella lettura delle parole
irregolari
--> errori di regolarizzazione
- In inglese es. pint,
viene letto come hint o mint
- In Italiano sbagliano gli accenti.
L’accento puo’ essere attribuito
per via lessicale o per
informazioni sillabiche.
Sbagliano quando deve essere
attribuito per via lessicale
(sabato, macchina).

 

 

 

 

 

d) incapacita’ a disambiguare parole omofone non omografe e omografe non omofone
-in inglese, es. nun e none
-in italiano, es àncora, ancora
--> associata ad afasia fluente e disgrafia.

La dislessia fonologica

 

 

- danno alla via fonologica
- i pz. possono leggere
tutte le parole regolari ed irregolari
- non possono leggere
le non-parole
- ‘normalizzazione delle non-parole’ es. scito --> sito
(leggono quella che
visivamente e’ piu’ simile)
- lesioni posteriori
dell’emisfero sinistro.

 

 

 

 

 

 

La dislessia profonda
- danno alla via fonologica, ma disturbi anche
semantici
I pazienti presentano:
a) incapacita’ a leggere le non parole
b) errori semantici --> soldato/bersagliere
c) errori visivi --> velo/vela
d) effetto concretezza
--> leggono meglio le parole concrete rispetto alle parole astratte e) ed effetto di classe grammaticale
--> leggono meglio i nomi rispetto agli aggettivi che a loro volta vengono letti meglio dei verbi e delle parole funzione
f) Associata ad afasie non-fluenti.

La dislessia diretta

 

 

 

Pazienti che leggono parole
irregolari e regolari senza
comprendere il significato,
ma non sanno leggere le
non-parole
--> leggono cioe’ attraverso
la via diretta non semantica.

Dislalie

 

DISLALIE - DIFETTI DI PRONUNCIA

I difetti di pronuncia, o disturbi dell'articolazione, sono normali nel bambino che impara a parlare; ma essi possono persistere in certi casi, anche oltre il periodo dell'apprendimento.
I bambini, infatti, attraversano normalmente un periodo di incoordinazione motoria, che ostacola, in modo temporaneo, la pronuncia di certe consonanti, specialmente di quelle che richiedono movimenti molto precisi e un canale di efflusso dell'aria estremamente ridotto: S, Z, SC.
La correzione, però, avviene spontaneamente tra i 3 e i 5 anni in tutti i bambini che hanno una normale motilità della lingua. Talvolta, i difetti di pronuncia possono persistere anche dopo il periodo dell'apprendimento e persino nell'età adulta.
Le cause dei difetti di pronuncia, o disturbi dell'articolazione del linguaggio, sono numerosissime e della più diversa natura.
Alcune  persone hanno un difetto di pronuncia di qualche consonante per una malformazione congenita o per una malattia vera e propria degli organi periferici del linguaggio: labbra, lingua, palato, arcate dentarie, ecc. Questi difetti prendono il nome di dislalie organiche.

Altre hanno un difetto di pronuncia per una difficoltà o una impossibilità di pronunciare correttamente qualche suono (specialmente S,Z,R) pur senza presentare alcuna alterazione anatomica degli organi periferici del linguaggio o alcun deficit dell'udito. Questi difetti prendono il nome di dislalie funzionali e possono avere origini diverse.
Altri ancora hanno un difetto di pronuncia dovuto ad una insufficienza sensoriale, cioè ad un deficit dell'udito (ipoacusia). Questi difetti di pronuncia prendono il nome di dislalie sensoriali.

Cause organiche
I disturbi dell'articolazione del linguaggio possono essere dovuti a una malformazione o ad un'anomalia della lingua, delle labbra, del palato. Queste anomalie possono essere congenite o acquisite in seguito a una malattia o residuali in seguito ad un intervento chirurgico (cicatrici postoperatorie).
Tra le malformazioni congenite ricordiamo: la gola lupina o palatoschisi (mancata saldatura delle due metà del palato), il labbro leporino (labbro superiore costituito da tre lobi) e le malformazioni delle arcate mascellari, con successiva eruzione di denti ectopici (cioè fuori della loro sede normale). La malformazione delle arcate mascellari può essere la causa di

diversi difetti di pronuncia: un ampio scarto tra i denti incisivi permette all'aria di sfuggire. Alcuni disturbi dell'articolazione sono dovuti ad una insufficienza del velopendulo: questa determina infatti una alterazione del timbro della voce (voce nasale) e una dispersione d'aria dal naso,  e, di conseguenza può provocare qualche disturbo nell'articolazione delle consonanti: le consonanti della serie occlusiva sono sostituite da contrazioni laringee, mentre quelle della serie costrittiva (F V SC) sono sostituite da contrazioni della glottide.
Altri disturbi del linguaggio possono derivare da paralisi conseguenti a lesioni nervose centrali o periferiche. Infatti, qualunque paralisi che interessa i muscoli degli organi della fonazione si riflette inevitabilmente sull'articolazione di certi suoni.

Cause funzionali
I disturbi di pronuncia possono avere anche cause puramente funzionali: è il caso di quelle persone che, pur non presentando alcuna alterazione anatomica o imperfezione organica nè alcun deficit dell'udito, hanno una difficoltà o addirittura una impossibilità a pronunciare correttamente alcuni suoni del linguaggio.
In primo piano bisogna porre l'ereditarietà: è nota ed è caratteristica, infatti, la trasmissione di certi difetti di pronuncia attraverso molte generazioni.

 

In alcuni casi il difetto di pronuncia è dovuto ad un deficit di poteri attentivi specifici (visivi, uditivi), caratteristico dei bambini pigri e di temperamento torbido. Può trattarsi di una pigrizia sia dell'attenzione sia della esecuzione.
Talvolta il difetto è dovuto alla protratta impostazione di movimenti articolari errati, specie in un ambiente familiare negativo. Questi casi sono più frequenti di quanto si creda, sono quasi interamente imputabili ai genitori che scioccamente si compiacciono di far parlare il loro bambino in un certo modo.
In altri ancora, il difetto di pronuncia è dovuto al continuo contagio verbo-uditivo dell'ambiente famigliare in cui il bambino vive. Poichè si impara a parlare per imitazione, il bambino imparerà a imitare i difetti di pronuncia dei propri genitori. Questi casi non sono da confondere con quelli dovuti all'ereditarietà, ma il risultato è lo stesso: la presenza dello stesso difetto di pronuncia nell'ambito della famiglia, magari trasmesso da una generazione all'altra.

