Fisiologia della mucosa respiratoria rinosinusale e disturmi funzional

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Sinossi

La fisiologia dell'organo nasale armonizza molteplici parametri strutturali, funzionali e ambientali. Questo articolo espone lo stato non esaustivo delle nostre attuali conoscenze sulle caratteristiche morfologiche e biologiche note per il loro contributo all'omeostasi della mucosa respiratoria rinosinusale. Localizzata all'ingresso delle vie respiratorie, la mucosa nasale è direttamente esposta alle variazioni del nostro ambiente. Essa riveste un ruolo fondamentale nel controllo della qualità e nel condizionamento dei 12 000-17 000 litri d'aria che respiriamo giornalmente. La protezione delle vie respiratorie è assicurata da un'importante innervazione sensitiva costituita da fibre olfattive e trigeminali che permettono di rilevare gli elementi aerotrasportati potenzialmente pericolosi. Grazie alla sua vascolarizzazione abbondante e ai complessi meccanismi del sistema autopulente mucociliare, la mucosa nasale svolge un ruolo importante nel condizionamento del flusso di aria inspiratoria. La difesa del nostro organismo contro gli agenti patogeni aerei di natura virale, batterica o micotica è assicurata da un'organizzazione specifica del sistema immunitario localizzato nella mucosa nasale. I costanti progressi nella comprensione della fisiologia nasale dovrebbero contribuire a una migliore gestione dei molteplici sintomi e disturbi funzionali osservati in un numero crescente di pazienti che si consulta per malattie rinosinusali.

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Morfologia

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Sviluppo dell'anatomia nasale e dei seni

Nel corso dell'evoluzione delle specie lo sviluppo dell'organo nasale e delle vie respiratorie nasali è iniziato circa 400 milioni di anni fa, al momento del passaggio dalla vita acquatica alla vita terrestre. Le capacità di adattamento indispensabili alla sopravvivenza dei nostri antenati biologici sono state possibili grazie allo sviluppo, sulla superficie del loro organismo, di recettori sensoriali sensibili alle variazioni dei diversi fattori fisicochimici presenti nel loro ambiente liquido. Il passaggio alla vita terrestre ha richiesto l'adattamento di questi recettori sensoriali di superficie al nuovo ambiente e lo sviluppo di sensi chimici aerei comprendenti l'olfatto, il sistema trigeminale e il sistema vomeronasale. I differenti stadi di questa evoluzione possono essere osservati nell'embrione. Nei primi giorni di vita embrionale la crescita delle vie respiratorie nasali è preceduta dalla formazione di un placode olfattivo che ha origine dall'ectoderma, osservabile già in un embrione di 5 mm di lunghezza. Questo placode olfattivo si sviluppa in profondità e va a formare una sorta di tasca in collegamento con il mondo esterno attraverso le narici. Questa cavità, che rappresenta le fosse nasali primitive, è innanzitutto separata dal nasofaringe da una membrana provvisoria definita oronasale. La persistenza di questa membrana oronasale è associata a un'atresia (od occlusione) coanale, malformazione congenita che rappresenta un'urgenza chirurgica neonatale. In effetti, il neonato respira solo con il naso, verosimilmente a causa di un riflesso arcaico. D'altra parte, la respirazione nasale è indispensabile per la nutrizione del neonato che succhia dal seno della madre per alimentarsi. L'incidenza di questa malformazione è di 1 per 7 000-8 000 nascite di bambini vivi. Circa il 60% dei casi è unilaterale e predomina sul lato destro. 
Quando l'embrione è tra le 7-8 settimane e di circa 19 mm di lunghezza, la cavità nasale si divide in due, a seguito della crescita del processo nasale mediano che formerà il setto nasale. Durante i primi mesi di vita di un bambino il setto è interamente cartilagineo. Alla nascita, le sole strutture ossificate del setto sono il vomere, la cresta mascellare e la cresta palatina. Nei primi anni il setto cartilagineo è progressivamente colonizzato da parte delle cellule ossee provenienti dalla lamina perpendicolare dell'etmoide e del vomere. Questa ossificazione encondrale si accompagna a un aumento della superficie totale del setto nasale, che continuerà la sua crescita per tutta la vita. Dato che questa crescita si fa all'interno della cornice ossea, quindi rigida, del massiccio facciale, è frequente osservare un'asimmetria di grandezza delle fosse nasali a causa di una deformazione settale. La parte posteriore del setto ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del piano medio della faccia e la sua parte anteriore influenzerà la morfologia della piramide nasale.
Simultaneamente allo sviluppo del setto nasale, i processi mascellari si sviluppano da una parte all'altra del setto e formano il palato duro. Un'anomalia della fusione dei processi lateronasale e mascellare è associata alla persistenza della fessura labiale e/o palatina. Queste anomalie di sviluppo possono essere uni- o bilaterali e sono associate a malformazioni della piramide e della punta nasale, del setto e dei turbinati. L'incidenza delle schisi labiopalatine è di circa 0, 3 su un milione negli indiani del Nord America e nei giapponesi e di 2,5 su mille nei neri africani.
Nel corso della 7a e fino alla 12a settimana di vita embrionale si sviluppano i turbinati nasali, che rappresentano le strutture principali delle pareti laterali delle fosse nasali. Le cavità sinusali paranasali si sviluppano dalle cavità nasali. Alla nascita le cavità etmoidali, sfenoidali, mascellari e frontali sono rudimentali. È solamente all'età di 7-8 anni che queste cavità sono tutte riconoscibili all'esame radiologico. Esse continueranno la loro crescita fino alla fine della pubertà. Nell'adulto le fosse nasali sono divise dal setto in due vie aeree più o meno simmetriche. L'estremità anteriore delle fosse nasali è costituita dal vestibolo. Questa struttura anatomica ha una superficie di circa 90 mm2. È ricoperta da un epitelio simile all'epidermide della faccia. Questo vestibolo è separato dalle cavità nasali principali da un restringimento anatomico di circa 30 mm2 di sezione, detto «valva nasale» od «ostium interno». È alla giunzione della valva nasale e della cavità nasale principale che si situa la regione più stretta di tutte le vie respiratorie. È quindi là che l'aria inspiratoria ha la maggiore velocità. La stimolazione dei recettori sensibili agli stimoli meccanici e termici prodotta dal passaggio del flusso dell'aria inspirata in questo distretto contribuisce probabilmente in modo rilevante alla valutazione soggettiva del flusso respiratorio nasale. Posteriormente alla valva, le cavità nasali si allargano velocemente per raggiungere una sezione di circa 130 mm2. Il flusso aereo inspiratorio ha un orientamento verticale davanti al vestibolo, poi cambia direzione a questo livello e diviene orizzontale. In condizioni normali, la maggior parte del flusso aereo passa tra il setto, i turbinati inferiori e medi e il pavimento delle fosse nasali. Più si aumenta la velocità del flusso inspiratorio (quando si tira su con il naso), più il flusso aereo è orientato verso l'alto, nella regione dei turbinati medi e superiori e verso le fessure olfattive (Figura 1). Appena dietro la valva nasale si può osservare sul setto una regione di circa 8 mm2, caratterizzata dalla presenza di molti capillari organizzati in loop, che hanno un diametro e una lunghezza nettamente più importante della media. Questa entità anatomica è chiamata «macchia vascolare» o «plesso di Kiesselbach» e corrisponde alla zona di convergenza dei vasi sanguigni provenienti dalle arterie etmoidali e sfenopalatine. La maggioranza delle epistassi (emorragie nasali), in particolare nel bambino, è originaria di questa regione. Questa rete capillare è la fonte di un trasudato coinvolto nell'umidificazione e nella protezione di questa regione di transizione tra l'epidermide del vestibolo e la mucosa respiratoria delle fosse nasali.

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Figura 1
Fossa nasale destra vista in sezione sagittale. 1. Seno frontale; 2. neuroni olfattivi; 3. cavità nasale; 4. turbinato medio; 5. turbinato inferiore; 6. vestibolo nasale; 7. cavità orale; 8. scatola cranica; 9. bulbo olfattivo; 10. turbinato superiore; 11. seno sfenoidale; 12. orifizio della tuba di Eustachio; 13. palato.

 

 

 

Sotto la macchia vascolare, circa 1-2 cm dietro la valva e da entrambi i lati del setto, è possibile osservare, nel 50% circa della popolazione, l'organo vomeronasale. Contrariamente agli altri mammiferi, l'organo vomeronasale è poco sviluppato nell'uomo. Si tratta di una piccola cavità nella quale è possibile osservare, nei primi tre mesi di vita fetale, delle terminazioni nervose e, in alcune specie, un bulbo olfattivo accessorio. Durante lo sviluppo dell'embrione quest'organo sembra contribuire allo sviluppo armonioso di certe funzioni neuroendocrine vitali. Alla fine della crescita l'organo vomeronasale è molto poco sviluppato e non vi si identifica alcuna struttura neurosensoriale. Questa entità anatomica, descritta da Jacobson nel 1913, sarebbe implicata nella percezione dei feromoni. Un feromone è una molecola secreta da un individuo e le cui proprietà biologiche sono proprie alla sua specie specifica. Quando un feromone è assimilato e metabolizzato (probabilmente in modo inconscio) da un membro della stessa specie, può provocare dei cambiamenti fisiologici, endocrinologici e comportamentali. Il ruolo funzionale dei feromoni è stato chiaramente documentato in molte specie animali. Nell'uomo, al contrario, la funzione esatta del feromone, e quindi dell'organo vomeronasale, è ancora controversa. Dopo un periodo di coabitazione si è osservata una sincronizzazione del ciclo mestruale nelle sportive. Queste alterazioni biologiche misurabili sono state attribuite ai feromoni e sono stati identificati nel genoma umano alcuni recettori per queste molecole. Il recettore V1r è espresso nell'epitelio olfattivo umano ed è forse a questo livello che i feromoni potrebbero influire su alcuni processi biologici. 
Quando le fosse nasali sono osservate in sezioni coronali, i turbinati occupano la maggior parte del volume delle cavità nasali (Figura 1 e Figura 2). Intorno a essi è possibile vedere le cavità dei seni paranasali. I seni sono in comunicazione con le vie aeree nasali attraverso piccoli orifizi di 2-6 mm di diametro, chiamati «ostia». Il piccolo diametro di questi ostia limita molto gli scambi gassosi tra seno e fosse nasali. Invece, la loro permeabilità è indispensabile al passaggio del trasporto mucociliare e all'evacuazione del muco prodotto dalla mucosa endosinusale. Un'ostruzione di questi ostia, qualunque ne sia l'origine, ha, come conseguenza, un accumulo di questo liquido biologico e aumenta il rischio di infezione.1

Figura 2
Massiccio facciale osservato in sezione coronale. 1. Turbinato medio; 2. turbinato inferiore; 3. seno mascellare; 4. cavità orale; 5. scatola cranica; 6. cellule etmoidali; 7. orbita; 8. setto nasale; 9. palato.

