IDROPE ENDOLINFATICA (MALATTIA DI MÉNIÈRE)

Malattia di Ménière Ménière, idrope, labirintectomia, neurotomia vestibolare

Cos’è la malattia di Ménière?

Quali sono i criteri per porre diagnosi di Malattia di Ménière?

Esistono manifestazioni particolari della malattia di Ménière?

Con che frequenza si manifesta?

Cosa causa la malattia di Ménière ?

Come si fa diagnosi di malattia di Ménière?

Come si cura la malattia di Ménière?

-scuola francese

- scuola americana Timothy

Trattamento farmacologico:

I trattamenti chirurgici :

1) Riassunto

2) Cenni Storici

3) Definizione: Che cos'è la malattia di Meniere?

4) Epidemiologia

5) Quali sono i criteri per porre diagnosi di Malattia di Ménière?

6) Stadiazione

7) EtiologiaChe cosa causa la malattia di Meniere?

Etiologia autoimmune

infettiva

allergica

genetica

traumatica

8) Fisiopatologia

9) Patogenesi:

Teoria della rottura di membrana

Teoria dell'alterata permeabilità di membrana

Teoria meccanica

10) Come si fa diagnosi di malattia di Ménière?

11) Sintomi : Crisi vertiginose  Ipoacusia  Acufeni  Sintomi associati 

12) Storia Naturale :Fase iniziale- attiva- di defervescenza- Fase finale- Bilateralizzazione 

13) Esistono Manifestazioni Particolari della Malattia di Ménière?

14) Forme cliniche

15) Con che frequenza si manifesta?

16) Terapia: Come si cura la malattia di Ménière?

17) Esami Diagnostici

Test al gliceroloacetazolamide furosemide

Diagnostica per immagini

Esami di laboratorio


18) Diagnosi Differenziale

19) Terapia: Come si cura la malattia di Ménière?

 

Cos’è la malattia di Ménière?

È una malattia dell’orecchio interno che si manifesta con crisi vertiginose periodiche, acufene e sensazione di orecchio ovattato e diminuzione dell’udito nell’orecchio interessato che inizialmente è in genere fluttuante. Tipicamente la crisi vertiginosa è preceduta dalla sensazione di ovattamento, da una modificazione o aumento dell’acufene e si manifesta con vertigine oggettiva (l’ambiente ruota intorno al paziente), disequilibrio, nausea e vomito. Gli occhi durante la crini si muovono aritmicamente in senso laterale (nistagmo). La durata della crisi è di alcune ore ma può essere molto variabile al pari della frequenza di manifestazione. In alcune persone l’instabilità persiste anche dopo l’attacco acuto.

1Quali sono i criteri per porre diagnosi di Malattia di Ménière?

La sindrome è caratterizzata da una tipica triade sintomatologica:

Segni e sintomi associati:

La diagnosi di Malattia di Ménière non è sempre facile soprattutto nelle fasi iniziali della malattia per la variabilità con la quale i diversi sintomi si presentano. La monolateralità dei disturbi aiuta la diagnosi in fase iniziale mentre non è raro nelle fasi avanzate l’interessamento dell’altro orecchio. Durante le crisi il nistagmo batte sul lato dell’orecchio malato, dopo la crisi batte sull’altro lato. Le vertigini sono accompagnate da segni neurovegetativi quali nausea e vomito e si possono verificare con una frequenza molto variabile da diverse volte a settimana a solo una volta all’anno.

 

Esistono manifestazioni particolari della malattia di Ménière?

In rari casi l’attacco si manifesta come una caduta improvvisa, la cosiddetta “crisi otolitica di Tumarkin” attribuita ad una deformazione meccanica della porzione otolitica dell’orecchio interno (utriculo e sacculo).Ménière cocleare:talvolta l'idrope si localizza prevalentemente al labirinto cocleare (devoluto alla funzione uditiva) configurando la Ménière cocleare o blocco cocleare acuto. In questi casi i sintomi uditivi prevalgono su quelli vertiginosi.

 

Con che frequenza si manifesta?

Interessa approssimativamente lo 0,2% della popolazione inizia in genere da un lato ed esiste una probabilità che interessi l’altro orecchio del 50%, ma in un periodo di 30 anni.

 

Cosa causa la malattia di Ménière ?Fig. 2

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Fig. 2

  

La causa della malattia è sconosciuta. Esistono varie ipotesi che trovano riscontro in tutta una serie di rilievi anatomopatologici (autopsia) e clinici (esame del paziente).

La manifestazione principale è l’idrope endolinfatica cioè la dilatazione del labirinto membranoso, sistema di membrane dell’orecchio interno ripiene di liquidi di cui si ritiene esista una eccessiva produzione oppure un ridotto riassorbimento.

Va detto che mentre non esiste malattia di Ménière senza idrope endolinfatica (0,2/100 persone) si può avere idrope endolinfatica senza malattia di Ménière (0,6/100 ossa temporali di persone decedute).

Tre meccanismi patologici alla base dell’idrope endolinfatica sono emersi dagli studi anatomopatologici: fibrosi del sacco endolinfatico e dell’epitelio vestibolare, alterato metabolismo delle glicoproteine e infezione virale dell’orecchio interno.

Da un punto di vista fisiopatologico il ridotto riassorbimento di endolinfa da parte del sacco endolinfatico, supportata dalle ridotte dimensioni dell’acquedotto vestibolare nei pazienti menierici.

La predisposizione genetica è supportata dalla prevalenza di alcuni antigeni leucocitari (Cw*07). Le alterazioni del sistema immunitario dall’aumento del rapporto OKT 4/8 e dalla diminuzione delle cellule OKT8-positive.

Le alterazioni metaboliche da aumentati livelli di fibrinogeno, D-dimero, leucociti e riduzione dei folati che indicano un generico stato infiammatorio.

Le infezioni virali, supportate da elevati livelli di immunoglobuline G del virus herpes simplex nella perilinfa dei pazienti menierici.

È peraltro verosimile che molte siano le cause che possono determinare idrope endolinfatica che in alcuni casi si manifesta come malattia di Ménière conclamata. Verosimilmente esiste una predisposizione genetica e fattori scatenanti autoimmunitari, virali e metabolici cui si aggiunge una componente psicosomatica e ansiogena universalmente riconosciuta.

Come si fa diagnosi di malattia di Ménière?

La diagnosi di malattia di Ménière è clinica cioè è fatta dal medico sulla base della storia clinica raccolta con il malato (anamnesi) oltre che dell'esame obiettivo (la visita) che evidenzia il tipico nistagmo spontaneo (movimento anomalo involontario degli occhi) e dei dati ottenuti con l’esame audiometrico. . Altri esami che spesso si richiedono al malato (impedenzometrico, potenziali evocati uditivi, risonanza magnetica cerebrale) servono ad escludere altre ben più gravi (neurinoma dell'acustico, sclerosi multipla, tumori e disturbi circolatori ischemici endocranici). mentre l’esame elettrococleografico può, se eseguito correttamente quando la malattia è in fase attiva, esprimere la presenza dell’idrope labirintica (aumento di pressione dei liquidi dell’orecchio interno). L’esame audiomerico nelle fasi iniziali della malattia mostra una diminuzione dell’udito limitata alle basse frequenze spesso fluttuante, cioè che presenta variazioni nel tempo con udito che dopo le prime crisi torna a valori normali.

Come si cura la malattia di Ménière?scuola francese 65,(scuola americana Timothy)75

Bisogna distinguere un trattamento dell’attacco acuto da tutte le terapie e norme di igiene alimentare e di vita che sono utili per il controllo della malattia. Parleremo poi dei trattamenti medici e chirurgici che permettono di evitare il ripetersi delle crisi acute.

Nei protocolli terapeutici tradizionali si utilizzano farmaci che appartengono a quattro categorie:

Diuretici osmotici (mannitolo, glicerolo): si somministarno mediante fleboclisi ed agiscono richiamando liquidi dall'interno degli organi del labirinto; nelle vertigini, infatti, è frequentemente presente un "accumulo" di liquidi nel labirinto (idrope labirintica).

Sedatividella funzione labirintica (bloccano gli impulsi anomali generati dal labirinto ammalato).

Antiemetici(agiscono contro il vomito).

Cortisonici(agiscono contro l'infiammazione e l'edema)

Trattamento dell’attaco acuto: si basa sull’uso di farmaci che deprimono la funzione vestibolare come alcuni antistaminici che si somministrano per via intramuscolare o endovenosa; farmaci anti-emetici che sopprimono i sintomi dovuti all’attivazione del sistema neurovegetativo (nausea, vomito, malessere generale); farmaci ansiolitici che oltre che ridurre l’ansia associata alla crisi hanno anche un’azione antivertiginosa diretta.

Esistono peraltro degli accorgimenti che permettono di ridurre l’intensità dei disturbi se si viene colti da una crisi e non si hanno a disposizione farmaci antivertiginosi. È consigliabile stendersi su una superficie piana e stabile sul fianco dell’orecchio sano e fissare un punto fermo. Evitare di bere per non stimolare il vomito. Se se ne ha la possibilità può essere utile fare un lavaggio dell’orecchio malato con acqua fredda (dai 20 ai 30 gradi), può essere usatoa per questo una siringa da 20cc (senza l’ago naturalmente) o una peretta che contenga la stessa quantità d’acqua. Lo scopo di questa irrigazione è di inibire l’attività del labirinto malato che in fase acuta presenta un’aumentata attività.

Trattamento generale della malattia: si basa su una serie di norme di igiene soprattutto alimentare che consistono principalmente nel mantenere un buon equilibrio idrosalino dell’organismo. Sebbene i liquidi dell’orecchio interno abbiano un metabolismo separato da quello dei liquidi del resto dell’organismo con concentrazioni specifiche di sodio, potassio e altri elettroliti, sono comunque influenzati dallo stato di equilibrio idrosalino dell’organismo. Le norme principali da seguire per evitare questo squilibrio sono:

Trattamento farmacologico: sono innumerevoli i farmaci usati nel trattamento della malattia di Ménière. Istaminosimili, diuretici risparmiatori di potassio, calcioantagonisti, vasoattivi di varia natura, sedativi e ansiolitici e innumerevoli terapie non convenzionali.

Qualunque trattamento venga proposto è consigliabile che il paziente chieda al medico che effetto vuole ottenere con quella specifica terapia, che effetti collaterali potrebbero presentarsi e se esiste dimostrazione scientifica che quella terapia ha un effetto positivo sulla malattia oppure si tratta di un trattamento sperimentale.

I trattamenti chirurgicisono indicati qualora la terapia dietetica e farmacologica non permetta un ottimo controllo della malattia cioè non si abbiano più crisi violente di vertigini. Essi possono essere di tipo funzionale oppure mirano alla distruzione più o meno completa delle cellule del sistema dell’equilibrio che inviano il segnale al sistema nervoso centrale. I principali sono:

A) Decompressione del sacco endolinfatico

B) Labirintectomia chimica con gentamicina(Fig. 3a)

C) Labirintectomia chirurgica

D) Sezione (neurotomia) del nervo vestibolare ( Fig. 3b)

 

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Fig. 3a-b

 

A)La decompressione del sacco endolinfatico è stato il primo intervento chirurgico “funzionale” per la cura della malattia di Meniere. Consiste nel rimuovere l’osso posto dietro il labirinto che ricopre il sacco endolinfatico dove “scaricano” la pressione i liquidi labirintici. Le procedure descritte sono diverse, semlice decompressione, applicazione di una valvola dal sacco alla mastoide o ai liquidi cerabrali, asportazione completa del sacco e tutti hanno percentuali di successo simili nel controllo della malattia. Essi oscillano nei vari studi dal 60% all’80%. Si tratta di un intervento che si esegue in anestesia generale e, in mani esperte, ha un rischio di complicazioni molto basso. Il principale vantaggio di questi interventi è che non sono distruttivi della funzione vestibolare e quindi non provocano uno squilibrio tra i due lati che, soprattutto nelle persone anziane, può essere difficile da compensare.

B)La labirintectomia chimica con gentamicina 114rappresenta uno dei trattamenti attualmente più diffusi oltre che per i buoni risultati per la relativa semplicità di applicazione. Infatti può essere eseguito ambulatoriamente iniettando la gentamicina, che è un antibiotico tossico per il sistema otovestibolare, nell’orecchio medio dove viene assorbito a livello della membrana della finestra rotonda. Si sfrutta il fatto che essendo più tossico per le cellule vestibolari che per quelle acustiche può essere applicato in modo da essere tossico solo per le prime lasciando intatta la funzione uditiva. La gentamicina può essere applicata direttamente nell’orecchio con un ago che attravversa la membrana timpanica oppure si posiziona prima un tubicino di ventilazione nel timpano attraverso il quale si inietta il farmaco. La capacità e l’esperienza del medico sta nell’applicare il farmaco in modo da distruggere le cellule vestibolari lasciando intatte quelle uditive. Il trattamento è ambulatoriale ed i risultati nel controllo delle vertigini, in mani esperte, raggiungono il 90%.

C) La labirintectomia chirurgicasi esegue solo quando il paziente ha una sordità totale dal lato della malattia edè l'intervento di emi - slabirintazione.

Attraverso la demolizione della regione mastoidea si giunge all'interno dell'orecchio medio e si asporta il labirinto responsabile della malattia si possono rimuovere chirurgicamente le cellule vestibolari. È un intervento da eseguire in anestesia generale che dà un controllo della vertigine in oltre il 95% dei casi. È raramente eseguito perchè è raro che si abbia una sordità totale dal lato della malattia.

D)La sezione o neurotomia del nervo vestibolare si esegue, ormai molto raramente, quando gli altri trattamenti non hanno dato il risultato sperato è il paziente continua ad avere violente crisi vertiginose. Si tratta infatti di un intervento delicato, otoneurochirgico, che consiste nella sezione intracranica del nervo vestibolare (dell’equilibrio) lasciando inatto quello cocleare (dell’udito). È risolutivo in oltre il 95% dei casi.

La nostra esperienza nel trattamento della malattia di Ménière ci ha portato ad impostare una strategia terapeutica che liberi il paziente al più presto dalla dipendenza della malattia. Infatti il problema principale di chi ne soffre è rappresentato dalla imprevedibilità delle crisi oltre che il pericolo intrinseco ad essa (caduta, incidente stradale) ne consegue che se la terapia medica e dietetica non ha raggiunto i risultati sperati nell’arco di tre mesi consigliamo il trattamento chirurgico nelle sue versioni funzionale (decompressione del sacco endolinfatico) e di deafferentazione (interruzione degli stimoli) vestibolare rappresentata dal trattamento con gentamicina. Altri trattamenti “funzionali” quali il trattamento pressorio dell’orecchio con il Meniett non hanno dimostrato, negli studi pubblicati di confronto, un successo superiore a quello dell’applicazione di un semplice tubicino di ventilazione nella membrana timpanica e di conseguenza non riteniamo il loro uso giustificato.

Un aspetto particolare del trattamento della malattia di Ménière è rappresentato dal trattamento della malattia di Ménière bilaterale. In questo caso laddove la terapia medica risulti insufficiente a controllare le crisi non è consigliabile, per la grave inabilità che provoca, un trattamento distruttivo bilaterale, ne consegue che il trattamento dovrà trovare un equilibrio portando ad una riduzione parziale della funzione vestibolare. La streptomicina che è un farmaco tossico per il sistema vestibolare usata per via parenterale (iniezioni intramuscolari) controllando clinicamente la funzione vestibolare ci permette di abbassare gradualmente la funzione labirintica senza danneggiare la funzione uditiva e senza arrivare ad una totale perdita della funzione vestibolare.

Come si curano gli acufeni, il senso di ovattamento auricolare e l’ipoacusia?

Gli acufeni e l’ovattamento possono trarre beneficio da procedure mediche e chirurgiche. La TRT ottiene nel trattamento degli acufeni legati alla malattia di Ménière gli stessi risultati che ottiene nelle altre forme di acufene con miglioramenti ottenibili nell’80% dei casi. L’ovattamento può trarre beneficio da procedure chirurgiche quali la decompressione del sacco endolinfatico, l’applicazione di gentamicina e talora la semplice applicazione di un tubicino di ventilazione. Per quanto concerne l’ipoacusia essa va trattata con apparecchi e protesi acustiche in tutti i casi in cui insorge difficoltà nel capire la provenienza dei suoni e nel capire il discorso in ambiente rumoroso. La protesizzazione può essere complessa a causa del recruitment (che genera fastidio per i rumori intensi) ma è sempre possibile.

 

Come può la malattia di Ménière condizionare la mia vita?

Il maggiore condizionamento della malattia è rappresentato dalla imprevedibilità delle crisi, dal fastidio legato agli acufeni e al senso di ovattamento auricolare. La collaborazione di chi ci circonda nella vita di tutti i giorni è molto utili nelle fasi iniziali della malattia quando si stanno valutando i risultati di terapie mediche e della dieta. Il prepararsi ad affrontarla secondo i suggerimenti della sezione trattamento della fase acuta ed il preparare e attrezzare l’ambiente familiare in modo da non trovarsi in gravi difficoltà è altrettanto utile. Il semplice mantenimento di una luce di bassa intensità accesa nella stanza da letto evita di trovarsi in difficoltà in caso di crisi notturna. In alcune persone la malattia può determinare l’insorgenza di una sindrome ansioso-depressiva che va adeguatamente riconosciuta e trattata affinchè non incida ulteriormente sulla salute generale del “menierico”.

 

1)Riassunto

La malattia di Ménière, archetipo della malattia vertiginosa invalidante, è una patologia a eziologia ancora sconosciuta, sebbene sia stata descritta nel XIX secolo e sia stata oggetto di una vasta produzione medico scientifica. Frequente, è caratterizzata da un'idrope endolinfatica che è all'origine della caratteristica e patognomonica triade clinica; questa triade associa un acufene simile ad un ronzio, unilaterale, dal lato dell'orecchio colpito, un'ipoacusia omolaterale di tipo recettivo, tipicamente più evidente sulle frequenze gravi, e una violenta vertigine rotatoria di tipo periferico, accompagnata da nausea e vomito. La triade sintomatologica si presenta in modo parossistico con crisi che durano alcune ore, la cui periodicità è casuale. Nel periodo intercritico, il paziente non accusa disturbi e i dati di laboratorio sono normali. Fare la diagnosi della malattia di Ménière lontano dalla crisi è difficile. Il decorso della malattia è molto variabile. Anche se essa ha un carattere benigno, può diventare gravemente invalidante. Attualmente, il trattamento della malattia di Ménière è decisamente più efficace che negli anni passati; tuttavia se oggi si possono controllare e prevenire le crisi vertiginose, in particolare con la sezione selettiva del nervo vestibolare, non sempre si può prevedere l'evoluzione dell'ipoacusia.

 

2)Cenni Storici

Nel 1861 Prospero Meniere (1799-1861), successore di Itard come medico capo dell’Istituto Imperiale dei sordomuti a Parigi, descrisse per primo l’entità clinica alla quale venne da allora attribuito il suo nome.

Egli definì una condizione patologica caratterizzata da improvvise e recidivanti crisi vertiginose, spesso accompagnate da nausea e vomito, associate ad ipoacusia e ad acufeni, intervallate da periodi di remissione durante i quali, almeno inizialmente, i pazienti godevano di buona salute Dopo la descrizione di Itard dell'associazione caratteristica di vertigine, ipoacusia e acufene nel 1821  Prospero Ménière descrisse, all'Accademia imperiale di medicina nel 1861, la presenza di una linfa plastica rossastra nel labirinto di due malati che avevano presentato sintomi e segni di congestione cerebrale apoplettiforme .Nonostante la malattia descritta allora non corrispondesse presumibilmente a quella oggi chiamata malattia di Ménière, Prospero Ménière ebbe il grande merito di associare, per la prima volta, all'orecchio interno una sintomatologia che a quei tempi veniva sistematicamente attribuita a un disordine del sistema nervoso centrale. Nella stessa occasione egli convalidò le leggi della fisiologia vestibolare proposte da Flourens nel 1842.

Ménière fece conoscere una patologia destinata a sollevare appassionate discussioni nel mondo medico. Nel fiorire di questi studi scientifici, tre eventi meritano di essere ricordati:

1)nel 1921, Portmann dimostrò sui pesci il possibile ruolo del sacco endolinfatico nella genesi dell'ipertensione endolinfatica

2)Hallpike C,Cairns H nel1938,scoprirono una dilatazione del labirinto membranoso sulle ossa temporali di due pazienti affetti dalla malattia sulla scorta dei lavori di Guild, che, nel 1927, con esperimenti su animali, aveva dimostrato che un colorante iniettato nell'endolinfa cocleare si ritrovava concentrato nel sacco endolinfatico, nel 1959 Naito fu in grado, di indurre un'idrope endolinfatica nella cavia distruggendo chirurgicamente il canale e il sacco endolinfatici. Questo metodo, migliorato da Kimura e Schuknecht nel 1965

Cliccare qui per andare alla sezione Riferimenti, è tuttora il modello sperimentale più usato per lo studio dell'idrope endolinfatica. Nel 1952, Tasaki e Fernandez  dimostrarono che la riduzione reversibile dei potenziali uditivi e dei potenziali d'azione cocleari poteva essere ottenuta iniettando nello spazio perilinfatico della coclea una soluzione di Ringer® allo 0,25% di cloruro di sodio. Nel 1954, Smith, Lowry e Wu  documentarono che l'endolinfa presentava una bassa concentrazione di sodio (3 - 5 mmol/l) e un'alta concentrazione di potassio (130 a 145 mmol/l), mentre questi valori si invertivano nella perilinfa. Nel 1959, Lawrence e McCabe  postularono che la base dei sintomi della malattia di Ménière dovesse essere attribuita alla rottura delle membrane endolinfatiche distese dall'idrope, con conseguente mescolamento dell'endolinfa ricca di potassio e della perilinfa ricca di sodio. Questa ipotesi fu sperimentalmente testata provocando le crisi tipiche della malattia di Ménière, attraverso l'iniezione in animali da esperimentodi una soluzione ricca di potassio nello spazio perilinfatico, fino al raggiungimento di un'alta concentrazione di potassio anche nell'endolinfa. Il concetto dell'intossicazione potassica delle fibre demielinizzate dell'epitelio sensoriale della coclea e del vestibolo fu quindi adottato come meccanismo base delle crisi. Studi successivi hanno posto maggiore attenzione alla struttura e alle alterazioni patologiche del sacco endolinfatico, visto che l'ipotesi più accreditata sulla patogenesi dell'idrope endolinfatica è basata sul difettoso riassorbimento dell'endolinfa a livello del sacco. Nel 1983, Schuknecht  osservando le rocche petrose di pazienti affetti dalla malattia di Ménière ha riscontrato non solo la presenza di un'idrope endolinfatica, ma anche di una fibrosi e di un'obliterazione ossea del canale e del sacco endolinfatici. Infine, va ricordato anche che al sacco endolinfatico viene attribuito un ruolo immunologico. Tuttavia, come si vedrà in seguito, nonostante siano state avanzate numerose ipotesi al riguardo, la patogenesi della malattia di Ménière resta inspiegabile.