Cause sensoriali
Alcune volte i difetti di pronuncia sono dovuti a un disturbo dell'udito, cioè sono in rapporto con una insufficienza della funzione uditiva. E' un fenomeno piuttosto frequente che

si può capire facilmente. La diminuzione dell'udito, quando coincide con i primi stadi del linguaggio rende impossibile, in fase imitativa, la normale recezione acustica di determinati suoni articolati o fonemi, e perciò impedisce la loro fissazione nella corteccia cerebrale. Tali suoni articolati, di conseguenza, non potranno essere riprodotti che deformati, così come distorti furono acusticamente percepiti e cerebralmente fissati. In altre parole si può dire che, chi percepisce male i suoni articolati del linguaggio, per un difetto dell'udito, li riprodurrà male, difettosamente e scorrettamente.
I disturbi dell'udito sono in causa specialmente quando è alterata la pronuncia delle consonanti meno precise (L e R, per esempio, sono scarsamente udibili) o le consonanti più vicine l'una all'altra nella scala dei suoni (per esempio i suoni di S, F e Z).
Caso estremo è la sordità profonda.
Le dislalie consistono nella mancata o errata pronuncia di determinati suoni articolati del linguaggio o fonemi e, in via subordinata, nella loro sostituzione con altri suoni diversi.
In altre parole, un suono articolato può essere completamente omesso nel linguaggio, può essere pronunciato in modo difettoso, oppure può essere sostituito da un altro suono articolato diverso.

 

Le dislalie vengono contraddistinte secondo il denominativo dei singoli fonemi alterati.
Rotacismo: è la dislalia più frequente da osservare. Consiste nella mancata o alterata pronuncia del fonema R, o nella sostituzione col suono L, in quest'ultimo caso si parla di pararotacismo.
Sigmacismo. E', dopo il rotacismo, il più diffuso dei deficit di pronuncia. Consiste nella mancata o alterata pronuncia del fonema S, oppure nella sua sostituzione per il suono CIA o TH inglese. In questo caso si parla di parasigmacismo.
Cappacismo. Un difetto di pronuncia piuttosto rara, che si riscontra quasi esclusivamente nei primi stadi del linguaggio e poi scompare spontaneamente. Esso consiste nella mancata o alterata pronuncia del fonema C e più frequentemente la sua sostituzione col suono T. Per esempio casa viene pronunciata tasa.
Gammacismo. Anche questo difetto di pronuncia si osserva con una certa frequenza fino ai 4-5 anni di età, oltre questa diventa eccezionale. Consiste nella mancata o alterata pronuncia del fonema G, o più frequentemente, nella sua sostituzione con il suono D. Per esempio la parola garofano viene pronunciata darofano.
Lambdacismo (dal greco "lambda" che corrisponde alla lettera L dell'alfabeto italiano). Consiste nella mancata o alterata pronuncia del fonema L, che viene per lo più completamente omesso: mela = mea.

Tetacismo (dal greco "teta" che corrisponde alla lettera T dell'alfabeto italiano). Mancata o alterata pronuncia del fonema T. fata = faa omettendo completamente la T.

Più frequenti  R e S

Correzione e profilassi delle dislalie
La correzione delle dislalie deve essere fatta tutte le volte che il difetto sia tale da rappresentare una ragione di notevole disagio per chi parla e per chi ascolta. Nella grande maggioranza dei casi è possibile eliminare il difetto totalmente o parzialmente.
La cura dei difetti di pronuncia è naturalmente diversa da un caso all'altro, essendo in rapporto con le cause che l'hanno determinato.
Non è possibile per esempio eliminare un disturbo provocato da un labbro leporino con il semplice trattamento ortofonico, se prima non è stata rimossa l'anomalia anatomica che è alla sua origine. E' vero, però, che qualunque sia la causa originaria del difetto, è sempre necessaria, a conclusione del trattamento, la rieducazione del linguaggio attuata con i procedimenti ortofonici.
Quando la causa determinante è rappresentata da una malformazione o da un'anomalia

congenita degli organi periferici del linguaggio, bisogna ricorrere alla chirurgia plastica. E' il caso, per esempio, del labbro leporino (cheiloschisis) o della gola lupina ( palatoschisis) che rappresentano due delle più frequenti malformazioni del neonato e costituiscono, oltre tutto, un grave ostacolo per la suzione e quindi per l'allattamento naturale.
In questi casi l'intervento riparatore deve essere eseguito il più precocemente possibile.
Anche quando si tratta di una malformazione delle arcate dentarie con successivo impianto di denti ectopici (cioè fuori della loro sede naturale), è indispensabile ricorrere all'opera riparatrice del chirurgo oppure, secondo l'età, del protesista odontoiatra, che ristabilisca la normalità dei rapporti tra i denti e le arcate mascellari.
Anche in questi casi l'intervento deve essere precoce; il trattamento ortodontico in particolare dovrà essere istituito tra i 5 e i 9 anni di età.
Quando la causa del difetto è rappresentata da malformazioni successive a malattie o dovute a cicatrici post-operatorie o post-traumatiche, o da paralisi dei muscoli propri degli organi della fonazione, l'intervento chirurgico è ancora l'unico rimedio possibile. Ma in tutti questi casi la prognosi è meno favorevole, perchè non sempre si riesce ad ottenere l'eliminazione del difetto e il ripristino di un linguaggio completamente normale.
Se la causa delle dislalia è rappresentata da un deficit dei poteri attentivi specifici (visivi-udi-

tivi) associato per lo più ad un certo grado di pigrizia o di torpore mentale, dovranno avere la precedenza i provvedimenti pedagogici e psichiatrici. Il rimedio consisterà quindi nel risvegliare e nell'attivare la loro capacità di attenzione, nel suscitare il loro interesse, nel far leva sul loro amor proprio, che, anche nei soggetti pigri e indolenti, non è mai del tutto spento.
A volte nei bambini piccoli le dislalie vengono favorite dall'atteggiamento indulgente o compiacente dei genitori. E' normale che il bambino piccolo abbia, nello stadio di apprendimento del linguaggio, alcune irregolarità e alcuni difetti di pronuncia. E' normale e non c'è nulla di male. E' dannoso, invece, che la mamma o il papà si mettano a parlare con lui nello stesso modo, con le stesse inflessioni puerili e con gli stessi vezzosi difetti di pronuncia.
E' quanto basta, assai spesso, per fissare l'errata impostazione del linguaggio e per far mettere radici ad un difetto di pronuncia che si sarebbe invece risolto rapidamente da sè. In questi casi, naturalmente, la causa sta soltanto nell'atteggiamento irrazionale dei genitori, ed è questo che deve essere assolutamente evitato e severamente combattuto.
In che cosa consiste il metodo ortofonico per la rieducazione delle dislalie? Il procedimento della rieducazione si compone di diverse fasi, che devono essere svolte successivamente.