 

 

Le funzioni precise delle cavità sinusali sono state oggetto di molte speculazioni. È stato possibile scartare diverse ipotesi funzionali a seguito di studi anatomici e fisiologici e di osservazioni cliniche. Le cavità sinusali non partecipano alla risonanza vocale, alla funzione olfattiva, al condizionamento dell'aria inspiratoria o al deposito del muco. Sono state suggerite altre funzioni senza, tuttavia, alcuna conferma da parte degli studi di anatomia comparata o di fisiologia: protezione nei traumi del massiccio facciale, isolamento termico del sistema nervoso centrale, ruolo nella crescita e nell'alleggerimento delle ossa della faccia, vestigia non funzionale dell'evoluzione. La scoperta della produzione di grosse quantità di monossido d'azoto (NO) nelle cavità sinusali mascellari è stata oggetto di molti studi i cui risultati saranno discussi in seguito .

1Anatomia microscopica

Le fosse nasali e le cavità sinusali sono ricoperte da un epitelio respiratorio che rappresenta una barriera fisica o un'interfaccia tra l'interno del nostro organismo e l'ambiente che ci circonda. Questa mucosa è la prima linea di difesa contro sostanze volatili con proprietà fisicochimiche potenzialmente tossiche o agenti infettivi provenienti dal mondo esterno.
Questo epitelio ha un'organizzazione pseudostratificata. La sua superficie è costituita da cellule prismatiche ciliate oppure non ciliate, da cellule basali o di sostituzione, da cellule caliciformi e da cellule neuroepiteliali. Questo tipo di epitelio è situato su una membrana basale che si riscontra in tutto il sistema respiratorio. Si osservano in media cinque cellule ciliate per una cellula caliciforme, ma la densità delle cellule caliciformi sembra aumentare nella regione posteriore delle cavità nasali. Ogni cellula ciliata possiede al suo polo apicale 100-200 ciglia vibratili, con un'altezza di circa 4-10 μm. Il polo apicale delle cellule ciliate è costituito da 300-400 microvilli alti 2 μm. Queste microvillosità sono immobili ed è qui che si osserva il maggior numero di canali ionici responsabili degli scambi di elettroliti e di acqua tra l'interno delle cellule e lo strato di muco che ricopre la parte apicale di tutta la mucosa respiratoria.
Le ghiandole esocrine costituiscono delle invaginazioni nella superficie della mucosa e sono formate da cellule mucose e sierose. Le cellule mucose producono mucine e immunoglobuline (Ig) antibatteriche.
Le cellule sierose sintetizzano glicoproteine, lactoferrine, lisozimi, transferrine e antileucoproteasi. L'escrezione dei prodotti ghiandolari è assicurata dalla contrazione di cellule mioepiteliali situate intorno agli acini ghiandolari.
L'epitelio respiratorio produce numerose citochine che partecipano alle diverse forme di reazioni infiammatorie delle vie respiratorie. Le cellule epiteliali secernono anche metalloproteasi. Infine, la mucosa respiratoria contiene anche molte cellule che appartengono al nostro sistema immunitario.
Recentemente sono state osservate alcune cellule neuroendocrine nella mucosa nasale. La presenza di tali cellule nella mucosa bronchiale è nota dal 1949.
Si definisce «corpuscolo neuroepiteliale» un gruppo di cellule neuroendocrine che ricevono un'importante innervazione che è possibile trovare, diffusamente in tutte le mucose delle vie respiratorie. La morfologia di questi corpuscoli neuroepiteliali è stata ben studiata e si sono potuti individuare fino a cinque differenti tipi di fibre nervose in stretta connessione con queste cellule. Hanno probabilmente un ruolo importante come recettori fisicochimici sensibili alle modificazioni del nostro ambiente aereo. Ad oggi, non è stato possibile mettere in evidenza alcuna correlazione tra la densità o il numero di queste cellule e la presenza o meno di sintomi rinosinusali.

1Vascolarizzazione della mucosa rinosinusale

La mucosa nasale è molto vascolarizzata (Figura 3). Dal punto di vista istologico l'organizzazione di questi vasi ematici è simile a quella osservata in altri organi che hanno proprietà erettili, quali la milza o i corpi cavernosi degli organi genitali. Questa rete vascolare può essere divisa in vasi di resistenza (arterie e arteriole), capillari, a livello dei quali si effettuano gli scambi gassosi, e dei vasi di capacitanza (vene, venule e un plesso cavernoso costituito da sinusoidi venosi). Questi ultimi tipi di vasi sono quelli che contribuiscono alle proprietà erettili della mucosa nasale. Le variazioni del flusso ematico nella mucosa delle fosse nasali, in particolare le modulazioni di riempimento e di svuotamento dei sinusoidi venosi, svolgono un ruolo fondamentale nelle modificazioni della resistenza respiratoria nasale. I vasi di capacitanza sono localizzati soprattutto nella mucosa dei turbinati inferiori, medi e del setto nasale.

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Figura 3
Vascolarizzazione della mucosa nasale. 1. Cellule caliciformi; 2. cellule ciliate; 3. shunt arterovenoso; 4. ghiandola sottomucosa; 5. sinusoidi venosi.

 

 

 

 

 

 

L'insieme di questi vasi ematici è sotto il controllo delle fibre nervose sensitive, parasimpatiche e simpatiche. Probabilmente sono le fibre simpatiche quelle in gran parte responsabili del tono vascolare e della vasocostrizione. Il ciclo nasale è secondario a delle variazioni periodiche di 1-6 ore di questa attività simpatica. Essa ha, come conseguenza, un'alternanza di vasocostrizione in una fossa nasale e di vasodilatazione controlaterale. Questo ciclo è presente nell'insieme della vascolarizzazione nasale. Queste variazioni dell'attività simpatica hanno probabilmente un'origine ipotalamica e, come il ciclo nictemerale, costituiscono delle fasi di recupero della mucosa.

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Innervazione rinosinusale e interazione tra le fibre sensitive, simpatiche e parasimpatiche (Figura 4)

Le fibre nervose sensitive rinosinusali hanno origine dal ganglio del trigemino. I rami oftalmici (V1) del trigemino innervano la parte anteriore del naso, i rami mascellari (V2) il setto nasale e la regione mediana e posteriore rinosinusale. Alcune fibre trigeminali fanno sinapsi con alcuni neuroni postgangliari parasimpatici nel ganglio sfenopalatino. Le fibre nervose afferenti trigeminali si proiettano centralmente nel nucleo del tratto spinale del nervo trigemino.

Figura 4
Illustrazione schematica dell'origine e delle interazioni nervose sensitive, simpatiche e parasimpatiche nasali. 1. Ganglio trigeminale; 2. ganglio sfenopalatino; 3. nucleo del tratto spinale del nervo trigemino; 4. nucleo salivare superiore controlaterale; 5. grande nervo petroso; 6. nervo vidiano; 7. nucleo intermediolaterale del midollo spinale toracico; 8. tronco simpatico cervicale; 9. ganglio simpatico cervicale superiore; tratti pieni: nervo trigemino sensitivo; punteggiato verde: nervi parasimpatici; punteggiato rosso: nervi simpatici. Nel sistema nervoso centrale le proiezioni sensitive svolgono un ruolo importante nella modulazione delle interazioni tra differenti sinapsi e sono in particolare responsabili del fenomeno di sensibilizzazione (afferenti) e di modulazione (efferenti) centrale.

 

 

Esistono delle connessioni tra il nucleo del trigemino e il nucleo salivare superiore del parasimpatico e del nervo vago (X). Queste comunicazioni «sensitive-parasimpatiche» centrali sono coinvolte in molte manifestazioni cliniche, come la rinorrea senile o il riflesso di tosse e di broncocostrizione indotto da una stimolazione delle fibre sensitive endonasali. Tre tipi di recettori sensitivi sono stati identificati attualmente nella mucosa nasale: i recettori localizzati sulle fibre di tipo Aδ e Aβ sono sensibili agli stimoli termici e meccanici (pressione) di bassa intensità e sono all'origine dei dolori tipo breve puntura; i recettori delle fibre C sono attivati da stimoli meccanici di intensità moderata-forte e dagli irritanti chimici. La loro stimolazione provoca dolore diffuso, profondo, a volte tipo bruciore; le fibre sensitive di tipo C (per capsaicina), hanno una conduzione lenta e sono farmacologicamente caratterizzate da una sensibilità specifica per la sostanza attiva del pepe rosso, chiamata «capsaicina» (8-metil-N-vanillil-6-noneamide). La vascolarizzazione della mucosa nasale, la produzione di muco, il trasporto mucociliare e la presenza di cellule infiammatorie sono i maggiori elementi tissutali implicati nelle manifestazioni cliniche delle disfunzioni della mucosa rinosinusale. Le funzioni di questi elementi sono influenzate, almeno in parte, da alcune sostanze biologicamente attive rilasciate dai nervi sensitivi come anche dai nervi del sistema nervoso autonomo.