 

2)CENNI STORICI(approfondimento)La malattia prende il nome di Prospero Ménière al quale viene universalmente riconosciuta la paternità della scoperta. (Figura 2.1) Dopo la descrizione di Itard dell'associazione caratteristica di vertigine, ipoacusia e acufene nel 1821. Prospero Ménière sviluppò le sue ricerche durante gli anni (dal 1839 al 1862) in cui lavorò come medico presso l’Institut Imperial des Sourds et Muet di Parigi.

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 Fig.2.1

 

  

Prosper Ménière 1861 ;descrisse, all'Accademia imperiale di medicina nel 1861, la presenza di una linfa plastica rossastra nel labirinto di due malati che avevano presentato sintomi e segni di congestione cerebrale apoplettiforme Prima della sua scoperta,esposta nel 1861 nella seduta dell’8 gennaio dell’Accademia Imperiale di Medicina, i pazienti con idrope endolinfatico sintomatologico non venivano considerati malati di competenza otorinolaringoiatrica. Prospero Ménière ebbe il grande merito di associare, per la prima volta, all'orecchio interno una sintomatologia che a quei tempi veniva sistematicamente attribuita a un disordine del sistema nervoso centrale. Prospero Ménière invece per primo interpretò i sintomi della vertigine e della ipoacusia osservati in una serie di pazienti come conseguenza di una alterazione patologica dall’apparato labirintico. Nonostante la

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Fig.2. 2                        Fig. 2.3

malattia descritta allora non corrispondesse presumibilmente a quella oggi chiamata malattia di Ménière, Nella stessa occasione egli convalidò le leggi della fisiologia vestibolare proposte da Flourens nel 1842  Ménière fece conoscere una patologia destinata a sollevare appassionate discussioni nel mondo medico. Le tesi di Ménière furono subito recepite con particolare interesse dal mondo scientifico medico del tempo e, già nel 1867, il quadro clinico veniva descritto come Malattia di Ménière.Appena qualche anno dopo, Goltz prima e successivamente Knapp ipotizzarono che la causa della malattia fosse un aumento di pressione intralabirintica analogamente a quanto avveniva nel già noto glaucoma Nel fiorire di questi studi scientifici, tre eventi meritano di essere ricordati: nel 1921, Portmann dimostrò sui pesci il possibile ruolo del sacco endolinfatico nella genesi dell'ipertensione endolinfatica  .Solo nel 1938 gli inglesi Hallpike e Cairns e il giapponese Yamakawa fornirono la dimostrazione istologica dell’esistenza dell’idrope endolinfatico nei pazienti con sintomatologia menierica. Hallpike e Cairns (Fig 2.2 e 2.3) scoprirono una dilatazione del labirinto membranoso sulle ossa temporali di due pazienti affetti dalla malattia; sulla scorta dei lavori di Guild, che, nel 1927  con esperimenti su animali ,avevadimostrato che un colorante iniettato nell'endolinfa cocleare si ritrovava concentrato nel sacco endolinfatico, nel 1959 Naito fu in grado  di indurre un’ e idrope endolinfatica nella cavia distruggendo chirurgicamente il canale e il sacco endolinfatici. Questo metodo, migliorato da Kimura e Schuknecht nel 1965

, è tuttora il modello sperimentale più usato per lo studio dell' idrope endolinfatica.

Nel 1952, Basai e Fernandez  dimostrarono che la riduzione reversibile dei potenziali uditivi e dei potenziali d'azione cocleari poteva essere ottenuta iniettando nello spazio perilinfatico della coclea una soluzione di Ringer® allo 0,25% di cloruro di sodio. Nel 1954, Smith, Lowry e Wu  documentarono che l'endolinfa presentava una bassa concentrazione di sodio (3 - 5 mmol/l) e un'alta concentrazione di potassio (130 a 145 mmol/l), mentre questi valori si invertivano nella perilinfa. Nel 1959, Lawrence e McCabe  postularono che la base dei sintomi della malattia di Ménière dovesse essere attribuita alla rottura delle membrane endolinfatiche distese dall’ idrope con conseguente mescolamento dell'endolinfa ricca di potassio e della perilinfa ricca di sodio. Questa ipotesi fu sperimentalmente testata provocando le crisi tipiche della malattia di Ménière, attraverso l'iniezione in animali da esperimento di una soluzione ricca di potassio nello spazio perilinfatico, fino al raggiungimento di un'alta concentrazione di potassio anche nell'endolinfa. Il concetto dell'intossicazione potassica delle fibre demielinizzate dell'epitelio sensoriale della coclea e del vestibolo fu quindi adottato come meccanismo base delle crisi. Studi successivi hanno posto maggiore attenzione alla struttura e alle alterazioni patologiche del sacco endolinfatico, visto che l'ipotesi più accreditata sulla patogenesi dell' idrope  endolinfatica è basata sul difettoso riassorbimento dell'endolinfa a livello del sacco. Nel 1983, Schuknecht  osservando le rocche petrose di pazienti affetti dalla malattia di Ménière ha riscontrato non solo la presenza di un' i idrope endolinfatica, ma anche di una fibrosi e di un'obliterazione ossea del canale e del sacco endolinfatici. Infine, va ricordato anche che al sacco endolinfatico viene attribuito un ruolo immunologico. Tuttavia, come si vedrà in seguito, nonostante siano state avanzate numerose ipotesi al riguardo, la patogenesi della malattia di Ménière resta inspiegabile

 

 
3)Definizione:
Che cos'è la malattia di Ménière ?


È una malattia dell’orecchio interno che si manifesta con crisi vertiginose periodiche, acufene e sensazione di orecchio ovattato e diminuzione dell’udito nell’orecchio interessato ,che inizialmente è in genere fluttuante. Tipicamente la crisi vertiginosa  è preceduta dalla sensazione di ovattamento, da una modificazione o aumento dell’acufene e si manifesta con vertigine oggettiva (l’ambiente  ruota intorno al paziente), disequilibrio, nausea e vomito. Nella figura 1, la superficie dell'orecchio colpito è il labirinto intero, che include sia i canali semicircolari e la coclea.

Un tipico attacco di malattia di Ménière è preceduta da pienezza in un orecchio.  Fluttuazione udito o cambiamenti di tinnito può anche precedere un attacco.  Un episodio di Ménière comporta generalmente gravi vertigini (spinning), squilibrio, nausea e vomito.  L'attacco ha una durata media di 2-4 ore.  A seguito di un grave attacco, maggior parte delle persone che sono esausti e devono dormire per diverse ore.  C'è una grande quantità di variabilità nella durata dei sintomi.  Alcune persone breve esperienza "shock", e altri hanno instabilità costante.  Alta sensibilità agli stimoli visivi (visual dependence).  (Lacour, 1997).  Durante l'attacco è comune che  gli occhi si muovino spontaneamente (questo fenomeno è chiamato "nistagmo").

  Materiale supplementare sul sito DVD : film di nistagmo durante la malattia di un attacco di Ménière



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Fig.1-1Caduta a causa di crisi otolitici di Tumarkin.


3)DEFINIZIONE (APPROFONDIMENTO)

La malattia di Ménière può essere definita come una patologia dell'orecchio interno a eziologia sconosciuta, il cui substrato anatomopatologico è un'idrope endolinfatica. È caratterizzata dall'associazione di ipoacusia fluttuante con sensazione di pienezza auricolare, di crisi vertiginose accompagnate da marcati segni neurovegetativi e di un acufene. Questi sintomi si manifestano con crisi parossistiche e imprevedibili, a frequenza variabile; nella fase iniziale sono monolaterali e tendono ad attenuarsi nel periodo intercritico mentre con la progressione della malattia possono diventare bilaterali.

 Il termine «malattia di Ménière» va preferito agli appellativi più comunemente usati come «vertigine di Ménière» o «sindrome di Ménière». Il termine «vertigine» conferisce un ruolo predominante al sintomo vestibolare che, sebbene sia il più eclatante, non è né il più duraturo né il più preoccupante nella storia della malattia. È, in effetti, l'ipoacusia a creare i maggiori problemi terapeutici e a rappresentare il criterio più tangibile di efficacia terapeutica. Il termine di «sindrome» sottintende l'esistenza di una possibile eziologia all'associazione dei sintomi caratteristici della malattia. Ora, se gli stessi possono essere osservati nel corso di malattie autoimmuni, della sindrome di Cogan o della sifilide, la malattia di Ménière è, per definizione, idiopatica e deve dunque essere caratterizzata come tale. Il termine di «malattia di Ménière» sembra dunque il più adatto e assicura una definizione di insieme della malattia e un'identità di linguaggio con la comunità scientifica anglosassone.

Altre patologie del sistema cocleo-vestibolare, del nervo cocleo-vestibolare o del sistema nervoso centrale possono provocare sintomi simili a quelli della malattia di Ménière. La diagnosi differenziale di questa malattia si rivela spesso difficile, anche per uno specialista, fino a quando non compaia la triade tipica e non sia stata esclusa una patologia retrococleare. Per questo, un'ipoacusia fluttuante isolata e crisi isolate di vertigine oggettiva non dovrebbero essere riferite alla malattia di Ménière e, con riserva, possono essere considerate solo una variante, cocleare o vestibolare, della malattia.

Tra le definizioni proposte per la malattia di Ménière, occorre ricordare quella dell’American Medical Association che, nell’indeterminatezza del fattore causale, si basa su caratteristiche cliniche e semeiologiche di accertato o supposto valore discriminante:la malattia di Ménière è una malattia dell’orecchio interno membranoso caratterizzata da ipoacusia, vertigine e abitualmente acufene che ha il suo corrispettivo patologico nella distensione idropica del sistema endolinfatico. L’ipoacusia è di tipo neurosensoriale fluttuante, generalmente unilaterale e progressiva. La vertigine è episodica; dura da 20 minuti a 24 ore ed è accompagnata da nausea, vomito e si associa ad un nistagmo vestibolare. Sono assenti i segni neurologici e la perdita di coscienza

La American Academy of Otolaryngology-Head an Neck Surgery (AAO-HNS) ha pubblicato nel 1995 i criteri per definire la malattia di Ménière (tabella 1-1) .

 

Tabella 1-1 - Scala diagnostica della sindrome di Ménière secondo l'American Academy of Otolaryngology-Head and Neck Surgery (AAO-HNS).

Malattia di Ménière confermata

Malattia di Ménière accertata con conferma istopatologica.

Malattia di Ménière certa

Due episodi o più di vertigini di durata non inferiore a 20 minuti

Ipoacusia documentata da un audiogramma in almeno un'occasione

Acufene o sensazione di pienezza auricolare

Malattia di Ménière probabile

Un episodio certo di vertigine

Ipoacusia documentata da un audiogramma in almeno un'occasione

Acufene o sensazione di pienezza auricolare

Malattia di Ménière possibile

Vertigine episodica senza ipoacusia documentata

Ipoacusia neurosensoriale, fluttuante o stabile, con alterazioni dell'equilibrio ma senza episodi parossistici certi.

 

4)Epidemiologia delle Malattie di Ménière

Ménière colpisce circa lo 0,2% della popolazione.. Malattia di Ménière comincia solitamente interessando  un solo orecchio, ma spesso si estende e coinvolge entrambe le orecchie nel tempo, in modo che dopo 30 anni, il 50% dei pazienti ha una  malattia di Ménièrebilaterale  (Stahle et al, 1991). Vi è una certa polemica circa questa statistica tuttavia  alcuni autori, ad esempio Silverstein, suggeriscono che la prevalenza della bilateralità sia  più bassa 17% (Silverstein, 1992). Sia ha  il sospetto che questa statistica sia più bassa  a causa di una minore durata del follow up e che la cifra del 50% è probabile che sia lapiù corretta.  Altre possibilità, tuttavia, sono il tipo di  selezione e diversi modelli di classificazione della malattia nei ad avere una malattia di maniera bilaterale diversi paesi. Silverstein ha suggerito che il 75% delle persone destinate ad avere una malattia di Ménièrebilateralela raggiunge  entro 5 anni.

In most cases, a progressive hearing loss occurs in the affected ear(s).Nella maggior parte dei casi, una perdita progressiva della funzionalità uditiva si verifica  nell'orecchio colpito . Inizialmente si ha un ipoacusia neurosensoriale per le  bassa frequenza, ma col passare del tempo, di solito si trasforma in una perdita uditiva sia piatta o con caduta delle frequenze acute . Anche se un attacco acuto può essere invalidante, la stessa malattia non è mortale.

 Gli occhi durante la crisi si muovono aritmicamente in senso laterale (nistagmo). La durata della crisi è di alcune ore ,ma può essere molto variabile al pari della frequenza di manifestazione.In alcune persone l’instabilità persiste anche dopo l’attacco acuto.

Per malattia di Menière (MdM) si intende un'affezione idiopatica che interessa l’orecchio interno il cui sottostante meccanismo fisiopatologico è un aumento della pressione a carico dei liquidi endolinfatici, contenuti nella coclea e nel labirinto (Idrope endolinfatica).

L'esistenza dell'idrope può essere accertata solo "post mortem" dai dati istopatologici relativi all'osso temporale.
4)Epidemiologia delle malattia di  Ménière (MdM)(I °approfondimento)

c'è notevole disaccordo nella letteratura mondiale circa l'incidenza (nuovi casi/anno) e la prevalenza (tutti i casi nella popolazione) della malattia di Ménière probabilmente a causa di bias metodologici e, in particolare, per l'assenza di criteri clinici o diagnostici univoci. Per riassumere, sembra che LA  MdM abbia una incidenza di circa 200 casi su 100.000 persone negli Stati Uniti, o in altre parole, circa lo 0,2% della popolazione ha la malattia di Ménière. La prevalenza può variare a livello internazionale. La prevalenza aumenta con l'età, piuttosto lineare, fino all'età di 60 anni.

Per l'Inghilterra, Cawthorne e Hewlett (1954) segnalano, 157 casi su 100.000 casi basati su i dati di 8 medici di base in Inghilterra sino al marzo 1952. Non è chiaro nella loro relazione se tali cifre riflettono incidenza o prevalenza, sebbene Arenberg et al hanno suggerito che è una figura di incidenza (1980). Se la prevalenza, questa cifra potrebbe essere molto simile a una figura segnalato per gli Stati Uniti da Wadislowvsky e soci, più tardi). Se si intende l’incidenza, questa cifra potrebbe suggerire che la  prevalenza è maggiore (approssimativamente.16-25%, o circa il 4% della popolazione). Riteniamo che questo dato sia altamente improbabile. 160/100.000 casi in Inghilterra Carlborg BI, 1983 ; Mentre altri hanno suggerito un tasso di prevalenza alto come 1% (es. Morrison, 1995; Harrison e Naftalin, 1968), sembra che le prove per questa asserzione,siano poco attendibili. Goodman (1957) ha presentato dati che suggeriscono una prevalenza dello 0.56%, che è simile ai dati trovati negli Stati Uniti da Wadislowvsky e soci. In Giappone ci sono stati diversi grandi studi epidemiologici.  50/100.000 casi in Giappone  Shojaku H, 1997 ;secondo Watanabe (1988), malattia di Ménière era rara fino al 1950. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, c'è stato un rapido aumento del numero di pazienti con malattia di Ménière. In questi studi sono definiti Menierici i pazienti con ripetuti attacchi di vertigine, sintomi cocleari fluttuanti e vertigini, con esclusione di altre malattie (Watanabe et al., 1995). Hanno riferito che l'età media di esordio era di 41-42 anni , con una picco di incidenza nell’ età tra i 30 ed i 39. La prevalenza è stata di 16-17 casi x 100.000. Questa cifra viene valutata  bassa. In uno studio più recente  Shojaku e Watanabe (1997)hanno trovato una incidenza tra 21,4 e 36,6 casi x100.000, che può essere considerata ancora una stima bassa.

Ci sono stati diversi studi della popolazione statunitense. Nello studio di Framingham, (Framingham, messa, USA)l’ 1,48% della popolazione ha dichiarato di avere avuto una  malattia di Ménière (Moscicki et al., 1985). Queste percentuali elevate derivano probabilmente  dalla  tendenza di molti medici a trattare, tutti i casi di vertigine ricorrenti ,come  malattia di Ménière (Slater, 1988). Wladislavosky e soci, alla Mayo Clinic hanno riferito, nel 1980 ,una prevalenza di su 218.2 casi x 100.000, nella popolazione di Rochester ,Minnesota e un tasso di incidenza di 15.3nuovi casi x100,000 x anno. Hanno anche riferito di un tasso di diagnosi fondamentalmente proporzionale all'età fino all'età di 60, con un successivo declino. Nel 34% della  loro coorte è stato trovato una Ménière bilaterale. Questi AA hanno commentato  che i tassi ,riscontrati in Rochester MN, appaiono più bassi rispetto a quelli segnalati in Inghilterra e Svezia. Da 15 a 21/100.000 casi negli USA 1991,Kitahara M, Futaki T, Nakano K hanno dimostrato l'assenza di differenze significative nell'insorgenza della malattia di Ménière tra diversi gruppi etnici negli USA e, fino a oggi, non è stato possibile dimostrare nessuna predisposizione legata al sesso, alla razza o all'area geografica di residenza.

In Finlandia, la è stata segnalata una frequenza4 di 43casi x 100.000 abitanti, l’incidenza era del 4.3x100.000 (Kotimaki et al., 1999). Questa cifra appare bassa rispetto a quanto segnalato negli Stati Uniti ed in  Inghilterra.

In Svezia, Stahle et al. Hanno segnalato nel 1973 un'incidenza   di Menierici  ad Uppsala di 45x100.000 abitanti. Questo  studio ha utilizzato per la diagnosi criteri più severi rispetto   agli  altri studi e pertanto è generalmente ritenuto una sottostima .La  malattia di Ménière, per i loro criteri, è circa 4 volte più comune rispetto all’ otosclerosi. L'incidenza sarebbe pari a 46/100.000 casi in Svezia, escludendo la forma cocleare pura (ipoacusia fluttuante isolata Spoendlin H,)1992.

In Italia, Celestino e Ralli hanno riportato un tasso di incidenza di 8 x 100,000,  e stimano che la prevalenza era di circa lo 0,4% della popolazione. Ciò presuppone che la maggior parte delle persone convivere con la malattia di maniera in media cinquant'anni. La distribuzione dei loro caso, non è normalizzata per l'età della popolazione, ha raggiunto un picco a 41-50 anni.

L’incidenza, cioè il numero di nuovi pazienti diagnosticati ogni anno, è stata calcolata in Italia nel 1988 ed è risultata pari a 82 nuovi casi per milione di abitanti mentre la prevalenza, cioè il numero totale di casi presenti in una popolazione, è risultata di 116.850 casi.Ricerche simili in varie aree del mondo hanno dato risultati discordanti (vedi tabella 1-2).

 

Autori

Anno

CASI

NAZIONE

Cawthorne e Hewlett

1954

157

USA

Goodmann

1956

37

INGHILTERRA

Michel e coll

1975

75

FRANCIA

Stahke e coll

1978

460

SVEZIA

Watanabe

1980

40

GIAPPONE

Celestino e Ralli

1988

82

ITALIA

Muzukoschi

1993

161

GIAPPONE

tabella 1-2

La sensazione generale è che entrambi i sessi sono ugualmente colpiti. Tuttavia ci può essere una differenza nella distribuzione dei pazienti gravemente disabili. Stahle (1976) ha osservato che il numero di maschi superano le femmine (206:150) in questo gruppo.

pochi dati riguardo alla predisposizione razziale sono disponibili per la malattia di Ménière. Nel 1972 Nsamba ha segnalato che la malattia di Ménière era rara in Uganda. CaparaosaA(1963) ha riferito che la malattia di Ménière è stata prevalentemente una malattia della razza bianca e si è verificato solo raramente nella popolazione  nera. D'altra parte, Futaki e Kitahara (1974) hanno trovato che l'incidenza della malattia di Meniere è rimasta sostanzialmente invariata tra bianchi e neri americani americano. malattia di Ménière  è rara nel sud-ovest degli indiani d'America (Wiet, 1979). In sintesi, al momento non è chiaro se vi siano predisposizioni razziali alla malattia di Meniere.

La condizione sociale sembra invece influenzare la comparsa della patologia, dato che essa colpisce più frequentemente le classi sociali medio-alte  Tran Ba Huy P 1989.