La loro esposizione può sembrare lunga, ma è una impressione sbagliata, il metodo ortofonico è comunque facile da eseguire. I casi di leggeri difetti di pronuncia si possono risolvere, quando c'è la piena e volonterosa collaborazione del soggetto, in pochi giorni. Le dislalie più gravi e più radicali si potranno eliminare in alcune settimane. Si può dire che se una dislalia non viene corretta col metodo ortofonico, vuol dire che alla sua origine c'è una alterazione organica che non è stata tempestivamente riconosciuta e che deve essere rimossa con i mezzi più idonei.
La prima fase dell'applicazione del metodo ortofonico è costituito dal preventivo insegnamento teorico dell'esatta posizione che devono avere gli organi vocali per la corretta articolazione del suono incriminato (per esempio, nel rotacismo e nel sigmatismo della R e della S); si insegnerà quindi l'esatto rapporto che deve esistere tra i denti, la lingua, il palato, ecc..
La seconda fase consiste nella differenziazione acustica della pronuncia errata da quella normale, allo scopo di eliminare l'errore e di pervenire all'autocontrollo del soggetto. Si farà ascoltare cioè al paziente una pronuncia errata ed una pronuncia corretta (per esempio della S), in modo che egli impari a distinguerle facilmente e sicuramente nelle loro varie sfumature, e capisca se egli stesso la pronunci in modo errato o corretto.

Si passa poi all'applicazione pratica. Il soggetto dovrà eseguire ripetuti e protratti esercizi di pronuncia del suono articolato errato o difettoso. Lo scopo è di giungere ad un assoluto automatismo dei movimenti articolari del linguaggio.
Dapprima, quindi, il soggetto riporterà il suono isolato; quando avrà raggiunto una certa sicurezza, comincerà a pronunciarlo nel corpo della parola (cioè non dirà più semplicemente "sa", ma dirà "salotto, rosario, cimosa"), infine lo pronuncerà nel corpo di una intera frase o di un discorso.
La rieducazione del linguaggio ottenuta col metodo ortofonico ha un carattere assolutamente fisiologico; essa, infatti, non si ripromette di ripristinare il linguaggio normale con la coartazione strumentale o manuale degli organi che concorrono alla formazione dei movimenti articolari; ma mira semplicemente a correggere i movimenti errati con l'imitazione acustico-visivo-verbomotria. Il soggetto, in altre parole, impara associando l'impressione visiva (dei movimenti che vede compiere dalle labbra, dalla lingua, ecc. di chi parla) all'impressione uditiva (del suono che sente emettere da quei determinati movimenti) ripetendo egli stesso quei movimenti e ascoltando il suono che ne viene emesso.
Anche in tema di difetti di pronuncia e di disturbi del linguaggio, cerchiamo dunque di prevenire: eviteremo così di dover curare.

La prevenzione delle dislalie non è difficile. Essa deriva direttamente dalla conoscenza delle cause che, come abbiamo visto, sono all'origine del difetto stesso. Conoscendo quali sono le possibili cause, sarà facile eliminarle in tempo, evitarle o neutralizzarle.

Introduzione

 

La presente sezione non intende essere esaustiva dei disturbi del linguaggio, se non nella misura in cui intendiamo offrire ai nostri utenti un orientamento generale su alcune sindromi a carico della linguaggio (indicate in grassetto), della funzione verbale e dell’apprendimento, dandone una sintetica definizione. La stessa si arricchirà nel tempo di ulteriori approfondimenti e specifiche migliorando la comunicazione scientifica anche in ordine al progresso delle conoscenze. 

Non necessariamente il disturbo di linguaggio è causa di un disturbo nella comunicazione. Per converso non tutti i disturbi della comunicazione presentano un disturbo associato di produzione del linguaggio.
Nei DISTURBI DEL LINGUAGGIO distinguiamo:
Disturbi strumentali

  1. Sordità
  2. Ipoacusia
  3. Disartria - Anartria

Disturbi funzionali

  1. Ritardo mentale
  2. Disturbi dello spettro autistico

Disturbi specifici

  1. Disturbi della voce e della parola (fonetici)
  2. Sordità
  3. Disturbi di linguaggio/fonologici.

DISTURBI DELLA VOCE

DISFONIE
La disfonia è un’alterazione della voce riguardo l'altezza, l'intensità e il timbro con un impoverimento della comunicazione, derivante da uno squilibrio del rapporto tra tono muscolare delle corde vocali, la tensione della loro adduzione (durante la fonazione) e la pressione sottoglotidea durante la fase espiratoria.
 Si distinguono due forme peculiari:

  1. Disfonie ipocinetiche
  2. Disfonie ipercinetiche

DISTURBI DELLA FLUENZA - DISLUENZE

Disritmia o Balbuzie 
Tumultus sermonis (farfugliamento)