Quando queste terminazioni sensitive sono stimolate, sono responsabili di reazioni riflesse protettive come starnuti, rinorrea ed edema o congestione della mucosa nasale. Una delle caratteristiche elettrofisiologiche di queste fibre sensitive C è che i loro dendriti possono essere stimolati in modo antidromico da potenziali d'azione generati dalla stimolazione di diverse terminazioni oppure da arborescenze dello stesso neurone. Questa trasmissione antidromica (o «controcorrente») dell'informazione è detta «riflesso d'assone».
Grazie ai metodi di immunoistochimica sono stati individuati nelle terminazioni sensitive molti e differenti neuropeptidi. La sostanza P (SP), la neurochinina A (NKA) e il neuropeptide K (NPK) fanno parte della famiglia delle tachichinine, per la loro analogia strutturale. Anche il calcitonine gene-related peptide (CGRP) e il gastrine-realising peptide(GRP) sono presenti nelle fibre sensitive di tipo C. L'attivazione dei recettori potenziali e transitori di tipo «vanilloide» (transcient receptor potential vanilloid receptor , TRPVR), presenti sulle fibre sensitive C, comporta la liberazione di questi neuropeptidi responsabili della vasodilatazione, dell'edema secondario a uno stravaso delle proteine plasmatiche, della produzione di muco e, per chemiotassi, del reclutamento, della differenziazione e dell'attivazione di molte cellule immunitarie. Si tratta, tra l'altro, di linfociti, eosinofili, mastociti e macrofagi. Questa reazione infiammatoria è denominata «infiammazione neurogena»(Figura 5). I neuropeptidi sensitivi sintetizzati nei neuroni di tipo C sono immagazzinati e trasportati lungo gli assoni, in strutture granulari chiamate «vescicole», verso le terminazioni nervose sia periferiche sia centrali. A livello del SNC questi neuropeptidi svolgono un ruolo importante nella modulazione delle interazioni tra sinapsi diverse e sono, in particolare, responsabili del fenomeno di sensibilizzazione centrale.

Figura 5
Infiammazione neurogena. L'attivazione delle fibre sensitive C informa, attraverso il ganglio trigeminale, il sistema nervoso centrale (SNC) della stimolazione della mucosa. Il riflesso di assone si propaga in modo antidromico nelle molte arborescenze sensitive e determina la liberazione di neuropeptidi (sostanza P [SP], neurochinina A [NKA], calcitonine gene-related peptide [CGRP]) responsabili della vasodilatazione, dell'edema secondario allo stravaso di proteine plasmatiche, della produzione di muco e del reclutamento e dell'attivazione di cellule infiammatorie non specifiche.

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Fisiologia

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Condizionamento del flusso aereo respiratorio

Le funzioni principali dell'organo nasale attualmente identificate sono la conduzione del flusso aereo respiratorio e la protezione delle vie respiratorie con il condizionamento dell'aria inspiratoria. Durante la respirazione nasale le proprietà fisicochimiche dell'aria sono valutate dalla stimolazione dei sensi chimici, che sono costituiti dai nervi olfattivi e trigeminali. La percezione olfattiva è assicurata da recettori molto specializzati presenti sulla superficie dei neuroni olfattivi localizzati nella parte superiore delle fosse nasali (Figura 1). Il sistema trigeminale assicura l'innervazione somatosensoriale della faccia, delle fosse nasali e della cavità orale. I recettori dei neuroni olfattivi e trigeminali sono localizzati al polo apicale della mucosa respiratoria. I neuroni olfattivi primari proiettano i loro assoni attraverso la lamina cribrosa dell'etmoide verso i bulbi olfattivi. È a questo livello che gli assoni dei neuroni olfattivi primari fanno sinapsi con le cellule mitrali. La descrizione dettagliata dell'anatomia e della fisiologia del sistema olfattivo saranno oggetto di un altro articolo.
La maggior parte delle sostanze odoranti possiede anche proprietà fisicochimiche che possono stimolare le terminazioni nervose trigeminali. Queste fibre sensitive sono coinvolte nella percezione del flusso aereo inspiratorio, delle modificazioni della temperatura dell'aria, delle pressioni e della presenza di una moltitudine di molecole più o meno irritanti presenti nell'ambiente. Le stimolazioni delle fibre trigeminali permettono di localizzare nello spazio la provenienza di una sostanza odorante. I recettori olfattivi non permettono di lateralizzare un odore.
Numerose sostanze endogene come l'istamina, i protoni H+ o la bradichinina, per esempio, sono prodotte nella mucosa nasale nel corso di certe reazioni infiammatorie e possono stimolare le terminazioni sensitive.
Una delle funzioni rilevanti della mucosa nasale è di riscaldare, umidificare e pulire l'aria inspirata perché raggiunga gli alveoli polmonari con proprietà fisicochimiche favorevoli agli scambi gassosi. Un adulto in buona salute respira tra 12 000 e 17 000 l di aria al giorno. Questo condizionamento dell'aria inspiratoria avviene essenzialmente per evaporazione dell'acqua presente nel muco che tappezza la superficie della mucosa nasale. Per far sì che l'aria inspiratoria, a livello del faringe, abbia un'umidità relativa del 90% circa, sono necessari in media 680 g di acqua al giorno, il che rappresenta circa un quinto della quantità totale di acqua ingerita in una giornata. La regolazione del trasporto dell'acqua attraverso le pareti cellulari è un meccanismo complesso e fondamentale nel controllo dell'omeostasi e nella sopravvivenza di organismi viventi in un ambiente a volte estremo. Le molecole d'acqua sono sempre associate a ioni quando si spostano attraverso le membrane biologiche (Figura 6).

Figura 6
Rappresentazione schematica dei canali ionici implicati nella omeostasi delle cellule epiteliali che costituiscono la mucosa respiratoria nasale. 1. Ciglia; 2. giunzioni serrate.

Le membrane cellulari sono composte da due strati di lipidi relativamente impermeabili agli ioni e alle molecole d'acqua. I canali ionici presenti nelle membrane cellulari sono composti da proteine specializzate nel trasporto di ioni e di acqua. È stato identificato più di un centinaio di famiglie di proteine che compongono questi canali ionici transmembranari. Il passaggio attivo degli ioni attraverso la membrana cellulare è un meccanismo che richiede un dispendio energetico che genera dei gradienti elettro-osmotici indispensabili al buon funzionamento delle cellule epiteliali. Il mantenimento della morfologia delle cellule epiteliali e della loro coesione dipende dalla presenza di desmosomi collegati da filamenti di cheratina e da vari tipi di giunzioni intercellulari. Le giunzioni strette sono presenti in particolare al polo apicale delle cellule epiteliali e sono le principali vie di transito per il passaggio passivo ionico. La loro integrità contribuisce alla protezione delle vie respiratorie contro l'intrusione di molteplici agenti patogeni. Le giunzioni intermedie sono implicate nel passaggio di ioni e di elettroliti tra le cellule. Le giunzioni comunicanti formano delle zone di passaggio diretto per molti messaggeri secondari tra il citoplasma di cellule adiacenti. Gli emidesmosomi localizzati al polo basale delle cellule assicurano il loro attacco alla membrana basale (Figura 6).

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngSistema mucociliare

Il trasporto mucociliare è un fenomeno fisiologico complesso indispensabile al buon funzionamento dell'insieme del sistema respiratorio (Figura 7). È un fattore essenziale nell'umidificazione, nel riscaldamento e nella pulizia dell'aria respirata e rappresenta la prima barriera fisicochimica che protegge la mucosa.

Figura 7
Rappresentazione schematica del sistema mucociliare della mucosa respiratoria rinosinusale. 1. Epitelio respiratorio; 2. sottomucosa; 3. ghiandola sottomucosa; 4. fibra parasimpatica.

 

 

 

 

Il muco contiene in media il 95% di acqua. Il resto è composto essenzialmente da elementi originati dalle ghiandole sieromucose, dalle cellule caliciformi, dall'essudato plasmatico che proviene dalle vene e dai capillari localizzati alla superficie della mucosa. Si tratta essenzialmente di macromolecole che hanno proprietà protettive contro i batteri, le proteasi e gli ossidanti. L'anatomia endonasale sembra favorire un deflusso turbolento dell'aria inalata e migliora, così, il deposito delle particelle aerotrasportate sullo strato di muco.
Le ciglia localizzate al polo apicale delle cellule epiteliali sono funzionali solo quando sono circondate da questo strato di muco. I battiti ciliari hanno una frequenza di 10-15 Hz e permettono il trasporto dello strato di muco verso la parte posteriore delle fosse nasali con una velocità di 10-15 mm/min. Piccole variazioni della composizione di questo fluido periciliare possono influire in modo rilevante sulla funzione mucociliare. In caso di modificazione della quantità e/o della qualità del muco, si osserva un aumento dell'aderenza batterica alla superficie epiteliale e questo meccanismo potrebbe rivestire un ruolo importante nello sviluppo della rinosinusite cronica.

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Sistema immunitario rinosinusale

Il sistema immunitario nasale è costituito da follicoli linfoidi diffusamente presenti nella mucosa nasale. Il tessuto linfoide associato alla mucosa respiratoria rinosinusale (nasal associated lymphoid tissue, NALT) contiene tutti i tipi di cellule immunitarie. Questi follicoli linfatici sono in grado di produrre dei linfociti di tipo B o T secondariamente all'esposizione a degli antigeni inalati. Morfologicamente, si tratta di piccoli follicoli linfoidi, talvolta con dei centri germinativi. Grazie a questa organizzazione del sistema immunitario della mucosa respiratoria rinosinusale si è potuto spiegare lo sviluppo di un'immunizzazione a seguito dell'applicazione intranasale di antigeni. Una descrizione dettagliata del sistema immunitario rinosinusale sarà l'oggetto di un altro articolo.