Nonostante possa manifestarsi a qualsiasi età, la malattia di Ménière compare più spesso tra la quarta e la sesta decade di vita; è un evento piuttosto raro prima dei 20 anni  Brette MD, 1989; ed eccezionale nel bambino  McClure JA, 1981 ; Inoltre, gran parte dei bambini colpiti dalla malattia di Ménière può in realtà essere classificata come affetta da sindrome di Ménière «secondaria o sintomatica», dato il riscontro anamnestico di ipoacusie conseguenti a parotite, a meningiti da “Haemophilus influenzae”, a una frattura del temporale, a patologie otologiche congenite o embriopatiche, evolute in una classica triade di Ménière alcuni anni più tardi  Hausler R, 1987 ; La predominante lateralità sinistra osservata nel corso della malattia di Ménière non è stata spiegata  Heermann J. 1993 ; Infine, la frequente insorgenza di casi multipli nella stessa famiglia lascia supporre la presenza di fattori genetici predisponenti  Bernstein J 1965 ; Birgerson L, 1987 ; 

 


5)QUALI SONO I CRITERI PER PORRE DIAGNOSI DI MALATTIA DI MÉNIÈRE?

Crisi di vertigine rotatoria di durata oscillante tra 20 minuti e alcune ore.

 La diagnosi di Malattia di Ménière non è sempre facile soprattutto nelle fasi iniziali della malattia per la variabilità con la quale i diversi sintomi si presentano. La monolateralità dei disturbi aiuta la diagnosi in fase iniziale mentre non è raro nelle fasi avanzate l’interessamento dell’altro orecchio. Durante le crisi il nistagmo batte sul lato dell'orecchio malato, dopo la crisi batte sull'altro lato. Le vertigini sono accompagnate da segni neurovegetativi quali nausea e vomito e si possono verificare con una frequenza molto variabile da diverse volte a settimana a solo una volta all'anno

La sintomatologia della MdM è caratterizzata da un insieme di sintomi quali:

Attacchi spontanei e ricorrenti di vertigine oggettive(rotatorie, violente, a crisi, della durata di ore/giorni, cadute improvvise (Drop attacks iporeflessia vestibolare nell’orecchio interessato));

Ipoacusia percettiva(perdita di udito dovuta a danni dell'orecchio interno ipoacusia fluttuante, interessamento iniziale delle basse frequenze, elevato rapporto SP/AP all’elettrococleografia nell’orecchio);

Ovattamento auricolare [fullness Diplacusia (sensazione di rimbombo o eco) ];

Acufeni soggettivi e senso di orecchio pieno.

L'ipoacusia, l'ovattamento auricolare e gli acufeni (sintomi cocleari) e la vertigine (sintomo vestibolare) devono essere contemporaneamente presenti durante la crisi ed interessare l'orecchio colpito .

La vertigine, accompagnata da nausea e vomito, deve durare non meno di 20 minuti, sino a qualche ora (in media 4 - 5 ore) e deve presentarsi in almeno due episodi.

Durante la crisi, è presente un movimento oculare patologico (nistagmo - Ny) spontaneo, orizzontale-rotatorio, il cui movimento rapido è diretto in un primo momento (fugace) verso l'orecchio patologico e successivamente verso l'orecchio sano.

L'ipoacusia è di tipo percettivo (neurosensoriale) e abitualmente fluttuante nelle fasi precoci della malattia, anche se tali oscillazioni dell'udito non sono sempre presenti né necessarie per la diagnosi. Inizialmente coinvolge le frequenze gravi (250Hz-500Hz), estendendosi in seguito alle frequenze medie (1000Hz-2000Hz) ed acute (4000Hz-8000Hz) con curva piatta (pantonale).

6)STADIAZIONE

L'entità dell'ipoacusia consente la stadiazione della malattia in 4 gradi (Tab. 1) e deve essere accertata strumentalmente in almeno una occasione.

STADIO

PTA (dB)

1

25

2

26-40

3

41-70

4

>70


Tab. 1. Stadiazione della MdM. La stadiazione è basata sulla media di 4 toni (media aritmetica arrotondata al numero intero più vicino) della soglia uditiva tonale a 0.5, 1, 2, e 3 kHz. del peggiore audiogramma rilevato nei sei mesi precedenti l'inizio della terapia.

L'acufene e la fullness devono essere presenti nell'orecchio patologico e rivestono carattere variabile da soggetto a soggetto.

È molto importante che tutte le patologie in grado di manifestarsi con un quadro clinico simile alla MdM siano escluse: in particolare, i disturbi immunitari dell'orecchio interno, le neoformazioni dell'ottavo nervo cranico, le alterazioni metaboliche sistemiche e le patologie vascolari.

Uno speciale comitato internazionale ha codificato con precisione i sintomi che devono essere presenti nella sindrome per poter essere classificata come tale. Ciò rappresenta uno sforzo medico per ridurre la confusione nella terminologia ma non ha prodotto, apparentemente, un granché di benefici tra i pazienti

 

7)ETIOLOGIA: CHE COSA CAUSA LA MALATTIA DI MÉNIÈRE ?

 7

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Fig1. 2a:Labirinto membranoso  Normale

1. 2b: Dilated membranous labyrinth in Meniere's disease (Hydrops)(Idrope)Dilatativa del labirinto membranoso   nella malattia di  Ménière

 

L'origine della malattia di Ménière  è attualmente controversa.While in the past, it was felt that plumbing problems ( hydrops ) in the ear were responsible for the disease, the most current opinion is that the plumbing problems are are just a marker for the Meniere's disease, rather than necessarily being responsible for the symptoms. Mentre in passato, si è ritenuto che i problemi idraulici (idrope) nell'orecchio erano responsabili della malattia, l'opinione più corrente è che i problemi idraulici sono  solo un marker per la malattia del Ménière , piuttosto che necessariamente essere responsabili dei sintomi .

Traditional thinking on the origin of Meniere's disease : The most prevalent opinion is that an acute attack of Meniere's disease results from fluctuating pressure of the fluid within the inner ear.Etiologia (tradizionale) della malattia di Ménière: L'opinione più diffusa è che un attacco acuto di malattia di Ménière  risultati da fluttuazioni di pressione del fluido all'interno dell'orecchio interno. A system of membranes, called the membranous labyrinth, contains a fluid called endolymph. Un sistema di membrane, chiamato labirinto membranoso, contenente un liquido chiamato endolinfa. The membranes can become dilated like a balloon when pressure increases. Le membrane può diventare dilatata come un pallone, quando aumenta la pressione. This is called "hydrops" . Questo si chiama "idrope".One way for this to happen is when the drainage system, called the endolymphatic duct or sac is blocked. Un modo perché questo avvenga è quando il sistema di drenaggio, chiamato il dotto endolinfatico o uscita è bloccata. In some cases, the endolymphatic duct may be obstructed by scar tissue, or may be narrow from birth. In alcuni casi, il dotto endolinfatico può essere ostruito da tessuto cicatriziale, o può essere stretto dalla nascita. In some cases there may be too much fluid secreted by the stria vascularis. In alcuni casi ci può essere troppo liquido secreto dalla stria vascularis.

Oltre ad una interruzione delle vie di drenaggio, un allargamento abnorme delle vie dei fluidi nell'orecchio interno come l'acquedotto vestibolare o l'acquedotto  cocleare possono e essere associata con i  sintomi della MdM. Recenti evidenze sono contro  una relazione tra l'acquedotto cocleare e MD (Yilmazer et al, 2001). Un acquedotto vestibolare allargato è una delle malformazioni più comunemente identificate nell’orecchio interno osseo nei  bambini affetti da ipoacusia neurosensoriale da causa sconosciuta (Oh et al, 2001). L'acquedotto vestibolare si estende dalla parete mediale del vestibolo alla  superficie posteriore della rocca petrosa dell'osso temporale. La maggior parte delle persone con acquedotti allargata i con disturbi vestibolari dell'orecchio presentano una perdita uditiva , ma a volte c'è una associazione con problemi vestibolari (Shessel e Nedzelski, 1992). Ci può essere un collegamento genetico tra un acquedotto vestibolare allargato e la sindrome di Pendred, che è un disturbo congenito della tiroide .

Teorie più recenti sull'origine della malattia di Ménière . D'altra parte, l’idrope non si trova in tutte le persone con la malattia di Ménière  e l’idrope si riscontra  anche comunemente (6%) su studi autoptici di persone che non avevano i sintomi tipici della malattia  di Ménière  (Honrubia, 1999; Rauch et al, 2001).  Perché la malattia di Ménière  si verifica in circa 0.2/100 persone , e l’idrope si trova nel 6% delle  ossa temporali, c'è un ordine di grandezza in più rispetto ai pazienti  con idrope da  malattia di Ménière.  Così logicamente, ci deve essere qualcosa di più ,della  semplice idrope, coinvolti nell'origine della malattia di Ménière

Malattia Autoimmune Dell'orecchio Interno.

9Recentemente l'attenzione è stata focalizzata sulla funzione immunologica del sacco endolinfatico ,le malattie immunitarieimmune disease immune disease possono contribuire su una sostanziale percentuale di pazienti con malattia di Ménière . Queste affermazioni in parte si basano  su uno studio in cui i pazienti con malattia di Meniere avevano una prevalenza molto elevata (circa del 25%) di  malattie autoimmuni della tiroide (Brenner et al, 2004).  D'altra parte, Ruckenstein e altri recentemente ottenuto in un grande numero di test di autoimmunologia del sangue ,in un gruppo di 40 pazienti con malattia unilaterale di Ménière, che comprendevano CBC, ANA, anti-Sjoegren, RF,  complemento, anticorpi antifosfolipidici, Western Blot per leproteine da shock termico (HSP ) Una proteina da shock termico è una sostanza proteica sintetizzata quando le cellule sono esposte alle alte temperature oppure ad alte condizioni di stress., MHA (test per la sifilide), e di Lyme. Solo nel test degli anticorpi antifosfolipidi, sono stati trovati valori aumentati, nel 27% dei pazienti, invece  del 6-9% atteso. Proteina anti shock termicoè stato trovata nel 6%. Questi autori hanno concluso che è improbabile che uneziologia autoimmuneabbia svolto  un ruolo significativo nella loro popolazione di Ménièreunilaterale  (Ruckenstein, 2002).  Un'altra interpretazione dei dati è che questi autori potrebbe semplicemente non avere utilizzato  un indicatore appropriato per un  coinvolgimento autoimmunologico, così come la malattia di Ménière unilaterale possa avere  meno cause auto immunologiche rispetto alla malattia di Ménièrebilaterale.

Si può anche pensare ragionevolmente che  l'emicrania (Migraine) sia  la causa di (alcuni) casi di malattia di Ménière .  L'emicrania è più comune della  malattia di Ménière  ,di almeno un ordine di grandezza e ciò  può consentire la possibilità che le varianti di emicrania siano simili per frequenza , alla  malattia di Ménière .  I pazienti con Ménière  hanno anche emicrania, circa il 50% del tempo. La perdita dell'udito nella malattia di Ménière ( MdM) non segue lo schema previsto per una malattia dell'orecchio interno (ovvero la perdita prima alle alte frequenze, e la perdita delle  OAE’s). Il trattamento non farmacologico della MdM(malattia di Ménière)  cioè la dieta, è quasi identico a quello dell’ emicrania.

 Così, alla fine è che, nella maggior parte dei pazienti con MdM  nel 2011, la causa della malattia di Ménière  è sconosciuta.  E 'più spesso attribuita a infezioni virali dell'orecchio interno, trauma cranico, una predisposizione ereditaria, o ad  allergie.  L'emicrania può causare sintomi che si sovrappongono con la malattia di Ménière . La causa della malattia è sconosciuta. Esistono varie ipotesi che trovano riscontro in tutta una serie di rilievi anatomopatologici (autopsia) e clinici (esame del paziente).Con il progredire della ricerca, si è stabilito con chiarezza il meccanismo che causa questi sintomi: è un'alterazione dei liquidi labirintici. La manifestazione principale dell’idrope endolinfatica è la dilatazione del labirinto membranoso, che è un sistema di membrane dell’orecchio interno ripiene di liquidi in  cui si ritiene esista od una eccessiva produzione, oppure un ridotto riassorbimento. Va detto che mentre non esiste una malattia di Ménière senza idrope endolinfatica (0,2/100 persone)  si può avere idrope endolinfatica senza malattia di Ménière (0,6/100 ossa temporali di persone decedute)

Tre meccanismi patologici alla base dell’idrope endolinfatica sono emersi dagli studi anatomopatologici: fibrosi del sacco endolinfatico e dell’epitelio vestibolare, alterato metabolismo delle glicoproteine e infezione virale dell’orecchio interno.Da un punto di vista fisiopatologico il ridotto riassorbimento di endolinfa da parte del sacco endolinfatico, presuppone una ridotta  dimensione dell’acquedotto vestibolare nei pazienti menierici.

La predisposizione genetica è supportata dalla prevalenza di alcuni antigeni leucocitari (Cw*07). Le alterazioni del sistema immunitario dall’aumento del rapporto OKT 4/8 e dalla diminuzione delle cellule OKT8-positive

Le alterazioni metaboliche da aumentati livelli di fibrinogeno, D-dimero, leucociti e riduzione dei folati che indicano un generico stato infiammatorio.

Le infezioni virali, sostenute  da elevati livelli di immunoglobuline G del virus dell’ herpes simplex nella perilinfa dei pazienti menierici.È peraltro verosimile che molte siano le cause che possono determinare idrope endolinfatica che in alcuni casi si manifesta come malattia di Ménière conclamata. Verosimilmente esiste una predisposizione genetica e fattori scatenanti autoimmunitari, virali e metabolici

L'endolinfa , ma in qualche caso si ipotizza che anche la perilinfa, nei pazienti affetti dalla malattia abbia la  tendenza ad accumularsi all'interno del labirinto. Dato che questo ha delle pareti ossee, e quindi inestensibili, un aumento del contenuto provoca un aumento della pressione dei liquidi. Le cellule ciliate dei “sensori” uditivi e dell'equilibrio, che vivono immerse nell'endolinfa ne risultano schiacciate. Il loro funzionamento è compromesso, questo provoca la vertigine e l'instabilità, l'ipoacusia e l'acufene, che possono comparire contemporaneamente o in sequenza casuale. L'accumulo di endolinfa viene definito idrope endolinfatica e può interessare tutto il labirinto oppure solo la parte anteriore o la posteriore. Inoltre, soprattutto nelle fasi iniziali, l'idrope èfluttuante, così come i sintomi. Questo è il motivo del nefasto impatto psicologico della malattia sul paziente. Quando questa è stabilizzata, infatti, è vissuta più facilmente. La sequenza di eventi descritta, estremamente semplificata, sembrerebbe aver risolto il grosso problema relativo alla diagnosi ed alla terapia della malattia di Menière. In realtà esiste ancora una grande zona d'ombra relativa alla causa che provoca il ristagno dell’ endolinfa. Negli ultimi anni si è sottolineato con estrema enfasi il ruolo delle Aquaporine . Con questo nome si identificano delle sorta di canali sulla superficie delle cellule fondamentali per la distribuzione dei liquidi, dentro e fuori le cellule e quindi, nell'organismo. L'apertura e la chiusura di questi canali è regolata da un ormone, prodotto dalla nostra Ipofisi, che è detto Antidiuretico (ADH) . Quando particolari sensori cerebrali, si accorgono che c'è una diminuzione della quantità di acqua, parte un impulso a produrre Ormone Antidiuretico, così che le Aquaporine si chiudono e trattengono acqua        


Struttura molecolare della Aquaporine                                    

 


10Anche questo modello di funzionamento, estremamente studiato, non trova però un consenso uniforme e probabilmente non è l'unico con cui si realizza l'idrope. Inoltre, nei casi in cui è possibile studiarne il funzionamento (ed è estremamente raro e difficile da realizzare), si osserva anche un quadro di idrope a carico della perilinfa, e non dell'endolinfa. Tutto ciò rende molto interessante l'ulteriore terreno di ricerca, ma ancora una volta non modifica di molto le possibilità di guarire dalla malattia.

In realtà la scoperta dell'importante ruolo delle Aquaporine e del ADH, ha modificato radicalmente l'atteggiamento terapeutico. I farmaci e la dieta, sono indirizzati in senso opposto a quello che si faceva in passato. Ad esempio l'eccesso di liquidi (l'idrope) può dare origine a reazioni paradosse se trattato per lungo termine con diuretici, considerati per anni il cardine della terapia.

La possibilità di disporre di un numero sempre crescente di esami strumentali permette di identificare chiaramente la causa della sintomatologia. E' fondamentale infatti identificare le fasi iniziali dell'instaurarsi dell'idrope endolinfatica, quando è fluttuante. Infatti durante i primi episodi della malattia, si suppone che non si produca un danno permanente dei recettori. Risolto l'idrope, la pressione scende e questi possono riprendersi. E' importante fare attenzione a quali possono essere i sintomi d'esordio. Spesso è la sensazione di pressione auricolare, la fullness, a presentarsi per prima, frequentemente inosservata, sottovalutata ed erroneamente attribuita ad una disfunzione dell'orecchio medio o della tuba di Eustachio . Purtroppo non è usuale osservare il paziente in questa fase, spesso si è verificato un episodio vertiginoso in seguito alla semplice fullness e quindi si determina un nesso con la malattia di Ménière .

Alla luce di queste considerazioni è necessario riprogrammare l'atteggiamento diagnostico nei confronti degli acufeni, non raramente sintomo di esordio della malattia. Anche se l’acufene  è l'unico segno isolato per lungo tempo è necessario sottoporre l'individuo ad un iter esaustivo per la ricerca dell'idrope endolinfatico.

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Oggetto ancor oggi di discussione è invece l’eziopatogenesi dell’idrope. La causa della malattia è sconosciuta. Secondo alcuni, esso dipenderebbe da una sregolazione vasomotoria caratterizzata inizialmente da una vasocostrizione dei capillari labirintici e successivamente da una vasodilatazione con aumento della permeabilità vasale e iperproduzione di endolinfa. Secondo altri, l’ idrope endolinfatico potrebbe dipendere invece da un difettoso riassorbimento dell’endolinfa a causa di una alterazione strutturale del dotto e/o del sacco endolinfatico oppure da modificazioni biochimiche della perilinfa o da un aumento delle proteine nell’endolinfa, ecc. Tra le cause vengono citate quella virale, traumatica, tossica, allergica, dismetabolica, ormonale, ecc.  Esistono varie ipotesi che trovano riscontro in tutta una serie di rilievi anatomopatologici (autopsia) e clinici (esame del paziente).Con il progredire della ricerca, si è stabilito con chiarezza il meccanismo che causa questi sintomi: è un'alterazione dei liquidi labirintici. La manifestazione principale è l’idrope endolinfatica cioè la dilatazione del labirinto membranoso, sistema di membrane dell’orecchio interno ripiene di liquidi di cui si ritiene esista una eccessiva produzione oppure un ridotto riassorbimento. Va detto che mentre non esiste malattia di Ménière senza idrope endolinfatica (0,2/100 persone)  si può avere idrope endolinfatica senza malattia di Ménière (0,6/100 ossa temporali di persone decedute).

Tre meccanismi patologici alla base dell’idrope endolinfatica sono emersi dagli studi anatomopatologici: fibrosi del sacco endolinfatico e dell’epitelio vestibolare, alterato metabolismo delle glicoproteine e infezione virale dell’orecchio interno. Da un punto di vista fisiopatologico il ridotto riassorbimento di endolinfa da parte del sacco endolinfatico, supportata dalle ridotte dimensioni dell’acquedotto vestibolare nei pazienti menierici.

La predisposizione genetica è supportata dalla prevalenza di alcuni antigeni leucocitari (Cw*07). Le alterazioni del sistema immunitario dall’aumento del rapporto OKT 4/8 e dalla diminuzione delle cellule OKT8-positive
Le alterazioni metaboliche da aumentati livelli di fibrinogeno, D-dimero, leucociti e riduzione dei folati che indicano un generico stato infiammatorio.

Le Infezioni Virali, supportate da elevati livelli di immunoglobuline G del virus herpes simplex nella perilinfa dei pazienti menierici.È peraltro verosimile che molte siano le cause che possono determinare idrope endolinfatica che in alcuni casi si manifesta come malattia di Ménière conclamata. Verosimilmente esiste una predisposizione genetica e fattori scatenanti autoimmunitari, virali e metabolici .

L'endolinfa , ma in qualche caso si ipotizza anche la perilinfa, nei pazienti affetti dalla malattia ha tendenza ad accumularsi all'interno del labirinto. Dato che questo ha delle pareti ossee, e quindi inestensibili, un aumento del contenuto provoca l'aumento della pressione dei liquidi. Le cellule ciliate dei “sensori” uditivi e dell'equilibrio, che vivono immerse nell'endolinfa ne risultano schiacciate. Il loro funzionamento è compromesso, questo provoca la vertigine e l'instabilità, l'ipoacusia e l'acufene, che possono comparire contemporaneamente o in sequenza casuale. L'accumulo di endolinfa viene definito idrope endolinfatico , e può interessare tutto il labirinto, solo la parte anteriore o la posteriore. Inoltre, soprattutto nelle fasi iniziali, l' idrope è fluttuante, così come i sintomi. Questo è il motivo del nefasto impatto psicologico della malattia sul paziente. Quando questa e stabilizzata, infatti, è vissuta più facilmente. La sequenza di eventi descritta, estremamente semplificata, sembrerebbe aver risolto il grosso problema relativo alla diagnosi ed alla terapia della malattia di Menière. In realtà esiste ancora una grande zona d'ombra relativa alla causa che provoca il ristagno di endolinfa. Negli ultimi anni si è sottolineato con estrema enfasi il ruolo delle Aquaporine . Con questo nome si identificano delle sorta di canali sulla superficie delle cellule fondamentali per la distribuzione dei liquidi, dentro e fuori le cellule e quindi, nell'organismo. L'apertura e la chiusura di questi canali è regolata da un ormone, prodotto dalla nostra Ipofisi, che è detto Antidiuretico (ADH) . Quando particolari sensori cerebrali, si accorgono che c'è una diminuzione della quantità di acqua, parte un impulso a produrre Ormone Antidiuretico, così che le Aquaporine si chiudono e trattengono acqua.