DISTURBI DELLE FUNZIONI CORTICALI SUPERIORI
AFASIA
Disturbo acquisito del linguaggio conseguente a lesioni delle strutture cerebrali implicate nei processi di elaborazione del linguaggio. Nell’afasia la persona presenta difficoltà nell’ esprimere ciò che pensa e nel comprendere quanto viene detto da altri. E’ la conseguenza di un danno cerebrale.
AFASIA PROGRESSIVA PRIMARIA
A differenza del disturbo afasico conseguente ad un danno vascolare acuto, l'Afasia Progressiva Primaria è una malattia degenerativa, la cui causa è tuttora sconosciuta; colpisce le persone adulte ed è caratterizzata dalla comparsa lenta, ma evolutivamente peggiorativa di disturbi del linguaggio i solati. All'esordio della malattia la persona può lamentare esclusivamente difficoltà nel trovare la parola corretta (anomia), ma con il tempo l'eloquio risulta gravemente compromesso per l'uso di frasi fatte, parole passe-partout ("cosa", "roba"), fino a diventare "vuoto", privo di significato informativo e poi dissolversi progressivamente (mutismo). Compaiono anche difficoltà simili nella scrittura (errori ortografici e omissione di parole) e nella comprensione delle parole, tanto da rendere assai difficile la comunicazione. Il disturbo può rimanere isolato per alcuni anni (3-5 anni) e circoscritto alle funzioni linguistiche, ma quasi inevitabilmente si assiste ad un coinvolgimento globale delle funzioni cognitive (memoria, capacità di critica e giudizio, orientamento spazio-temporale) con conseguenze sulla qualità della vita (demenza degenerativa).
Le caratteristiche funzionali del paziente afasico posso essere:

  1. Ascoltare le parole, ma non riconoscere immediatamente il loro significato.
  2. Avere bisogno di tempi prolungati per recuperare nella mente le parole che vogliono esprimere; una volta recuperate certe parole e ripetute anche parecchie volte, queste possono essere di nuovo “perse” in pochissimo tempo, e recuperate dopo molto tempo con estrema fatica.
  3. Avere difficoltà ad evocare il nome di oggetti dei quali conoscono l’uso corretto o di familiari, ecc.
  4. Esprimersi con frasi molto brevi o parole isolate, oppure, con frasi disordinate e “giri di parole” che rendono difficile la comprensione del messaggio.
  5. Articolare le parole con notevole sforzo, lentezza, e dopo lunghe pause, necessarie per superare gli inceppi per superare gli inceppi
  6. Distorcere i suoni o sostituire le parole (per esempio “ombello” al posto di “ombrello” oppure “tavolo” al posto di “sedia”) a tal punto da produrre talvolta parole non riconoscibili (“cospivo” al posto di “lampada”)

DISTURBI STRUMENTALI DEL SISTEMA FONO-ARTICOLARE
DISARTRIA-ANARTRIA

Nella disartrie la compromissione della motilità dell’apparato bucco-fonatorio è dovuta ad anomalie morfologiche bucco-laringo-faringee, quali la labio-palatoschisi o labbro leporino e l'insufficienza congenita velo-faringea; altrimenti ad anomalie dell'innervazione quali paresi, movimenti involontari, o alterazioni della via nervosa motoria o dei muscoli bucco-fonatori come nelle paralisi cerebrali infantili o nelle miopatie. L’espressione verbale può essere sovente gravemente compromessa. Non necessariamente compromesso è il linguaggio interno. Risulta compromessa anche la masticazione, la deglutizione, con presenza spesso di scialorrea, la prosodia e la fluenza del linguaggio.
In base ad alterazioni fisiopatologiche si distinguono:

  1. Disartrie spastiche
  2. Disartrie diatoniche
  3. Disartrie atassiche
  4. Disartrie ipocinetiche
  5. Disartrie ipercinetiche
  6. Disartrie miste

DISTURBI DELLA VOCE E DELLA PAROLA

L’estrema plasticità motoria e sensibilità degli organi fonoarticolari che permettono il rapido e continuo cambiamento di atteggiamento nell’eloquio spontaneo, rendono conto delle varie forme di dislalia.
DISLALIE MECCANICO-PERIFERICHE
Difetto di articolazione legato ad un’imperfetta coniugazione dei pattern articolatori periferici. Si definiscono dislalie i disturbi del linguaggio caratterizzati da difetti nella produzione di uno o più suoni consonantici.
Quelli più frequentemente interessati sono s, r, sc, l.
Le dislalie meccaniche periferiche possono essere classificate, a seconda della zona in cui si verifica l'errata articolazione del fonema, in:

  1. dislalie labiali
  2. dislalie alveolo-dentali (Sigmatismo – Rotacismo)
  3. dislalie linguali
  4. dislalie palatali
  5. dislalie nasali

Nelle dislalie labiali è alterata la pronuncia di /p/, /b/, /m/ e /u/.

  1. Le dislalie alveolo-dentali si presentano con alterata pronuncia di /ts/, /dz/, /s/, /z/, /t/, /d/ e /l/.
  2. Le dislalie linguali si caratterizzano per l’alterazione della pronuncia di /t/, /d//, /l/, /s/, /z/, /n/, /ci/, /gi/, /sc/, /j/, /gn/ e /gl/.
  3. Nelle dislalie palatali è alterata la pronuncia di /b/, /d/, /g/, /k/ e /s/.
  4. Nelle dislalie nasali si ha la trasformazione di /m/ e /n/ rispettivamente in /b/ e /d/.

Di particolare importanza appare l'associazione di dislalie con alterazioni dell’occlusione dentaria e con la deglutizione atipica.
RITARDI DI LINGUAGGIO
Incerta comprensione linguistica, difficile produzione e uso del linguaggio in una o più componenti linguistiche.

DISTURBI DEL LINGUAGGIO O FONOLOGICI

Nei disturbi del linguaggio o fonologici distinguiamo:

  1. primitivi o specifici (o di sviluppo) in cui non è riconscibile o riconducibile una causa apparente
  2. secondari che rappresentano la conseguenza o il sintomo di una causa chiaramente riconoscibile (deficit uditivo, ritardo mentale, psicopatologie quali mutismo elettivo, disturbi socio-emotivi, autismo, deprivazione ambientale grave, ecc.)

DISFASIE EVOLUTIVE
Le disfasie si riferiscono ad una serie di disturbi a carico di uno o più ambiti dello sviluppo linguistico, in assenza di deficit cognitivi, sensoriali, motori, affettivi o di carenze socio- ambientali importanti. Essi si realizzano a livello delle seguenti componenti della comunicazione verbale:

  1. Comprensione o ricezione
  2. Produzione
  3. Utilizzo

 

* Le informazioni di tipo sanitario contenute in queste pagine non possono in alcun modo intendersi come sostitutive dell'atto medico e/o specialistico.