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Disturbi funzionali

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Iperreattività non specifica

Per tutte le eziologie, le disfunzioni sintomatiche delle mucose respiratorie rinosinusali colpiscono il 20% circa della popolazione dei paesi sviluppati. Quando l'ostruzione nasale, la rinorrea anteriore e/o posteriore, la cefalea o la sensazione di pressione facciale sono presenti per più di 3 mesi, può essere ipotizzata la diagnosi di rinosinusite cronica.
Nei pazienti che soffrono di rinosinusite cronica e in cui è stato possibile escludere un'origine allergica (iperreattività specifica), infettiva, anatomica o medica, si pone un problema di nomenclatura. Sono state usate numerose denominazioni diagnostiche: rinite vasomotoria, idiopatica o intrinseca, e iperreattività non specifica o neurogena. Questa nomenclatura, molteplice e anche fastidiosa, riflette probabilmente la diversità e la complessità dei meccanismi fisiopatologici in causa e, di conseguenza, la nostra difficoltà a comprenderli. Nel corso degli ultimi 20 anni molti lavori di ricerca fondamentale (immunoistochimica, fisiologia, farmacologia) e clinica hanno largamente contribuito a una migliore comprensione della fisiologia rinosinusale e, dunque, delle sue disfunzioni.
Il termine di iperreattività non specifica è applicato ai pazienti che soffrono di una sintomatologia rinosinusale classica e in cui le mucose delle vie respiratorie superiori non presentano alcuna infiltrazione da parte delle cellule infiammatorie specifiche.
L'omeostasi rinosinusale è generalmente associata a una funzione armonica del sistema nervoso autonomo o neurovegetativo che comprende fibre nervose efferenti di origine simpatica e parasimpatica e dei nervi sensitivi presenti in abbondanza nelle vie respiratorie superiori. I sintomi secondari a un'iperreattività non specifica o riflessa delle fibre sensitive possono essere anche associati a uno squilibrio tra l'attività del simpatico e del parasimpatico.
Abbiamo visto in un paragrafo precedente che la mucosa rinosinusale è dotata di un'innervazione sensitiva particolarmente rilevante, probabilmente allo scopo di proteggere le vie respiratorie inferiori contro l'inalazione di particelle e di sostanze volatili potenzialmente pericolose. Questa innervazione sensitiva potrebbe essere coinvolta nell'iperreattività non specifica e contribuire allo sviluppo di alcune rinosinusiti croniche.
Nei pazienti che soffrono di iperreattività non specifica la concentrazione di neuropeptidi sensitivi è molto ben correlata all'intensità dei sintomi. L'applicazione intranasale ripetuta di capsaicina induce una riduzione significativa dei sintomi e, parallelamente, una diminuzione significativa della concentrazione locale di neuropeptidi sensitivi. Si tratta di una desensibilizzazione simile a quella osservata negli individui che consumano quotidianamente alimenti molto piccanti senza alcuna sensazione sgradevole. Questa assuefazione si spiega probabilmente con il meccanismo di deplezione: i neuropeptidi sensitivi sono sintetizzati nei nuclei cellulari localizzati nel ganglio trigeminale. Essi vengono avviati in direzione delle terminazioni sensitive a contatto con il mondo esterno per trasporto assonale. Quando la frequenza degli stimoli delle terminazioni sensitive periferiche, e quindi la liberazione dei neuropeptidi, è superiore alla velocità di rifornimento mediante il trasporto assonale, si osserva la scomparsa di questi neuropeptidi che corrisponde a una desensibilizzazione.
L'applicazione intranasale di istamina induce la secrezione di CGRP e di SP da parte delle fibre sensitive di tipo C, probabilmente attraverso dei recettori di tipo H1. La vasodilatazione prodotta mediante l'applicazione topica di istamina può essere diminuita da un pre-trattamento locale con capsaicina, associato a una deplezione di CGRP e SP. Il CGRP e la SP stimolano probabilmente la secrezione di istamina da parte dei mastociti e potenziano l'azione dell'istamina.
L'iperreattività sensitiva responsabile dell'infiammazione neurogena della mucosa rinosinusale è caratterizzata da un'infiltrazione locale non specifica che include mastociti, linfociti ed eosinofili.
L'attività degli enzimi coinvolti nella degradazione delle tachichinine e del CGRP, come l'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE), la neutral endopeptidase (NEP) e la dipeptidilpeptidasi IV (DPPIV) svolge un ruolo modulatore dell'infiammazione neurogena nella mucosa delle vie respiratorie.
La DPPIV e la NEP sono responsabili della degradazione dei peptidi più spesso implicati nella fisiopatologia di alcune rinosinusiti croniche e dell'asma. L'attività di questi enzimi è inversamente proporzionale all'intensità dei sintomi e alla gravità della flogosi. L'aumento dell'attività di questi enzimi dopo una terapia medica e/o chirurgica della rinosinusite cronica è in favore della loro partecipazione nello sviluppo di questa patologia. L'uso clinico potenziale di DPPIV esogeno come nuovo trattamento è in fase di studio. L'utilizzo dell'incretina, un inibitore della DPPIV, nel trattamento del diabete di tipo II, è frequentemente associato a effetti secondari simili ai sintomi della rinosinusite cronica.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngIperreattività nasale all'aria fredda

Durante l'esposizione a temperature invernali un certo numero di individui sviluppa sintomi rinosinusali come, per esempio, una rinorrea e una congestione nasale. Questo stesso tipo di sintomi si può anche riscontrare in pazienti che presentano un'intolleranza al trattamento con pressione aerea positiva continua, quando sono affetti da una sindrome delle apnee ostruttive del sonno. La prevalenza della rinite all'aria fredda è del 5% circa nella popolazione generale, ma può aumentare fino al 50% nei pazienti che soffrono di rinite allergica stagionale. È interessante notare che i pazienti affetti da ipersensibilità non specifica, come per esempio all'aria fredda, non hanno reazioni anormali all'applicazione intranasale di istamina. Paradossalmente, i pazienti con una rinite allergica stagionale presentano un'iperreattività sia all'istamina sia all'aria fredda. Questa differenza di reattività si potrebbe spiegare con il tipo di fibre nervose sensitive stimolate. I recettori H1 all'istamina sono localizzati su fibre sensitive di tipo C. Nell'iperreattività all'aria fredda sono innanzitutto le fibre sensitive di tipo Aδ e Aβ a essere implicate. Sono queste terminazioni nervose sensitive C quelle stimolate in caso di esposizione a una soluzione salina ipertonica o a irritanti volatili. I pazienti affetti da iperreattività non specifica hanno la tendenza a secernere un muco più spesso e ipertonico dopo un'esposizione all'aria fredda. La secrezione di questo muco ipertonico stimola i mastociti e le terminazioni sensitive. La loro attivazione è associata alla sensazione di bruciore, a una rinorrea importante e a un'ostruzione nasale invalidante.
Le numerose osservazioni scientifiche pubblicate nel corso di questi ultimi venti anni sembrano indicare che il funzionamento della mucosa nasale come condizionatore d'aria è particolarmente complesso. Un certo numero di osservazioni suggerisce che una delle origini della flogosi cronica delle mucose rinosinusali potrebbe essere di natura neurogena. La secrezione di muco, la cui osmolarità è superiore al normale, stimola le fibre sensitive e la liberazione di neuropeptidi pro-infiammatori. È proprio in questi pazienti che si osserva una diminuzione delle capacità di condizionamento dell'aria inspirata, in ogni caso per ciò che riguarda la temperatura e l'umidità relativa. Inoltre, è sempre in questo tipo di pazienti che si osserva più spesso la combinazione di rinite allergica e di asma bronchiale.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngInfluenza del condizionamento aereo nasale sulle funzioni polmonari

Nelle persone che non presentano un'ipersensibilità nasale all'inalazione di aria fredda e secca sembra esservi una riduzione più rapida del loro volume espiratorio massimo per secondo (VEMS) su un periodo di 5 anni, rispetto ai soggetti che non hanno una tale ipersensibilità. Un'ostruzione nasale cronica associata a una respirazione buccale è legata a una riduzione significativa del VEMS nei pazienti asmatici. Diversi studi hanno messo in evidenza che l'inalazione di aria secca e fredda per via nasale provoca un'infiammazione importante delle vie respiratorie inferiori. In caso di riduzione dell'idratazione della mucosa nasale si osservano desquamazione epiteliale, infiltrazione leucocitaria, aumento della permeabilità vascolare e degranulazione dei mastociti. Tutti questi parametri contribuiscono a un aggravamento della flogosi locoregionale. Quando questa disidratazione perdura, si osservano alterazioni morfologiche dell'epitelio che subisce una metaplasia epidermoide con la scomparsa delle cellule ciliate. La metaplasia epidermoide della mucosa nasale provoca anche un'importante riduzione dell'idratazione della mucosa e, quindi, dell'aria inspirata. Nei soggetti che hanno un'iperreattività non specifica all'inalazione di aria fredda e secca si osserva la liberazione di molti mediatori infiammatori, in particolare di istamina. Si rileva lo stesso tipo di risposta quando si espone la mucosa nasale di questi soggetti con iperreattività non specifica all'uso endonasale di una soluzione salina iperosmolare. Queste osservazioni sono in favore di un ruolo rilevante dei mastociti in questo tipo di risposta.
Le capacità di riscaldare e di umidificare l'aria inalata della mucosa nasale sono state studiate in condizioni estreme, tra -http://www.em-consulte.com/templates/common/images/entites/2005.gif42 e +http://www.em-consulte.com/templates/common/images/entites/2005.gif48 °C e in condizioni di umidità relativa dallo 0 al 100%. La respirazione nasale è possibile fino a un flusso di circa 30 l/min. Oltre questo limite, durante un esercizio fisico, per esempio, la respirazione buccale diventa indispensabile. Importanti variazioni interindividuali sono state osservate a proposito delle capacità nasali di condizionamento dell'aria inalata. Tuttavia, qualunque sia la temperatura dell'aria inalata o la sua umidità relativa, è stata sempre osservata nei soggetti sani un'umidità relativa a livello del nasofaringe dell'ordine del 90%. Secondo un modello sperimentale sviluppato da Nakleirio et al., la quantità di acqua investita dalla mucosa nasale nel condizionamento dell'aria inspirata varia in maniera proporzionale alla quantità di aria inspirata al minuto. Un certo numero di studi sulla microcircolazione della cute, in particolare sugli scambi di calore tra l'esterno e l'interno del corpo, sembra indicare che la temperatura della mucosa nasale è influenzata dalla temperatura esterna al corpo umano. Questa risposta è presumibilmente secondaria a un riflesso neurologico. Quando si immergono i piedi di un volontario sano nell'acqua a 30 °C, la temperatura della mucosa nasale è dell'ordine di 32,2http://www.em-consulte.com/templates/common/images/entites/2005.gif±http://www.em-consulte.com/templates/common/images/entites/2005.gif1,3 C. Quando si mettono i piedi dello stesso soggetto in acqua a 40 °C, si osserva una temperatura a livello della mucosa nasale dell'ordine di 33,1http://www.em-consulte.com/templates/common/images/entites/2005.gif±http://www.em-consulte.com/templates/common/images/entites/2005.gif1,2 °C (p http://www.em-consulte.com/templates/common/images/entites/2005.gif<http://www.em-consulte.com/templates/common/images/entites/2005.gif0,05). Questi incrementi di temperatura della mucosa nasale non sono associati a un aumento del suo volume. Le proprietà di condizionamento dell'aria inspirata attraverso la mucosa nasale non sembrano modificate dalla temperatura esterna.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngInfluenza dell'ereditarietà sulle capacità di condizionamento dell'aria inspirata da parte della mucosa nasale