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Fig.1-5


Struttura molecolare della Aquaporine                                      

Anche questo modello di funzionamento, estremamente studiato, non trova però un consenso uniforme e probabilmente non è l'unico con cui si realizza l'idrope. Inoltre, nei casi in cui è possibile studiarne il funzionamento (ed è estremamente raro e difficile da realizzare), si osserva anche un quadro di idrope a carico della perilinfa, e non dell'endolinfa. Tutto ciò rende molto interessante l'ulteriore terreno di ricerca, ma ancora una volta non modifica di molto le possibilità di guarire dalla malattia.

 In realtà la scoperta dell'importante ruolo delle Aquaporine e del ADH, ha modificato radicalmente l'atteggiamento terapeutico. I farmaci e la dieta, sono indirizzati in senso opposto a quello che si faceva in passato. Ad esempio l'eccesso di liquidi (l'idrope) può dare origine a reazioni paradosse se trattato per lungo termine con diuretici, considerati per anni il cardine della terapia.

Di seguito è riportato l'ipotesi centrale che la sindrome di Meniere è causata da idrope fetale.

Ipotesi centrale della malattia di Meniere (Merchant et al., 2005).

 

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Central hypothesis of Meniere's disease (Merchant et al, 2005)

 

Recentemente, più generalmente l’idea accettata che la malattia di Ménière  e l’idrope  endolinfatica siano  sempre associate è stata messa in discussione.L’ idrope non si trova in tutte le persone con malattia di Ménière  ed anche comunemente si trovano l’idrope nel 6% negli  studi  autoptici di persone che non avevano alcun sintomi tipico della malattia di Ménière(Honrubia, 1999; Rauch et al., 2001). Perché la malattia di Ménière  si verifica in circa 0,2/100 persone e l’ idrope è presente nel 6/% delle ossa temporali, non c'è più di un ordine di grandezza più persone con idrope di malattia di Ménière . Così logicamente, ci deve essere qualcosa di più che semplicementel’ idrope coinvolta nell'origine della malattia di Ménière

La possibilità di disporre di un numero sempre crescente di esami strumentali permette di identificare chiaramente la causa della sintomatologia. E' fondamentale infatti identificare le fasi iniziali dell'instaurarsi dell'idrope endolinfatico, quando è fluttuante. Infatti durante i primi episodi della malattia, si suppone che non si produca un danno permanente dei recettori. Risolto l'idrope, la pressione scende e questi possono riprendersi. E' importante fare attenzione a quali possono essere i sintomi d'esordio. Spesso è la sensazione di pressione auricolare, la fullness, a presentarsi per prima, frequentemente inosservata, sottovalutata, erroneamente attribuita ad una disfunzione dell'orecchio medio o della tuba di Eustachio . Purtroppo non è usuale osservare il paziente in questa fase, spesso si è verificato un episodio vertiginoso in seguito alla semplice fullness e quindi si determina un nesso.
Alla luce di queste considerazioni è necessario riprogrammare l'atteggiamento diagnostico nei confronti degli acufeni, non raramente sintomo di esordio della malattia. Anche se questo è isolato per lungo tempo è necessario sottoporre l'individuo ad un iter esaustivo per la ricerca dell'idrope endolinfatico.

 

Molti autori ritengono che la sindrome di Ménière, che è di solito è attribuita all’ idrope endolinfatico (vedi figura 1 in alto), abbia diverse cause (eziologia). possibilità ragionevoli sono l'ostruzione di deflusso endolinfatico, a livello del dotto endolinfatico, aumento della produzione di endolinfa, o ridotto assorbimento di endolinfa causato da un sacco endolinfatico disfunzionale.


Recentemente, l’etiologia più diffusa , che la malattia di
Ménière  e l’ idrope endolinfatica siano sempre associate è stata messa in discussione .L’ Idrope non si riscontra in tutte i pazienti  con la  malattia di Ménière , e l’idrope si riscontra comunemente (6%) su studi autoptici anche di persone che non avevano sintomi di tipo Menieriforme (Honrubia, 1999; Rauch et al, 2001). Perché la  malattia di Ménière  si verifica in circa 0.2/100 persone, e l’Idrope si trova in 6 / 100 ossa temporali, vi è più di un ordine di grandezza maggiore di pazienti con idrope, rispetto a quelli con malattia di Ménière . Così logicamente, ci deve essere qualcosa di più ,che semplicemente l’ idrope, coinvolti nella genesi della malattia di Ménière.


La  spiegazione che la
Ménière  dipenda, da lesioni unilaterale di un orecchio, come ad esempio un blocco di un "tubo di drenaggio" nelle orecchie, sembrano anche difficile da sostenere in vista che gli studi conosciuti, a lungo termine, indicano che la  Ménière  diventa bilaterale in circa il 50% di tutte i pazienti, dopo 15 anni (Stahle et al, 1991). Sebbene rotture delle membrane(dell’orecchio interno) si trovano in post-mortem, non vi è alcuna prova di quando queste si verificano. Le rotture potrebbero  essere determinate periodicamente, durante i periodi di interessamento uditivo e vestibolare della malattia di Ménière , si dovrebbe accettare l'idea che ci siano fratture multiple delle sottili membrane ,dell’orecchi interno,e che queste membrane vengono riparati più e più volte. Questo ipotesi sembra molto plausibile. E 'anche dubbio che, anche se si dovesse verificare una rottura , la miscela di endolinfa e perilinfa sia sufficiente a creare i sintomi della malattia di Ménière. (Honrubia, 1999)

Di recente si è pure parlato di una etiologia autoimmune considerando che nelle fasi iniziali di alcune malattie sistemiche del connettivo si osservano episodi di sofferenza cocleo-vestibolare a carattere ricorrente del tutto sovrapponibili a quelli che compaiono nella malattia di Ménière. Che all’origine dell’idrope endolinfatico vi possa essere uno stato disreattivo del paziente su base autoimmune, lo confermano i referti istologici di specimen operatori prelevati, durante interventi otochirurgici, su malati affetti da connettiviti sistemiche. Tali prelievi bioptici hanno dimostrato la presenza nel labirinto membranoso di linfociti, plasmacellule e macrofagi, di IgA e IgG nell’epitelio neurosensoriale e nel lume del sacco endolinfatico e di IgG negli elementi plasmacellulan. Recentemente l'attenzione si è concentrata principalmente sulla funzione immunologica del sacco endolinfatico – la malattia immunitaria può contribuire ad una percentuale sostanziale di malattia di Meniere. Continuano ad emergere evidenze che il sacco endolinfatico è parte del sistema immunitario dell’orecchio, e che è coinvolto con le risposte infiammatorie. Vedere nella sezione successiva di questa pagina per ulteriori dettagli. Queste reperti istologici fanno supporre che il sacco endolinfatico non sia soltanto deputato all’assorbimento dell’endolinfa ma svolga anche un’attività di difesa locale di tipo immunologico indipendentemente da quella sistemica. Fattori favorenti sarebbero gli stress psicofisici.

Qualunque sia l’origine dell’idrope, la comparsa della sintomatologia cocleo-vestibolare dipenderebbe. sec. Schuknecht, dalla rottura della parete del dotto cocleare a livello della membrana di Reissner. La fuoriuscita di endolinfa ricca di potassio nello spazio perilinfatico altera i caratteri fisico- chimici della perilinfa che “bagna” la porzione amielinica delle fibre dell’Vili e il tratto laterale delle cellule acustiche determinando una caduta del potenziale di membrana con conseguente improvvisa riduzione degli input cocleari e vestibolari. Secondo Dohlman e Silverstein, una volta che la breccia della parete del labirinto membranoso spontaneamente si è richiusa e la pressione dell’endolinfa ha raggiunto di nuovo i valori normali, il contenuto ionico dei due liquidi labirintici riacquista il corretto equilibrio. Ogni sintomo scompare e, almeno nelle fasi iniziali della malattia, si può anche assistere al recupero totale della funzione recettoriale. Secondo altri Autori, la comparsa del deficit cocleare dipenderebbe dalla deformazione, per l’effetto meccanico dell’idrope, della m. basilare mentre la comparsa della crisi vertiginosa sarebbe conseguenza della dislocazione della cupula dei canali semicircolari a causa della cospicua distensione del dotto cocleare, del sacculo e, in misura minore anche dell’utricolo. Altri Autori sono invece dell’idea che la sintomatologia dipenda da modificazioni del flusso ematico nella rete capillare del labirinto dovuto all’idrope endolinfatico (Andrews J.C. e Coll., 1991).

Si incomincia a credere che la malattia di Ménière  e l'emicrania siano due facce indistinguibili della stessa condizione. Questo può essere il caso che ricorre in alcune persone. Circa il 50% delle persone con la Ménière soddisfano i criteri per l'emicrania, e per questo motivo, è spesso una buona idea per provare il vasto repertorio di trattamenti di emicrania nelle persone con malattia di Ménière

Una sintesi del pensiero attuale è che la sindrome di Ménière sembra essere la via finale comune che l'orecchio interno risponde a quasi tutte le lesioni, e che la genesi della malattia  di Ménière abbia molte cause, alcune delle quali riflettono i traumi ed altre che riflettono processi metabolica più generalizzati o genetica che colpiscono entrambe le orecchie in maniera abbastanza simmetricamente.

 

Le cause specifiche includono:

Virus
- gli anticorpi dell’Herpes virus (HSV) si trovano più comunemente in pazienti con la Ménière  (Arnold e Niedermeyer, 1997).  E’stato trovato DNA virale ,da herpes simplex nel ganglio vestibolare di persone con Meniere da Vrabec (2003), ma non da Welling, che inoltre non ha trovato CMV o varicella-zoster (Welling et al, 1997). Antigene HSV e HSV DNA si trovano anche nel sacco endolinfatico e dell'epitelio di persone sane. Ci sono alcuni dati recenti patologici che  sostengono una causa virale (Gacek e Gacek, 2001). Linthicum ha riferito recentemente che l'herpes simplex DNA si trova nei sacchi endolinfatico di 12 dei 16 casi di Meniere, contro i 2 di 26 controlli (Linthicum, 2001). Ricercatori giapponesi hanno segnalatori avere trovato varicella-zoster in 7 / 10 sacche endolinfatiche di  pazienti con Meniere, 4 con Epstein Barr Virus, e 1 con citomegalovirus (Yazawa et al, 2003). Stranamente, nei loro casi ,non dei avevano trovato nel sacco endolinfatico HSV-1 o 2 int. Studi sul trattamento con farmaci antivirali raramente hanno dimostrato un effetto positivo, e ci sono dubbi su su una  relazione di riferisce una risposta (ad esempio, Gacek, 2008) Queste scoperte sono interessanti, si è un po 'perplessi in qualche caso, e  c’è bisogno di ulteriori indagini.

L’otosifilide è  in grado di produrre un quadro clinico identico a Ménière . Pulec ha indicato che la sifilide è la causa della malattia di Ménière nel 6% dei casi (1997). Questo dato molto più alto di quanto trovano dall'autore che ha riscontrato meno dell'1% in tutti i pazienti che hanno un test FTA  positivo per la sifilide



Predisposizione ereditaria

L’ipotesi da alcuni avanzata sul carattere famigliare della malattia fino a qualche anno fa molto controversa per le scarse conoscenze delle alterazioni genetiche che sottendono la ventilata trasmissibilità di questa lesione labirintica, sembra trovar oggi conferma dalle recenti ricerche di Fransen e Coll. (1999). Da uno studio eseguito sui componenti di tre nuclei famigliari affetti da una forma ricorrente di cocleovestibolopatia del tutto simile a quella della m. di Ménière, risulterebbe la presenza di un’alterazione genica (COCH gene) a livello del cromosoma 14. Secondo gli Autori, tale riscontro potrebbe aprire nuove prospettive per la precisazione eziologica della malattia. Pertanto, l’analisi della mutazione di tale gene dovrebbe venir condotta nei pazienti affetti da m. di Ménière.

L’unico dato sul quale da tempo tutti concordano è la presenza dell’ idrope che inizialmente interessa il dotto cocleare e il sacculo e successivamente l’intero spazio endolinfatico labirintico. Circa uno su  tre pazienti con la malattia di Ménière  hanno un parente di primo grado con malattia di Ménière. In teoria, la predisposizione ereditaria potrebbero essere connessa alle differenze  anatomiche  dei canali per i liquidi endolinfatici all'interno dell'orecchio o a differenze nella risposta immunitaria (vedi più avanti).



Allergia
Per quanto riguarda l'allergia, Derebery (1966) ha suggerito che il 30% dei pazienti con malattia di Meniere hanno allergia alimentare, e ha suggerito che l'allergia può giocare tre  ruoli:

1)Il sacco può essere l "organo bersaglio" dei mediatori rilasciati da inalanti sistemici o reazioni agli alimenti.
2)La deposizione di complessi immuni circolanti può produrre l'infiammazione e interferire con capacità di filtraggio del sacco;

3)Una infezione virale predisponenti può interagire con le allergie in età adulta e causare uno scompenso del sacco endolinfatico , con conseguente idrope endolinfatica (Derebery, 1996).

Tutte queste ipotesi riguardano il sacco endolinfatico, ma alcuni autori ritengono che il sacco non è necessariamente il colpevole. In vista dell’idea attuale  che l’idrope non può essere la chiave nella patologia di tutte le malattie di Ménière, questo concetto deve essere rivisto. Nella nostra l'esperienza la  Ménière e l’allergia non sono intimamente legate. L’immunoterapia per l'allergia, nella nostra esperienza , non è quasi mai un trattamento vitale per la malattia di Meniere.

 

 

 

Disordini autoimmuni

c’è una considerevole evidenza che la malattia Ménière è causata da meccanismi autoimmuni, almeno qualche volta.Un tipo di patologia a cui ultimamente è stato attribuito un ruolo non trascurabile come causa o concausa di forme di sordità o disordine uditivo, è la patologia autoimmunitaria.

Il sistema immunitario è complesso e ci sono diversi modi che possono danneggiare l’ orecchio interno. La causa di malattia autoimmune dell’orecchio interno è presumibilmente connessa al danno di quest’organo da parte di un anticorpo o di cellule immunitarie.

A riguardo esistono diverse teorie su come questi anticorpi potrebbero indurre disturbi autoimmuni:

Danno da citochine: quest’ultime dopo essere rilasciate provocano ulteriori reazioni immunitarie. L’attivazione dei linfociti T, iniziata dal complesso immunogeno,è avviata e completata da fattori solubili. Le citochine costituiscono un network molecolare complesso,infatti nell’economia del sistema immunitario esse agiscono amplificando le capacità proliferative e differenziative delle cellule immunocompetenti, contribuendo a modulare e regolare la risposta immunitaria.

Le ipoacusie autoimmuni, più correttamente definibili “immuno-mediate”, sono neurosensoriali a localizzazione elettiva cocleare; possono essere improvvise o progressive, monolaterali ma più spesso bilaterali; possono

essere caratterizzate da una soglia di audiometria atipica ma spesso sovrapponibile al classico quadro della Malattia di Ménière; sono spesso accompagnate da acufeni e/o disturbi vertiginosi.

Insorgono più frequentemente nell’età giovanile ed in quella adulta.

Possono essere forme isolate, cioè non accompagnate ad altri disturbi o patologie in altri apparati, ma in un terzo di casi si tratta di forme sindromiche o sistematiche in cui coesistono altre manifestazioni patologiche di origine autoimmune, quali tireopatie, lupus eritematoso, sclerodermia, artitereumatoide,poliartrite nodosa, malattia di Behcet, granulomatosi di Wegener.

Nella patologia autoimmune dell’orecchio interno è coinvolta sia l’immunità umorale che cellulare. La disfunzione dell’orecchio interno può cominciare da un lato ma può evolvere colpendo anche l’altro, conducendo ad una perdita bilaterale completa della funzione uditiva e vestibolare a meno che non venga iniziata una terapia specifica.

Sono state identificate tre sindromi cliniche caratteristiche:

  1. 1.l’orecchio interno viene colpito unitamente ad altri organi in corso di patologia autoimmune sistemica(poliarterite,artrite reumatoide, rettocolite ulcerosa).
  2. 2.coinvolgimento dell’orecchio interno unitamente a cheratite interstiziale (sindrome di Cogan)
  3. 3.coinvolgimento del solo orecchio interno.
  4. 4.Spesso i pazienti possono passare da una categoria ad un’altra; la tipica progressione è (3),(2),(1).
  5. 5.I segni clinici spesso cominciano con ipoacusia fluttuante, senso di pressione auricolare, acufeni e vertigine,sintomi caratteristici dell’idrope endolinfatica la cui diagnosi si basa sul riscontro dei segni clinici caratteristici, unitamente agli esami di laboratorio che confermano il deficit immunitario.

A tal proposito il riconoscimento dell’ auto-anticorpo nel siero del paziente è fondamentale per confermare la diagnosi di malattia di Meniere ad etiologia autoimmune. L’autoimmunità è un errore che l’organismo fa nel riconoscere come estranee delle cellule che invece sono sue.

La conseguenza è la produzione di auto-anticorpi con danni ai tessuti e agli organi. Questa è la dinamica del “war game” biologico che caratterizza le malattie autoimmuni.

Anche se le cause non sono ancora conosciute, numerosi sono gli studi che puntano dritto ad un problema che affligge molte persone .

Il midollo osseo e gli organi linfatici maggiori producono e modulano la funzione di alcune cellule che si trovano nel sangue.Si tratta dei globuli bianchi o linfociti.

Al momento della nascita il sistema immunitario esegue una sorta di “inventario” di tutti i tessuti, cellule e sostanze del nostro organismo riconosciute come proprie (il “self”). Normalmente il sistema immunitario si auto- regola attraverso stimoli di attivazione e di inibizione, garantendo la tolleranza immunologia.

Come tutti i sistemi biologici, anche il sistema immunitario può impazzire. Nelle malattie autoimmuni prevalgono aberranti stimoli di attivazione ed i linfociti iperstimolati perdono la capacità di riconoscere sostanze proprie sane (il “self”) provocando una anomala reazione di distruzione autoimmune rivolta verso tessuti e cellule sane dell’organismo che vengono trattati come se fossero sostanze estranee.

Le malattie autoimmunitarie sono malattie multifattoriali, dove di fondamentale importanza è la presenza di una predisposizione genetica a sviluppare la malattia. Questa predisposizione può evolvere in malattia quando il paziente viene in contatto con determinati fattori ambientali (virus, batteri, farmaci, etc, etc.) che attivano in maniera irreversibile e progressiva la malattia.

Tuttavia queste malattie non sono ereditarie nel senso stretto della parola ma esiste sicuramente una predisposizione di alcune famiglie a sviluppare malattie autoimmuni.

Un altro fattore causale di queste malattie sono gli ormoni femminili. Infatti le donne sono maggiormente colpite da malattie autoimmuni rispetto ai pazienti di sesso maschile. Inoltre si ha un picco di comparsa intorno ai 15/20 anni o nell’età pre- menopausale 45/50, e tutto ciò suggerisce un importante ruolo ormonale nella genesi delle malattie.

Ogni malattia autoimmune è quindi caratterizzata dalla presenza nel siero di auto-anticorpi circolanti.

Oltre ai comuni test di laboratorio oggi impiegati per la diagnosi generica di malattia autoimmune (Ab anti-nucleo, anti-tireoglobulina, anti-perossidasi, anti-muscolo liscio, anti-cardiolipina, ecc.) è stato recentemente introdotto un test di laboratorio assai più specifico per l’apparato uditivo. Si tratta del cosiddetto “OTOblot”: esso ricerca ed identifica nel siero del soggetto affetto gli anticorpi diretti verso un antigene da 68 KDa (hsp-70) associato a perdite uditive autoimmuni.

Il test ha una sensibilità del 42%, una specificità del 90% ed un valore predittivo del 91% ai fini di una risposta positiva ai corticosteroidi. La malattia di Meniere su base autoimmunitaria e le ipoacusie autoimmunitarie non possono ancora giovarsi di terapie molto specifiche ma possono comunque avvalersi del trattamento corticosteroideo o immuno-soppressivo mediante metotrexate o citoxan.

Le linee guida per la terapia delle patologie autoimmuni dell’orecchio interno sono controverse. Sono stati tentati molti schemi terapeutici con risultati contrastanti. C’è un generale accordo, comunque, che il trattamento iniziale dev’essere condotto con steroidi ad alte dosi per i primi giorni. Segue poi una terapia a scalare, fino ad arrivare ad una dose di mantenimento che viene somministrata per alcuni mesi. La terapia è tanto più efficace quanto più precocemente viene iniziata. Dopo la sospensione della terapia, normalmente vi è un periodo di stabilità, ma non è eccezionale la ripresa della malattia anche dopo un lungo periodo di quiescenza . Se la terapia steroidea fallisce alcuni studiosi hanno proposto l’uso di farmaci citotossici. Recentemente la plasmaferesi è stata utilizzata con buoni risultati in paziente non responsiva alla terapia steroidea e citotossica. In realtà la plasmaferesi rimuove la fase acuta degli immunocomplessi ma non incide sull’evoluzione della patologia di base. Perciò non dovrebbe sostituire la terapia steroidea o citotossica, ma dovrebbe essere utilizzata in combinazione ad essa.

