Disturbi del gusto (disgeusie)

 Disturbi del gusto (disgeusie)

Basi Definizione, suddivisione clinica 
Quantitativi: 
- Normogeusia: sensibilità gustativa normale. 
- Ipogeusia: sensibilità gustativa ridotta in confronto a quella di un assagiatore giovane sano. 
- Ageusia parziale: non sono percepiti solo determinati gusti. 
Qualitativi: 
- Parageusia: percezione alterata di stimoli gustativi. 
- Fantogeusia: allucinazioni gustative, cioè impressioni gustative in assenza di stimolo. 
Cause: 
Epiteliali: 
- Atrofia della mucosa orale e delle papille gustative, (per es. degenerativa,dovuta all’età, dopo radioterapia nel distretto testa-collo). 
- Flogosi della mucosa orale e linguale (virali, batteriche, micotiche). 
Glossite atrofica in corso di anemia perniciosa, xerostomia (per es. sindrome di Sjògren). Gastrite, abuso di alcolici. 
- Farmaci: ad es. psicofarmaci, antipertensivi, antistaminici, penicillina, citostatici, clorexidina, diclofenac. 
- Ormonali (per es. ipotiroidismo, m. di Cushing). 
- Scarsa igiene orale, intolleranza nei riguardi di materiali impiegati in odontoiatria. 
Nervose: 
- Conseguenza di interventi su orecchio, faringe o lingua con lesione della corda del timpano o del n. glossofaringeo. 
- Fratture della base del cranio, tumori. 
- Neuriti, polineuropatie (per es. diabete mellito). 
- Intossicazioni (per es. arsenico, tetracloruro di carbonio). 
Centrali: 
- Avvelenamento (per es. monossido di carbonio), lesioni dell’encefalo e del 
tronco cerebrale (per es. traumi cranioencefalici, tumori, malattie degenerative).
- Psicosi. 

Sintomatologia: in caso di disturbo isolato si tratta di un deficit sensoriale specifico, in altri casi dipendente da condizioni generali. 
Complicazioni: incapacità lavorativa (per es. barista, pasticcere). 

Diagnostica 
Indispensabile: 
Anamnesi differenziale:professione, traumi, interventi chirurgici, ecc. 
Ispezione: ragadi alle commessure labiali, xerostomia, atrofia papillare, iperemia mucosa. 
Palpazione (bimanuale): lingua, ghiandole salivari. 
Esame obiettivo ORL completo. 
Esame microscopico: superficie linguale, mucosa della faringe. Endoscopia: naso, rinofaringe. 
Test dell’olfatto e del gusto. 
Esami radiologici: seni paranasali. 
Utile in casi selezionati: 
TC/RM: base cranica (esclusione di processi endocranici). 
Consulto interdisciplinare: neurologo/psichiatra, internista, dentista. 

Diagnosi differenziale 
Nessuna, sintomatologia tipica. 

Terapia e prognosi 
Terapia medica: trattamento della malattia di base se nota. Tentativo con glicocorticoidi e preparati a base di vitamina B6 a dosaggio individuale, eventualmente preparati omeopatici. 
Ambulatoriale/con ricovero: dipende dalla malattia di base. 
Prognosi: dipende dalla malattia di base, nel complesso peraltro sfavorevole. In caso di ageusia parziale, ad es. dopo interruzione chirurgica di una chorda timpani, subentra un processo di adattamento
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Esplorazione funzionale e disturbi del gusto

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Sinossi

La percezione dei sapori è un fenomeno complesso che mescola olfatto e gusto. Il gusto propriamente detto concerne solo la percezione dei sapori attraverso i recettori gustativi della cavità orale e della faringe. Esiste, nel linguaggio quotidiano, una confusione tra gusto e sapore che al primo associa l'olfatto. Così, una modificazione del “gusto”per un paziente nasconde più spesso un disturbo dell'olfatto che un disturbo della funzione gustativa. L'esame della funzione gustativa è difficile per vari motivi. Il primo risiede nel fatto che è difficile valutare il gusto senza stimolare le vie olfattive. Il secondo è legato alla multimodalità delle percezioni gustative. In effetti, la funzione gustativa associa una percezione sensoriale a una percezione sensitiva (somestesica e termicodolorifica) che è difficile studiare in modo dissociato. Inoltre, non meno di quattro coppie di nervi cranici concorrono alla trasmissione delle informazioni gustative ai centri superiori in funzione della natura e della localizzazione di queste informazioni. Infine, la funzione gustativa è intimamente legata ai circuiti della memoria e della ricompensa, che rinforzano il carattere piacevole della percezione gustativa. Esistono, per il medico, diversi strumenti soggettivi (test di individuazione e di riconoscimento, elettrogustometria) e oggettivi (potenziali evocati gustativi, magnetoencefalografia, risonanza magnetica funzionale, tomografia a emissione di positroni) per lo studio dei disturbi del gusto. Vedremo in che modo essi possono contribuire a stabilire la diagnosi eziologica dei disturbi del gusto e facilitarne la gestione.

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Gusto e sapori

Il gusto è la sensazione complessa provocata dall'applicazione di una sostanza sapida sulle cavità orofaringee. Questa definizione, al tempo stesso neutra ed esauriente, non esprime l'aspetto multimodale dei processi che portano alla percezione del gusto. In effetti, parlando dell'apparato gustativo si indicano non solo le papille gustative linguali, ma anche tutti i recettori sensibili allo stimolo gustativo disseminati nelle mucose malari, palatali, faringee e anche laringee. Il segnale elettrico generato da questi ultimi è condotto attraverso una rete neuronale complessa fino alla corteccia primaria e associativa dove nasce, per il soggetto, la percezione gustativa sotto forma di un'immagine sensoriale. 
Una sostanza sapida ingerita può attivare non soltanto dei recettori sensibili ai “sapori”, cioè dei recettori chemiosensibili, ma anche dei recettori sensibili alla temperatura (termocettori), alla struttura (meccanocettori) e all'osmolarità (osmocettori). È la prima traduzione della multimodalità della percezione gustativa. Poiché l'integrazione di questo messaggio è globale, diviene difficile analizzare individualmente ognuno di questi parametri, e l'organismo, per quanto perfezionato, può trattare questa informazione solo per confronto o analogia con sensazioni già provate e memorizzate. Questa memorizzazione dipende anche dal carattere piacevole o meno del gusto, e questo in rapporto con l'esperienza personale del soggetto e la memoria collettiva o culturale. Ricorderemo qui le problematiche riguardanti l'identificazione e la quantificazione della percezione gustativa.
La seconda espressione del carattere multimodale di questa percezione risiede nelle potenti interrelazioni dell'olfatto con il gusto. In effetti, una sostanza ingerita contiene delle molecole in grado di stimolare non soltanto l'apparato gustativo, ma anche, se sono volatili, l'olfatto per diffusione nelle fosse nasali attraverso le coane. Così, per lo stesso stimolo è impossibile distinguere nell'immagine gustativa quale parte derivi dall'olfatto e quale dal gusto. Questo interscambio si conferma molto al di là dello stimolo. Le reti neuronali che conducono le informazioni gustative e olfattive decorrono insieme nel tronco cerebrale e possiedono anche delle vie comuni attraverso delle reti di comunicazione sinaptica. Questa “prossimità” è riscontrata anche nelle aree associative corticali. In effetti, le proiezioni provenienti dalle aree primarie olfattive e gustative avvengono a livello delle stesse aree associative, creando così un'immagine comune alle due sensorialità. Così, lo studio isolato del gusto costituisce una vera e propria sfida, che resta tuttavia possibile raccogliere.
Escludendo ogni percezione olfattiva e ogni concetto di struttura, di temperatura o di osmolarità, la percezione gustativa è ridotta, molto artificialmente, alla percezione dei sapori. Si riconoscono classicamente cinque sapori primari, ovvero i sapori dolce, salato, amaro, acido e umami. Una volta di più, il riconoscimento di questi sapori fa ricorso all'analogia con dei gusti integrati nel patrimonio culturale e che non corrispondono ad alcuna unità fisicochimica, ma a descrizioni semantiche. In effetti, composti di natura chimica molto variabile possono essere descritti dallo stesso sapore. Per esempio, il caffè e la chinina sono riconosciuti come sapori amari malgrado la loro grandissima differenza chimica. Inoltre, deboli livelli di cloruro di sodio possono essere riconosciuti come dolci da un soggetto. Storicamente, il sapore umami, dal giapponese “delizioso”, e abitualmente riconosciuto come il sapore del glutammato, non faceva parte dei sapori primari. La spiegazione della sua integrazione ai sapori di base è culturale. Questo sapore proveniente dalle preparazioni culinarie dell'Estremo Oriente è stato gradualmente introdotto nella cultura occidentale e, poiché nessun altro tipo di sapore era in grado di descriverlo, è stato dunque necessario individualizzarlo in quanto tale. Tuttavia, la caratterizzazione dei sapori non è arbitraria e risponde a una realtà neurosensoriale. È stato dimostrato, sulla base di studi elettrofisiologici unitari, che il sapore umami, così come il sapore salato, dolce, amaro e acido, ma anche altri sapori che non appartengono a questi sapori primari (acido glicirrizico e liquirizia, L-valina, treonina, etanolo, corpi grassi...) provocano immagini gustative proprie di ciascun composto. È la combinazione in qualità e in quantità di queste differenti “firme” che è all'origine della percezione gustativa.
I disturbi del gusto possono riguardare la percezione quantitativa o qualitativa di alcune di queste firme o del loro insieme. Essi possono anche spiegare l'alterazione delle percezioni termicodolorifiche, propriocettive od olfattive, che sono loro associate. La valutazione della funzione gustativa resta ad oggi un campo poco studiato, tenuto conto della sua complessità e del suo carattere fortemente soggettivo. Dopo un breve richiamo fisiologico (per maggiori dettagli cfr. l'articolo Fisiologia del gusto, EMC, 20-490-C-10), che fornisce le basi necessarie alla comprensione dei test utilizzati in modo esplorativo. Vedremo in che modo sono praticati questi test, quali sono i loro risultati e come intervengono nella gestione clinica dei disturbi del gusto.