La maggior parte degli studi orientati verso una migliore comprensione delle capacità di condizionare l'aria inspirata da parte della mucosa nasale sembra indicare una variazione importante tra individui diversi. Queste variazioni sono totalmente indipendenti da età, sesso, temperatura della mucosa nasale, funzioni cardiovascolari o polmonari e morfologia delle fosse nasali. Sono stati quindi eseguiti alcuni esperimenti in gemelli veri. È stata valutata la possibilità di condizionamento dell'aria della mucosa nasale in 47 gemelli veri. Non è stata misurata alcuna differenza significativa tra queste differenti paia di gemelli veri. Questi risultati sembrano indicare che il patrimonio genetico riveste verosimilmente un ruolo importante nelle proprietà fisiologiche della mucosa respiratoria rinosinusale.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngDisturbi funzionali di origine riflessa

Qualunque sia l'origine di uno stress, la sua componente emotiva sembra influenzare il normale funzionamento della mucosa rinosinusale. Una stimolazione sessuale può, in alcuni pazienti, provocare un'ostruzione nasale invalidante e una rinorrea grave, verosimilmente per attivazione del sistema parasimpatico.
La risposta della mucosa nasale a una situazione di stress varia enormemente a seconda delle persone. In alcuni soggetti può provocare un'ostruzione nasale invalidante e, in altri, nessuna risposta. Altri tipi di stress, come per esempio le relazioni interpersonali conflittuali, associati a un'ansia cronica, possono anche causare delle disfunzioni della mucosa nasale. Lo starnuto o la tosse hanno chiaramente una natura protettiva volta a escludere uno stimolo potenzialmente pericoloso per il sistema respiratorio. Il riflesso dello starnuto può comparire dopo l'esposizione alla luce, l'eccitamento sessuale, il menarca, la gravidanza e per un certo numero di problemi psicologici. Il riflesso a una pressione ascellare unilaterale o un decubito laterale provocano un'attivazione parasimpatica omolaterale e simpatica controlaterale. Tra i riflessi che possono provocare delle conseguenze letali, occorre menzionare il riflesso rino-cardio-polmonare. Ogni manipolazione nasale, che sia chirurgica o semplicemente di cura locale, può provocare questo riflesso e provocare un arresto cardiaco o un broncospasmo. Occorre menzionare l'esistenza di evoluzioni fatali dopo l'applicazione endonasale di stimoli fisici o chimici con reazioni cardiovascolari irreversibili e morti improvvise nel bambino e in pazienti che soffrono della sindrome delle apnee ostruttive del sonno. In generale, un'anestesia locoregionale rinosinusale inattiva le afferenze trigeminali e abolisce questo temibile riflesso.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngTrattamento delle iperreattività non specifiche

I pazienti che soffrono di iperreattività non specifica possono avvalersi dell'applicazione endonasale di capsaicina. I lavaggi ripetuti delle fosse nasali con una soluzione salina ipertonica riducono l'iperreattività attraverso una desensibilizzazione simile a quella della capsaicina. Bisogna consigliare ai pazienti di effettuare lavaggi delle fosse nasali con una soluzione fisiologica o ipertonica parecchie volte al giorno. Questi lavaggi inducono una vasocostrizione locale che contribuisce al comfort respiratorio del paziente. Per ridurre l'infiammazione locale si possono proporre spray di corticosteroidi topici. In caso di resistenza a questo trattamento, possono anche essere raccomandati corticosteroidi per via orale. Il successo di un trattamento in questo tipo di pazienti risiede essenzialmente in lunghe spiegazioni orali. Un paziente che ha compreso il meccanismo della sua malattia avrà una buona compliance al trattamento.
Alcuni autori hanno proposto gesti chirurgici per il trattamento delle ostruzioni nasali croniche come, per esempio, le turbinectomie inferiori o medie. Al momento di un gesto chirurgico sulla mucosa rinosinusale di un paziente affetto da iperreattività non specifica, l'infiammazione tissutale ritarda la cicatrizzazione e favorisce le sovrainfezioni. Bisognerebbe sempre tenere a mente che una resezione troppo importante delle mucose nasali, in particolare turbinali inferiori, può avere conseguenze drammatiche come, per esempio, la sindrome «del naso vuoto». Per comprendere meglio la rilevanza di questa patologia iatrogena, consultare il sito http://www.emptynosesyndrome.org/index.fr.html.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngIperattività parasimpatica

La nozione di iperattività parasimpatica si basa su una serie di osservazioni storiche, cliniche e sperimentali. Sono stati sviluppati diversi esami clinici per valutare l'attività riflessa simpatica e parasimpatica. Parallelamente a un aumento della frequenza e della pressione diastolica si possono misurare una vasodilatazione nella narice omolaterale e una vasocostrizione nella narice controlaterale. Questo riflesso sembra significativamente diminuito a livello nasale nei pazienti che soffrono di iperreattività non specifica e sarebbe, quindi, secondario a una riduzione dell'attività simpatica nasale. Un'iperattività parasimpatica può essere studiata clinicamente osservando, per esempio, il riflesso sudoriparo, la modificazione della frequenza cardiaca dopo parecchie inspirazioni profonde o le modificazioni cardiovascolari dopo le manovre di Valsalva. Confrontando le risposte a questi diversi test effettuati nei soggetti controllo e nei pazienti che soffrono di iperreattività non specifica, è possibile misurare delle differenze significative dell'attivazione dei nervi simpatici e parasimpatici. I pazienti sintomatici hanno una reattività simpatica vasocostrittrice nettamente diminuita e una risposta parasimpatica aumentata. L'iperattività parasimpatica risponde in genere abbastanza bene all'uso endonasale di atropina, ma devono essere tenuti in considerazione gli eventuali effetti secondari cardiovascolari.

http://www.em-consulte.com/templates/common/images/icons/article_puce_2.pngCefalee e pressioni facciali di origine rinosinusale

Questi sintomi rappresentano una sfida permanente per la classe medica sia sul piano diagnostico sia su quello terapeutico. I dolori associati a una rinosinusite in fase acuta sono abbastanza ben sistematizzati. Nel contesto di una rinosinusite cronica le cefalee rinogene sono di una complessità spesso proporzionale alla loro anzianità. È raccomandata una gestione multidisciplinare, in particolare con i colleghi neurologi. Quando si osserva una anomalia anatomica endonasale nel corso di un esame endoscopico effettuato in un paziente che soffre di cefalea o di pressione del volto, è di rigore la più grande prudenza, quando si propone un gesto chirurgico. Una revisione approfondita della letteratura mostra una percentuale di successo che non supera il 50%. Conviene quindi valutare con rigore questi sintomi e mantenere molta umiltà quanto ai risultati a lungo termine dei trattamenti proposti.

Fisiologia dei seni paranasali

 I seni paranasali sono cavità aeree scavate nello spessore delle ossa del cranio. Sono tappezzati da un epitelio di tipo respiratorio, pseudostratificato cilindrico ciliato e comunicano con le fosse nasali tramite un «ostium», passaggio obbligato dell’aria e punto di convergenza delle differenti vie di drenaggio. La permeabilità di questo orifizio è essenziale per il mantenimento della fisiologia dei seni. Ogni ostruzione persistente dell’ostium genera importanti alterazioni delle pressioni parziali d’ossigeno e CO 2 nel seno, da cui deriva una riduzione del battito ciliare, una stasi delle secrezioni e una proliferazione batterica secondaria. Il drenaggio mucociliare è la seconda componente necessaria al buon funzionamento dei seni. Questo dipende dalla morfologia e dalla qualità del battito ciliare e dalle proprietà reologiche del muco che lubrifica e protegge l’epitelio sottostante. In patologia, le discinesie ciliari primitive e secondarie e la mucoviscidosi sono alcuni esempi tipici di alterazione del drenaggio mucociliare.