Afasie

 

LE AFASIE

 

Possiamo ripartire le afasie in due grandi gruppi: le afasie semantiche e le afasie fonetiche. Le prime sono caratterizzate da disturbi al sistema semantico; le seconde da disturbi a fonemi e grafemi.
Le afasie semantiche sono tre: afasia di Wernicke semantica, afasia transcorticale sensoriale, afasia dinamica di Luria. 
Nell’afasia di Wernicke semantica ad essere colpita è l’area morfologica dei significati di nomi aggettivi e verbi; nell’afasia transcorticale sensoriale è colpita l’area dei correlatori; nell’afasia dinamica di Luria ad essere colpita è l’area della logica linguistica. Lo schema sottostante mostra, nella produzione della frase “io amo”, quali costrutti realizza il cervello le aree che si attivano e la loro funzione.

Le afasie semantiche causano errori caratteristici nella fase di produzione. 
Gli afasici semantici di Wernicke commettono parafasie semantiche, scambiano cioè un nome con un altro semanticamente associato (forchetta - coltello). Ciò è dovuto al fatto che, i significati sono tra di loro associati tramite le classificazioni. Commettono inoltre errori di denominazione poiché hanno difficoltà nell’attivare il vincolo semantico.
La produzione degli afasici transcorticali sensoriali è caratterizzata da frequenti parafasie verbali (tavolo – scarpa). Esse si spiegano col fatto che i correlatori associano parole appartenenti a campi semantici diversi. Noi infatti possiamo dire “Non mettere le scarpe sul tavolo. In questo pensiero il correlatore “sul” correla scarpa con tavolo. 
“Nell’afasia dinamica, il paziente può sembrare nel corso di una conversazione, come se fosse muto. Tipicamente, c’è una quasi totale difficoltà a iniziare il discorso e le poche risposte vengono date con latenze eccezionalmente lunghe. In contrasto il paziente può preservare, in modo sensazionale, la capacità di denominare gli oggetti, leggere e ripetere frasi”. (Mc Carthy, Warrington: Neuropsicologia cognitiva ed. Raffaello Cortina) Ciò è ovviamente dovuto all’incapacità di assegnare le funzioni logiche ai costrutti mentali per formare un pensiero.
Riescono a denominare poiché la memoria del nome e il suo significato è conservata nell’area di Wernicke. Riescono a leggere e a ripetere poiché la logica presente nelle frasi è stata costruita da altri. A conferma di ciò questi pazienti possono non essere in grado di rispondere ad una semplice domanda “Che lavoro fa?”, ma saper rispondere alla domanda “Non le sembra una bella giornata?” con “Sì, è una bella giornata”. In questo caso il paziente dà una risposta meccanica, in cui non è necessario formulare un nuovo pensiero.
Questi pazienti possono essere efficienti nel completare una frase con una singola parola (per esempio: “la nave è passata facilmente sotto il…) ma avere grosse difficoltà a completare un periodo con una frase (per esempio:il gatto nero…) Il motivo è chiaramente sempre lo stesso, cioè la difficoltà a costruire le funzioni logiche, già strutturate dall’interlocutore nel primo esempio.
A proposito di pazienti affetti da afasia dinamica è interessante il caso di un paziente che, nonostante fosse completamente incapace a conversare, era in grado di descrivere le figure. Descrisse così una vignetta: “La bambina e il bambino stanno ascoltando attentamente la storia raccontata dalla nonna.”
Questo esempio ci chiarisce un aspetto importante di come è strutturato il cervello. Se in generale possiamo affermare che buona parte della corteccia frontale (soprattutto prefrontale) esplica la medesima funzione e cioè l’assegnazione delle funzioni logiche a vari costrutti, è anche vero che vi è una notevole parcellizzazione di questa funzione. Ogni parte, autonomamente da altre effettua i suoi precipui confronti per attribuire la funzione logica. Questo paziente, si serviva della rappresentazione visuospaziale per attribuire le funzioni logiche. Poteva, così, associare le parole coi significati dell’area di Wernicke, i correlatori della corteccia parietale e le funzioni logiche dell’area della corteccia prefrontale adibita alle rappresentazioni visuospaziali.
In genere le afasie di distinguono in fluente non fluente. Gli afasici posteriori sono del tipo fluente, gli afasici anteriori sono del tipo non fluente. La difficoltà nel parlare, nell’iniziare un discorso dei pazienti frontali è determinata dalla difficoltà nell’attribuire la funzione logica. Essi, per tale motivo parlano stentatamente. Nei pazienti posteriori questo non accade. Essendo integre le aree frontali, il cervello assegna immediatamente le funzioni ed inizia e prosegue il discorso. La corteccia frontale, che organizza la fase produttiva, commette però errori nello scegliere le parole e i correlatori, poiché sono disturbate le aree nelle quali deve andare a prenderli. Se ad essere disturbata è l’area di Wernicke semantica il paziente produrrà parafasie semantiche o errori morfologici (ver-o, ver-ità). Quando sono disturbate le aree dei correlatori (area 37 e 39 di Brodman), il paziente produrrà parafasie verbali e sostituzioni di parole funzione (congiunzioni e preposizioni) .
Una ulteriore conferma della nostra ipotesi è data dalla prova ideata da Williams e Carter (1982). Essi confrontarono direttamente la denominazione di elementi nell’ambito di una scena con la denominazione degli stessi oggetti presentati in forma isolata. Complessivamente essi osservarono che i pazienti classificati come afasici di Broca e di Wernicke venivano influenzati in modo diverso dal tipo di compito richiesto. I pazienti con afasia di Wernicke si comportavano meglio in un compito di descrizione di scena ( si aiutavano con la logica funzionale integra), mentre gli afasici di Broca si comportavano meglio in un test di denominazione su confronto (erano aiutati dal vincolo semantico integro)
Saffran, Schwarz e Marin osservarono che i pazienti frontali (agrammatici) avevano una particolare difficoltà nel produrre frasi quando un elemento poco importante o inanimato doveva essere presentato nella posizione di “soggetto”. Perciò, nel mostrare loro una figura di un ragazzo colpito sulla testa da una palla, i pazienti agrammatici commentavano “Il ragazzo colpisce la palla. I pazienti erano in grado di produrre frasi ordinate in modo semplice, come gli esempi precedenti, tuttavia, Saffran e collaboratori (1980) osservarono che i pazienti non riuscivano a codificare le relazioni presenti nella figura in una forma verbale preposizionale.” (McCarth Warrington: Neuropsicologia cognitiva  ed. Raffaello Cortina). 
Queste ultime osservazioni non necessitano di commenti

LE AFASIE FONETICHE

Le afasie fonetiche sono caratterizzate da disturbi al sistema fonetico. Per capire l’organizzazione del sistema fonetico è necessario fare una digressione.