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Caratteristiche neurofisiologiche del gusto

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Stimolo e trasduzione del segnale

Una volta ingerita, la sostanza sapida, solubilizzata nella saliva che ne è il vettore, viene trasportata a contatto con l'epitelio sensoriale che assicurerà la trasduzione dello stimolo chimico in messaggio elettrico. Qualsiasi alterazione qualitativa (composizione ionica, pH, temperatura, ricchezza di muco e proteine) o quantitativa (ipo- o asialia), conseguente a una patologia specifica (essenzialmente neurologica) o generale, a un'infiammazione, a una modificazione ormonale, a un'infezione, a un intervento chirurgico, a un'anestesia locale, a un'irradiazione, all'invecchiamento o all'assunzione di farmaci, influenza in modo notevole la percezione dei gusti. Questo fattore deve quindi essere integrato nell'analisi oggettiva del gusto, ma non esiste ad oggi un metodo per eliminare questi tipi di distorsione. 
L'epitelio sensoriale è composto da cellule delle papille filiformi, foliate, fungiformi e circumvallate che rivestono le mucose linguali e faringee. Le cellule sensoriali sono raggruppate in gemme nelle quali si svolge il meccanismo di trasduzione. Lo ione Na+, responsabile del gusto salato, attiva dei dotti sodici epiteliali (EnaC), sensibili all'amiloride, mentre lo ione H+, responsabile del sapore acido, attiva degli acid sensing ionic channels (canali ASIC), tutti localizzati nella membrana cellulare delle cellule sensoriali. Differenti sono i meccanismi di attivazione dei gusti amaro, dolce e umami. I recettori di queste sostanze (famiglia dei recettori TAS1R e TAS2R) sono recettori metabotropi il cui legame con il ligando gustativo provoca l'attivazione di proteine G, che modulano a loro volta dei canali ionici. Queste differenze del modo di attivazione possono spiegare alcune disgeusie dissociate che interessano uno o più sapori causate, per esempio, da trattamenti attivi su questo o quel tipo di recettori gustativi (esempio dell'amiloride, diuretico che influenza la percezione del gusto salato e amaro).
In queste cellule sensoriali, quando l'intensità degli stimoli è sufficiente, i potenziali di recettore della cellula raggiungono la soglia di depolarizzazione. Ne segue la liberazione di neuromediatori nello spazio sinaptico tra queste cellule e i neuroni gustativi primari e la propagazione nei loro dendriti di potenziali postsinaptici eccitatori. La loro sommazione nel soma neuronale genera la comparsa di potenziali d'azione. Questi potenziali d'azione sono trasmessi lungo le vie gustative a livello del nucleo del tratto solitario del tronco cerebrale e poi alle strutture centrali, il che costituisce la base dello studio elettrofisiologico del gusto.
La dotazione biologica di recettori differisce su diversi punti tra gli individui. Il primo punto consiste nella loro distribuzione spaziale. In effetti, è stato chiaramente dimostrato che le percezioni dei sapori di base differivano secondo la sede di applicazione dello stimolo in funzione degli individui. L'applicazione all'insieme della lingua di uno stimolo provoca l'attivazione di recettori gustativi la cui distribuzione è propria a ogni individuo. Inoltre, questa attivazione è qualitativamente differente in funzione dei soggetti. Le variabilità genetiche interindividuali si manifestano con una diversità proteica dei recettori espressi dalle cellule sensoriali. Ciò si traduce con delle soglie di attivazione e di inattivazione differenti a seconda delle varianti delle proteine recettoriali e transduttrici sintetizzate dall'individuo. Questo spiega perché è molto difficile, non soltanto in maniera soggettiva, ma anche in modo oggettivo, stimolare in maniera riproducibile il gusto in un campione di individui e, conseguentemente, ottenere tabelle di valori normali e patologici. Questi valori sono riproducibili solo in uno stesso individuo per uno stesso stimolo a condizione che non sia intervenuto alcun fenomeno di adattamento (desensibilizzazione) o di ipersensibilizzazione (con l'allenamento e la memorizzazione).

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Vie gustative e integrazione centrale del messaggio gustativo

I due terzi anteriori della lingua sono innervati dal nervo linguale, che comporta due contingenti: il primo, che dà la corda del timpano e che veicola le informazioni gustative (nervo VII bis), e il secondo, che conduce le informazioni sensitive e termicodolorifiche (nervo V3). Il terzo posteriore è innervato dal nervo glossofaringeo (IX) che assume tutte le modalità sensitivo-sensoriali (Figura 1). Una zona di transizione, dove si trovano le papille foliate, presenta un'innervazione mista. L'innervazione del palato è realizzata dal nervo grande petroso, che conduce le informazioni gustative (nervo VII bis), sensitive e termicodolorifiche (nervo V2). Il nervo vago (X), attraverso il nervo laringeo superiore, assicurerebbe dal canto suo l'innervazione delle strutture sopraglottiche. La prima stazione gustativa è situata nella parte laterale del bulbo, nel nucleo del tratto solitario, dove si proiettano le afferenze del VII bis, del IX, del X ma anche del V. La seconda stazione è localizzata nel peduncolo cerebellare. A partire da questa stazione le fibre gustative raggiungono il talamo ventroposteromediano omolaterale, mentre le fibre sensitive e termicodolorifiche si incrociano nel fascio del lemnisco mediale e si proiettano nel talamo ventroposteromediano controlaterale. Così, il messaggio gustativo, contrariamente al messaggio sensitivo, è inizialmente trattato in modo omolaterale al lato stimolato.

 

Figura 1 Innervazione sensitiva e sensoriale della cavità orale e dell'orofaringe. L'innervazione sensitiva e termicodolorifica dei due terzi anteriori della lingua è assicurata dal nervo linguale (NL), ramo del V3. L'innervazione sensitiva e sensoriale del terzo posteriore della lingua e del piano sopraglottico è garantita, dal canto suo, rispettivamente dal nervo glossofaringeo (IX) e dal nervo laringeo superiore (NLS), ramo del nervo vago (X). Si tratta di rami del facciale (VII) che innervano sulla modalità sensoriale il palato (nervo grande petroso, NGP) e i due terzi anteriori della lingua (corda del timpano, CT). gg: ganglio genicolato; gp: ganglio pterigopalatino; gs: ganglio sottomandibolare.

Le proiezioni corticali si dirigono verso l'insula, l'opercolo frontale, l'opercolo rolandico e l'opercolo temporale (questi due ultimi costituiscono l'area somatosensoriale II). Le proiezioni sull'insula e l'opercolo frontale (area somatosensoriale I) sono molto vicini alle proiezioni delle vie somatoestesiche. L'informazione è quindi integrata in modo bilaterale nelle aree associative. Anche se alcuni autori hanno proposto il concetto di una dominanza emisferica, questa non è stata confermata da tutti gli studi. 
È importante notare che, a partire dal nucleo del tratto solitario, si possono osservare delle sinapsi tra i neuroni gustativi e olfattivi, così come delle proiezioni verso l'ipotalamo e il circuito limbico. Questa osservazione anatomofunzionale traduce bene l'indissociabilità di gusto e olfatto, così come l'associazione molto intima dei circuiti dell'assunzione alimentare con la ricompensa e la memorizzazione.
La codificazione del messaggio gustativo sarà di due tipi: qualitativo e quantitativo. Sul piano qualitativo il primo problema risiede nella discriminazione dello stimolo gustativo. Uno stesso neurone può essere attivato da uno stimolo salato, dolce, acido o amaro. Di conseguenza, contrariamente alla retina o alla coclea, non vi è una somatotopia esatta di uno stimolo nei centri di integrazione. Uno stimolo comporta un'attivazione di un insieme di neuroni, con un'intensità di risposta di questi neuroni variabile in funzione della natura e dell'area di presentazione dello stimolo. L'attivazione di questo insieme di neuroni costituisce una sorta di “immagine gustativa” che non è decomponibile in un numero finito di elementi. Come con tre colori primari, il bianco e il nero si può comporre una tavolozza infinita di colori, è possibile con l'attivazione combinata di alcuni neuroni generare la rappresentazione di un gusto. La codifica dell'intensità, o quantitativa, risiede nel reclutamento di più o meno neuroni in funzione della concentrazione dello stimolo. Tuttavia, l'attivazione di un maggior numero di fibre si ripercuote anche sulla qualità dello stimolo percepito.