Introduzione
I seni paranasali sono cavità aeree scavate nelle ossa della parte anteriore del cranio che contorna le fosse nasali. Essi sono in continuità con l’insieme del tratto respiratorio. Sono tappezzati da una mucosa di tipo respiratorio e comunicano con le fosse nasali attraverso un orifizio chiamato ostium che rappresenta il passaggio obbligato dell’aria e delle secrezioni. Il funzionamento normale dei seni dipende dalla permeabilità dell’ostium principale, dalla qualità del movimento mucociliare e dai fenomeni immunologici locali. Il ruolo esatto dei seni non è dimostrato.
Anatomia di base 
Si distinguono quattro paia di seni paranasali disposti in modo simmetrico: i seni frontali, etmoidali, mascellari e sfenoidali.
• I seni frontali sono situati nella regione frontale, al di sopra delle arcate sopra-orbitarie. Sono mediani, assenti nel 5% della popolazione ed asimmetrici nel 15%. Hanno stretti
rapporti con le meningi situate all’indietro e l’orbita situata al di sotto. Secondo la classificazione di Agrifolio, rappresentano il risultato della pneumatizzazione dell’osso frontale a partire dalla cellula meatale anteriore. Le secrezioni sono quindi drenate nel canale «nasofrontale». Questo dotto è una struttura anatomica virtuale formata dalla parte verticale dell’apofisi uncinata, dalla bolla etmoidale e dalla parte posteriore della cellula dell’agger. Verso l’età di 2 anni, i seni frontali sono ancora degli abbozzi di cavità aeree. Essi si definiscono all’età di 8 anni circa e raggiungono le loro dimensioni definitive nell’età adulta.
• I seni etmoidali anteriore e posteriore sono scavati nello spessore dell’osso etmoide, osso impari e mediano, composto dalla lamina verticale, la lamina cribrosa e da due masse laterali. Queste contengono da 8 a 15 cellule disposte sul piano sagittale, lungo l’orbita. La loro parete esterna corrisponde all’os planum chiamato lamina papiracea. La parete superiore corrisponde al tetto etmoidale. Contrae stretti rapporti con la base cranica, la meninge e la fossa cerebrale anteriore. Le cellule etmoidali anteriori si drenano nel meato medio a livello delle docce uncibollari e retrobollari; le cellule etmoidali posteriori si drenano nel meato superiore e il meato supremo quando esiste. Le arterie etmoidali anteriore e
posteriore sono situate a livello del tetto etmoidale in un canale osseo la cui parete può essere deiscente. I seni etmoidali sono presenti fin dalla nascita e raggiungono la dimensione adulta all’età di 12 anni circa.
• I seni sfenoidali sono scavati nello spessore dell’osso sfenoide. Sono pari, spesso asimmetrici e separati da un setto intersinusale. Questi seni paranasali sono i più mediani, i più posteriori e i più infossati nel massiccio facciale. Contraggono rapporti importanti con il nervo ottico, il seno cavernoso e il canale carotideo lateralmente e con le meningi e la sella
turcica in alto. La loro pneumatizzazione inizia verso l’età di 3 anni. Essi raggiungono la loro dimensione adulta a 18 anni circa. Il loro ostio è di dimensioni e forma variabili ed è
situato nel recesso sfenoetmoidale, nel prolungamento della coda del turbinato superiore.
• I seni mascellari sono i più grandi. Possono essere asimmetrici o ipoplasici. Sono presenti fin dalla nascita ma sono di piccolo volume. Aumentano velocemente di dimensioni tra i
0 e i 3 anni e poi tra i 7 e i 12 anni e, in seguito, continuano a crescere lentamente fino all’età adulta. Hanno una sede infraorbitaria. La loro parete superiore corrisponde al pavimento dell’orbita. Il nervo sotto-orbitale vi decorre all’interno di un canale osseo. La loro parete inferiore ha stretti rapporti con le radici dentarie, in particolare gli ultimi premolari e il
primo molare superiore. La loro parete posteriore corrisponde alla parete anteriore della fossa pterigopalatina, che contiene l’arteria mascellare interna, il ganglio sfenopalatino, rami del nervo trigemino e il sistema nervoso autonomo. L’orifizio di drenaggio od ostium si situa nella parte superiore della parete interna, nel punto di convergenza delle vie di drenaggio delle secrezioni. A livello delle fosse nasali, l’orifizio di drenaggio è situato nel meato medio, nella parte anteriore e superiore della doccia uncibollare. La sua permeabilità è essenziale al
buon funzionamento del seno.

Istologia della mucosa sinusale
La mucosa sinusale è composta da un epitelio, una membrana basale e un corion.

Epitelio
L’epitelio è di tipo respiratorio, pseudostratificato cilindrico e ciliato. Esso comprende quattro tipi di cellule che sono tutte in intimo contatto con la membrana basale. L’altezza diversa dei nuclei può dare l’impressione che si tratti di un epitelio pluristratificato (Fig. 1).
Tra le cellule epiteliali, si distinguono:
• le cellule basali; sono cellule di sostituzione che contraggono rapporti con la membrana basale per mezzo di recettori denominati «integrine». Moltiplicandosi, danno origine a
cellule figlie che possono rigenerare gli altri tre tipi cellulari;
• le cellule caliciformi; sono anche conosciute con il nome di «cellule mucose». Esse contengono microgranuli, il cui contenuto si colora con il PAS (PAS per periodic acid Schiff).
Esse sintetizzano, immagazzinano e secernono mucine, costituenti essenziali del muco. Quando hanno espulso il loro contenuto, hanno la forma di un calice. Quando si invaginano
nel corion, formano le ghiandole tubuloacinose;
• le cellule con microvilli; hanno sul loro polo apicale 300- 400 microvilli, vere espansioni digitiformi e immobili del citoplasma. Hanno un diametro di 0 1 μ m e una lunghezza
di 2 μ m. Le microvillosità aumentano la superficie cellulare. Queste cellule sono ricche di mitocondri e di reticolo endoplasmatico liscio e hanno una attività metabolica intensa.
Partecipano agli scambi di liquidi transepiteliali e al mantenimento e rinnovo della pellicola acquosa periciliare;
• le cellule ciliate; rappresentano quasi l’80% della popolazione cellulare. La microscopia elettronica, a trasmissione e/o a scansione, permette di analizzarle in dettaglio (cf. infra);
• altre cellule sono talvolta presenti all’interno dell’epitelio come, per esempio, dei melanociti nei pazienti di pelle scura dei macrofagi (cellule di Langerhans o antigen presenting cells) o dei linfociti.
Corion o lamina propria
Esso possiede una matrice extracellulare contenente fibre di collagene, vasi, ghiandole e cellule infiammatorie. Ha uno spessore inferiore rispetto al naso e la rete vascolare è molto
meno sviluppata (Fig. 2, 3).
È composto da tre strati:
• lo strato subepiteliale è ricco di linfociti, plasmacellule, istiociti e macrofagi;
• lo strato ghiandolare. Esso contiene ghiandole sieromucose tubuloacinose circondate da cellule mioepiteliali, che derivano dall’invaginazione delle cellule caliciformi dell’epitelio.
Partecipano alla produzione di muco come le cellule epiteliali. Sono più piccole e meno numerose che nelle fosse nasali. Sono più abbondanti in vicinanza dell’ostium dei seni.
Si distinguono cellule mucose e cellule sierose. Le cellule mucose contengono mucine e immunoglobuline (Ig) A. Le cellule sierose sintetizzano glicoproteine, proteine antibatteriche
(lactoferrina, lisozima) e antiossidanti (transferrina e antileucoproteasi);
• lo strato vascolare. È formato da una rete di capillari fenestrati sotto-epiteliali collegati alle anastomosi arterovenose del corion profondo. Contrariamente alle fosse nasali, non ci
sono vasi di capacitanza.


Cellule ciliate epiteliali
Aspetto normale
• Gli studi in microscopia elettronica delle cellule ciliate dimostrano che ognuna possiede da 50 a 200 ciglia e da e 0,3 μ m di diametro (Fig. 4).
• In sezione longitudinale, il corpo del ciglio termina nel corpuscolo basale chiamato cinetosoma situato al polo apicale della cellula (Fig. 5). In sezione trasversale, le ciglia sono
costituite da nove doppiette di microtubuli periferici disposti in modo simmetrico e circolare intorno a due microtubuli centrali (Fig. 6); da cui la definizione comune di tubuli «9
+ 2» per descrivere un ciglio normale. La parete dei tubuli centrali è tipicamente formata da 13 protofilamenti. Sono circondati da una guaina centrale. I microtubuli periferici
sono designati dalle lettere A e B. I microtubuli A sono quelli che portano le braccia di dineina. Questi sono diretti dal microtubulo A verso il vicino microtubulo B. La parete del
microtubulo A comprende 13 protofilamenti; quella del microtubulo B ne comprende dieci.

• Le braccia di dineina sono distinte in braccio esterno e interno. Il braccio esterno è meglio visibile e ha una forma a«bastone da hockey». A partire da queste braccia di dineina si libera la forza necessaria al movimento ciliare.
• Molto vicino alla base del braccio interno di dineina si trova un braccio di nexina, che servirebbe a mantenere solidali le doppiette durante i movimenti del ciglio.
• Infine, esistono dei ponti radiali situati tra i microtubuli periferici e la guaina centrale. Il movimento ciliare risulta da uno slittamento dei microtubuli periferici grazie a modificazioni delle zone di attacco delle braccia di dineina. Questi si agganciano sul microtubulo vicino
e flettono il ciglio. La forza necessaria per permettere questi movimenti ha origine dall’idrolisi dell’adenosina trifosfato (ATP) per l’attività ATPasi del braccio di dineina. In presenza di ATP, il legame tra le braccia di dineina e i microtubuli periferici si rompe e si ripristina in assenza di ATP. Il controllo di questo meccanismo non è noto. 
Il movimento ciliare comprende dunque due fasi: una fase attiva di propulsione e una fase di rilasciamento. La fase attiva è due volte più rapida della fase di ritorno. Essa permette al
ciglio di dispiegarsi, di raggiungere la sua lunghezza massima e di far avanzare il muco. La fase di riposo dura circa 10 ms e permette al ciglio di riprendere la sua posizione iniziale prima della prossima fase attiva. Tutte le ciglia di una stessa fila cellulare battono in modo sincrono. Al contrario, il movimento è sfasato da una fila all’altra (ritmo metacrono).
Patologie ciliari

Si distinguono le discinesie ciliari primitive e quelle acquisite.
Discinesie ciliari primitive Si tratta di malattie causate da un deficit genetico che determina ciglia immobili, poco mobili o assenti. Solo il 40 % delle cellule ciliate è funzionale. Viscosità ed elasticità del muco sono normali anche se infezioni batteriche e flogosi della mucosa ne provocano alterazioni secondarie. Sul piano clinico, questo si traduce in infezioni respiratorie
recidivanti, sinusiti, bronchiti e otiti nel bambino. Nel 50% dei casi, esiste una destrocardia. Quando sono presenti bronchiettasie, si parla di sindrome di Kartagener (triade caratteristica: bronchiettasie, situs inversus, sinusite cronica). [19] Lo studio delle ciglia in microscopia elettronica ha permesso di distinguere una dozzina di anomalie morfologiche differenti (vedi riquadro). Nella maggior parte dei casi, si tratta di anomalie a livello di un braccio o delle due braccia di dineina che provocano un battito ciliare inadeguato con perdita di coordinazione o immobilità ciliare.