La funzione delle cortecce temporali e parietali

 Sappiamo che ogni osservato (pensiamo ad una sedia) subisce nell’atto della “percezione” una duplice categorizzazione quale “oggetto fisico” e “stato di consapevolezza psichico”. Ebbene, le parole ascoltate e lette
e non sono altro che suoni e immagini e come tali “osservati”. Anche loro quindi  sono categorizzati come diversi nello spazio dalla via del “dove”  o delle differenze, divenendo “oggetti fisici”; sono anche categorizzate dalla via del “che cosa” o delle “uguaglianze” divenendo “stati di consapevolezza psichici”. 
Allo stesso modo in cui c’è una memoria delle relazioni spaziali degli oggetti fisici nel lobo parietale che ci consente muoverci nell’ambiente in cui viviamo, deve esserci una analoga zona, nel lobo parietale dove sono conservati i ricordi delle relazioni spaziali e temporali delle parole.
 Queste relazioni avvengono tramite correlatori. I correlatori svolgono quindi l’importante funzione di aggregare singoli grafemi e fonemi per formare parole dette e scritte (c↔a↔s↔ a); nonché parole tra di loro (casa↔grande)
Analogamente, allo stesso modo in cui c’è una memoria semantica nella corteccia temporale, che ci consente di riconoscere l’identità degli oggetti e delle persone che ci circondano, deve esserci una analoga zona, nella corteccia temporale dove sono conservati i ricordi dell’identità della parole orali e scritte.
Ciò significa che ogniqualvolta ascoltiamo o vediamo una parola, il suo riconoscimento avviene, se e soltanto se, essa è riconosciuta nella sua identità dalla corteccia temporale e nella sua relazione spaziale e temporale con altre parole o col silenzio (ricordiamo che il silenzio è un presenziato) nella corteccia parietale. 
A maggior ragione ciò accade se ascoltiamo o leggiamo delle frasi.
Questo punto è molto importante. Il messaggio verbale sia esso scritto o orale segue due differenti vie ai fini della sua comprensione e del suo riconoscimento. Se poi consideriamo la duplice ripartizione del linguaggio in scritto ed orale le vie lungo le quali si incanala il messaggio verbale sono quattro: due vie del “dove” nella corteccia parietale, per i messaggi scritti ed orali e due vie del “che cosa” nella corteccia temporale per i messaggi scritti ed orali.
Le due vie del “che cosa” una volta prodotti gli “stati di consapevolezza psichici” agganciano questi ultimi ai significati tramite il confronto che genera il vincolo semantico. 
Quando noi ripetiamo o leggiamo ad alta voce o parliamo o scriviamo, il sistema fonetico non è costituito da “oggetti fisici” e “stati di consapevolezza psichici”, bensì dalle loro “rappresentazioni interne”.
La funzione della corteccia frontale 
La corteccia frontale nel sistema fonetico esplica la stessa funzione che attua nel sistema semantico. Allo stesso modo in cui assegna la funzione logica ai significati nel sistema semantico, analogamente attribuisce la funzione logica alle lettere, alle parole, ai correlatori del sistema fonetico. Infine, la corteccia frontale ai fini dell’articolazione del linguaggio scritto ed orale attribuisce la funzione logica ai movimenti e ai correlatori che li associano.
Ripartizione del sistema fonetico

Ripartiamo il sistema fonetico in due sottosistemi. Il sistema fonetico percettivo e ilsistema fonetico produttivo
Il sistema fonetico percettivo si attiva nella lettura e nell’ascolto. Esso è bipartito nelle cortecce temporale (via del che cosa. Stato di coscienza) e parietale sinistre (via del dove. Oggetto fisico). A loro volta tali stati di coscienza ed oggetti fisici  si ripartiscono ulteriormente. Infatti abbiamo gli oggetti fisici e stati di coscienza che riguardano le parole dette  e quelli che riguardano le parole scritte.
Il sistema fonetico produttivo si attiva quando parliamo o scriviamo. Riguarda le “rappresentazioni interne di oggetti fisici” e le “rappresentazioni interne di stati di coscienza psichici”. Analogamente al sistema fonetico percettivo, anche quello produttivo si divide a seconda se riguarda le parole scritte o dette.

Stabiliamo le seguenti convenzioni:

  1. CHIESA =  stato di coscienza di parola scritta
  2. CHIESA =  oggetto fisico di parola scritta
  3. CHIESA =  rappresentazione interna di uno stato di coscienza di parola scritta
  4. CHIESA =  rappresentazione interna di un oggetto fisico di parola scritta
    1. chiesa = stato di coscienza di parola detta
    2. chiesa = oggetto fisico di parola detta
    3. chiesa = rappresentazione interna di uno stato di coscienza di parola detta
    4. chiesa = rappresentazione interna di un oggetto fisico di parola detta

Come si vede le parole in maiuscolo riguardano quelle scritte, in minuscolo quelle dette.
Lo schema sottostante visualizza le aree degli oggetti fisici e delle loro rappresentazioni interne (corteccia parietale), nonché degli “stati di coscienza” e delle loro rappresentazioni interne  (corteccia temporale).