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Proprietà neuropsicofisiologiche del messaggio gustativo

Soglia di percezione liminare

Si può definire la soglia di percezione liminare come l'intensità minima di uno stimolo in grado di provocare una percezione sensoriale. Questa soglia non pregiudica il riconoscimento dello stimolo applicato. Peraltro, questa soglia di rilevamento varia in funzione della natura dello stimolo. Esistono numerosi fattori di variazione inter- e interindividuale di tale soglia. I fattori interindividuali sono rappresentati principalmente dalle cause genetiche e ambientali. In effetti, la dotazione biologica di ogni individuo dipende dal suo patrimonio genetico, che fa variare la soglia di sensibilità dei recettori gustativi (cfr. supra). In seguito, la sensibilità dei recettori varia in funzione della frequenza e della natura degli stimoli applicati. In effetti, si può assistere a un fenomeno di desensibilizzazione dei recettori, o adattamento, quando un'applicazione troppo frequente o troppo intensa di uno stimolo eleva la soglia di sensibilità del recettore o, al contrario, osservare un potenziamento, quando un periodo di privazione di stimolo riduce la soglia di sensibilità del recettore. Questo fenomeno è fonte di variabilità interindividuale, soprattutto quando si studiano delle persone che hanno abitudini alimentari diverse. In effetti, un'alimentazione molto salata abbassa la soglia di sensibilità a questo sapore e un alimento che appare insipido a una persona che ha questo tipo di alimentazione può sembrare molto salato a una persona che ha un'alimentazione povera di sale. Le variazioni interindividuali sono di due ordini. Il primo compensa in parte i fenomeni di sensibilizzazione e desensibilizzazione già ricordati (cfr. supra) e si tratta dell'apprendimento. L'applicazione di uno stimolo secondo un paradigma capace di non saturare i recettori in frequenza e in intensità provoca un abbassamento delle soglie di rilevazione che non è attribuibile al solo recettore, ma anche all'insieme della rete neuronale integrativa del tronco cerebrale, del talamo e della corteccia. Il secondo fattore di variazione interindividuale è la sede di presentazione dello stimolo. La cartografia dei recettori è propria di ogni individuo (cfr. supra) e, se lo stimolo interessa solo una parte della lingua, è importante ripetere gli stimoli nello stesso luogo al fine di non creare una distorsione nei risultati. Di conseguenza, alla luce di tutti questi motivi di potenziale variabilità, lo studio del valore assoluto della soglia di rilevamento non possiede alcuna pertinenza clinica. Esso permette al massimo di escludere un'eventuale ageusia o di realizzare il monitoraggio delle soglie in uno stesso individuo prestando attenzione a queste differenti distorsioni.

Identificazione e discriminazione

Il riconoscimento dello stimolo e la sua discriminazione da altri stimoli richiedono un meccanismo più complesso. Quest'ultimo chiama in causa le funzioni della memoria così come la psicologia del soggetto al momento della scelta. Riconoscere uno stimolo implica da una parte di poterlo percepire, dunque che la sua intensità sia superiore alla soglia di percezione liminare, e dall'altra che questo stimolo sia noto in precedenza al paziente. In questo genere di misura sovraliminare, nuovamente la variabilità interindividuale non permette di determinare delle tabelle di normalità. Come per le soglie di rilevamento, l'apprendimento rapido può rendere errata l'interpretazione di misure ripetute. È importante sottolineare che spontaneamente la metà dei soggetti intervistati confonde il gusto amaro e acido in assenza di apprendimento. Con questo tipo di test si possono rilevare solo ageusie importanti. 
Allo stesso modo, una volta determinata la soglia di identificazione dei diversi sapori, è possibile variare la concentrazione di una sostanza rispetto a un controllo di intensità data per sapere qual è la differenza di concentrazione minima per ottenere una discriminazione corretta tra questi due prodotti. Se il valore della soglia di discriminazione si allontana troppo dal valore assoluto della soglia di identificazione, è possibile scoprire delle disgeusie dissociate, ma le distorsioni di questo genere di metodiche sono numerose e la loro interpretazione deve essere cauta.

Intensità

È possibile realizzare delle curve di intensità della percezione in funzione dell'intensità dello stimolo applicato. Si pongono, in questo caso, tre tipi di problemi. Il primo è quello della calibrazione dello stimolo, facilmente risolto con l'applicazione di una gamma di concentrazioni graduate in modo crescente. Il secondo è quello della linearità della risposta. In effetti, per il gusto, come per molti altri fenomeni sensoriali, esiste un fenomeno di saturazione di recettori che è responsabile del raggiungimento di un plateau della curva. Questo genere di curva possiede, in genere, un aspetto lineare in funzione del logaritmo della concentrazione fino a questo plateau, che riflette la saturazione dei recettori. L'ultimo problema risiede nella valutazione dell'intensità percepita, che può essere rappresentata su scala visiva analogica. Per aiutare a calibrare questa sensazione percepita, è possibile usare artifizi come il confronto di ampiezza. La scala di riferimento non è allora più una scala visiva analogica, ma un'altra sensorialità. Per esempio, è possibile far assaggiare a un soggetto una sostanza e contemporaneamente chiedergli di ascoltare una suono puro di frequenza 1 000 Hz. Il soggetto deve allora scegliere egli stesso l'intensità del suono che corrisponde meglio alla sua percezione gustativa. Si ottiene allora un grafico di intensità sonora in funzione dello stimolo gustativo. Tuttavia, questo genere di prova richiede una buona comprensione da parte del soggetto, nonché la normalità della sua funzione uditiva.

Carattere edonico

Quest'ultima caratteristica, benché espressione diretta della soggettività, non è comunque una delle minori, poiché è spesso quella che motiva le lamentele dei pazienti. È fortemente influenzata dall'esperienza del soggetto, sia sul piano culturale sia individuale. È possibile stimarla su una scala da 0 a 10, dalla più spiacevole alla più piacevole. Questo valore non dipende dalla sensibilità gustativa dell'individuo, ma una sostanza per la quale il soggetto è ageusico non è mai preferita a un'altra. Esistono peraltro altri fattori di confusione anche culturali. Nella cultura occidentale un sapore dolce è più frequentemente associato a una percezione piacevole, mentre un sapore amaro o acido è spesso associato a un alimento cattivo. La natura dello stimolo può quindi influenzare la preferenza in modo non occasionale.

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Metodi di esame del gusto

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Metodi soggettivi

Test di rilevamento e di riconoscimento

L'utilizzo di questo genere di test richiede diversi prerequisiti indispensabili al loro buon svolgimento. Per realizzare una stimolazione gustativa pura, è necessario non stimolare le vie somestesiche e termicodolorifiche. Diviene allora necessario calibrare lo stimolo tanto sul piano della sua concentrazione, quanto della sua quantità somministrata (volume), della sua temperatura, del suo pH e della sua sede di applicazione. La temperatura alla quale la discriminazione sensoriale è migliore è vicina alla temperatura corporea dell'individuo. Inoltre, se si testa un composto volatile oppure odoroso è necessario eliminare le afferenze olfattive per studiare in modo certo il gusto. Al fine di eliminare ogni retro-olfatto a partire dalla faringe, si può utilizzare una maschera nasale che insuffli dell'aria nelle fosse nasali con una velocità di 200 l/h. Se si desidera usare degli stimoli sopraliminari per stimolare in maniera elettiva le vie gustative si può, per esempio, utilizzare una soluzione di cloruro di sodio (NaCl, 4 g/l, gusto salato), di saccarina (200 mg/l, gusto dolce), di idrocloruro di chinino (100 mg/l, gusto amaro) o, ancora, di cloruro di idrogeno (HCl, pH 2,4, gusto acido). Se si desidera stimolare simultaneamente le vie sensitive, si può utilizzare una soluzione di HCl più acida (pH 1,5) o di solfato di alluminio e di potassio (6 g/l, gusto astringente). 
Gli stimoli possono essere presentati in diversi modi. Possono essere depositati con l'aiuto di una pipetta (esame delle tre gocce), di un bastoncino con ovatta o di una carta assorbente impregnata. Ciò permette allora di testare separatamente i differenti rami nervosi che veicolano l'informazione sulla lingua e sul palato. Altre modalità di presentazione, come delle compresse orodispersibili, esaminano la cavità orale nel suo insieme. Tra un esame e l'altro è utile sciacquare la bocca con acqua, se possibile conservando le stesse condizioni di temperatura e di pH. L'uso di un anestetico locale tipo lidocaina può avere un interesse per far scomparire le percezioni gustative presenti anche in assenza di stimolo, la cui origine può essere dentaria o un flusso nasale posteriore o un reflusso gastrico. In maniera sorprendente, l'anestesia può aumentare le parageusie e le ipergeusie conseguenti a lesioni nervose. L'uso di questi test permette di determinare le soglie di percezione e di identificazione, così come le soglie di riconoscimento, e anche di tracciare delle curve concentrazione/intensità (cfr. supra). Questi esami restano tuttavia soggetti a numerose distorsioni e fattori di confusione tra i quali l'apprendimento riveste un ruolo fondamentale. Non si deve dunque esitare a ripetere le sessioni di test a distanza di diversi giorni e a diversificare questi test prima di poter ottenere risultati affidabili e riproducibili.

Elettrogustometria

L'elettrogustometria è un metodo che utilizza una stimolazione elettrica con corrente continua il cui ruolo è quello di ionizzare la saliva. Questi ioni fungono da stimoli gustativi, generalmente definiti di sapore metallico all'origine della percezione sensoriale. Si tratta di un metodo soggettivo, poiché tenta di conoscere la densità di corrente necessaria alla comparsa di una percezione gustativa nel soggetto (Figura 2). Come per gli stimoli chimici, l'applicazione di uno stimolo elettrico deve essere calibrata tanto per quanto concerne la sua intensità che per la sua densità di corrente e la sua sede di applicazione, al fine di escludere qualsiasi variazione percettiva legata alle vie somestesiche e termicodolorifiche.