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Fig 2-6

Concludendo studi appositamente condotti indicano chiare correlazioni tra alterazioni del sistema vascolare cocleare e compromissione metabolica dell’orecchio interno a seguito di formazioni di immunocomplessi, fattore che sembra sottendere il determinismo patogenetico di specifiche patologie dell’orecchio interno, quali la malattia di Meniere .

Per poter evidenziare il ruolo degli autoanticorpi nella malattia di Meniere o nella ipoacusia autoimmune e quindi stilare un protocollo terapeutico specifico per queste patologie, negli ultimi dieci anni molti studiosi si sono avvalsi per la titolazione dell’autoanticorpo Hsp-70 dell’orecchio interno, responsabile delle ipoacusie neurosensoriali e della malattia di Meniere ad etiologia autoimmune, del test OTOblot, al fine di chiarire la funzione immunitaria dell’orecchio interno e il suo coinvolgimento in alcune malattie sistemiche.

Quindi per i pazienti affetti da malattia di Meniere o da ipoacusia autoimmune si aprono nuovi scenari sia in ambito diagnostico, con l’esame di laboratorio su prelievo ematico venoso OTOblot, che terapeutico, tramite ausili terapeutici ed elettronici , tra cui la laser terapia a basso livello energetico, che possono migliorare la loro qualità di vita.

Circa il 60% dei pazienti con malattia di Meniere hanno anticorpi per le proteine dell'orecchio interno. Circa nel 10% dei pazienti con Ménière sono ben documentate patologie autoimmuni (ma anche la popolazione generale ha un'alta prevalenza di questi disturbi). Una percentuale elevata di pazienti affetti da Ménière hanno anche un tiroidite autoimmune (Brenner et al, 2004). Alcuni pazienti con Ménière mostrano un cambiamento nella loro immunità durante  gli attacchi (Mamikoglu et al, 2002).

Vi è evidenza di citochine nella coclea compresa l'interleuchina-1A, TNF-alfa, P65 e P50 NFkB, e IkBa (Adams, 2002). I farmaci che bloccano il TNF come l'etanercept, sembrano essere potenzialmente efficace nella malattia autoimmune dell'orecchio interno (AIED), (autoimmune inner ear disease (AIED)che ricordano alcune forme della malattia di Ménière (Rahmen et al, 2001).



Attualmente l'ipotesi migliore è che il percorso immunologico per la malattia di Meniere coinvolga il sacco che è l'organo immunitario, o "linfonodo" dell'orecchio. La stimolazione immunitaria del sacco può disturbare la sua funzione di regolamentazione dei fluidi, o può causare idrope attraverso meccanismi indipendenti come la produzione dei mediatori infiammatori.
Clicca qui per maggiori dettagli circa la malattia autoimmune dell'orecchio interno.

 

Fattori genetici: c'è prova che gli aspetti geneticamente controllati del sistema immunitario possono aumentare o altrimenti essere associato con l'aumento della suscettibilità Ai  comuni disturbi dell'udito, come la malattia di Meniere. Bernstein e associati ha riferito che il 44% dei pazienti con Meniere, otosclerosi e presbiacusia striatale aveva una particolare esteso MHC aplotipo (Dqw2-Dr3-c4Bsf-C4A0-G11: 15-Bf:0.4-C2a-HSP70:7.5-TNF), rispetto a solo il 7% dei controlli. La perdita improvvisa dell'udito  nei  coreani che non si recupera è anche associato con HLA-DRB1 * 04, DQA1 03 e 05 (Yeo et al, 1999; Yeo et al, 2001). L'autore ha anche trovato un'associazione (negli USA) con alcuni tipi di HLA (Human leukocyte antigen) - antigene umano leucocitario, cioè il complesso maggiore di istocompatibilità della specie umana e varianti di vertigine in caucasici (inedito). D'altra parte, un recente studio di Lopez-Escamez e altri eseguiti in Spagna non ha trovato alcuna differenza di antigeni HLA tra 54 pazienti con definita  MdD e 534 controlli normali  (Lopez Escamez et al, 2002). Lo sfondo genetico degli studi HLA è importante ed è possibile che un gruppo potrebbe trovare differenze HLA, che non si trovano in altre patologie .

Questi dati sono così in conflitto. Se c'è infatti un'associazione con HLA, almeno in alcune popolazioni, si vorrebbe  suggerire che della malattia di  Ménière  ed altre sindromi progressive potrebbero   essere causate da disfunzioni immunitarie che è ciò che  attualmente in genere si crede. È importante ricordare che la tipizzazione HLA è rilevante quando considerato nel contesto genetico di fondo del paziente. In altre parole, gli studi su pazienti coreani , ad esempio, come riportato da Yeo, potrebbero non essere applicabili al pazienti di etnia non coreana.


Traumi  cranici  ed acustici

Questo è un argomento controverso a causa della natura altamente litigiosa dei sintomi dopo le lesioni alla testa. Da una visione d'insieme i dati della letteratura non sono definitivi circa la connessione tra la malattia di Ménière e  traumi. Ciò è probabilmente dovuto alla mancanza di una chiara definizione della malattia di Ménière ed anche la difficoltà intrinseca di quantificare i traumi cranici. Sembra molto ragionevole per noi che la malattia di Ménière, che ha un gran numero di potenziali meccanismi e delle cause e "definizioni" molto inclusiva l'esigenza che solo un unica anormalità obiettiva (perdita dell'udito), potrebbe essere causata da un trauma cranico.

 Ci sono certamente dei casi di sindrome post-traumatica di Ménière. Questi casi sono attribuiti ai cambiamenti idrodinamici causate da cicatrici da sanguinamento nell'orecchio interno. Ci sono anche casi riportati di Ménière dopo  frattura dell'osso temporale, e anche semplicemente dopo lesioni da  accelerazione-decelleratione (Dibiase e Arriaga, 1997).

Esposizione a rumore impulsivo intenso(come lo sparo di una pistola) è stato suggerito da alcuni come causa di malattia dell'orecchio interno e sintomi simili a quelli della malattia di Ménière. Vi è una certa polemica qui però, in uno studio molto grande di 17.245 veterani israeliani viene  suggerito che non vi era alcun effetto per una malattia di Ménière (Segal e Avitar, 2003). A nostro parere, il rumore forte impulso non causa la malattia di Meniere.

 

8)FISIOPATOLOGIA

La fisiopatologia della malattia di Ménière è ancora imprecisa, a dispetto di numerosi lavori sperimentali che in questa sede non è possibile sintetizzare in modo esauriente; per questo ci si limiterà a illustrare i più importanti, differenziando gli studi istopatologici sull'uomo (casistiche autoptiche) dai modelli sperimentali. Prima di tutto, si impone un breve richiamo anatomico

Cenni di anatomia

L'acquedotto del vestibolo è un canale osseo molto stretto (0,5 mm di diametro per gran parte del suo decorso), che si estende dal vestibolo alla cavità cranica. Esso si diparte dalla parete mediale del vestibolo, all'estremità superiore della doccia sulciforme, al di sotto e davanti all'orifizio non ampollare dei canali semicircolari superiore e posteriore. Da lì, si dirige in direzione posteriore, medialmente e in basso, descrivendo una curva a concavità infero-laterale, per andare ad aprirsi sulla parete postero-superiore della rocca, a livello della fossetta ungueale, 1 cm circa dietro al foro del meato acustico interno

Il condotto endolinfatico origina dall'unione di due sottili canalicoli, che si distaccano dalle pareti mediali dell'utricolo e del sacculo. Questo canale si impegna nell'aquedotto del vestibolo e termina sotto la dura madre dell'angolo ponto-cerebellare, a livello della fossetta ungueale, con un rigonfiamento, il sacco endolinfatico. Il grado di vascolarizzazione di questa regione è probabilmente finalizzato a possibili e numerosi scambi di liquidi.

 

Studi istopatologici sull'uomo

Idrope endolinfatica

Il primo passo verso la comprensione della patogenesi della malattia di Ménière fu il riscontro istologico di un'idrope endolinfatica per merito di Hallpike e Cairns  nel 1938. Questi Autori descrissero, sulle rocche di pazienti deceduti per postumi di neurotomia vestibolare, l'esistenza di una distensione del labirinto membranoso, che chiamarono «idrope endolinfatica». Rauch, nel 1989, constatò, in uno studio in doppio cieco condotto su 119 pazienti e basato su rilievi clinici e sullo studio istopatologico dell'osso temporale, che 13 pazienti con malattia di Ménière clinicamente evidente avevano un'idrope endolinfatica; al contrario, l'idrope endolinfatica era stata riscontrata solo su 6 di 106 pazienti appartenenti al gruppo di controllo, privi di sintomatologia clinica suggestiva per malattia di Ménière ( Rauch S.,1989).

Queste considerazioni conferiscono all'idrope un ruolo patogenetico centrale

L'idrope si osserva costantemente nel canale cocleare, dove si manifesta con una deformazione della membrana vestibolare che, a seconda dello stadio della malattia, può risultare localizzata o estesa (Antoli-Candela F 1976). In pratica esso inizia sempre all'apice, per poi estendersi al resto della coclea. La membrana vestibolare si distende progressivamente e, nelle fasi avanzate, può riempire tutta la scala vestibolare e coinvolgere la scala timpanica attraverso l'elicotrema. Alla base, il cieco vestibolare del canale cocleare disteso, aggetta nel vestibolo. La gravità dell'idrope sembra correlata a quella dell'ipoacusia: sotto i 70 dB di perdita, resta moderato e prevale all'apice, fatto che probabilmente spiega l'interessamento iniziale delle frequenze gravi; sopra i 70 dB di perdita, è più cospicuo e prevale alla base ( Antoli-Candela F, 1976 ).

 L'idrope è spesso riscontrata[i] anche nel sacculo. Quest'ultimo, una volta dilatato, viene a contatto con l'utricolo, con i canali semicircolari e con la base della staffa (platina della staffa), sulla quale si modella in circa il 60% dei casi ( Paparella MM, 1984 ) e con la quale a volte sviluppa aderenze, di cui si illustreranno successivamente le ripercussioni cliniche. L'utriculo e i canali semicircolari sono interessati in modo incostante dall'idrope (Antoli-Candela F, 1976 ; Hilding DA, 1964) , fatto che potrebbe essere imputabile all'azione della valvola utriculo-endolinfatica che protegge a lungo la parte superiore dall'idrope formatosi a valle (Schuknecht HF,1975).

Rotture, fistole e collasso

Le rotture del labirinto membranoso sono state descritte con frequenza variabile in tutte le zone del labirinto a eccezione dell'utricolo e del sacculo

Antoli-Candela(1976 ne distingue due tipi

Nonostante ciò, le rotture non sono state riscontrate da tutti gli Autori (Antoli-Candela F,1980 ; Paparella MM,1984),fatto che rimette in discussione questa teoria e che fornisce un argomento di un certo peso alla teoria dell'intossicazione potassica, che verrà descritta più avanti

 

Lesioni fibrotiche

In molti casi, è stata osservata una proliferazione di tessuto fibroso all'interno del labirinto, tra membrana vestibolare ed endostio cocleare della scala vestibolare o tra le membrane vestibolari e le pareti del vestibolo osseo. Fasci fibrosi attraversano così la cavità labirintica, ancorando in particolare la base della staffa alle strutture vestibolari profonde(Schuknecht HF,1993). 

 

Organi sensoriali

L'organo spirale (o del Corti) la cresta ampollare e le macule acustiche non presentano lesioni significative. Le alterazioni osservate a questo livello sembrano indipendenti dalla malattia e, piuttosto, in rapporto all'età(Altman F 1943 ; Kristensen HK 1962). 

Nell'organo del Corti può essere osservata una perdita di cellule ciliate, un'atrofia delle cellule di sostegno, una distensione o un'atrofia della membrana tectoria. Queste diverse lesioni sono più frequenti all'apice e si accompagnano talvolta a una perdita dei neuroni corrispondenti. Il ganglio spirale non presenta anomalie di rilievo. Nel vestibolo, le creste sono compresse dalle pareti vestibolari dilatate, fatto che ne altera il movimento(Rivzi SS, 1986). 

 

Le macule otolitiche utricolari e sacculari sono a volte scompaginate, ma è molto raro osservare un danno delle fibre nervose vestibolari(Tran Ba Huy P,1989).

 

Stria vascolare e tessuti secretivi

Anche se nella loro prima descrizione Hallpike e Cairns avessero segnalato una degenerazione della stria vascolare, ciò non ha trovato conferme negli studi successivi. Le aree di atrofia eventualmente osservate, come per le strutture sensoriali, sembrerebbero essere spiegate da un comune processo di invecchiamento

Al contrario, formazioni papillari coroidee sono state descritte nel ductusreuniens(Schuknecht HF, 1993). Tali strutture sono caratteristiche dei tessuti impegnati nei fenomeni di trasporto e di produzione di liquidi.

 

Sacco endolinfatico

Al ruolo del sacco linfatico sono stati dedicati numerosi studi istologici, visto che esso sembra essere il sito elettivo in cui l'endolinfa viene riassorbita. Gli Autori che hanno lavorato su questo distretto hanno descritto sia le sue modificazioni, sia quelle dell'acquedotto del vestibolo. Il tessuto fibroso perisacculare e la scomparsa del connettivo subepiteliale sembrano costituire i segni istopatologici più costanti, anche se il loro ruolo patogenetico è tuttora oggetto di discussione. Già descritte da Hallpike e Cairns nel 1938, sono state successivamente riportate da numerosi Autori ( Altman F, 1943 ;Schindler RA,1979 ; Schuknecht HF, 1993). Allo stesso modo, è stata descritta l'esistenza di un processo degenerativo dell'epitelio del sacco con fibrosi e aderenze intraluminali identiche a quelle osservate dopo una infezione virale  (Arenberg IK, 1970).

Altri Autori hanno riscontrato segni riferibili a un danno ischemico, potenzialmente riferibile a una marcata riduzione dell'apporto vascolare (Ikeda M, 1985). Queste evidenze confermano i dati del lavoro di Shambaugh 1966 ;  che, negli anni Sessanta, constatarono in sede perioperatoria un'ischemia del sacco e l'ostruzione endoluminale dell'acquedotto del vestibolo, immediatamente supportate da osservazioni radiologiche (Clemis JD,1968). Infine, a latere, è stata descritta l'esistenza di lesioni potenzialmente in grado di generare un'idrope, ma non di giustificare la malattia di Ménière: agenesia  (Ikeda M, 1985 ; o atrofia  Arenberg IK, 1970) ; del sacco, ostruzione o obliterazione del canale endolinfatico da osteoma o esostosi  (Altman F, 1965 ) , persino aree di reazione perineoplastica  Hallpike C, 1938 ; Nel 1982, Kodama e Sando  hanno studiato la morfologia dell'acquedotto del vestibolo e del sacco endolinfatico su 79 rocche petrose di individui senza malattia di Ménière precedentemente diagnosticata. Essi osservarono 17 ipoplasie a carico di queste due strutture (21,5%), 38 normoplasie (48,1%) e 24 iperplasie (30,4%). Nel 1984, Sando e Ikeda   studiarono le rocche di 27 soggetti affetti dalla malattia di Ménière; 16 di esse erano ipoplasiche, ossia il 59,3%. Come già descritto nel capitolo della diagnostica per immagini, scansioni della rocca dimostrano nei pazienti con Ménière un'ipoplasia della regione retrolabirintica  (Sando I, 1984 ; Yazawa Y1994). Nel 1997, Takeda et al hanno dimostrato, con piani di scansione obliqui, che i pazienti portatori di Ménière hanno un'ipoplasia dell'acquedotto del vestibolo e un orifizio esterno stretto  Da qualche anno la RMN, che ha permesso la visualizzazione del canale e del sacco endolinfatici, ha dimostrato che essi sono meno frequentemente visualizzati nei pazienti affetti dalla malattia di Ménière rispetto ai soggetti (Takeda T,1997 ; Schmalbrock P, 1996 ; Tanioka H,1997 ; Welling DB, 1996 ). Questi riscontri radiologici sono stati confermati anche dopo esplorazione chirurgica una casistica di 41 pazienti  (Kobayashi M, 2000). Nonostante ciò, tutte queste lesioni non sono né costanti, né specifiche  (Fraysse B, 1980). La possibilità di osservare la «fibrosi perisacculare» potrebbe essere influenzata dalle tecniche di scansione impiegate (vedi sotto).

Lesioni vascolari

 Oltre all'ischemia perisacculare già ricordata, è stata descritta l'assenza congenita della vena satellite dell'acquedotto del vestibolo, associata allo sviluppo di un circolo collaterale di drenaggio (Gussen R, 1980). Dunque, questo sistema venoso assicura il drenaggio della parte non sensitiva del vestibolo e in particolare delle cellule scure che controllano la secrezione di endolinfa (essendo il resto del sistema cocleo-vestibolare drenato dalla vena cocleare inferiore, satellite dell'acquedotto cocleare).

 

Modelli sperimentali

Modelli sperimentali Su queste basi istopatologiche, molti studi si sono proposti di sviluppare un modello animale di idrope endolinfatica (IE) e di analizzarne gli aspetti istologici, biochimici, elettrofisiologici e terapeutici. Portmann, fin dal 1921, aveva osservato alterazioni del comportamento natatorio in alcuni elasmobranchi, ai quali aveva cauterizzato il canale e il sacco endolinfatico. Ne concludeva, quindi, che il sacco endolinfatico poteva avere un ruolo nel mantenimento dell'omeostasi dei liquidi labirintici e che un suo danneggiamento poteva indurre un IE . A partire da questi lavori storici, Naito riuscì nel 1950 a provocare un IE nella cavia per mezzo dell'obliterazione diretta del sacco e del dotto endolinfatici Questa esperienza fu riprodotta con lo stesso successo da Kimura nel 1965 sulla cavia e da Schuknecht nel 1968 nel gatto (Kimura RS,1965 ; Schuknecht HF, 1968). Questa procedura, capace di indurre un IE nel 100% delle cavie, fu utilizzata per tentare di determinare l'efficacia dei trattamenti terapeutici dell'idrope. Tuttavia, questo modello è specie specifico. Se si ottiene un IE nel 100% delle cavie trattate e interessa, pertanto, i labirinti cocleare e vestibolare, così come nel ratto e nel coniglio, nel gatto esso può essere ottenuto meno costantemente; in tal caso riguarda esclusivamente la regione cocleare  (Kimura RS,1999). Infine, con questo metodo è molto difficile provocare l'IE nel cincillà e nella scimmia. D'altronde, cavie e gatti non presentano nistagmo dopo l'obliterazione dell'acquedotto del vestibolo, mentre coniglio e gerbillo ne soffrono per svariati giorni dopo l'intervento. La spiegazione più probabile è dovuta al blocco della vena dell'acquedotto del vestibolo, assente nella cavia e nel gatto e presente nel gerbillo e nel coniglio. Dunque, l'obliterazione selettiva di questa vena induce in maniera incostante il nistagmo nel gerbillo, probabilmente per l'esistenza di un circolo venoso collaterale presente solo in alcuni animali  (Kimura RS, 1996). La principale conseguenza dell'obliterazione del sacco endolinfatico consiste nella distensione della membrana di Reissner e delle pareti delle cavità membranose vestibolari. Questo IE compare rapidamente, spesso entro 24 ore, ma in modo variabile a seconda della specie. La dilatazione della membrana di Reissner si effettua a spese delle cellule esistenti, ma non attraverso la proliferazione cellulare  Shinozaki N, 1980 Identici riscontri sono in contrasto con alcune osservazioni effettuate su rocche umane, che fanno cenno di una proliferazione cellulare in risposta a uno stiramento (Gussen R 1971  ; Johnson LG 1971). Infine, le giunzioni serrate tra le cellule epiteliali sono simili a quelle osservate negli animali normali  (Shinozaki N,1980), ciò depone a favore di un'aumentata permeabilità di membrana, evocata come possibile meccanismo di fuga ionica (Shinozaki N,1980).Infine, le giunzioni serrate tra le cellule epiteliali sono simili a quelle osservate negli animali normali  Kimura RS .Peraltro, si osserva spesso un'atrofia delle cellule ciliate, che colpisce sia le cellule esterne, sia quelle interne. Danni a carico delle cellule del ganglio spirale e delle cellule della stria vascolare sono osservati nella stessa misura. Tutte queste lesioni predominano all'apice, fatto che suggerisce un meccanismo lesionale diverso da quello dei traumi sonori o dei farmaci ototossici  (Albers FW, 1987. Inoltre, esse vengono osservate solo 1-2 mesi dopo l'obliterazione del sacco o molto più tardi rispetto all'IE. Del resto, fistole a livello delle pareti dei sacculi sono state osservate in alcune specie (scimmia, cincillà, ratto) e, in questo caso, non è stata evidenziata alcuna idrope. Al contrario, nella cavia, dove non sono state riscontrate fistole, si osserva quasi costantemente un'idrope  (Kimura RS, 1984) . Una tale discordanza è senza dubbio spiegabile con le differenze tra specie riguardo all'elasticità della membrana o alla diversa fisiologia dei liquidi vestibolari. In ogni caso, queste fistole sembrano prevenire lo sviluppo dell'IE ed essere la conseguenza di un aumento di pressione all'interno del labirinto membranoso, anche se la loro sede sacculare, prossima al canale e al sacco endolinfatici, suggerisce che esse non possano essere altro che la conseguenza di fenomeni infiammatori postchirurgici. Esse non provocano, almeno così sembrerebbe, nessuna lesione significativa delle cellule sensoriali, il che suggerisce che la contaminazione dell'endolinfa da parte della perilinfa è limitata. Le fistole indotte sperimentalmente, contemporaneamente all'obliterazione del sacco, si ripercuotono in modo variabile sullo sviluppo dell'IE. Effettuate nel canale cocleare, sembrano ridurne la gravità mentre, se realizzate nel vestibolo, non sembrano sortire alcun effetto. Esse cicatrizzano peraltro molto rapidamente, in particolare nel vestibolo (Kimura RS 1984). Da queste osservazioni sperimentali, si può ritenere che:

il modello di IE sperimentale si basa sull'obliterazione del sacco o del canale endolinfatico. L'IE compare rapidamente, prevale all'apice, ma può essere generato solo in alcune specie, rendendo difficile un'estrapolazione all'uomo, tanto più che gli animali con idrope solo raramente manifestano i sintomi vestibolari tipici della malattia di Ménière(Andrews JC, 1988),le alterazioni sensoriali predominano, come nell'uomo, all'apice, ma non possono giustificare da sole i sintomi cocleari osservati nella le fistole provocate arginano lo sviluppo dell'IE solo se effettuate nel canale cocleare e ciò potrebbe pratica clinica. Esse compaiono in ritardo rispetto all'IE;

le fistole provocate arginano lo sviluppo dell'IE solo se effettuate nel canale cocleare e ciò potrebbe rappresentare un argomento a favore degli shunt chirurgici endococleari.