LETTURA

Riteniamo più semplice di ogni spiegazione presentare modelli che chiariscono visivamente il nostro pensiero. Partiamo dalla lettura.  Possiamo leggere in tre modi diversi, che sono indipendenti l’uno dall’altro. Il primo modo è la lettura lettera per lettera. Il secondo modo è la lettura per gruppi sillabici. Il terzo è la lettura parola per parola. Nella lettura lettera per lettera dapprima le singole lettere vengono separate nello spazio; successivamente ogni lettera e correlatore spaziale vengono trancodificati in fonema e correlatore temporale. Nella corteccia frontale viene attribuita la funzione logica ai singoli fonemi  e ai correlatori temporali. Infine, sempre nella corteccia frontale per ciascun fonema viene attivata la funzione logica dei movimenti fonoarticolatori e delle loro correlazioni ai fini della pronuncia.

LETTURA SUBLESSICALE LETTERA PER LETTERA

Prima fase: transcodificazione grafema/fonema e correlatore spaziale/correlatore temporale.

Seconda fase: produzione La corteccia frontale attiva la funzione logica di fonemi e correlatori, allo scopo di stabilirne la funzione nel tempo.

Terza fase: produzione La corteccia frontale costruisce la funzione logica dei movimenti fonoarticolatori e delle loro corrrelazioni per ogni fonema. I fonemi vengono prodotti.

Con l’esercizio continuo, le attività per ogni singolo fonema e per ogni correlatore si automatizzano, formando blocchi di memoria. In tal modo alla vista dei grafemi “i” ed “o”immediatamente ed automaticamente avviene la transcodificazione nei fonemi corrispondenti. Lo stesso accade al correlatore spaziale convertito nel correlatore temporale.Subito dopo la corteccia frontale attribuisce la funzione logica a ciascuno di essi, nonché ai movimenti per la pronuncia dei fonemi. 
LETTURA SUBLESSICALE PER GRUPPI SILLABICI
Questo tipo di lettura è analogo al precedente. L’unica differenza sta nel fatto che invece disingole lettere vengono separati nello spazio gruppi di lettere.Avremo così che gruppi di lettere sono separati nello spazio rispetto ad altri gruppi di lettere, successivamente ogni gruppo di lettere e ogni correlatore spaziale che li separa vengono transcodificati in gruppi di fonemi e in correlatori temporali. Infine la corteccia frontale attribuisce le funzioni logiche a gruppi di fonemi, correlatori temporali, movimenti fonoarticolatori e loro correlatori.

Prima fase: transcodificazione grafemi/fonemi e correlatore spaziale/correlatore temporale.

Seconda fase: produzione La corteccia frontale attiva la funzione logica di fonemi e correlatori, allo scopo di stabilirne la funzione nel tempo.

Terza fase: produzione La corteccia frontale costruisce la funzione logica dei movimenti fonoarticolatori e delle loro corrrelazioni per ogni gruppo fonemico. I gruppi vengono prodotti.

Anche in questo caso l’esercizio continuo consente la lettura immediata di gruppi di lettere.

LETTURA LESSICALE/SEMANTICA

Nella lettura lessicale/semantica il cervello seleziona durante la visione le singole paroleseparando le une dalle altre ed associandole tramite i correlatori. Queste parole scritte sono quindi transcodificate nelle corrispettive parole dette che essendo vincolate semanticamente coi significati, attivano immediatamente il significato di ciascuna parola. La fase relativa alla produzione vede la corteccia frontale assegnare la funzione logica ai costrutti mentali significativi (categorie e correlatori), quindi alle singole parole coi correlatori infine ai movimenti fonoarticolatori. Illustriamo con un grafico questi passaggi.
Prima fase: transcodificazione parola scritta/parola detta con vincolo semantico.

Produzione. Prima fase: attribuzione funzione logica alle strutture categoriali significative.

Produzione. Seconda fase: attribuzione funzione logica ai gruppi sillabici di parole dette e ai correlatori temporali. E’ possibile che nella corteccia frontale la funzione logica non venga attribuita a parole dette nella loro integrità, ma ai gruppi sillabici che le compongono. Infatti, quando pronunciamo una parola come “casa”, essa viene suddivisa nei due suoni “ca” e “sa”. Questa ipotesi è comunque da verificare.

Produzione. Terza fase: la corteccia frontale costruisce la funzione logica dei movimenti fonoarticolatori e delle loro correlazioni per ogni parola. Le parole vengono prodotte.

Il modello da noi proposto si discosta da quelli oggigiorno più accreditati in quanto prevede prima della attivazione del vincolo semantico la transcodificazione parola scritta-parola detta. A mio avviso, nella lettura, il vincolo semantico parola scritta/significato non si attiva. Il cervello giunge al significato tramite la rappresentazione fonologica della parola. 
Sappiamo che i bambini quando imparano a leggere guardano una lettera o una parola sul libro o alla lavagna ed associano ad esse il suono pronunciato dall’insegnante o dalla mamma. La lettura quindi nasce con un vincolo semantico grafema/significato e fonema/segno. Ciò è analogo a quanto si verifica nella primissima infanzia, quando il bambino impara a parlare. Egli associa un suono ad un oggetto categorizzando il primo come segno e il secondo come significato. E’ probabile quindi che le associazioni grafemi/fonemi/significato, si consolidano con l’esercizio e si attivino automaticamente.
Avremo così che, leggendo la parola rombo, avviene dapprima la transcodificazione parola scritta – parola detta, quest’ultima vincolata semanticamente col significato

LA LETTURA LESSICALE
Nel caso in cui una vasta lesione scompagini il sistema semantico della corteccia temporale, a volte il soggetto può attivare quella che possiamo chiamare lettura lessicale o diretta. Manca il vincolo semantico. Il soggetto legge anche parole irregolari senza capire

Nella lettura lessicale il cervello seleziona durante la visione le singole parole separando le une dalle altre ed associandole tramite i correlatori. La transcodificazione, l’attribuzione delle funzioni logiche e dei movimenti fonoarticolatori avvengono dunque tra parole. Lo schema sintetizzato è il seguente
Prima fase: transcodificazione parola scritta/parola detta e correlatore spaziale/correlatore temporale.

Seconda fase: produzione La corteccia frontale attiva la funzione logica di parole e correlatori, allo scopo di stabilirne la funzione nel tempo.

Terza fase: produzione La corteccia frontale costruisce la funzione logica dei movimenti fonoarticolatori e delle loro correlazioni per ogni parola. Le parole vengono prodotte.