Muco 
Muco normale
Il muco è prodotto dalle cellule caliciformi e dalle ghiandole sieromucose del corion. È formato da uno strato superficiale, molto spesso, viscoso ed elastico, la fase «gel», che è in rapporto con la parte distale delle ciglia e il lume del seno, e da uno strato profondo, molto sottile, acquoso, periciliare, che è in rapporto con il polo apicale delle cellule e la parte bassa delle ciglia, chiamata fase «sol». È in continuo movimento a causa dell’attività delle ciglia sottostanti Il pH è compreso tra 6,5 e 7,8. È composto dal 95% di acqua, dal 3% di elementi organici e dal 2% di elementi minerali. La secrezione quotidiana è di 0,3 mL/kg/die. Il suo contenuto d’acqua è controllato dall’assorbimento di ioni sodio e dalla secrezione di ioni cloro. Questo avviene grazie a sistemi attivi e passivi tra cui i principali sono il cotrasportatore Na/K/2Cl, lo scambiatore Na/K e diversi altri canali cloruri, potassici e
sodici. L’elemento organico principale del muco è costituito dalle mucine. Si tratta di glicoproteine di peso molecolare elevato (1.000 kDa) che formano una rete macromolecolare che permette di intrappolare le particelle estranee e, con le loro catene
di carboidrati, neutralizzano i microrganismi. Nel muco, si ritrovano anche albumina, IgA secretorie, lattoferrina, lisozimi e antiossidanti. [41-46]
Patologie del muco
Mucoviscidosi 
Si tratta di una malattia genetica, autosomica recessiva, la cui incidenza è di 1 per 2.500 nascite di bambini vivi. Gli eterozigoti, fenotipicamente normali, rappresentano circa il 4%
della popolazione generale.
Il gene CF (CF per cystic fibrosis) è situato sul braccio lungo del cromosoma 7 e codifica una proteina di 1.480 aminoacidi chiamata cystic fibrosis transmembrane conductance regulator
(CFTR) che interviene nella regolazione della secrezione di ionicloro nel polo apicale delle cellule epiteliali. Una mutazione del gene CF provoca quindi un difetto nella proteina CFTR, all’origine della mucoviscidosi. L’epitelio respiratorio è così impermeabile agli ioni cloro, a cui si associa un aumento dell’assorbimento di sodio al polo basale delle cellule epiteliali.
Esistono più di .000 mutazioni descritte di questo gene, ma quella più frequente è la delezione di un aminoacido, una fenilalanina, in posizione 508. Questa mutazione è conosciuta sotto il nome «delta F 508». Essa colpisce più del 70% dei pazienti.
Sul piano clinico, il denominatore comune della malattia l’importante aumento di viscosità del muco prodotto da tutte le ghiandole esocrine. Questo provoca insufficienza pancreatica,
infezioni respiratorie croniche e insufficienza respiratoria fatale verso i 40 anni d’età nel 95% dei casi. Da un punto di vista otorinolaringoiatrico, le manifestazioni più frequenti sono
l’ostruzione nasale cronica, le sinusiti e la poliposi nasosinusale. Il 30 % dei pazienti affetti da mucoviscidosi è portatore di poliposi nasosinusale scoperta tra i 2 e i 25 anni d’età; l’8-10% dei bambini che soffrono di mucoviscidosi ha una poliposi nasosinusale.
Esiste inoltre una particolare sensibilità ad alcuni batteri: nel bambino, si tratta soprattutto dello stafilococco aureo e dell’Haemophilus influenzae. Nell’adulto, sono soprattutto lo Pseudomonas aeruginosa e i batteri Gram negativi. La TC dei seni mostra un’opacità completa delle cellule etmoidali, una deformazione del muro intersinusonasale
(protrusione o erosione) e un contenuto eterogeneo nei seni mascellari, cosa che fa pensare al mucocele.
Sinusiti croniche
Si osserva una metaplasia ghiandolare dell’epitelio, con un aumento del numero di cellule caliciformi. Questi dati associati alle anomalie ciliari secondarie contribuiscono al mantenimento della patologia sinusale.
? Drenaggio mucociliare
Il drenaggio mucociliare è un meccanismo essenziale al normale funzionamento dei seni. Se questo è alterato, la conseguenza è una stasi delle secrezioni e una proliferazione batterica
secondaria. In condizioni normali, assicura il trasporto delle particelle estranee intrappolate nel muco verso le fosse nasali. Questo meccanismo è rapido. Hilding ha dimostrato che 1 ora dopo aver instillato dei batteri nel seno frontale sano di un cane, il seno è vuoto e sterile. La mucosa è sottile e il muco normale. Questo meccanismo dipende:
• dalle proprietà reologiche del muco; [41] se il muco è troppo denso, le ciglia sono incapaci di trasportarlo fuori dal seno.
Se è troppo fluido, le ciglia non possono contrastare le sole forze di gravità;
• dallo spessore dello strato periciliare; più questo è spesso, più breve è la parte di ciglio situata nella fase gel del muco e meno efficace sarà il drenaggio. Le vie di drenaggio endosinusali sono predefinite.
• A livello del seno mascellare, esse sono molteplici ma tutte convergenti verso l’ostium principale, anche in caso di ostio accessorio di Giraldès o di meatotomia inferiore.
• A livello del seno frontale, le vie di drenaggio sono più complesse. Esse iniziano lungo il setto intersinusale, seguono il plafond sinusale e proseguono lungo la parete esterna in
direzione dell’ostio frontale. La gravità ha solo un ruolo accessorio. Il metodo più facile per valutare la clearance mucociliare è depositare una particella colorata (goccia di sangue o blu di metilene) a un sito della cavità sinusale e di seguire il suo spostamento sotto controllo endoscopico.

FISIOLOGIA DEL NASO

 

Le funzioni del naso sono:

  • Funzione respiratoria
  • Funzione olfattoria
  • Funzione fonatoria
  • Funzione reflessogena

Funzione respiratoria - Il naso è la prima via respiratoria e da esso dipende il corretto funzionamento di tutto il sistema respiratorio.
Le fosse nasali modulano le resistenze al passaggio del flusso aereo ed operano un vero e proprio trattamento dell'aria analogamente a quanto farebbe un "climatizzatore".
Nel naso, infatti, avviene la filtrazione dell'aria inspirata grazie ai peli di cui è dotato (le vibrisse) e al muco che riveste l'interno delle pareti nasali. All'interno delle fosse nasali avviene inoltre il riscaldamento dell'aria ed il processo di umidificazione dovuto all'incontro della corrente d'aria inspirata con quella espirata e alla quota di umidità ceduta dal muco nasale.
In mancanza di una corretta funzione del naso, si è costretti ad una respirazione orale, per cui l'aria inspirata risulta essere piena di particelle in sospensione, fredda e secca.
Tutto ciò crea un processo di "irritazione" continua del sistema respiratorio cagionando una serie di malattie e disfunzioni (faringiti, laringiti, tracheiti, bronchiti)
Funzione olfattiva - Nella porzione superiore delle fosse nasali, sulla volta e sulla superficie del setto, sono ubicate cellule neurosensoriali destinate alla percezione degli odori (area olfattoria).
La graduale riduzione delle nostre capacità olfattive non deve farci dimenticare la notevole importanza di questo senso. Esso riveste un ruolo primario poichè: regola l'assunzione del cibo e la percezione dei sapori e dei gusti (interazione con il sistema gustativo); regola il comportamento riproduttivo attraverso la percezione dei ferormoni (sostanze odorose emesse dall'uomo che modulano il desiderio sessuale); espleta una importante funzione protettiva nell'evidenziare sostanze nocive e tossiche.
Le anomalie della funzione olfattoria più frequenti sono: Iperosmia (aumentata e talvolta fastidiosa percezione degli odori) può comparire in gravidanza, nelle malattie della tiroide, nella menopausa e in malattie neurologiche; Ipoosmia (diminuita percezione degli odori), compare in molte malattie del naso (ipertrofia dei turbinati, polipi nasali, sinusite, allergie) e dell'organismo (influenza, intossicazioni, carenza vitamina A, malattie neurologiche, diabete, malattie della tiroide).
Funzione fonatoria - Il naso e i seni paranasali fungono da "risuonatori" per alcune consonanti e fonemi dotati di particolare sonorità nasale (n, m, gn) e da cavita' di risonanza per tutta la gamma della voce parlata e cantata.
Funzione reflessogena - La ricca innervazione delle fosse nasali fa sì che dalla mucosa di questo organo si scatenino riflessi locali di tipo vaso-motorio e secretivo o riflessi a distanza (naso-respiratorio, naso-circolatorio, ecc...). Tale funzione non è ancora completamente nota e non viene di solito indagata nella comune pratica clinica.
Ciclo respiratorio nasale - I turbinati sono costituiti da tessuto cavernoso ricco di vasi arteriosi e venosi e di anastomosi artero-venose (collegamenti tra i vasi). Un complesso sistema di innervazione regola l'afflusso di sangue ai turbinati e fa sì che essi si "dilatino" e si "restringano" ogni 6-8 ore. La conseguenza di questo fenomeno è che la respirazione nasale avviene prevalentemente attraverso a una sola narice con una periodica alternanza definita "ciclo respiratorio nasale". 
Fisiologia dei seni paranasali - I seni paranasali esplicano sostanzialmente tre funzioni:

  1. fungono, con le fosse nasali, da cavita' di risonanza per la voce;
  2. alleggeriscono il peso del cranio;
  3. esplicano una sorta di isolamento termico.

Fisiologia dell'olfatto e del gusto

OLFATTO E GUSTO

 

  
Olfatto e gusto non sono chiaramente separabili l'uno dall'altro, infatti per molti aspetti si sovrappongono.


entrambi sono sensi chimici, rispondono cioè ad agenti chimici naturali o artificiali;

entrambi proteggono il tratto gastrointestinale da sostanze non digeribili o addirittura nocive.