 

9)PATOGENESI

Sulla scorta dei dati istopatologici ottenuti sull'uomo e sull'animale da esperimento, sono state avanzate diverse ipotesi patogenetiche, che saranno successivamente descritte a seconda che esse riguardino l'IE o i sintomi clinici. In entrambi i casi, tuttavia, queste ipotesi hanno come punto cardine l'idrope endolinfatica, della quale si propongono di spiegare i meccanismi di comparsa o di cui si servono per chiarire la sintomatologia clinica. Ora, il concetto stesso di idrope come substrato istopatologico della malattia non può essere accettato incondizionatamente, poiché:

 

 

Patogenesi dell'idrope endolinfatica

Nessuno studio ha potuto stabilire con certezza la composizione biochimica dell'endolinfa accumulata nel labirinto idropico o, ancora, mostrare se questa endolinfa fosse normale (Bremond G,2000;Rauch S,1968).La dilatazione del labirinto membranoso rileva a priori, sia un'iperproduzione di endolinfa, sia una disfunzione dell'epitelio del labirinto, che regola le concentrazioni degli elettroliti e l'osmolarità dell'endolinfa e della perilinfa, sia un insufficiente riassorbimento di endolinfa da parte del sacco endolinfatico.

Un'iperproduzione può teoricamente risultare da tre fenomeni:

a)un aumento della pressione idrostatica nel segmento arterioso della stria vascolare, con successivo aumento della perdita di liquidi dal versante capillare in direzione della scala media, o una riduzione della pressione oncotica plasmatica, che riduce il ritorno dei liquidi extravascolari nel distretto venoso. Questa ipotesi non tiene conto che l'endolinfa è il frutto di una secrezione attiva e non di una ultrafiltrazione;

b)una stimolazione del processo di secrezione. Feldman e Brusilow hanno anche riferito che l'iniezione di tossina colerica nella scala media comportava un IE (Feldman AM, 1976). Tuttavia, quest'ipotesi fu abbandonata, poiché non è stato più possibile riprodurre questo esperimento;

c)un aumento della pressione osmotica endolinfatica per accumulo di detriti cellulari o di macromolecole, dovuto alla perdita della funzione fagocitaria del sacco endolinfatico (Dohlman GF, 1965) o per deficit in ialuronidasi, con conseguente accumulo di grosse molecole idrofiliche(Godlowski Z,1972). La conferma di questa ipotesi non è stata possibile(Tran Ba Huy, 1984). 

Fino a oggi l'ipotesi più comunemente accreditata prevede un insufficiente riassorbimento di endolinfa da parte del sacco endolinfatico. Essa si basa sulla teoria del flusso longitudinale, suggerita già da più di 60 anni dagli esperimenti di Portmann(1921) e Guild(1927). Quest'ultimo, dopo aver iniettato inchiostro nella scala media, lo ritrovava nel sacco qualche giorno più tardi. Questa teoria è in seguito stata suffragata da studi di microscopia elettronica(Lundquist PG,1976), che hanno mostrato che il sacco dispone dell'attrezzatura cellulare tipica dell'epitelio impegnato nei fenomeni di trasporto e di scambio di liquidi e metaboliti. Così, il flusso longitudinale porta al sacco acqua e soluti endolinfatici, in particolare le proteine penetrate nello spazio endolinfatico.

Purificazione e riassorbimento verrebbero effettuati in seguito secondo tre possibili meccanismi

1)diffusione passiva transcellulare di acqua. La matrice sub-epiteliale priva di collagene crea un elevato gradiente osmotico transepiteliale in corrispondenza di alcune zone atrofiche, che attira l'acqua verso vasi che circondano il sacco e che determina la concentrazione dell'endolinfa;

2)trasporto attivo transcellulare di ioni verso gli spazi intercellulari, che aumenta l'osmolarità e induce secondariamente un richiamo passivo di acqua;

3)pinocitosi attiva transcellulare che trasporta l'endolinfa dal lume del sacco ai vasi periferici(Wackym PA, 1987). 

Questa teoria del difetto di riassorbimento di endolinfa è stata rafforzata da studi istopatologici condotti sull'uomo, che hanno evidenziato l'esistenza di fibrosi perisacculare(Hallpike C, 1938), ipoplasia o atrofia del sacco. Va anche notato che se il sacco è ipofunzionante, nei pazienti affetti da malattia di Ménière l'acquedotto del vestibolo potrebbe sembrare ipoplasico; ciò potrebbe spiegare la frequente impossibilità di visualizzare l'acquedotto del vestibolo con le tecniche di imaging(Welling DB, 1996).

Sul piano eziologico, l'IE è attualmente classificato in congenito o acquisito(Shuknecht HF ,1983).

D'altro canto, un IE può essere presente senza dare sintomi:

La constatazione che l'emicrania risulti spesso associata alla malattia di Ménière e che il suo trattamento possa attenuare la sintomatologia(Parker W, 1995)La constatazione che l'emicrania risulti spesso associata alla malattia di Ménière e che il suo trattamento possa attenuare la sintomatologia(Parker W, 1995) non è sufficiente per dimostrare che la causa della malattia di è Ménière vascolare. Tuttavia, Oliveira et al hanno riportato nel 1997 la presenza di queste due patologie nella stessa famiglia e ciò potrebbe testimoniare la medesima origine autosomica dominante

 

 

PATOGENESI DEI SINTOMI

Teoria della rottura di membrana

L'ipotesi più classica per spiegare i sintomi della malattia di Ménière è quella descritta da Larence e McCabe nel 1959 ripresa e sviluppata da Schuknecht nel 1974 la rottura del labirinto membranoso e l'intossicazione potassica. Sotto l'effetto della progressiva distensione, il labirinto membranoso finisce per rompersi, liberando in questo modo il potassio endolinfatico che, a seconda della sede della rottura, può diffondere nella perilinfa della cisterna vestibolare o in quella della scala vestibolare del canale cocleare da cui può guadagnare, attraverso l'elicotrema, la scala timpanica (fig 1-26).

 

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 Fig 1-26Teoria della rottura della membrana.

Sotto l'effetto della distensione progressiva il labirinto membranoso finisce per rompersi, liberando in tal modo il potassio endolinfatico che, secondo la sede della rottura, diffonde nella perilinfa della cisterna vestibolare o in quella della scala vestibolare del canale cocleare da cui guadagna, in seguito, la scala timpanica attraverso l'elicotrema.

Il labirinto membranoso e i nervi sono bagnati dalla perilinfa, la cui composizione elettrolitica è simile a quella del liquor (Na+ = 143 mmol/l, K+ = 8 mmol/l). Al contrario, la concentrazione di potassio nell'endolinfa (K+ = 150 mmol/l, Na+ = 15 mmol/l) è sufficientemente alta per provocare una depolarizzazione assonale all'origine di un blocco della conduzione nervosa (Smith CA, 1954).È stato anche dimostrato che il rilascio nello spazio perilinfatico di una soluzione ricca di potassio è in grado di bloccare le risposte cocleari (Tasaki I,1952)o di causare nistagmo paralitico(Dohlman GF,1965).

Quando nella perilinfa la concentrazione di potassio aumenta, le fibre nervose afferenti che attraversano quest'ultima sono le prime a essere interessate. Queste fibre vengono improvvisamente eccitate, poiché il loro potenziale di membrana si avvicina al potenziale di attivazione dei canali del sodio(Bance M,1991). Se la concentrazione di potassio continua a salire, i potenziali d'azione vengono bloccati, con riduzione dell'attività spontanea, legata al blocco dei canali assonali del sodio. Questo aspetto è stato riprodotto nella cavia, infondendo endolinfa artificiale negli spazi perilinfatici(Bretlau P,1994). Tale meccanismo spiegherebbe perché il nistagmo all'inizio dell'attacco acuto è di tipo irritativo, per poi cambiare senso e diventare di tipo deficitario. Infine, quando l'eccesso di potassio viene rimosso, il nistagmo batte di nuovo verso l'orecchio malato (nistagmo di recupero), prima di scomparire del tutto. La durata di questo ciclo varia a seconda del tempo necessario per il rinnovamento del liquido.

La direzione del nistagmo e della vertigine potrebbe dipendere anche dal punto in cui si crea la rottura della membrana. Recenti analisi tridimensionali del nistagmo spontaneo hanno tuttavia mostrato, su quattro pazienti affetti da malattia di Ménière, che nei movimenti oculari di questi pazienti esistevano solo due componenti: orizzontale e rotatoria(Toshiaki Y,1997).Queste osservazioni hanno portato a supporre che nel corso della crisi erano stimolate le fibre afferenti di tutti i canali semicircolari. Quando i due canali verticali vengono stimolati predomina la componente rotatoria, mentre le componenti verticali opposte si annullano.

Così, Schuknecht,(1993) ha formulato «un concetto logico del meccanismo della sordità fluttuante e delle vertigini parossistiche nella malattia di Ménière »:

Lateoria dell'intossicazione potassica secondaria a una rottura membranosa solleva, tuttavia, numerose obiezioni: non sempre le rotture sono riscontrate all'esame autoptico delle rocche petrose umane; il processo ciclico dilatazione-rottura-cicatrizzazione presuppone un certo lasso di tempo difficilmente compatibile con le crisi che si ripetono a ritmo talvolta giornaliero; i dosaggi effettuati sui liquidi prelevati da labirinti umani non mostrano nella perilinfa concentrazioni di potassio significativamente elevate, così come vorrebbe il concetto di intossicazione permanente(Tran Ba Huy P,1984).

 

 

 

Teoria dell'alterata permeabilità di membrana

La teoria dell'alterata permeabilità di membrana è stata contrapposta a quella dell'improvviso aumento di permeabilità del compartimento endolinfatico(Jahnke K,1981).Le giunzioni intracellulari, che assicurano per la perfetta tenuta elettrochimica di questo distretto, perderebbero improvvisamente le loro proprietà e provocherebbero una fuga di potassio che, a causa di un gradiente elettrochimico altamente favorevole, avverrebbe in modo massivo in direzione degli spazi perilinfatici. Tuttavia, in seguito non è stato possibile confermare questa ipotesi(Morgenstern C,1979), che è stata pertanto abbandonata(Brandt T,1991).

Teoria meccanica

In una serie di esperimenti condotti su un modello cocleare, Tonndorf ha proposto una teoria detta «meccanica», dei sintomi della malattia di Ménière (Tonndorf J,1976;1983).Dato che le membrane limitanti, Reissner e basilare, conservano le loro proprietà elastiche, un aumento di volume dell'endolinfa, causato dall'idrope, determina un aumento di pressione che riduce la sensibilità vibratoria della membrana basilare laddove essa è più elastica, ossia all'apice, e sposta la sede della massima risposta, cioè della frequenza di risonanza, in direzione della base, da dove originano le distorsioni del suono. Il grado di queste alterazioni sarebbe direttamente proporzionale all'aumento di volume. Quando queste membrane diventerebbero flaccide, perdendo elasticità, l'aumento di volume interesserebbe a quel punto la capacità vibratoria dell'intero canale cocleare, a causa dell'eccesso di massa che gli verrebbe imposto.

Tali conclusioni possono ben spiegare i principali sintomi osservati: sordità fluttuante che colpisce le frequenze gravi con ipoacusia disarmonica e distorsione nella fase iniziale, quindi ipoacusia costante, non fluttuante, con ipoacusia disarmonica nelle fasi avanzate. Nel momento in cui fosse predominante l'effetto della rigidità, lo spostamento delle frequenze di risonanza sarebbe diretto verso le alte frequenze, mentre il contrario accadrebbe in presenza di un predominante effetto massa.

Successivamente, Tonndorf ha ipotizzato un disaccoppiamento tra stereociglia e membrana tectoria provocato da un aumento della pressione intralabirintica. L'ipoacusia potrebbe in tal caso essere spiegata da un'alterata trasduzione elettromeccanica. La sua intensità varia con il grado di disaccoppiamento e col numero di cellule coinvolte. La scarsa capacità di discriminazione vocale del paziente con la malattia di Ménière dipende dal silenzio periodico legato al disaccoppiamento che interessa la struttura delle formanti. Quanto a loro, gli acufeni sono legati all'agitazione spontanea delle stereociglia che, isolate dall'ancoraggio tectoriale, sono animate da movimenti spontanei «browniani». Questo meccanismo spiega inoltre come gli acufeni possano essere mascherati da un suono incidente che ricongiunge stereociglia e membrana tectoria e come siano direttamente funzione della sede di disaccoppiamento: durante le prime crisi, l'ipoacusia è predominante sulle gravi ed è accompagnata da acufeni di tonalità grave.

La correlazione tra pressione dei liquidi e udito è confermata da recenti studi condotti su pazienti affetti da malattia di Ménière. Autori svedesi(Konradsson KS, 1999) hanno misurato le soglie uditive ed eseguito un'elettrococleografia prima e dopo permanenza nella camera ipobarica, al fine di ottenere un'ipertensione timpanica relativa. L'ipertensione timpanica, probabilmente per compressione della finestra rotonda, migliora in modo statisticamente significativo le soglie uditive e le registrazioni elettrococleografiche. Va sottolineato che lo sviluppo del test di Marchbanks,(1997) lascia aperta la possibilità di misurare la pressione perilinfatica in modo non invasivo nei pazienti con malattia di Ménière . Sfortunatamente, i risultati di questo test sembrano poco probanti(Bagger-Sjobak D,1997;Rosingh HJ,1997).

Il rapporto tra volumi liquidi e pressione si correla ai sintomi vestibolari, da un lato perché le manifestazioni vertiginose osservate durante un attacco possono essere frenate ponendo il paziente in una camera a pressione, che riduce il gradiente di pressione tra endo- e perilinfa (Densert B,1987) dall'altro perché l'aumento sperimentale di volume nei canali della rana determina un aumento proporzionale della pressione endolabirintica, che provoca essa stessa un aumento dell'attività elettrica del nervo ampollare e che cessa con esso. Esiste dunque una relazione diretta tra aumento di pressione e attività elettrica. Allo stesso modo, un continuo aumento di pressione induce una corrente liquida ampullipeta (perché l'aumento di pressione si diffonde più rapidamente nello stretto canale semicircolare piuttosto che nell'ampia cavità utricolare). Al contrario, un abbassamento della pressione induce una corrente ampullifuga. Questi dati spiegano la direzione del nistagmo spontaneo osservato nel corso della crisi, all'inizio omolaterale, quindi controlaterale(Henriksson NG,1966 ;Gleissner L,1966).

Tuttavia, né l'aumento della pressione endolinfatica né una contaminazione potassica possono spiegare il carattere prolungato del nistagmo e della vertigine durante la crisi e quello permanente e non fluttuante della iporeflessia vestibolare che si mantiene quasi costante durante l'evoluzione della malattia. Questa teoria, che si applica ai sintomi ma non all'idrope, non esclude la possibilità di rotture del labirinto membranoso, che possono essere responsabili delle crisi.

                                                          

 

Altre ipotesi

Per spiegare la comparsa della crisi, sono state proposte numerose altre ipotesi che attualmente non sono ritenute valide: squilibrio neurovegetativo con ipersimpaticotonia (Cawthorne T, 1954),allergia (Clemis JD,1967) da danno immunomediato,(Yoo TJ,1982) sbalzi di osmolarità, che provocherebbero uno spostamento d'acqua verso il labirinto membranoso (Johnstone BN, 1981)vascolari, una lesione primitiva, congenita o di altra natura, del sistema venoso dell'acquedotto del vestibolo che, originando un'ipertensione venosa a monte, si ripercuoterebbe sulle zone secretorie vestibolari e sui meccanismi di trasporto dei liquidi(Gussen R,1980).

 

 

REFERENCES

 

 

 

10)Come si fa diagnosi di malattia di Ménière?

La diagnosi di malattia di Ménière è clinica cioè è fatta dal medico sulla base della storia clinica raccolta con il malato (anamnesi) e dei dati ottenuti con l’esame audiometrico. e l'esclusione di altre cause.  La diagnosi differenziale è ampia e comprende fistola perilinfatica , labirintiti ricorrenti , emicrania , malformazioni congenite dell'orecchio di vario tipo , la sifilide , malattia di Lyme, tumori come il neuroma acustico , sclerosi multipla, cisti aracnoidea della fossa posteriore, e altre entità rare.  Sintomi simili a quelli della malattia di Ménière (udito fluttuante, acufeni, vertigini) può anche essere causato da ictus incombente nella distribuzione dei anteriore arteria cerebellare inferiore (Lee e Cho, 2003).  Bilateralità di fluttuazione dell'udito suggerisce una causa vascolare come l'emicrania .  Di tanto in tanto ilnistagmo nella malattia di Ménière è visto in " modo sbagliato ".  Questo è un risultato altamente specifico per la malattia di Ménière ,in quanto poche altre condizioni hanno una fase eccitatoria. Gli altri esami che spesso si richiedono al malato sono:l’esame impedenzometrico,l’elettrococleografia ,le otoemissioni, i potenziali evocati uditivi, l’esame vestibolare,i potenziali Vestibolari Miogeni (VEMP's),i vari esami del sangue ( ANA ,FTA )la risonanza magnetica cerebrale ,che servono ad escludere altre malattie; mentre l’esame elettrococleografico può, se eseguito correttamente quando la malattia è in fase attiva, esprimere la presenza dell’idrope labirintica (aumento di pressione dei liquidi dell’orecchio interno). L’esame audiometrico nelle fasi iniziali della malattia mostra una diminuzione dell’udito limitata alle basse frequenze spesso fluttuante,  che presenta variazioni nel tempo  e che dopo le prime crisi torna  a valori normali


La  conferma otologica si basa sui seguenti test clinici:


L' esame audiometrico tonale e vocale(quest'ultimo valuta la capacità di comprendere una lista di parole e non solo i suoni puri), sono importanti ai fini di una stadiazione funzionale della malattia. Così come l' esame impedenzometrico , dirimente per lo studio dell'orecchio medio e della tuba, allo scopo di escludere un loro coinvolgimento.

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Fig. 3a: Audiogramma (esame dell’udito) tipica della malattia  di Ménière sul lato destro (x = sinistra, destra = o).  C'è un ipoacusia neurosensoriale. per le basse frequenze.

 

 

 

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Fig. 3b: Audiogramma tipico della malattia di Ménière  nella fase intermedia , sempre sul lato destro.  L'udito è ridotto su tutte le frequenze, ma più per le frequenze alte e basse.

 

 

A questi fanno seguito tutta la serie di esami elettroacustici come i Potenziali Evocati del Tronco Encefalico (ABR), i quali vengono eseguiti spesso, ma in questo caso ,hanno più che altro valore di esclusione per le patologie retrococleari.

L' Elettrococleografia(Fig.1-4a/b)che assume un'importanza fondamentale nell'idrope endolinfatica. L'esame misura le micro-correnti elettriche prodotte dalle cellule acustiche, ma le difficoltà di esecuzione con le tecniche tradizionali (presso il nostro studio viene utilizzata la tecnica peritimpanica) lo rende assai scarsamente diffuso. L'aspetto della risposta registrata è notevolmente modificato quando c'è un aumento della  pressione endolinfatica . Viene quindi ritenuto di estrema rilevanza nella diagnosi di idrope endolinfatica, fondamentale quindi quale prova della genesi di uno o più sintomi che essendo incompleti non possono essere classificati come malattia di Ménière .

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Fig. 1-4a: ECochG normale.

 

 

 

Fig.1-4bl’ECochG è interpretato confrontando l’altezza del SP,con l’AP

 

 

 

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Fig. 1-4a: Le attrezzature utilizzate per registrare un ECochG, un ICS

 

 

 

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Fig. 1-4b:Elettrodo per ECochG - la punta blu è posizionato in modo che sia vicino al timpano dopo che viene effettuata una ECochG, è spesso presente del gel azzurro che rimane  nel condotto uditivo.