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Figura 2
Rappresentazione schematica del montaggio necessario alla realizzazione di un'elettrogustometria e di potenziali evocati gustativi. NGP: nervo grande petroso; CT: corda del timpano; IX: nervo glossofaringeo.

La ricerca di questi valori liminari è gravata da una grande variabilità interindividuale che va da 5 a 100 μA/cm2 (dell'ordine di un fattore 100). Si ammette che una soglia di stimolazione superiore a 750 μA/cm2 sia sintomatica di un'ageusia. Gli svantaggi di questi esami sono molteplici. Per cominciare, quando l'intensità supera una certa soglia (anch'essa variabile secondo le persone, generalmente superiore a 500 μA/cm2), la stimolazione elettrica provoca un riflesso trigemino che impedisce l'interpretazione del test. Lo stimolo presentato non è più specifico, poiché attiva contemporaneamente delle vie gustative, somestesiche e termicodolorifiche. In secondo luogo, tenuto conto del fatto che l'elettrodo è di solito posizionato sul terzo anteriore della lingua, è possibile studiare solo la funzione della corda del timpano. Alcuni autori hanno utilizzato elettrodi posizionati sul palato, ma lo studio specifico della funzione del nervo grande petroso non rappresenta una pratica corrente. Infine, l'uso di uno stimolo elettrico non consente di valutare il carattere qualitativo legato ai diversi sapori di base e non è possibile rilevare una disgeusia dissociata con questo metodo. Inoltre, anche se questo metodo permette di testare l'insieme della via gustativa, esso ignora le patologie che riguardano la trasduzione del segnale, poiché quest'ultima è cortocircuitata. Non permette dunque, per esempio, di studiare l'effetto di alcuni farmaci (come l'amiloride) sulla funzione gustativa. 
Si può schematicamente affermare che l'elettrogustometria sta all'esame del gusto come l'audiometria tonale liminare sta all'esame dell'udito, uno strumento utile ma grossolano, e che presenta una notevole parte di soggettività. Questo esame trova il suo interesse in caso di disgeusia monolaterale (tumore, trauma) attraverso il confronto con il lato sano e per il follow-up evolutivo in una stessa persona. È possibile associare alla corrente elettrica una concentrazione subliminare di una sostanza sapida (salata, dolce, acida o amara) al fine di scatenare una percezione che è, in questo caso, qualitativa. Si possono così realizzare test di discriminazione tra diverse sostanze. Tuttavia, anche questo esame è soggetto a grandissime variazioni e ha interesse solamente nel follow-up di uno stesso individuo.

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Metodi obiettivi

Potenziali evocati gustativi (PEG)

Lo studio dei potenziali evocati gustativi resta ad oggi una delle sole metodiche di studio elettrofisiologico obiettivo della funzione gustativa utilizzabile di routine nella clinica umana. Un elettrodo di registrazione è posto in corrispondenza del lobo temporale o del vertice e un elettrodo di riferimento è posizionato sulla fronte (Figura 2). Sono stati proposti diversi tipi di stimolazione. Tra questi, la stimolazione elettrica con pulse alla frequenza di 200 Hz è stata utilizzata da alcuni autori. Tuttavia, questo tipo di stimolazione attiva la via trigeminale, e le attività corticali registrate sono provocate da una percezione gustativa e sensoriale. Altri autori hanno proposto una stimolazione chimica isolata . Benché questa permetta di evitare gli artefatti legati all'attivazione del trigemino, presenta l'inconveniente della difficoltà di sincronizzazione dello stimolo con le registrazioni e la rapida desensibilizzazione per saturazione dei recettori. Al fine di sincronizzare l'applicazione dello stimolo alla registrazione dei potenziali, sono stati impiegati diversi metodi. Uno di questi metodi consiste nell'erogare la sostanza sapida grazie a un'elettrovalvola collegata all'apparecchio di registrazione dei potenziali. 
Un altro metodo consiste nell'individuare il momento in cui la sostanza entra in contatto con la lingua grazie a un fascio laser oppure con metodo colorimetrico; questo dispositivo è collegato anch'esso all'apparecchio di registrazione dei potenziali. Il fenomeno di desensibilizzazione rapida dei recettori, che ne fa dei recettori ad adattamento lento, impone tempi lunghi tra le acquisizioni dei potenziali. Ciò allunga notevolmente le durate degli esami quando è necessario un averaging importante per escludere gli artefatti. È in questo che risiede il principale limite dell'esame, poiché non è sempre possibile evidenziare i potenziali a causa di un averaging inadeguato. Sembrerebbe che sia necessaria una media di 200 acquisizioni per osservare la comparsa di potenziali quando il tempo tra le presentazioni degli stimoli è di 30 secondi. Questo numero può essere ridotto se l'intervallo tra la presentazione degli stimoli aumenta. Per un intervello superiore a 5 minuti Wada evidenzia dei PEG dopo solo otto acquisizioni. La temperatura di presentazione dello stimolo è importante per il rilevamento di quest'ultimo (cfr. supra). Una temperatura vicina alla temperatura corporea, mantenuta costante durante tutta la registrazione, è necessaria per ottenere dei PEG di buona qualità e riproducibili. Benché di solito sia studiata solo la funzione della corda del timpano, alcuni dispositivi sperimentali permettono di stimolare l'intera cavità orale o il nervo glossofaringeo . Idealmente, è necessario che il liquido utilizzato per lo stimolo sia recuperato per escludere gli artefatti dovuti ai movimenti di deglutizione. La durata di presentazione dello stimolo deve essere situata tra 500 e 3 000 ms.
L'interpretazione dei PEG deve tenere conto delle latenze e delle forme d'onda osservate, ma anche degli artefatti legati alla stimolazione trigeminale, all'attività motoria e ai potenziali evocati uditivi. Questi ultimi possono essere significativamente ridotti con la realizzazione dei test in una cabina insonorizzata e applicando dei tappi alle orecchie. I potenziali somestesici hanno generalmente un maggiore voltaggio e delle latenze più brevi di alcuni millisecondi controlateralmente al lato stimolato. Una registrazione bilaterale può avere un interesse per escludere queste fonti di errore. Quando lo stimolo è applicato monolateralmente, esso scatena un'onda positiva P1 con una latenza vicina a 150 ms registrabile al vertice e un'onda negativa N1 con una latenza vicina a 220 ms registrabile al vertice e sul lato temporale omolaterale (Figura 3). Se lo stimolo è presentato in modo bilaterale, è registrata solo l'onda P1. La durata di questa onda è di circa 600 ms. La comparsa di queste onde coincide per il paziente con la sensazione di presentazione di uno stimolo, ma non con la discriminazione qualitativa di quest'ultimo. Tutti i sapori primari sono in grado di generare dei PEG, tuttavia sembra che i sapori legati ai recettori metabotropici (dolce, amaro, umami) siano più soggetti a variazioni. Ciò si può spiegare con l'attivazione di vie di segnalazione più complesse e più lente di quelle dei canali ionici.

 

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Figura 3
Corrispondenza tra risultati di potenziali evocati gustativi (PEG) e magnetoencefalografia (secondo Mizoguchi et al. riprodotto con l'autorizzazione degli Oxford Journals). Si può osservare una perfetta sincronizzazione tra i PEG registrati (onde P1, N1 e P2) e le correnti di dipolo equivalente corrispondenti (ECD1, ECD2 ed ECD3 rispettivamente) (A). Corrispondono in risonanza magnetica (B) all'attivazione delle aree gustative primarie bilaterali (ECD1) e secondarie (ECD2 e 3).

 

Magnetoencefalografia (MEG)

Un altro metodo è in grado di registrare l'attività gustativa evocata: si tratta della MEG. Essa possiede una migliore risoluzione spaziale dei PEG, poiché permette di localizzare precisamente la fonte dell'attività evocata con il metodo dei due dipoli. Essa permette anche, con questo metodo, di ridurre gli artefatti elettrici, dunque di diminuire il numero di acquisizioni necessarie prima dell'averaging. In questo modo, è eccezionale non poter raccogliere delle correnti equivalenti di dipolo (ECD) contrariamente ai PEG. Associata a una diagnostica per immagini morfologica (tipo risonanza magnetica [RM]), essa permette di determinare molto finemente le aree gustative corticali. Tuttavia, richiede un equipaggiamento più costoso rispetto ai PEG, come anche una camera amagnetica. I paradigmi di stimolazione sono identici a quelli dei PEG e possono essere di natura elettrica, gustativa o mista. 
Yamamoto hanno proposto di utilizzare uno stimolo elettrico erogato da un elettrogustometro di una durata di 200 ms e a intervalli di 20 secondi per erogare delle intensità che variano da 5 μA a 210 μA. Dopo un numero medio di 60 acquisizioni sui 122 canali dell'attrezzatura essi osservavano la comparsa di risposte bilaterali nelle regioni opercolari e insulari della corteccia tra 200 (nella maggior parte dei casi) e 1 000 ms dopo l'applicazione dello stimolo. Tuttavia, a causa di artefatti di stimolazione lo studio precoce dopo la stimolazione non è stato conclusivo.
Uno studio di Mizoguchi è stato condotto per confrontare PEG e MEG dopo una stimolazione gustativa salata (NaCl, 0,3 M, Figura 4). Ogni stimolo di 400 ms era ripetuto 40 volte a 30 secondi di intervallo alla temperatura di 36 °C per ogni sessione. Questo lavoro ha permesso di confermare la concordanza spaziale e temporale dell'onda P1 dei PEG con la corrente dipolare ECD 1 registrata in MEG (latenza di 125 ms per ognuna). Inoltre, queste onde e correnti erano generate nell'area gustativa primaria. Esse erano osservate nell'opercolo e nelle regioni insulari nella maggioranza dei casi (senza lateralizzazione netta) e, più raramente, nei solchi precentrali e centrali. Le onde P2 e le correnti ECD2 coincidevano temporalmente, ma rispondevano ad attivazioni delle aree primarie e delle aree associative disseminate nel cervello (solco temporale superiore).