I recettori sensoriali 
Olfatto e gusto si avvalgono di recettori per la percezione degli stimoli esterni.
Nel suo significato più generale, un recettore è una struttura che si modifica quando viene eccitata da uno stimolo ambientale, determinando la produzione di un segnale. Tutti i recettori sono trasduttori, cioè strutture che trasformano i segnali da una forma in un'altra.
Un recettore sensoriale è un'intera cellula (spesso un neurone), specializzata nel rispondere con un segnale elettrico a particolari stimoli dell'ambiente in cui si trova; vale a dire, essa traduce gli stimoli sensoriali nel linguaggio del sistema nervoso. I recettori sensoriali sono raggruppati in organi sensoriali, come l'occhio, l'orecchio o la lingua; la loro attività elettrica dà luogo a percezioni soggettive di luce, suono e gusto che descriviamo come i nostri "sensi".
La stimolazione di un recettore sensoriale genera un potenziale di ricezione, un segnale elettrico la cui ampiezza è proporzionale all'intensità dello stimolo (in questo il potenziale di ricezione differisce dal potenziale d'azione).
I potenziali di ricezione possono dare luogo a potenziali d'azione negli stessi neuroni recettori, in alternativa, come nel caso delle cellule di recettori sensibili ai sapori, i potenziali di ricezione provocano la liberazione di un neurotrasmettitore su un neurone postsinaptico che, a sua volta, produce potenziali d'azione che raggiungono il cervello. 
Sensibilità olfattiva 
Sulla volta della cavità nasale, i 10 milioni di neuroni dell'epitelio si distribuiscono su un'area di circa 5 cm2 e, tramite un prolungamento cellulare dotato di una decina di ciglia, raggiungono direttamente la superficie della mucosa. Si tratta dunque di veri e propri neuroni che ricevono stimoli e possono produrre potenziali d'azione (cellule sensoriali primarie).
La prima fase del processo olfattivo avviene sulla superficie del ciglio olfattivo, ma come le sostanze chimiche interagiscano con la superficie recettoriale rimane un mistero. Vi sono due ipotesi a riguardo:


teoria chimica: la superficie recettoriale si compone di specifici recettori chimici distribuiti sulla superficie della membrana;

teoria fisica: i recettori della membrana rispondono a caratteristiche forme molecolari.

Tutti i tentativi di classificare le qualità olfattive sono finora falliti.
In passato si era pensato che ogni odore potesse essere descritto con appena sette caratteristiche distintive; attualmente si sa che esistono almeno 50 differenti "odori primari", ma il nostro linguaggio non ci permette di descrivere correttamente le sensazioni provate.
E' certo che la capacità olfattiva dell'uomo è assolutamente insignificante in rapporto a quella degli animali, i quali sono in grado di distinguere migliaia di odori. 
Elaborazione dei segnali olfattivi a livello celebrale


Mucosa olfattiva

MUCOSA OLFATTIVA

Particolare della mucosa olfattiva

PARTICOLARE DELLA MUCOSA OLFATTIVA

 

 
La mucosa olfattiva è situata nel tetto delle cavità nasali, anteriormente e superiormente ai cornetti nasali superiori.
Gli assoni delle cellule sensoriali primarie della mucosa olfattiva penetrano nella lamina cribrosa tramite fori e prendono contatto con i grossi neuroni del bulbo olfattivo.
Molte centinaia di cellule sensoriali prendono contatto con una sola cellula nervosa. Un odore viene riconosciuto solo quando tutte le cellule sensoriali contigue scaricano contemporaneamente.
Partendo dal bulbo olfattivo gli stimoli raggiungono, tramite il nervo (1°nervo cranico) le regioni encefaliche poste più in profondità, in particolare l'ippocampo e l'ipotalamo, ma anche le restanti porzioni del sistema limbico. 
Olfatto e emozioni 
La stretta correlazione con il sistema limbico è la ragione per la quale spesso odori gradevoli o sgradevoli possono involontariamente scatenare emozioni.
Si trovano esempi di questo fenomeno in numerose occasioni quotidiane.


Un individuo, che ha un cattivo odore corporeo, non risulta simpatico fin da subito. Al contrario, l'industria dei profumi vive letteralmente da migliaia di anni sul fatto che un profumo più gradevole di un altro renda più attraenti.

Nella maggior parte dei casi l'odore di un nuovo appartamento è inizialmente inconsueto, insolito, estraneo o, nel peggiore dei casi, sgradevole. Dopo alcuni mesi si percepisce ancora l'odore rientrando a casa, ma lo stesso odore risulta gradito.

Ogni individuo prova diverse emozioni suscitate dall'odore di un qualcosa che per lui abbia un valore affettivo particolare.

 
Sensibilità gustativa: lingua e percezione del gusto
 


Superficie dorsale della lingua

SUPERFICIE DORSALE DELLA LINGUA

Particolare delle papille

PARTICOLARE DELLE PAPILLE

 

 
La faccia inferiore della lingua è liscia, quella superiore (dorso), invece, è resa ruvida dalla presenza di numerosi rilievi che prendono il nome di papille.Calici gustativi
Le più numerose sono le papille filiformi che si proiettano nella cavità orale. Esse consentono il movimento dei cibi solidi sulla superficie della lingua, costituendo quindi un presupposto necessario alla masticazione e alla compressione degli alimenti contro il palato duro.
In corrispondenza della radice della lingua si trovano alcune (10-20) grosse (2-3 mm di diametro) papille foliate e vallate nelle quali sono situati i calici gustativi. Inoltre fra le papille filiformi, sul dorso della lingua, si trovano le papille fungiformi, anch'esse contenenti calici gustativi. 
Elaborazione dei segnali gustativi a livello celebrale 
A confronto con la straordinaria sensibilità e motilità della lingua, il senso del gusto sembra quasi poco sviluppato. In effetti esso non fa altro che distinguere tra dolce (sull'apice),acido, salato e amaro (sui margini o sulla radice della lingua).
Alla base di tale sensibilità vi sono 2000-6000 calici gustativi che sono localizzati nell'epitelio delle papille. Si tratta di raccolte di cellule sottili, ma estremamente allungate che attraversano tutto l'epitelio, dalla membrana basale fino alla superficie linguale. Lo sbocco di un calice gustativo si trova in un piccolo poro gustativo, la cui superficie accoglie numerosi microvilli. 
Le sensazioni gustative raggiungono l'encefalo tramite il nervo facciale (7°nervo cranico), il nervo glossofaringeo (9°nervo cranico) e il nervo vago (10°nervo cranico).
 

 

 L'olfatto

 

L'olfatto è il senso meno chiaramente conosciuto da un punto di vista fisiologico. Il suo studio è reso difficile dalla localizzazione anatomica della membrana olfattiva, nonchè dalla soggettività del fenomeno olfattivo stesso. Nella scala zoologica si assiste ad uno sviluppo diverso della sensibilità olfattiva, che viene condizionata dall'ambiente dove gli animali stessi vivono; infatti, confrontando l'olfatto dell'uomo con quello di altre specie animali, appare chiaro come nella specie umana questo senso sia alquanto primitivo.
L'epitelio olfattivo, che tappezza la cavità nasale, è spesso ampiamente ripiegato su se stesso in animali con elevata capacità nel discriminare gli odori e l'estensione totale può superare addirittura la superficie corporea dell'animale.
I neuroni olfattivi che risiedono nella cavità nasale sono dotati di elevata sensibilità alle molecole degli odoranti e sono in grado di rispondere a concentrazioni bassissime di odoranti.
Le strutture anatomiche e la morfologia degli organi sensoriali presentano, nella scala filogenetica, una grande similitudine ed una sostanziale conservazione: anche se molteplici sono i modi di alloggiare le cellule olfattive, le cellule neurorecettoriali sono molto simili morfologicamente e si dispongono solitamente in una cavità aerea, in cui le sostanze odoranti possano sostare per un tempo sufficiente per venire a contatto con i recettori olfattivi stessi.

 

Neuroni Olfattivi

 


Immagini confocali dell'epitelio olfattivo di topo (in alto) e di maiale (in basso). 
In collaborazione con il prof. Stuart Firestein della Columbia University, New York.

Le cellule olfattive sono contenute in un'area neuroepiteliale specializzata della mucosa nasale, detta mucosa olfattiva. 
L'epitelio olfattivo è pigmentato, cilindrico pseudostratificato e molto più ispessito di quello della regione respiratoria. 
Esso è costituito da cellule di tre tipi: cellule di sostegno, basali e olfattive.
Le cellule olfattive sono neuroni bipolari, i cui dendriti si estendono dal corpo cellulare alla superficie libera, dove terminano con un piccolo rigonfiamento, che dà origine ad una serie di ciglia modificate, estremamente lunghe, che formano una rete embricata con i microvilli delle cellule di sostegno. 
È ormai noto che l'evento iniziale nella percezione degli odori è rappresentato proprio dal legame di sostanze odoranti chimicamente differenti agli specifici recettori proteici, localizzati su queste ciglia olfattive. 
Nel 1991 sono stati clonati e caratterizzati per la prima volta recettori olfattivi di mammifero (ratto): essi appartengono alla vasta famiglia dei recettori a 7 eliche transmembrana accoppiati alle proteine G, di cui fa parte anche la rodopsina dei fotorecettori e la batteriorodopsina dei batteri archeali. 
Nonostante fotorecettori e recettori olfattivi rispondano a stimoli estremamente diversi (luce e sostanze volatili), i meccanismi di trasduzione visiva e olfattiva presentano molte analogie; entrambi gli stimoli innescano una catena di reazioni enzimatiche, che determinano la produzione di un secondo messaggero e la conseguente depolarizzazione della membrana cellulare. 
Questo meccanismo di trasmissione del segnale, relativamente diretto e comune, è però complicato dall'esistenza di migliaia di sostanze odoranti e quasi un migliaio di differenti recettori olfattivi. 
Sebbene la struttura di molti dei geni che codificano per i recettori olfattivi sia nota, la maggior parte dei recettori olfattivi non è stata ancora caratterizzata dal punto di vista biochimico; nè è noto, tranne che in pochi casi, quali di essi specificatamente interagiscano con determinate molecole odorose: ognuno dei 1000 recettori diversi deve rispondere a più molecole volatili e ognuna di esse deve legarsi a più recettori. 
Ogni neurone sensoriale può esprimere solo un gene per un recettore ed è quindi funzionalmente distinto.

<Approfondimento>