 

 

In questo modo si realizza uno studio approfondito di tutte le componenti del labirinto e si ottengono informazioni sulla possibile natura della sintomatologia

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Fig. 1-5a: Potenziali acustici Cocleari (EChocG)

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 1-5b: Potenziali Acustici del Tronco Encefalico ( ABR)

 

 POTENZIALI EVOCATi studio tanzarielloFig. 1-5c-d-e-f-g

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Esame vestibolare:la valutazione continua con lo studio VideoNistagmoGrafico.Fig.1-6a-b

1-/6
Si registrano, con speciali telecamere ad infrarossi, i movimenti oculari anomali (nistagmo). In fase acuta questi movimenti sono spontanei, oppure possono essere rivelati da manovre appropriate. Durante le fasi silenti della malattia e necessario provocarli con stimoli idonei (esempio acqua calda o fredda nelle orecchie). La presenza di un nistagmo anomalo è l'evidenza di un cattivo funzionamento dei canali semicircolari. Fig. 1-5 
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Fig. 1-6a-b PROVE TERMICHE :Perdita unilaterale sul lato destro dopo 3 iniezioni di gentamicina

IPotenziali Vestibolari Miogeni (VEMP'S)Fig.1-7, che registrano l'attività elettrica dei sensori del Sacculo, e possono dare spiegazione dei disturbi come il disequilibrio e l'instabilità

 

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 Fig 1-7 VEMP normale utilizzando unICS Il potenziale principale, P1, si trova a circa 13 msec. Ogni lato è di circa 250 microvolt di dimensioni (che è molto al di sopra del limite inferiore del normale, circa 70). Vi è un artefatto elettrico visto a 0 msec per il lato sinistro. Questo può essere ignorato

Nel tentativo di cercare eventuali fattori predisponenti lo sviluppo dell'idrope, vengono via via proposti esami ematochimici sulla funzionalità tiroidea, ipofisaria (soprattutto ormoni sessuali della donna) piuttosto che sulla presenza di allergie o intolleranze alimentari. Questi hanno valore, comunque, se prescritti in maniera circostanziata, dopo una valutazione anamnestica che orienti verso una direzione, piuttosto che sottoporre routinariamente ad una valutazione ematica, a tappeto, di tutto le variabili via via messe in ipotetica relazione con lo sviluppo dell'idrope

EVOLUZIONE
L'evoluzione, la cui durata è imprevedibile e imprognosticabile, è caratterizzata da una progressiva riduzione delle crisi vertiginose che vengono sostituite da una instabilità continua.

L'ipoacusia raggiunge gradi elevati, senza più fluttuazioni e si associa ad una povera discriminazione vocale, con abbassamento della soglia del fastidio (recruitment). La MdM è generalmente monolaterale, ma in una percentuale variabile tra il 5 e il 46% dei casi può diventare bilaterale

Epidemiologicamente, l'incidenza varia tra i 3,7 e i 46 nuovi casi ogni 100.000 abitanti per anno, differendo molto nelle casistiche per disomogeneità diagnostica. In Italia l'incidenza calcolata è di 8,2 per 100.000, cifra che pecca per difetto . Non sembra esservi una differenza statisticamente significativa tra i sessi, mentre l'età maggiormente colpita varia tra i 40 e i 60 anni .


11) SINTOMISINDROME CLINICA

Il quadro clinico della malattia di Ménière è caratterizzato dalla comparsa, scaglionata nel tempo o simultanea, di una triade sintomatologica che associa crisi di vertigine rotatoria, ipoacusia fluttuante e acufene monolaterale intermittente. Ancora più specificamente, il paziente racconta di vere e proprie crisi che si dipanano secondo il seguente schema:

  1. iniziale senso di pienezza auricolare;
  2. quindi comparsa di ipoacusia o peggioramento di una vecchia ipoacusia omolaterale;
  3. comparsa o aggravamento di un acufene, sempre dallo stesso lato;
  4. seguiti da una crisi vertiginosa rotatoria, con difficoltà a mantenere la stazione eretta, nausea e vomito.

Normalmente questi sintomi possono essere raccolti con l'anamnesi, anche se non è raro osservarli durante la crisi. L'esame obiettivo è pertanto essenziale, mentre gli esami audio-vestibolari non servono che a confermare la diagnosi

Tuttavia, la malattia non esordisce sempre con la triade classica, sviluppandosi spesso, a volte anche per un anno, in modo monosintomatico con caratteristiche vestibolari o cocleari. La diagnosi può essere confermata solo dopo diverse crisi e la comparsa della triade classica  Brandt T 2000;1991; Hamann KF, 1999 ; Tran Ba Huy P, 1989; 

Crisi vertiginose

Le crisi vertiginose rappresentano il sintomo più eclatante della malattia di Ménière e sono in genere il motivo per cui il paziente si rivolge allo specialista. Esse sono eminentemente variabili nelle loro modalità di comparsa, nel loro decorso, nella loro durata, intensità e frequenza.

 Possono insorgere in ogni ora del giorno: in piena notte, risvegliando il paziente, in concomitanza di uno stress, di uno sforzo fisico o di una variazione di pressione atmosferica. Sono generalmente precedute, da 15 a 60 minuti prima, da segni uditivi, isolati o associati, ma monolaterali: comparsa o cambiamento di acufeni o di un'ipoacusia, sensazione di pienezza o di pressione auricolare. Questi segni premonitori, vere aure della vertigine, permettono al paziente che ha già avuto una crisi, di predisporre alcune misure di sicurezza: sedersi, sdraiarsi, scendere da una scala, fermare l'automobile, ecc. Successivamente, compare una violenta vertigine rotatoria, che impedisce la stazione eretta, accompagnata da importanti segni neurovegetativi: malessere, lipotimia, sudorazione, nausea, vomito, diarrea, cefalea. Ciò sottolinea il valore localizzante dei segni uditivi, che permettono di riferire all'orecchio una sintomatologia digestiva e anche di definire il lato colpito dalla malattia. Normalmente non si osserva perdita di coscienza, anche se a volte sono stati descritti eventi sincopali.

La vertigine raggiunge il suo acme in qualche minuto e dura per due o tre ore per poi sfumare in seguito, lasciando il paziente esausto, che finisce spesso per addormentarsi. Se nella crisi inaugurale la vertigine può continuare anche per 24 ore, essa non va mai oltre questa durata. Allo stesso modo, non dura mai meno di un minuto. Una volta passata la crisi, il paziente può recuperare immediatamente il pieno benessere o lamentare nei giorni successivi una sensazione di malessere, di astenia e/o di instabilità nei movimenti.

Talvolta, spesso nelle fasi più tardive, la crisi compare senza alcun segno premonitore e può manifestarsi con una sensazione di beccheggio, di rollio, di ascesa, di discesa o di lateralizzazione.

La frequenza delle crisi vertiginose varia considerevolmente da un individuo all'altro e anche nello stesso paziente e va da diversi accessi alla settimana a crisi distanziate di parecchi mesi o anni. Teoricamente, la frequenza delle crisi si riduce col progredire della patologia, sebbene alcuni Autori ritengono che sia indipendente dalla durata della malattia.

 

Ipoacusia

L'ipoacusia fluttuante dell'orecchio affetto, che compare o peggiora durante le crisi è, con la vertigine, uno dei due sintomi che compare più spesso. Allo stadio iniziale, può anche essere isolata e indirizzare verso la diagnosi di ipoacusia improvvisa. Essa ha una valenza localizzante e diagnostica.

 All'inizio, interessa le frequenze gravi e presenta caratteristiche fluttuazioni, con ritorno alla normalità nell'arco di qualche ora o di alcuni giorni. Si associa spesso a una sensazione di orecchio tappato, di pienezza o pressione, che in genere si risolve dopo l'attacco; può anche associarsi a una riduzione della capacità discriminatoria, a un fastidio per i suoni forti, a una distorsione sonora o a una paracusia disarmonica, segni che indicano un danno endococleare.

Nel decorso, l'ipoacusia si aggrava, diviene pantonale, perde il caratteristico andamento fluttuante e si stabilizza su perdite di 50-70 dB. La cofosi rimane comunque un evento eccezionale.

Acufeni

 Nella malattia di Ménière, gli acufeni simulano tipicamente il rumore di conchiglia marina, ma possono anche presentarsi con i caratteri di un fischio acuto, di rombo o ronzio. Costanti o intermittenti, mai pulsanti, compaiono o si accentuano generalmente nei minuti che precedono la crisi vertiginosa; Presentano, dunque, il vantaggio di segnalare al paziente la crisi imminente, cosa che consente la messa in atto di comportamenti di sicurezza.

Il secondo aspetto rilevante è dato dal fatto che la loro comparsa, come nel caso dell'ipoacusia, permette di riferire la vertigine a una patologia dell'orecchio interno, fatto che evita al paziente di consultare inutilmente altri specialisti. Il terzo aspetto interessante è che l'acufene indica il lato affetto dalla patologia.

 L'intensità degli acufeni può essere valutata in tre gradi:

  1. grado 1: acufeni percepibili solo in ambiente silenzioso;
  2. grado 2: acufeni percepibili in qualsiasi ambiente ma che si riducono di intensità durante le attività mentali;
  3. grado 3: acufeni permanenti che condizionano la vita del paziente.

Questa classificazione, anche se soggettiva, permette di valutare le ripercussioni psicologiche degli acufeni e di valutare l'efficacia della terapia intrapresa.

Gli acufeni possono persistere a lungo dopo che la vertigine e l'ipoacusia si siano risolti. A lungo termine, sono destinati a diventare permanenti e invalidanti.

Sintomi associati

Alla classica triade della malattia di Ménière possono associarsi altri sintomi aspecifici:

talvolta cefalea ed emicrania sono riferite dal paziente, senza che sia stato possibile stabilire una chiara relazione patogenetica tra queste manifestazioni e la malattia di Ménière. D'altro canto, è stato accertato come nel corso o tra le crisi di emicrania basilare autentica possano anche comparire sintomi oto-neurologici e, in particolare, la vertigine rotatoria  

 Kayan A, 1984 ;

talvolta accompagnata da segni uditivi. Al cospetto di un quadro clinico evocatore della malattia di Ménière, è quindi importante riconoscere la presenza di un'eventuale emicrania, che può giovarsi di un trattamento adeguato;

il contesto psicologico costituisce, in alcuni casi, uno degli elementi essenziali del quadro clinico. Numerose pubblicazioni hanno evocato il ruolo dello stress, dell'affaticamento, delle preoccupazioni familiari o professionali o anche di shock emotivi nella comparsa delle crisi

I pazienti colpiti dalla malattia di Ménière presentano spesso un particolare profilo psicologico, sono colti e intelligenti, ma anche meticolosi, perfezionisti o, addirittura, ossessivi. Alcuni Autori fanno di questo profilo uno degli elementi indispensabili alla diagnosi  Altri hanno parlato di malattia psicosomatica, «di ulcera dell'orecchio interno». Andersson, tuttavia, in una metanalisi, non ha trovato elementi statisticamente significativi in grado di suffragare il ruolo dello stress nella genesi della malattia di Ménière. Allo stesso modo, lo stesso moltiplicarsi delle crisi è in grado di scatenare una condizione di stress, che si manifesta conseguentemente come sintomo secondario  

 

12)STORIA NATURALE

Imprevedibile, misteriosa e in grado di diventare bilaterale: questi sono senza dubbio i termini più appropriati per definire e riassumere la storia della malattia di Ménière. Tali aspetti devono essere immediatamente sottolineati per dare al paziente un'informazione chiara e per ottenere un'affidabile e lucida valutazione dei risultati terapeutici.

 Tutti gli Autori concordano nell'affermare che, nella stragrande maggioranza dei casi, la malattia è inizialmente monolaterale. Possono essere descritte quattro fasi evolutive.

Fase iniziale

La malattia compare in genere nella quarta-sesta decade di vita, generalmente in modo monolaterale e monosintomatico, anche se può ovviamente esordire con la triade completa. Non è importante quale dei tre sintomi maggiori possa dare origine alla patologia e precedere, per un lasso di tempo indeterminato, la comparsa degli altri. Secondo alcuni, l'acufene e l'ipoacusia precedono il più delle volte la vertigine di molti mesi o anni, in quanto il canale cocleare viene ritenuto l'iniziale sito di sviluppo dell'idrope  Brandt 1991; Malgrado ciò, la malattia può esordire con crisi di vertigine in assenza di segni cocleari. Di regola, il quadro clinico si completa entro un anno dalla comparsa dei primi sintomi

Fase attiva

A questo stadio, la lesione cocleo-vestibolare diventa irreversibile. Le crisi di vertigine perdono di intensità, la funzione uditiva si altera È durante questa fase che la malattia assume il suo aspetto più classico. La triade si instaura in modo parossistico, con periodi di remissione completa. Questa fase può durare per 5-20 anni.

Fase di defervescenza

A questo stadio, la lesione cocleo-vestibolare diventa irreversibile. Le crisi di vertigine perdono di intensità, la funzione uditiva si altera progressivamente Friberg U.1984;Hulshof J.H.1981.Le fluttuazioni scompaiono, le remissioni diventano rare e il paziente lamenta una sensazione di instabilità più o meno permanente L'ipoacusia è piatta e fluttuante e si instaura un'iporeflessia vestibolare  

Fase finale

Nella sua fase finale, la malattia di Ménière realizza il classico quadro del «Ménière anziano». Le vertigini scompaiono, ma il paziente, gravemente ipoacusico, è afflitto a permanenza da un intenso ronzio. La perdita uditiva è tale da configurare un quadro di sub-cofosi (60-70 dB), la reflettività vestibolare è minima, ma cofosi e areflessia sono rare.

Tuttavia, questa descrizione della storia naturale della malattia è soltanto schematica e la sua divisione in quattro fasi empirica. In effetti, si può osservare di tutto lungo il decorso e una stabilizzazione o una ripresa possono sopraggiungere in ogni momento.

Bilateralizzazione

Elemento essenziale nell'evoluzione clinica della malattia, il riscontro della bilateralizzazione aumenta percentualmente in modo proporzionale alla durata del follow-up del paziente

 L'alta variabilità dei tassi di incidenza riportati in diverse pubblicazioni non dipende solo dalla durata del periodo di osservazione, ma anche dalla diversità dei criteri diagnostici adottati. Su una casistica di 67 esami autoptici, in cui era stata segnalata la presenza di idrope endolinfatica a livello della rocca petrosa, Kitahara ha osservato il 30% di patologie bilaterali  Morrison AW,1996.

L'analisi della letteratura permette di osservare che, a due anni dall'esordio della malattia, il 15% dei casi diventano bilaterali (Fig. 18babighian). e che dopo 10 o 20 anni questa percentuale aumenta fino al 30 e addirittura al 60%(Fig. 19 BABIGHIAN). Sembra, infine, che la bilateralizzazione sia indipendente dallo stadio della lesione controlaterale.La bilateralizzazione, che grava pesantemente sulla futura capacità funzionale del paziente, pone anche un problema terapeutico, perché una qualsiasi decisione, in particolare di chirurgia distruttiva, deve essere considerata in rapporto a questa minaccia evolutiva.

 

 

13)ESISTONO MANIFESTAZIONI PARTICOLARI DELLA MALATTIA DI MÉNIÈRE?:È possibile identificare alcune varianti cliniche in base a criteri sintomatologici o alla successione temporale della comparsa dei sintomi.

Esse comprendono:

 

14)FORME CLINICHE

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Fig. 2-7- B.A. a. 44 - M. di Ménière bilaterale.

I controlli audiometrici del deficit dell’udito all’or, destro iniziano nel marzo del 1993; nell’agosto del 1993 il danno uditivo interessa anche l’orecchio sinistro. Le crisi menieriche si sono ripetute fino al 2000 provocando un grave deficit bilaterale dell’udito; es. imped: timpanogramma tipo A; RCS nella norma bilateralmente (presenza del test di Metz bilaterale); ABR: tracciato normale.(BABIGHIAN-OTONEUROLOGIA PICCIN 2008).

 

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Fig. 1-8 - M. di Ménière bilaterale. Col trascorrere degli anni, aumenta la percentuale dei casi nei quali l’idrope labirintica interessa anche l’altro orecchio..(BABIGHIAN-OTONEUROLOGIA PICCIN 2008).

 

Nel 1919, Lermoyez medico francese - Cambrai, 1858 - Parigi, 1929) descrisse una vertigine parossistica recidivante associata al miglioramento di un'abituale ipoacusia; era «la vertigine che fa comprendere»(le vertige qui fautentendre) . L’improvviso miglioramento della sintomatologia cocleare si manifesta con la risoluzione dello spasmo dell’ a. ud. int. che l’aveva provocata .La sintomatologia evolve a crisi della durata di 2-3 ore con irregolare frequenza.Questa sindrome fu classificata come una variante clinica della malattia di Ménière. Lermoyez stesso attribuiva l'origine dell'ipoacusia e dell'acufene a uno spasmo dei vasi labirintici e alla sua improvvisa risoluzione nel corso della crisi vertiginosa il miglioramento della funzione uditiva e la lieve attenuazione della vertigine. È possibile osservare questa forma nell'1% circa dei pazienti con malattia di Ménière ed essa potrebbe non essere altro che una variante cronologica e temporanea della malattia stessa  Lermoyez M Tran Ba Huy P,1989;secondo Pagnini questa sarebbe una modalità di esordio della Ménière  e non una sindrome autonoma in quanto tulle le Lermoyez diventano poi delle Ménière .

Nel 1936, Tumarkin segnalò il caso di tre pazienti colpiti da cadute improvvise senza prodromi o«drop attacks»  Si trattava di improvvise sensazioni di cedimento delle ginocchia, che portavano il paziente alla caduta; Esse sopraggiungevano senza prodromi, non si accompagnavano alla perdita di coscienza, non erano scatenate da spostamenti e potevano provocare ferite o fratture tanto erano improvvise. Le crisi di Tumarkin sono brevi, di durata inferiore al minuto; si verificano spesso nelle ultime fasi della malattia e nel 10% dei pazienti affetti  Schuknecht HF 1993 .Tumarkin stesso riteneva che l'origine di queste crisi fosse vestibolare.Secondo l’A., l’improvvisa caduta dipenderebbe dall’ effetto pressorio dell’idrope sui recettori maculari dell’utricolo. Da alcuni, il quadro viene infatti definito come “otholithic attack” o “otholithic catastrofe”. L”otholithic attack” è molto simile al “drop attack” manifestazione clinica che generalmente si osserva in alcuni casi di patologia del SNC (neoplasie, lesioni vascolari acute, ecc.) o internistica (ipertensione arteriosa, diabete, scompenso cardiaco acuto, ecc.). La diagnosi differenziale con la crisi otolitica di Tumarkin si basa sul fatto che nel “drop attack” vi è perdita della coscienza e mancano i segni anamnestici e clinici di una pregressa lesione cocleare e/o vestibolare.

 Attualmente, data questa sintomatologia clinica, si ritiene che in questi pazienti l'idrope endolinfatica sia localizzata nell'utricolo e non nei canali semicircolari, da cui il nome di «catastrofi otolitiche». Su una casistica di 11 pazienti affetti, Black et al hanno dimostrato che un pieno recupero era impossibile con il solo trattamento medico  alla fine tutti i pazienti sono stati sottoposti a labirintectomia o a neurotomia. Al contrario, altre casistiche segnalano una remissione spontanea nel corso di qualche mese Black FO,1982 ; Effron MZ, Baloh RW, 1990 ; Jansen VD,1988 ;

 Secondo Pagnini rappresenta una potenziale fase evolutiva della Meniere, è caratterizzata da una violenta pulsione, come una enorme spinta laterale che costringe il paz. ad afferrare qualcosa per nona cadere. E' un fenomeno otolitico da non confondere con i drop attacks che si realizzano nelle forme vascolari come l'IVB, in cui si realizza un improvvisa perdita del tono antigravitario agli arti inferiori. l'origine è otolitica (otriculo e sacculo infatti sarebbero interessati in un secondo tempo perchè più resistenti all'idrope). E' una crisi estremamente pericolosa in quanto avviene all'improvviso, magari in una fase di relativa quiescenza della malattia per il realizzarsi dell'iporeflessia vestibolare (riduzione della funzione vestibolare), senza dare alcun segno premonitore di se, come la fullness della crisi Menierica. Tale crisi spaventa così tanto il malato che spesso sviluppa una paura di uscire di casa. Il nome di "Sindrome otolitica" deriverebbe da un aumento della pressione a livello dei recettori otolitici.

 

 

15)CON CHE FREQUENZA SI MANIFESTA?

Gli studi hanno dimostrato che la malattia di Meniere colpisce circa200 su 100.000 persone (o in altre parole, 2 / 1000). inizia in genere da un lato ed esiste una probabilità che interessi l’altro orecchio del 50%, ma in un periodo di 30 anni.

Questo è grosso modo la stessa diffusione che la sclerosi multipla (SM). The majority of people with Meniere's disease are over 40 years of age, with equal distribution between males and females. La maggior parte delle persone con malattia di Meniere sono oltre 40 anni di età, con equa distribuzione tra maschi e femmine. Interestingly, the Framingham study found that 2/100 people believe they have Meniere's disease in the US, suggesting that misdiagnosis is far more common than the correct diagnosis. È interessante notare che lo studio Framingham ha rilevato che 2 / 100 persone credono di avere la malattia di Meniere negli Stati Uniti, suggerendo che la diagnosi errata è molto più comune di quanto la diagnosi corretta.

 

16) TERAPIA:COME SI CURA LA MALATTIA DI MÉNIÈRE?

Bisogna distinguere un trattamento dell’attacco acuto da tutte le terapie e norme di igiene alimentare e di vita che sono utili per il controllo della malattia. Parleremo poi dei trattamenti medici e chirurgici che permettono di evitare il ripetersi delle crisi acute.


Trattamento dell’attacco acuto: si basa sull’uso di farmaci che deprimono la funzione vestibolare come alcuni antistaminici che si somministrano per via intramuscolare o endovenosa; farmaci anti-emetici che sopprimono i sintomi dovuti all’attivazione del sistema neurovegetativo (nausea, vomito, malessere generale); farmaci ansiolitici che oltre che ridurre l’ansia associata alla crisi hanno anche un’azione antivertiginosa diretta.