Figura 4

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Figura 4. 
Attivazione delle aree gustative primarie in risonanza magnetica funzionale secondo Ogawa (riprodotto con l'autorizzazione degli Oxford Journals). Attivazione negli emisferi cerebrali sinistro (A) e destro (B) secondo delle sezioni nel piano coronale (a), sagittale (b) e assiale (c). Le frecce indicano le aree attivate (cerchiate). Sul lato sinistro (A) si osserva un'attivazione dell'insula come anche dell'opercolo frontale. A destra (B) l'attivazione ha luogo di preferenza nell'opercolo parietale. Questo schema di attivazione può essere differente a seconda dei soggetti.

Murayama hanno riscontrato dei risultati simili con una stimolazione salata di NaCl a 0,3 M e una stimolazione con soluzione glucosata al 10%. In entrambi i casi la latenza dell'ECD 1 si situava tra 150 e 210 ms (175 ms in media). L'attivazione delle aree gustative primarie era bilaterale in quasi la metà dei casi e omolaterale nell'altra metà. Non si è osservato alcun caso di stimolazione controlaterale. 
Questi risultati differiscono leggermente da quelli presentati da Kobayakawa et al.. In effetti, benché le latenze di ECD 1 siano simili con una stimolazione gustativa con saccarina (latenza ECD 1: 173 ms, saccarina 3 mM, durata di stimolo 400 ms, intervallo 30 s, 40 presentazioni, temperatura 36 °C), esse sono notevolmente abbreviate con lo stimolo salato (latenza ECD 1: 93 ms, NaCl 1 M, durata di stimolo 400 ms, intervallo 30 s, 40 presentazioni, temperatura 36 °C). Nessun elemento obiettivo, legato al paradigma o ai pazienti, riesce a spiegare questa differenza.
Utilizzando un protocollo simile, Onoda si sono concentrati sulla lateralizzazione delle aree gustative primarie. Con latenze vicine a 130 ms all'insula e all'opercolo parietale, essi hanno potuto determinare che la risposta era bilaterale nel 72% dei casi, omolaterale allo stimolo nel 22% dei casi e controlaterale nel 6% dei casi.
È importante sottolineare che per ognuno di questi esperimenti la comparsa di corrente equivalente del dipolo ECD 1 corrispondeva alla percezione di una stimolazione gustativa, ma la sua identificazione (dolce o salata) era a volte erronea. Di conseguenza, le funzioni di riconoscimento sembrano piuttosto appartenere alle funzioni associative e, allo stato attuale della tecnica, la MEG permette di escludere un'ageusia o una disgeusia selettiva, ma non permette di studiare più finemente i disturbi del gusto.

 

Risonanza magnetica funzionale (RMF)

Lo studio delle aree corticali primarie attivate dagli stimoli gustativi e trigeminali è stato realizzato con l'aiuto della RMF. Dopo aver completato l'allenamento necessario alla percezione e all'individuazione di un sapore (salato, dolce, acido e amaro) o di uno stimolo somatosensoriale (acido forte o sali di alluminio), delle soluzioni di NaCl (70 o 86 mM), aspartame (0,7 o 1,4 mM), chinino (0,25 o 0,75 mM), HCl debole (pH 2,4 o 2,2), HCl forte (pH 1,6 o 1,5) e solfato di alluminio (12,6 o 16,9 mM) erano presentate nel corso di un'esplorazione funzionale in una RM di 3 Tesla. La sincronizzazione della presentazione degli stimoli con le acquisizioni era eseguita quando il paziente segnalava per mezzo di un potenziometro la presenza di una percezione gustativa. Questo studio ha permesso di dimostrare la convergenza delle informazioni gustative e sensitive nelle aree gustative primarie, ma alcune specificità differenzierebbero questi due tipi di percezione. Le regioni insulari superiori e inferiori erano stimolate in maniera differenziale in funzione del tipo di stimolo applicato. Inoltre, l'insula inferiore sinistra era coattivata con il giro angolare sinistro, partecipando al processo mnesico. Al contrario, gli stimoli somatosensoriali attivavano in modo bilaterale gli opercoli rolandici, dove si proiettano gli homunculi sensitivi delle rappresentazioni della sfera orofaringea. 
Per mezzo di una stimolazione elettrica dell'uno o dell'altro lato della lingua, Barry hanno studiato la proiezione delle aree gustative primarie. Utilizzando un elettrogustometro connesso a un elettrodo d'argento hanno erogato dei segnali quadrati della durata di 1 secondo e di intensità variabile da 25 a 50 μA, in modo che essi fossero percepiti dai soggetti del test. Questi pulse erano erogati a una frequenza aleatoria e variabile per 4 minuti per limitare le possibilità di anticipazione del soggetto. Gli autori hanno osservato che lo schema di attivazione dipendeva più dalla dominanza emisferica del soggetto (destrimane/mancino) che dal lato della lingua stimolato. Così, nel destrimane l'attivazione dell'insula superiore avveniva principalmente a destra, mentre quella dell'insula inferiore era spesso bilaterale. Anche l'attivazione della corteccia premotoria era localizzata principalmente a destra, mentre quella della regione temporale superiore avveniva spesso sul lato sinistro.
Applicando una soluzione di 1 M di NaCl sulla punta della lingua, Ogawa hanno dimostrato che le aree gustative si attivano nell'insula e nell'opercolo frontale in modo bilaterale, mentre l'attivazione ha luogo solo nell'opercolo rolandico e nel solco centrale sinistro (Figura 4). Questo suggerisce che le aree più primarie sono localizzate tra l'insula, l'opercolo rolandico e l'opercolo parietale.
Benché gli studi precedenti posseggano un interesse scientifico certo, essi non hanno un corollario clinico evidente e non permettono a questa tecnica di esplorare i disturbi del gusto. A questo proposito, è il lavoro di Haase che attira la nostra attenzione. Utilizzando due stimoli diversi, lo zucchero e la caffeina, gli sperimentatori hanno inizialmente determinato la concentrazione di ciascuno, permettendo di ottenere in un soggetto la stessa sensazione edonica. In seguito, hanno applicato l'una o l'altra di tali sostanze e hanno osservato l'attivazione delle aree cerebrali in RMF. Lo stimolo dolce attivava l'insula, l'opercolo rolandico, l'area 13 di Brodmann, la corteccia orbitofrontale, l'area 47 di Brodmann, il talamo, il nucleo mediodorsale, il nucleo caudato e il giro pre- e postcentrale. In confronto con l'ingestione di acqua, esisteva un'iperattivazione della corteccia orbitofrontale, dell'area 11 di Brodmann, dell'opercolo frontale e del giro cingolato anteriore. Al contrario, lo stimolo caffeinico provocava una sottoattivazione nel giro paraippocampico, nell'insula, nell'ippocampo, nell'amigdala e nel giro cingolato anteriore, mentre solo l'opercolo rolandico era iperattivato. Questo significa che questi due sapori possiedono due “impronte” corticali diverse che permettono di individualizzarli. Se queste osservazioni si confermano, indipendentemente dall'aspetto gradevole dello stimolo, potrebbe trattarsi di un mezzo obiettivo attendibile per diagnosticare le ageusie o le disgeusie dissociate, così come i valori obiettivi della loro soglia di percezione.
I lavori di Small hanno permesso di introdurre la nozione di intensità dello stimolo nello studio dell'attività cerebrale evocata mediante il gusto. Essi hanno utilizzato uno stimolo piacevole (dolce) o sgradevole (amaro) a due intensità diverse per poter osservare delle differenze di attivazione cerebrale. Sembra che le risposte nel ponte, nel cervelletto, nell'insula (parte centrale) e nelle amigdale siano dipendenti dall'intensità dello stimolo, quale che sia la sua natura. Al contrario, la corteccia orbitofrontale posterolaterale destra risponde in modo preferenziale allo stimolo piacevole, mentre la parte sinistra della porzione posterolaterale dell'insula e dell'opercolo risponde preferenzialmente agli stimoli sgradevoli, qualunque sia la loro intensità. Benché originali e non prive di interesse, queste osservazioni sono molto in contrasto con quelle fatte in precedenza da Zald nella tomografia a emissione di positroni (PET, cfr. infra).