DISLESSIE

Le dislessie sono patologie legate alla lettura. Alcune forme di dislessia si presentano con peculiari caratteristiche e dal loro studio è possibile cercare di capire in che modo il cervello si attiva quando leggiamo parole o frasi.

Di solito, gli studi condotti sui disturbi di lettura, riguardano singole parole. I modelli che noi abbiamo presentato concernono invece le frasi. A mio avviso la differenza fondamentale tra la lettura di parole e frasi è data dal fatto che nella lettura di parole la corteccia frontale non attribuisce la funzione logica ai costrutti significativi (categorie e correlatori); nel caso in cui si leggono le frasi, invece, questo accade.
Consideriamo, per esempio il caso di Mr Clemont, un paziente agrammatico descritto da Nespoulus, Dordain, Perron,…(1988). “Questo paziente faceva errori di omissione e di sostituzione di parole funzione nel linguaggio spontaneo e nella lettura. Comunque il suo deficit sembrava limitarsi alla produzione di frasi. Essi osservarono che le singole parole potevano essere prodotte in modo accurato (per esempio, il paziente legge le singole parole funzione rapidamente e accuratamente e potrebbe fornire le parole funzione per completare una frase) ma non produrle spontaneamente. I ricercatori tentarono di aiutare il paziente nella lettura chiedendogli di riprodurre frasi scritte in colonna. Essi osservarono che il paziente iniziava una colonna in modo appropriato e poi commentava “Oh, è una frase!” e faceva più errori.” (Mc Carthy e Warrington: Neuropsicologia cognitiva. Ed. Raffaello Cortina). Il caso di questo paziente è emblematico. Nel leggere le parole egli non attivava la funzione logica dei significati. Il contrario accadeva nella lettura delle frasi. Non riuscendo ad attribuire la funzione logica ai significati si confondeva e faceva errori.
Qualora si legge una singola parola, ovviamente, si attiva la lettura fonologica/semantica. La parola scritta viene convertita nella parola orale con attivazione del vincolo semantico. La corteccia frontale poi costruisce le funzioni logiche dei gruppi sillabici dei movimenti e dei correlatori.

La spelling dyslexia lettura lettera per lettera
In questa patologia, i pazienti leggono o tentano di leggere lettera per lettera. In questi pazienti la lettura è gravemente compromessa, sebbene lo spelling e la scrittura possano essere normali. Nei casi in cui è conservata la denominazione di lettere, le loro capacità residue sono mediate dalla strategia consistente nel fare lo spelling a voce alta della parola e di ricostruire la parola lettera per lettera. Questa patologia è associata a lesioni che coinvolgono le regioni posteriori dell’emisfero sinistro. In particolare è interessata l’area occipito/temporo/parietale. A mio avviso, nella spelling dyslexia è impedita la lettura lessicale e la lettura per gruppi sillabici a causa di lesioni che bloccano tali processi nella loro fase iniziale. (transcodificazioni grafemi-fonemi).

La dislessia profonda
“Con tale termine si definisce un complesso sintomatologico, descritto per la prima volta da Marshall e Newcombe (1966, 1973) in cui risulta compromessa la lettura di non parole mentre la lettura di parole è caratterizzata dalla presenza di:

  1. errori semantici in cui la parola viene sostituita con un’altra associata semanticamente, ad esempio soldato-bersagliere
  2. errori visivi in cui la risposta è relata visivamente allo stimolo scritto, ad esempio velo-vela
  3. errori derivazionali in cui vengono sostituite parole morfologicamente relate, ad esempio vero-verità, oppure errori di lettura specifici per parti affissate dai verbi, ad esempio andiamo-andate;
  4. errori visivi e pio semantici, ad esempio simpatia-orchestra,in questo caso è avvenuto dapprima un errore visivo (simpatia-sinfonia) e successivamente un errore semantico (sinfonia-orchestra)

In tale sindrome le parole concrete sono generalmente lette meglio delle parole astratte (effetto concretezza), i nomi meglio degli aggettivi che a loro volta sono letti meglio dei verbi e delle parole funzione (effetto di classe grammaticale). Le parole funzione tendono ad essere sostituite tra di loro.
Tale quadro si accompagna in genere ad una grave afasia non fluente ed è sostenuta da una vasta lesione dell’emisfero di sinistra.” (Autori vari Manuale di neuropsicologia ed. Zanichelli)
L’interpretazione che diamo di questa patologia è la seguente. I pazienti impediti nella lettura sublessicale per gruppi sillabici, utilizzano esclusivamente la lettura lessicale semantica. L’attivazione automatica del vincolo semantico mette in evidenza eventuali danni in questo settore. Le parafasie semantiche e gli errori derivazionali si spiegano con un danno alla corteccia temporale (sistema morfologico). Gli errori visivi fanno pensare ad un disturbo di tipo fonologico (memoria delle parole scritte).

La dislessia fonologica
E’ caratterizzata da un disturbo di lettura specifico per sequenze di lettere prive di significato (non parole), mentre la lettura di parole è significativamente migliore.
Anche in questo caso vi è un danno specifico alla capacità di convertire gruppi di lettere in fonemi

La dislessia superficiale
“Le caratteristiche di questa sindrome, descritta per la prima volta da Marshall e Newcombe (1973), sono le seguenti:

  1. buona capacità di lettura di lettere isolate;
  2. capacità di lettura di parole regolari e non parole significativamente migliore della capacità di lettura di parole irregolari;
  3. presenza di errori di regolarizzazione: le parole irregolari tendono, infatti ad essere lette secondo la pronuncia prevista dalle regole di conversione scritto-suono…
  4. incapacità ad assegnare il significato corretto a parole omofone non omografe (ad esempio le parole inglesi none nun hanno lo stesso suono, ma significato diverso).” (Autori vari Manuale di neuropsicologia ed. Zanichelli)

Questi pazienti utilizzano, per leggere, esclusivamente la via sublessicale per gruppi sillabici. Il recupero del significato avviene dopo aver pronunciato e sentito la parola Sono anche stati descritti pazienti che, pur commettendo errori di regolarizzazione, comprendevano il significato delle parole.
E’ probabile che, in questo caso, il disturbo alla via lessicale semantica (ricordiamo che le tre vie sono indipendenti tra loro) non riguardasse la fase iniziale di comprensione, ma quella della produzione.