Tomografia a emissione di positroni

La PET rappresenta l'altra tecnica di diagnostica per immagini funzionale cerebrale utilizzata nell'esplorazione dei disturbi del gusto. L'iniezione di molecole di acqua marcate con ossigeno 15 permette di individuare le zone altamente funzionali dell'encefalo grazie all'emissione di positroni. Con la PET si è potuta realizzare la localizzazione delle aree gustative. Gautier hanno potuto determinare, dopo l'iniezione di una bevanda ipercalorica, che questa stimolazione gustativa complessa provocava un'attivazione: a sinistra nella corteccia prefrontale posterolaterale e nel giro temporale superiore, a destra nella corteccia prefrontale anterolaterale, nel giro sopramarginale e nel talamo anteriore e in modo bilaterale negli ippocampi, nei giri cingolati posteriori, nei peduncoli cerebellari, nella corteccia occipitale e negli emisferi cerebellari. Al contrario, veniva osservata una riduzione del flusso cerebrale a destra nella corteccia prefrontale posterolaterale, nel giro temporale superiore, nell'area motoria supplementare e, in modo bilaterale, nella parte mediale delle cortecce prefrontali e della parte inferiore del lobo parietale. Ciò sottolinea bene la specializzazione di queste regioni nell'elaborazione del segnale gustativo. 
Utilizzando due stimoli gustativi, il chinino e il saccarosio, Zald hanno potuto osservare gli effetti delle percezioni gustative amare e dolci sull'attività cerebrale (Figura 5). La chinina (0,02 M) o il saccarosio (30%) erano iniettati con siringa (da 3 a 6 ml) per i 40 secondi in cui erano effettuate le acquisizioni. Il carattere sopraliminare ed edonico degli stimoli era valutato con scale visive analogiche per stabilire una concordanza clinica. Anche se questi due stimoli attivavano le aree gustative primarie, tra cui la parte posteriore della corteccia orbitofrontale destra, lo stimolo amaro sembrava attivare in modo più elettivo la sua porzione inferiore e anteriore. Inoltre, con questo metodo poteva essere osservato il carattere edonico dello stimolo. In effetti, lo stimolo sgradevole (chinino) provocava un'attivazione dell'amigdala sinistra, che fa parte del circuito limbico e della ricompensa, mentre l'acqua e il saccarosio non inducevano risposte particolari in questa regione. Questa tecnica di esplorazione cerebrale sembra così fornire elementi sulla natura dello stimolo applicato, ma anche sul suo carattere piacevole.

 

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Figura 5
Attivazioni differenziali delle aree cerebrali in tomografia a emissione di positroni in funzione della natura dello stimolo secondo Zald (riprodotto con l'autorizzazione dell'American Physiological Society). Si osserva un'iperattivazione moderata dell'amigdala (Amg) sinistra dopo ingestione di saccarosio (a), mentre questa attivazione è più intensa dopo l'ingestione di chinino (b); si osserva un segnale più debole nell'amigdala destra. Si può osservare un segnale intenso nell'insula (Ins) e nell'area premotrice (VR) con il saccarosio e la chinina, e ciò in modo bilaterale.

Esaminando il carattere puramente edonico della stimolazione gustativa, Small hanno studiato le risposte al consumo di cioccolata mediante PET. Il grado di piacere generato dal consumo di cioccolata era riportato in funzione del grado di sazietà e comparato all'attivazione cerebrale risultante. Le attività osservate nell'insula e nelle parti posterolaterali e posteromediali della corteccia orbitofrontale variavano in funzione del grado di sazietà. È interessante notare che sembrava esistere un'attivazione differenziale delle parti posterolaterali e posteromediali della corteccia orbitofrontale in funzione del carattere piacevole o meno della stimolazione, mentre solo la parte posteriore della corteccia cingolata era attivata in queste due condizioni. Questi dati suggeriscono che una delle parti dei circuiti di ricompensa legati all'alimentazione si trova in queste regioni. 
Una volta di più, questi approcci, per quanto elaborati, eludono i meccanismi fisiologici del gusto che sono indissociabili da quelli dell'olfatto. È interessante notare che Small hanno studiato l'effetto dell'aroma (stimolo gustativo associato allo stimolo olfattivo corrispondente) sull'attività cerebrale. Il loro paradigma consisteva nello stimolare il gusto con lo stimolo olfattivo corrispondente (per esempio, gusto amaro di chinino con odore di caffé) o con uno stimolo discordante (per esempio, acido citrico con odore della salsa di soia). Così, essi hanno potuto osservare che l'attivazione simultanea delle due vie attiva non solo gli elementi implicati al momento della loro stimolazione separata, ma anche altre aree cerebrali (amigdale e nuclei della base come il nucleo basale di Meynert o le bande diagonali di Broca). Così, possono essere coinvolte altre aree rispetto a quelle ricordate sopra nel riconoscimento dello stimolo gustativo, e una lesione eventuale in queste aree deve poter essere ritenuta responsabile di disturbi del gusto.

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Disturbi del gusto e loro eziologie

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Semeiologia ed epidemiologia dei disturbi del gusto

Per definire i disturbi del gusto, di solito si usano i termini di ageusia per l'abolizione completa di ogni percezione gustativa, di ipogeusia per una riduzione parziale di percezione dell'insieme o di una parte dei gusti (si parla allora di ipogeusia dissociata), di disgeusia per un'alterazione qualitativa della percezione gustativa (globale o dissociata), di parageusia per distorsioni delle percezioni gustative, di fantogeusia per la presenza di una percezione gustativa in assenza di qualsiasi stimolo e di cacogeusia per una percezione gustativa di un cattivo sapore in assenza di qualsiasi stimolo. 
L'incidenza esatta dei disturbi del gusto è difficile da precisare per due motivi fondamentali. Il primo è legato al fatto che i disturbi del gusto sono frequentemente associati a disturbi dell'olfatto e che i disturbi isolati del gusto resterebbero un'eventualità rara. Il secondo è che i disturbi isolati del gusto sono raramente un motivo di consultazione medica e che questo sintomo è spesso sottodiagnosticato, in particolare a causa dell'assenza di lamentele da parte del paziente. Poiché quasi l'80% dei sapori legati a un pasto è di origine olfattiva, si comprende facilmente che un'alterazione moderata del gusto non suscita inquietudine in un paziente che ne soffre.
I disturbi del gusto sarebbero più frequentemente osservati nella donna che nell'uomo (in un rapporto di cinque a tre). Tuttavia, questa relativa sovrarappresentazione riguarda essenzialmente delle forme di disturbi del gusto minori, di cui è difficile sapere se sono veramente più frequenti o se sono maggiormente trascurati dagli uomini. Secondo lo studio di Hamada su 2 278 soggetti, questi disturbi del gusto riguardano, nella maggior parte dei casi, dei pazienti di 40-80 anni, con picchi di frequenza verso i 50 e i 60 anni. Le eziologie più frequenti dei disturbi del gusto erano in ordine di frequenza gli effetti collaterali dei farmaci (495 casi, 21,73%), i disturbi idiopatici (341 casi, 14,69%), le carenze di zinco (330 casi, 14,49%), le cause psicogene (243 casi, 10,67%), i disturbi dell'olfatto (171 casi, 7,51%), le malattie sistemiche (171 casi, 7,51%), le patologie orali (146 casi, 6,41%), i disturbi dell'olfatto e del gusto postinfluenzali (60 casi, 2,63%), le neuropatie periferiche (59 casi, 2,63%), le eziologie centrali (38 casi, 1,67%) e le patologie endocrine (23 casi, 1%); le altre eziologie rappresentavano i 203 casi rimanenti (8,91%).

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Disturbi del gusto di origine chirurgica

Le eziologie iatrogene dei disturbi del gusto sono numerose e spesso mal conosciute. Oltre agli effetti collaterali dei farmaci (cfr. infra) la chirurgia può far correre ai pazienti un rischio di disturbo del gusto di cui li si deve avvertire per premunirsi per le eventuali conseguenze di queste complicanze. 
La chirurgia dentaria ne è un primo esempio. In effetti, Hotta segnalano due casi di ageusia monolaterale consecutiva a un blocco alveolodentare. Benché il recupero fosse totale in meno di 6 mesi per questi due pazienti, questo interessamento evidenziava lesioni dirette del nervo alveolare inferiore con l'atrofia delle papille fungiformi e delle soglie elevate all'elettrogustometria. Queste lesioni, fortunatamente rare, lo sono meno delle lesioni dirette del nervo in occasione di estrazioni dentarie. Il nervo linguale è più frequentemente interessato e all'ageusia si associa un'anestesia dei due terzi anteriori dell'emilingua. Benché queste lesioni siano temporanee, esse costituiscono una parte non trascurabile delle lamentele derivanti da questo tipo di chirurgia.
La chirurgia ortognatica può, anch'essa, causare dei disturbi della funzione gustativa. Osteotomie di tipo Le Fort I possono danneggiare il nervo grande petroso, mentre delle osteotomie mandibolari possono interessare la funzione dei nervi linguali e delle corde del timpano. Ciò si traduce nel lavoro di Gent, dopo frattura di Le Fort, in una riduzione della sensibilità ai gusti salati, dolci e acidi nel palato, mentre la sensibilità al chinino è immutata. Al contrario, dopo un'osteotomia mandibolare mediana solo la percezione del gusto amaro sulla lingua sembra alterata. In questi casi il recupero, se deve avvenire, si produce nei 6 mesi postoperatori.
La tonsillectomia è uno degli interventi più comunemente eseguiti in otorinolaringoiatria. Tomita e Ohtuka riferiscono che i disturbi del gusto dopo tonsillectomia rappresentano lo 0,31% dei motivi di visita per i disturbi del gusto. Questi disturbi del gusto sono conseguenti a una lesione del ramo linguale del nervo glossofaringeo che si può tradurre in un'ageusia, spesso compensata dagli altri territori innervati, ma anche in parageusie o fantegeusie molto più invalidanti ed esacerbate dall'anestesia locale (gusto amaro o metallico). Allo stesso modo, nel corso delle uvulo-palato-faringoplastiche possono essere osservati disturbi del gusto (4,6% dei casi per Li) in seguito a lesioni del nervo grande petroso. In questi studi si è tuttavia colpiti dal fatto che alcune ipogeusie possano essere evidenziate con l'applicazione degli stimoli sulla lingua e non sul velo palatino, mentre nessun substrato anatomofisiologico permette di spiegare questa curiosità, tanto più che non era stata effettuata alcuna valutazione preoperatoria.
La presenza di carcinomi orofaringei nella cavità orale può essere responsabile di disturbi del gusto o per modificazioni di composizione della saliva (batteri) o per la loro estensione alle strutture nervose (spazio masticatorio e fossa infratemporale, invasione mandibolare, base della lingua) o per la terapia (chirurgica, radioterapica o chemioterapica) che richiedono. Se il coinvolgimento della chirurgia oncologica è evidente in termini di funzione gustativa, è stato anche studiato l'effetto della riabilitazione chirurgica. Shibahara hanno dimostrato l'assenza di sensibilità gustativa sui lembi liberi microanastomizzati antibrachiali per ricostruzione linguale. Al contrario, l'emilingua residua conservava una sensibilità gustativa normale.
È stato descritto qualche caso di disturbi del gusto conseguenti a una laringoscopia che sembrano conseguenti a lesioni da schiacciamento del nervo o dei nervi linguali, e, più raramente, a un interessamento del ramo linguale del nervo glossofaringeo. La loro prognosi è buona, poiché nella stragrande maggioranza dei casi il recupero è completo in meno di 3 mesi.
Anche la chirurgia otologica è generatrice di disturbi del gusto dopo la lesione della corda del timpano. La corda può essere stirata o sezionata durante l'atto operatorio. Poiché si tratta di lesioni generalmente monolaterali, si registrano pochi disturbi funzionali in caso di ageusia o di ipogeusia, poiché gli altri territori innervati sostituiscono quelli insensibili entro i 2 anni, in particolare con l'abolizione dell'inibizione fisiologica del IX esercitata dalla corda del timpano omolaterale. Al contrario, i casi di parageusia o di fantogeusia sono più invalidanti per il paziente. Sorprendentemente, una sezione bilaterale della corda del timpano non sembra interessare in modo importante la funzione gustativa 2 anni dopo l'intervento, benché non sia osservato all'elettrogustometria alcun segno di recupero.
Infine, la chirurgia dell'epilessia può causare disturbi della funzione gustativa a causa della vicinanza tra le zone di cui si deve realizzare l'ablazione e le aree gustative primarie. Small, hanno dimostrato, in particolare con l'aiuto della PET, che la parte anteriore del lobo temporale destro partecipava al riconoscimento dei gusti poiché la sua ablazione conduceva a un innalzamento delle soglie di riconoscimento dell'acido citrico, mentre non era osservata alcuna anomalia dopo l'ablazione della parte anteriore del lobo temporale sinistro. Allo stesso modo, l'ablazione della parte mediale di questo stesso lobo provocava un aumento dell'avversione per gli stimoli giudicati spiacevoli
.

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Disturbi del gusto di origine neurologica

I traumi cranici isolati si accompagnano solo raramente (dallo 0,4 allo 0,5% dei casi) a disturbi del gusto isolati se l'olfatto è indenne. Il disturbo gustativo può manifestarsi in modo ritardato. Non è raro osservare disgeusie dissociate o al momento della diagnosi o come sequela di un recupero incompleto. 
I disturbi post-traumatici di origine corticale sono conseguenti alla formazione di ematomi nelle regioni dell'opercolo frontoparietale, dell'ippocampo o dell'insula. La lateralizzazione dei disturbi è difficile da precisare a causa del carattere associativo delle aree lese. Le altre cause di disturbi del gusto la cui origine è legata a una lesione corticale sono principalmente rappresentate dai focolai epilettici, dagli accidenti vascolari cerebrali e dai tumori. In tutti questi casi è l'opercolo parietale a essere spesso coinvolto.
Le lesioni talamiche sono più raramente traumatiche e sono spesso di origine vascolare o tumorale
. Un interessamento del nucleo ventroposteromediano o della parte posteriore della corona radiata porta a un'ageusia omolaterale, il che conferma che la decussazione delle fibre gustative non avviene nella parte inferiore del tronco cerebrale. Le lesioni talamiche sono spesso associate a disturbi alimentari.
Un'emorragia o lesioni demielinizzanti (sclerosi multipla) del ponte possono essere responsabili di ipo- o ageusia omolaterale. Sono dovute a lesioni del tratto solitario.
Le neuropatie periferiche sono cause potenziali multiple di disturbi gustativi. La loro diagnosi è facile quando si manifestano in un contesto traumatico (frattura della rocca petrosa e lesione della corda del timpano, trauma cervicale o frattura mandibolare, trauma facciale con frattura di Le Fort o disgiunzione del complesso etmoidofrontale). Le altre cause, meno evidenti, si associano spesso ad altri segni neurologici localizzatori che ci si deve impegnare a ricercare. Citiamo, per esempio, i tumori nervosi, che siano situati nell'angolo pontocerebellare (schwannoma, neurinoma), nella rocca (emangioma e schwannoma del nervo facciale), nel forame lacero posteriore, nella fossa infratemporale o nel collo. Accanto a questi tumori, si può osservare ogni altro tipo di istologia tumorale (carcinoma epidermoide, undifferentiated nasopharyngeal carcinome , paraganglioma...) responsabile di compressioni o di lesioni nervose più o meno dirette. Le mono- e polinevriti, che si inscrivono nel quadro di una paralisi facciale a frigore, di una neuroborelliosi, di un herpes, di una difterite, di una porfiria, di un lupus, di un'amiloidosi o di una sindrome postinfettiva (postinfluenzale) possono essere responsabili di disturbi del gusto. In caso di lesione monolaterale, in particolare nella paralisi facciale a frigore, l'elettrogustometria presenta un interesse diagnostico e prognostico rispetto al lato sano.
La localizzazione esatta dell'origine dei disturbi del gusto per le altre forme neurologiche, come la malattia di Parkinson, la malattia di Alzheimer, la disautonomia familiare, l'atassia ereditaria, la malattia di Machado-Joseph, la sindrome di Guillain-Barré e la malattia di Creutzfeldt-Jacob, non è determinata.

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Disturbi del gusto di origine endocrina e metabolica

Il diabete ha un ruolo di primo piano nelle eziologie dei disturbi del gusto. Diversi meccanismi concorrono a tale anomalia. Innanzitutto, esistono alterazioni della flora batterica e micotica (Candida ) della saliva che ne modificano la composizione. La sensibilità al saccarosio è modificata in funzione della sua escrezione salivare. Tuttavia, questi tratti modificano solo poco la funzione gustativa. È più importante rilevare che si osserva un aumento delle soglie gustative in caso di neuropatia diabetica evoluta. 
Anche l'ipo- e l'ipertiroidismo sembrano alterare le sensibilità gustative, benché la letteratura sia abbastanza divisa su questo argomento. Sembrerebbe che le soglie siano elevate per il glucosio e per il chinino nell'ipotiroideo, mentre tutte le soglie sarebbero abbassate nell'ipertiroideo. In tutti i casi, la normalizzazione del tasso di ormoni sierici con il trattamento medico assicura la correzione dei disturbi del gusto.
I pazienti affetti da pseudoipoparatiroidismo soffrono di un innalzamento delle soglie gustative per tutti i composti. A questo disturbo gustativo si associano disturbi olfattivi. È un deficit di proteina G che è responsabile di questa malattia, ma questa anomalia non riesce da sola a spiegare i disturbi gustativi osservati per i sapori salato e acido.
Peraltro, le soglie uditive sembrano ridotte nei pazienti affetti da insufficienza corticosurrenalica (centrale o malattia di Addison). L'opoterapia permette di correggere questi disturbi. Al contrario, i pazienti affetti dalla malattia di Cushing hanno soglie anormalmente elevate. I modelli animali non sono mai stati in grado di spiegare questi fenomeni.
Gli ormoni sessuali influenzano anche la percezione gustativa. Mentre il ciclo mestruale non modifica la sensibilità gustativa, i lavori di Kuga suggeriscono che questa sensibilità si innalza nel corso della gravidanza e particolarmente per il sapore amaro.
Le sindromi da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico si possono presentare precocemente con dei disturbi del gusto. Si tradurrebbero con una fantogeusia espressa con la percezione di un sapore dolce. Così, queste alterazioni sensoriali potrebbero essere un segno precoce di un carcinoma polmonare a piccole cellule.
I pazienti colpiti da insufficienza epatica si lamentano frequentemente di disturbi del gusto. Gli studi gustometrici non hanno mai permesso di evidenziare disturbi del gusto in questa popolazione, benché i test che utilizzano la tecnica delle tre gocce abbiano riscontrato una diminuita sensibilità per i quattro sapori.
Al contrario, i disturbi del gusto nei pazienti che soffrono di insufficienza renale sono documentati meglio. In periodo uremico compaiono disgeusie tipo gusto amaro o metallico, in associazione con una ridotta sensibilità per i quattro sapori. La dialisi e il trapianto permettono di correggere questi disturbi in qualche settimana o in qualche mese. Il meccanismo dei disturbi del gusto potrebbe essere in questo caso il riflesso di una carenza di zinco.
La carenza di zinco è stata a lungo ritenuta responsabile dei disturbi del gusto di eziologia sconosciuta. L'imputazione di questa carenza nei disturbi del gusto resta controversa. Se alcuni studi dimostrano l'interesse di una supplementazione di zinco nei disturbi del gusto di eziologia sconosciuta o correlano perfino questi disturbi al grado di carenza, molti altri studi lo confutano categoricamente. Tuttavia, occorre notare che questi ultimi riguardavano delle popolazioni molto particolari (cirrosi epatica o insufficienza renale) nelle quali i disturbi del gusto potevano anche essere attribuiti ad altre cause. La mancanza di studi comparabili per popolazione e metodologia non permette dunque ad oggi di fare affermazioni.
Altri tipi di carenza sono stati ritenuti responsabili di disturbi del gusto. Citiamo la vitamina B3 nella pellagra, la vitamina B12 nella glossite di Hunter, così come le vitamine B1 , B2 e B6 la cui carenza favorirebbe la burning mouth syndrome (cfr. infra). La vitamina A sembra migliorare i disturbi del gusto nei pazienti che soffrono di cirrosi epatica.

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Disturbi del gusto di origine orodentale e digestiva

I disturbi del gusto di origine orodentale e digestiva meritano un'attenzione particolare a causa della frequenza dei fattori di confusione che si possono osservare. Il primo tra di essi è l'alitosi. In effetti, la presenza di un reflusso gastroesofageo consistente, di rigurgiti, di una crisi uremica e di disturbi digestivi può alterare il gusto in maniera significativa. In questo caso, il gusto può essere modificato con parageusie o disgeusie. La percezione gustativa è allora provocata dalla presenza di sostanze che non dovrebbero essere a contatto con i recettori gustativi in tale momento. In maniera analoga, si possono osservare cacogeusie o disgeusie di tonalità metallica in presenza di una rinorrea posteriore e di contaminazioni batteriche o micotiche della flora orale. Non necessariamente l'esaminatore ha una percezione oggettiva di un'alitosi, ma sono spesso associate una cacosmia o delle parosmie che orientano verso la diagnosi. 
Qualsiasi alterazione qualitativa o quantitativa della composizione della saliva può modificare le percezioni gustative. I pazienti affetti da xerostomia sono inclini a presentare dei disturbi del gusto. La diminuzione della secrezione salivare ne è responsabile. Mentre questa riduzione del flusso salivare è globale in alcune patologie come la sindrome di Gougerot-Sjögren, la sarcoidosi, o come conseguenza di una terapia con derivati atropinici o con radioterapia, è tuttavia opportuno ricercare cause locali per l'esaurimento della saliva come i tumori, le litiasi o le infezioni croniche delle ghiandole salivari. Inoltre, una patologia della corda del timpano può alterare la funzione secretrice delle ghiandole salivari omolaterali. Tanaka ha dimostrato con la scintigrafia al tecnezio marcato che il flusso salivare era ridotto nei pazienti affetti da xerostomia e da carenza di zinco. Tuttavia, la gravità della lesione non era correlata alla gravità dei disturbi del gusto.
Altri fattori, come le infezioni micotiche (candidosi orali), non solamente modificano la qualità della saliva, ma sono anche responsabili di una glossite, il che favorisce insieme i disturbi del gusto. Queste micosi sono favorite dalla xerostomia, dall'età, dai deficit immunitari, dal diabete e dall'uso di apparecchi odontoiatrici. Le protesi dentarie possono da sole essere all'origine di disgeusie. Tuttavia, nessuno studio ha potuto evidenziare un disturbo obiettivo, sia al palato sia alla lingua.
Le glossiti, che siano di origine infettiva , meccanica su amalgama e cattivo stato dei denti o carenziale (vitamina B12), sono frequentemente implicate nella comparsa di disgeusie (gusto metallico). Sono generalmente reversibili dopo il trattamento eziologico. Disturbi del gusto sono stati segnalati con altre patologie più rare come la fibrosi orale sottomucosa o l'amiloidosi.
Le patologie funzionali della cavità orale, come la burning mouth syndrome o le glossodinie, possono essere associate a disturbi del gusto. La burning mouth syndrome è una patologia funzionale caratterizzata dalla presenza di un dolore cronico tipo bruciore o lacerazione localizzato all'insieme della cavità orale senza alcun substrato clinico. Sarebbe più frequente nelle donne e favorito dal diabete, da alcune carenze vitaminiche, nonché da un contesto ansioso-depressivo. Laburning mouth syndrome è frequentemente associata a xerostomia e a disturbi del gusto. Questi ultimi parteciperebbero, d'altra parte, alla diagnosi. Così, Formaker e Frank hanno dimostrato una diminuzione della sensibilità gustativa ai gusti salato e dolce nelle donne affette da burning mouth syndrome . Alcuni autori riferiscono questi dolori a dolori neuropatici trigeminali la cui origine sarebbe la cavità orale. Sarebbero anche osservate alterazioni della composizione salivare . L'applicazione locale di clonazepam e l'ingestione di acido alfalipoico o di amilsulpride sarebbero efficaci per migliorare questi sintomi. Anche una gestione psicologica potrebbe rivelarsi un utile complemento alla terapia. Peraltro, le glossodinie si possono accompagnare a disturbi del gusto. Tanaka riferiscono, tra 96 pazienti, quasi il 45% di disgeusie. Questi disturbi gustativi scompaiono in due terzi dei casi dopo il trattamento della glossodinia. Come per la burning mouth syndrome , sono spesso presenti fattori psicologici che richiedono particolare attenzione.

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Disturbi del gusto di origine farmacologica e conseguenti a un'esposizione tossica

Oltre alla iatrogenia causata dagli interventi chirurgici, una buona parte dei disturbi del gusto è conseguente a una somministrazione farmacologica o a un'irradiazione. 
Numerose sostanze sono chiamate in causa in questi problemi gustativi. Tuttavia, si deve sapere che l'assenza di domande sistematiche dei pazienti trattati, cosi come la metodologia impiegata per determinare la presenza di eventuali disturbi del gusto, attribuiscono a torto delle disfunzioni olfattive a un buon numero di sostanze.
I meccanismi di questi disturbi del gusto sono vari. Essi possono inizialmente derivare dal gusto proprio della sostanza ingerita, che è giudicato sgradevole quando viene messa in bocca o quando viene escreta nella saliva in caso di somministrazione sistemica. In seguito, l'accesso ai recettori gustativi può essere ristretto a causa di una riduzione del volume salivare (anticolinergici) o della loro scomparsa (chemioterapia). Una modificazione della composizione salivare può essere provocata da alcuni trattamenti (antisettici locali, diuretici). L'attivazione dei recettori può essere modificata dall'azione agonista/antagonista o modulatrice di alcune sostanze (anestetici locali, diuretici). Il fenomeno di trasduzione può essere modificato da anomalie dell'influsso calcico o dell'attivazione delle proteine G (calcioantagonisti). La neurotrasmissione può anch'essa subire modificazioni o nei neuroni primari (antiparkinsoniani, benzodiazepine) o nell'integrazione centrale del messaggio (fenomeno di avversione condizionale con la chemioterapia).
La maggior parte dei disturbi del gusto è reversibile in alcune settimane dopo la sospensione del trattamento, a eccezione delle chemioterapie e della radioterapia che possono causare lesioni irreversibili all'epitelio neurosensoriale. La radioterapia, al di fuori dei suoi effetti sul rinnovamento cellulare delle gemme del gusto (turnover normale dell'epitelio in 10 giorni), può causare disturbi del gusto per la xerostomia conseguente all'iposalivazione, la mucite postradioterapia, i disturbi dentali, le alterazioni della flora orale e le neuropatie indotte dal trattamento.
Altre forme di esposizione ad agenti esterni sono rappresentate dal consumo di tabacco e di alcol. Secondo diversi studi, le soglie gustative sono elevate nel paziente fumatore, in particolare per il sapore amaro, e nel soggetto anziano. L'etilismo cronico altera le soglie gustative quando persiste da più di 10 anni. Queste alterazioni non sembrano completamente reversibili alla sospensione dell'alcol.

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Effetti dell'invecchiamento sulla percezione gustativa

Con l'invecchiamento, si può osservare una diminuzione della sensibilità olfattiva e gustativa che può contribuire a problemi nutrizionali nella persona anziana. Il meccanismo dei disturbi gustativi legati al fenomeno dell'invecchiamento è poco conosciuto. Alcuni studi suggeriscono che queste alterazioni si verificano per la diminuzione della densità delle papille gustative, mentre altri chiamano in causa alterazioni della sensibilità dei recettori gustativi. La vera estensione di questi disturbi è difficile da precisare, in particolare a causa della politerapia dei soggetti anziani e della sua influenza sulle percezioni gustative. Si potrebbero citare, inoltre, i problemi come la xerostomia, l'uso di protesi dentarie e la sensibilità aumentata alle infezioni, che svolgono anch'essi un ruolo in queste alterazioni sensoriali. La sensibilità ai sapori si riduce con l'età, più particolarmente per i sapori salati e amari. Con l'elettrogustometria, Nakazato dimostravano un innalzamento significativo delle soglie sul territorio della corda del timpano e del nervo glossofaringeo dopo i 60 anni e sul territorio del nervo grande petroso dopo i 70 anni. Inoltre, sembra che il recupero funzionale nervoso dopo la chirurgia (corda del timpano) sia significativamente peggiore nei soggetti anziani.