Esistono peraltro degli accorgimenti che permettono di ridurre l’intensità dei disturbi se si viene colti da una crisi e non si hanno a disposizione farmaci antivertiginosi. È consigliabile stendersi su una superfice piana e stabile sul fianco dell’orecchio sano e fissare un punto fermo. Evitare di bere per non stimolare il vomito. Se se ne ha la possibilità può essere utile fare un lavaggio dell’orecchio malato con acqua fredda (dai 20 ai 30 gradi), può essere usatoa per questo una siringa da 20cc (senza l’ago naturalmente) o una peretta che contenga la stessa quantità d’acqua. Lo scopo di questa irrigazione è di inibire l’attività del labirinto malato che in fase acuta presenta un’aumentata attività.

 

Trattamento generale della malattia:  si basa su una serie di norme di igiene soprattutto alimentare che consistono principalmente nel mantenere un buon equilibrio idrosalino dell’organismo. Sebbene i liquidi dell’orecchio interno abbiano un metabolismo separato da quello dei liquidi del resto dell’organismo con concentrazioni specifiche di sodio, potassio e altri elettroliti, sono comunque influenzati dallo stato di equilibrio idrosalino dell’organismo. Le norme principali da seguire per evitare questo squilibrio sono:

assumere alimenti e liquidi in modo regolare e ben distribuito nella giornata

Limitare in modo drastico il consumo di sale, riducendo anche il consumo di alimenti ad alto contenuto salino (meno di un grammo al giorno)

Consumare almeno tre porzioni di frutta e due di verdura al giorno

Bere almeno 2 litri di acqua al giorno o di succhi di frutta a basso contenuto di zuccheri    e reintrodurre subito i liquidi persi con l’esercizio fisico o a causa del caldo.

Prestare attenzione all’assunzione di latte che in alcuni pazienti può accentuare la frequenza delle crisi per motivi di allergia ad esso

Limitare  l’assunzione di caffeina (caffè, tè, cioccolato) che tra l’altro ha un effetto di scatenamento dell’emicrania (alcune forme di idrope sono degli equivalenti emicranici)

Limitare l’assunzione di alcol ad un bicchiere di vino ai pasti

Limitare/evitare gli alimenti che contengono monogluttamato di sodio (contenuto sopratutto nella      cucina cinese)

Evitare per quanto possibile gli stress siano essi lavorativio per attività ludiche

La terapia della MdM si avvale di presidi ortodossi (dietetici, farmacologici e chirurgici) ed eterodossi (agopuntura, psicoanalisi, bio-feedback, training autogeno): tutti sembrano ottenere risultati significativi nei confronti dei singoli sintomi della malattia, ad indicare come tale affezione mostri forti connotati di tipo psicosomatico.
Tradizionalmente, una volta posta diagnosi di MdM, è necessario sottoporre il paziente ad una terapia medica che può essere attuata in due circostanze:

A):durante l'attacco acuto: si impiegano vestibolosoppressori ad azione sedativa centrale come le fenotiazine o le benzodiazepine (Diazepam). Utile anche la somministrazione di diuretici osmotici (Mannitolo e.v.: 1-2 gr. /Kg./ per tre volte die) e di anticolinergici (scopolamina transdermica).

Più discutibile l'impiego di diuretici d'ansa (Furosemide) e dei corticosteroidi.

B)nella fase intercritica: si impiega la dieta iposodica come supporto alla terapia farmacologica che è fondamentalmente rappresentata da alte dosi di Betaistina (16mg. per 3 volte die). Non sembra altrettanto efficace l'alternanza tra Betaistina e corticosteroidi ,né l'uso protratto di diuretici per os.
La terapia dietetica e medica va mantenuta per almeno 6 mesi prima di prendere ulteriori provvedimenti.
Se nonostante il completamento del ciclo terapeutico medico il paziente lamenta ancora sintomi, tali da causare un degrado della propria qualità di vita, occorre prendere in considerazione le seguenti soluzioni:
9)se il sintomo più importante sono le crisi vertiginose si deve optare per una terapia ablativa farmacologica (gentamicina transtimpanica) o chirurgica (neurectomia selettiva). Tale ulteriore decisione è a sua volta condizionata anche da altri parametri quali l'età del soggetto, la funzione uditiva e la mono o bilateralità della patologia (Tab. 2);

I trattamenti chirurgici sono indicati qualora la terapia dietetica e farmacologica non permetta un  ottimo controllo della malattia cioè non si abbiano più crisi violente di vertigini. Essi possono essere di tipo funzionale oppure mirano alla distruzione più o meno completa delle cellule del sistema dell’equilibrio che inviano il segnale al sistema nervoso centrale. I principali sono:

A)Decompressione del sacco endolinfatico

B)Labirintectomia chimica con gentamicina

C)Labirintectomia chirurgica

D)Sezione (neurotomia) del nervo vestibolare

A)La decompressione del sacco endolinfaticoè stato il primo intervento chirurgico “funzionale” per la cura della malattia di Ménière.(attualmente quasi abbandonata)Consiste nel rimuovere l’osso posto dietro il labirinto che ricopre il sacco endolinfatico dove “scaricano” la pressione i liquidi labirintici. Le procedure descritte sono diverse, semplice decompressione, applicazione di una valvola dal sacco alla mastoide o ai liquidi cerebrali, asportazione completa del sacco e tutti hanno percentuali di successo simili nel controllo della malattia. Essi oscillano nei vari studi dal 60% all’80%. Si tratta di un intervento che si esegue in anestesia generale e, in mani esperte, ha un rischio di complicazioni molto basso. Il principale vantaggio di questi interventi è che non sono distruttivi della funzione vestibolare e quindi non provocano uno squilibrio tra i due lati che, soprattutto nelle persone anziane, può essere difficile da compensare,attualmente è stato sostituito con:.

B)La labirintectomia chimica con gentamicinarappresenta uno dei trattamenti attualmente più diffusi oltre che per i buoni risultati per la relativa semplicità di applicazione. Infatti può essere eseguito ambulatoriamente iniettando la gentamicina, che è un antibiotico tossico per il sistema otovestibolare, nell’orecchio medio dove viene assorbito a livello della membrana della finestra rotonda. Si sfrutta il fatto che essendo più tossico per le cellule vestibolari che per quelle acustiche può essere applicato in modo da essere tossico solo per le prime lasciando intatta la funzione uditiva. La gentamicina può essere applicata direttamente nell’orecchio con un ago che attraversa la membrana timpanica oppure si posiziona prima un tubicino di ventilazione nel timpano attraverso il quale si inietta il farmaco E' anche possibile iniettare direttamente il farmaco attraverso la membrana del timpano con un ago sottile.

La somministrazione viene eseguita molto lentamente e il paziente viene mantenuto in posizione supina con la testa ruotata di 45° verso l'orecchio sano per circa 30 minuti.

Sono sufficienti basse dosi, che implicano cicli di 3 iniezioni a distanza di circa 5 giorni, eventualmente ripetibili in un tempo successivo.

Tale metodica comporta tuttavia la possibilità di un effetto tossico anche sulla coclea, con un peggioramento uditivo significativo che varia dal 3 al 20% dei casi. La capacità e l’esperienza del medico sta nell’applicare il farmaco in modo da distruggere le cellule vestibolari lasciando intatte quelle uditive. Il trattamento è ambulatoriale ed i  risultati nel controllo delle vertigini, in mani esperte, raggiungono il 90%

C)La labirintectomia chirurgica si esegue solo quando il paziente ha una sordità totale dal lato della malattia e si possono rimuovere chirurgicamente le cellule vestibolari. È un intervento da eseguire in anestesia generale che dà un controllo della vertigine in oltre il 95% dei casi. È raramente eseguito perchè è raro che si abbia una sordità totale dal lato della malattia.

D)La sezione o neurotomia del nervo vestibolaresi esegue, molto raramente, quando gli altri trattamenti non hanno dato il risultato sperato è il paziente continua ad avere violente crisi vertiginose. Si tratta infatti di un intervento delicato, otoneurochirgico, che consiste nella sezione intracranica del nervo vestibolare (dell’equilibrio) lasciando intatto quello cocleare (dell’udito). è un metodo invasivo ma efficace, che consente allo stesso tempo di conservare meglio la funzione uditiva dell'orecchio ammalato. Al nervo vestibolare si può accedere per diverse vie, venendo ciascuna preferita in base alla esperienza personale del chirurgo. È risolutivo in oltre il 95% dei casi

10)Come si curano gli acufeni, il senso di ovattamento auricolare e l’ipoacusia?

se il sintomo più fastidioso è l'ipoacusia, e la malattia è bilaterale anche se di grado differente, l'unico provvedimento terapeutico è la protesizzazione acustica, notevolmente difficoltosa in tali pazienti a causa del recruitment (che genera fastidio per i rumori intensi) ma è sempre possibile;se il sintomo più importante è l'ovattamento auricolare, in certi casi specifici può essere preso in considerazione il posizionamento di un tubo di ventilazione transtimpanico;se il sintomo più invalidante sono gli acufeni, nessun

provvedimento tradizionale è in grado di risolvere il problema. I risultati migliori si ottengono con la TRT ottiene nel trattamento degli acufeni legati alla malattia di Ménière gli stessi risultati che ottiene nelle altre forme di acufene con miglioramenti ottenibili nell’80% dei casi.

Sia in seguito all'evoluzione naturale della malattia che dopo terapia ablativa spesso i pazienti lamentano una instabilità posturale costante che può essere attenuata mediante l'esecuzione di adeguati esercizi riabilitativi vestibolari.

Bisogna impostare una strategia terapeutica che liberi il paziente al più presto dalla dipendenza della malattia. Infatti il problema principale di chi ne soffre è rappresentato dalla imprevedibilità delle crisi oltre che il pericolo intrinseco ad essa (caduta, incidente stradale) ne consegue che se la terapia medica e dietetica non ha raggiunto i risultati sperati nell’arco di tre mesi consigliamo il trattamento minichirurgico di deafferentazione (interruzione degli stimoli) vestibolare  rappresentata dal trattamento con gentamicina. Altri trattamenti “funzionali” quali il trattamento pressorio dell’orecchio con il Meniett non hanno dimostrato, negli studi pubblicati di confronto, un successo superiore a quello dell’applicazione di un semplice tubicino di ventilazione nella membrana timpanica e di conseguenza non riteniamo il loro uso giustificato.

Un aspetto particolare del trattamento della malattia di Ménière è rappresentato dal trattamento della malattia di Ménière bilaterale. In questo caso laddove la terapia medica risulti insufficiente a controllare le crisi non è consigliabile, per la grave inabilità che provoca, un trattamento distruttivo bilaterale, ne consegue che il trattamento dovrà trovare un equilibrio portando ad una riduzione parziale della funzione vestibolare. La streptomicina che è un farmaco tossico per il sistema vestibolare usata per via parenterale (iniezioni intramuscolari) controllando clinicamente la funzione vestibolare ci permette di abbassare gradualmente la funzione labirintica senza danneggiare la funzione uditiva e senza arrivare ad una totale perdita della funzione vestibolare.

La terapia della malattia di Ménièrerichiede, soprattutto nelle fasi iniziali, il controllo dell'idrope endolinfatico che è il responsabile della sintomatologia. Lo sviluppo delle conoscenze sui meccanismi di regolazione dei liquidi labirintici ha permesso di modificare radicalmente l'approccio terapeutico.

I pilastri del personale approccio all'idrope sono rappresentati da un trattamento dietetico e da farmaci che favoriscano la diuresi ed il ricambio di liquidi. Il primo si basa sull'aumento dell'assunzione di liquidi e di alimenti che non inducano ritenzione idrica. In questo modo si agisce sulla composizione idro-salina dell'organismo (osmolarità) così che si inibisce la sintesi dell'ormone antidiuretico. Questo provoca una maggiore permeabilità delle aquaporine e quindi vengono espulsi liquidi, in maniera naturale. La terapia medica si basa sull'uso di tradizionali diuretici (della categoria osmotica) associati a corticosteroidi ed antistaminici. Queste ultime due classi di farmaci svolgono importanti funzioni sul ricambio idro-salino. L'utilizzo di questo genere di protocollo ha dimostrato negli anni un'estrema efficacia ed un'ottima tollerabilità da parte dei pazienti. Per questo motivo è sempre consigliabile intraprendere tale terapia , in qualsiasi fase della malattia si trovi il paziente. Nel senso che l'utilità di ridurre in maniera la pressione dei liquidi labirintici è alle prime manifestazioni della malattia, ma anche nei casi di evidenti deficit della funzione dell'orecchio interno, apparentemente irreversibili. Accade infatti che la riduzione dell'idrope migliori il funzionamento delle cellule cigliate e quindi si possa produrre un recupero della funzionalità.

Nei protocolli terapeutici tradizionali si utilizzano farmaci che appartengono a quattro categorie :

a)Diuretici osmotici (mannitolo, glicerolo): si somministrano mediante fleboclisi ed agiscono richiamando liquidi dall'interno degli organi del labirinto; nelle vertigini, infatti, è frequentemente presente un "accumulo"diliquidi nel labirinto (idrope labirintica).

b)Sedativi della funzione labirintica (bloccano gli impulsi anomali generati dal labirinto ammalato).
c)Antiemetici(agiscono contro il vomito).

d)Cortisonici (agiscono contro l'infiammazione e l'edema).

 

REFERENCES

 

17)ESAMI DIAGNOSTICI

Nel caso in cui si sospetti la malattia di Ménière, il paziente deve essere sottoposto a esami audio-vestibolari, radiologici e di laboratorio, nel tentativo di confermare la diagnosi e di escludere altre possibili patologie.

Esame audio-vestibolare

La malattia di Ménière provoca una tipica ipoacusia percettiva, per lo meno nei primi tempi, e un'iporeflessia vestibolare tardiva. Attualmente, una valutazione iniziale di massima prevede l'esecuzione di audiometria tonale, audiometria vocale, impedenzometria, test di stimolazione calorica e test osmotico.

 

Audiometria tonale

Questo esame permette di evidenziare due delle caratteristiche essenziali dell'ipoacusia percettiva tipica della malattia Ménière: il suo aspetto in salita o piatto e la sua evoluzione fluttuante.Studi clinici basati su ampie casistiche hanno mostrato che questa ipoacusia era di tipo ascendente, con perdite di circa 30-50 dB a carico delle frequenze gravi fino a 1 kHz durante il periodo critico (fig.1-9) . Nella fase iniziale della malattia e per numerosi anni, la capacità uditiva migliora o addirittura si normalizza nel periodo intercritico (fig.1-10) . In fase avanzata, risultano interessate anche le frequenze acute, con la curva che si stabilizza sui 40-60 dB di perdita a carattere pantonale; infine l'ipoacusia perde il suo carattere reversibile (fig 1-11) . La cofosi, tuttavia, si osserva solo in casi eccezionali.

Quattro punti devono essere segnalati:

  1. il carattere ascendente e fluttuante della curva audiometrica è altamente suggestivo della presenza di idrope endolinfatica; ciò, tuttavia, non è patognomonico della malattia di Ménière;
  2. le fluttuazioni tipiche delle fasi iniziali sono meglio dimostrabili con il test osmotico che verrà descritto più avanti;
  3. un Rinne di 10-15 dB può essere osservato sulle basse frequenze; fatto che sarebbe dovuto a una distorsione armonica che sposta la zona di risonanza verso la base della coclea;
  4. a volte può essere osservata una caduta sulle frequenze acute, il cui significato non è ben noto.

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Fig 2-9 Aspetto tipico dell'ipoacusia durante una crisi di Ménière; l'ipoacusia è di tipo percettivo o misto, predominante sulle frequenze gravi, fatto che conferisce alla curva audiometrica un aspetto in salita. Il timpanogramma è normale, la curva audiometrica vocale appiattita.

 

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 Fig 2-10 Stesso paziente della figura 1-9 nella fase terminale della crisi: la curva audiometrica e la vocale migliorano

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Fig2-11  Quadro audiometrico in uno stadio avanzato della malattia. Si osserva una subcofosi con curva audiometrica vocale appiattita.


Prove audiometriche sopraliminari

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Fig.2-12Un esempio di iper-recruitment(over-recruitment).

 

 

Iper-RecruitmentAlcuni pazienti conmalattia di Menierepossono mostrare casi speciali di Recruitment, in cui la loudness  nell orecchio malato(anormali), non solo si raggiunge la loudness  dell'orecchionormalema in realtà viene superata (Dix, Hallpike, eHood, 1948;Hallpike&Hood, 1959 :Hood,1977).Questa scopertasi chiamaiper-recruitment (o overrecruitment), ed è mostratoinfig. 2-12 L’Iperrecruitmentsi rivelasulladdergram in cui le linee(scalini) prima si orizzontalizzano epoi si dirigono in direzioneinversa.In questo esempio,il suono di85 dBHLnell orecchio patologico in realtà risulta più intenso dei 100 dBHL presentati nell’orecchio normale.Questo fenomeno vieneindicato suldiagramma di SteinbergGardnerquando la lineache mostra la sensazione uditiva(loudness)delpaziente supera la lineadiagonale.Si noti chel'iper-recruitment è in qualche modouna questione controversa, ela probabilità di trovarlosembra essereinfluenzatodal modo in cuiil testABLBviene eseguito(Hood, 1969, 1977; Coles&Priede, 1976).


Audiometria automatica

L’audiometria automatica evidenzia una curva di II° tipo e l’adattamento risulta patologico senza però raggiungere valori elevati come si osserva nelle lesioni retrococleari. L’audiometria automatica evidenzia una curva di II° tipo e l’adattamento risulta patologico senza però raggiungere valori elevati come si osserva nelle lesioni retrococleari.

 

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Fig. 2-13. B.D. a. 29: nella fase (b) l’audiomertria automatica mette in evidenza una curva audiometrica del II° tipo di Jerger; nella fase (c) quella del I° tipo.(BABIGHIAN-OTONEUROLOGIA PICCIN 2008).

Impedenzometria

L'impedenzometria permette, attraverso la rilevazione del riflesso stapediale (RS), di precisare la natura endococleare dell'ipoacusia, evidenziando un altro elemento molto caratteristico della malattia: il recruitment. Nessun'altra patologia cocleare è in grado di associarsi a un fenomeno tanto intenso. Così, le soglie del RS restano normali, qualunque sia l'intensità della ipoacusia e non superano mai i 60-70 dB. Il fenomeno del recruitment è altrettanto ben osservato con i potenziali evocati acustici (PEA), Anche se in modo meno semplice e rapido rispetto all'impedenzometria.

 

Audiometria vocale

L’esame audiometrico vocale rivela una modificazione della curva di intelligibilità che, all’inizio, potrà fluttuare in modo analogo alla curva audiometrica tonale. Ma, dopo alcuni anni, essa raggiunge valori molto bassi di discriminazione della voce, in media del 53%. L'audiometria vocale mostra spesso una marcata discordanza rispetto agli score ottenuti con l'audiometria tonale. Espressa in decibel di intelligibilità, in percentuale di discriminazione o tramite il semplice aspetto della curva, essa mostra, in effetti, performances peggiori rispetto all'audiometria tonale, cosa che spiega le sue ridotte possibilità diagnostiche in questi pazienti (fig.1-9). Anch'essa oscilla con il progredire della malattia (fig.1-10), ma ben presto nel corso della sua evoluzione, la curva vocale non raggiunge più il 100% di intelligibilità e presenta spesso un aspetto a cupola o a campana (fig.1-11). La causa di questo fenomeno potrebbe risiedere in una lesione elettiva del ganglio spirale, secondaria a una degenerazione nervosa retrograda  

 

Otoemissioni acustiche Prodotti di distorsione (DPOAEs)

I prodotti di distorsione (DPOAEs) rappresentano un metodo biettivo e non invasivo per misurare la funzione delle cellule acustiche esterne. I movimenti delle ciglia di queste cellule producono una energia meccanica che si trasforma in energia acustica. La sua misura permette di valutare l’effettivo danno di queste cellule. Possono essere misurati in più del 60% degli orecchi con malattia di Ménière e riflettono le differenti fasi della malattia.EOAEs nei pazienti con malattia di Meniere.

I meccanismi fisiologici responsabili della perdita fluttuante dell'udito osservato nelle orecchie con idrope endolinfatica (EH Endolymphatic Hydrops) , o malattia di Meniere, non sono chiare. La teoria prevalente è che l'accumulo di liquido endolinfatico nella coclea altera la meccanica cocleare, ostacolando la mobilità della membrana basilare e sganciando le stereocilia delle cellule acustiche esterne (OHC) dalla membrana tettoria (Braun, 1996). Tali cambiamenti fisiologici determinano una perdita uditiva cocleare e uno si aspetterebbe di vedere le OAE diminuiti o assenti. Nella  la maggior parte dei casi di EH (Endolymphatic Hydrops), le misure delle E0AE non sono diverse da quelli di altre eziologie cocleare con perdite similari (de Kleine et al, 2002), tuttavia, sembrano esserci cambiamenti a vari livelli nella coclea dei pazienti con idrope endolinfatica EH, tra cui non solo le cellule ciliate, ma anche l’innervazioni cocleare,  così come la composizione chimica dei liquidi cocleari (Nadol, 1989). Come è stato menzionato per ISHL, fino al 30% dei pazienti con  EH (Endolymphatic Hydrops) presentano  EOAEs misurabile, nonostante  perdita dell'udito di 40 dB o superiore (Bonflls et al, 1988b; Cianfrone et al, 2000: Fetterman, 2001: Harris e Probst, 1992; Lonsbury -Martin e Martin, 1990; Martin et al, 1990; Ohlms et al, 1991). Di conseguenza, in molti casi di EH( idrope endolinfatica) l'attività di movimento  delle  cellule ciliate esterne (OHC outer hair cell) OHC non è compromessa e si è 'osservato che la perdita dell'udito è legata alla disfunzione delle  altri componenti meccaniche, sensoriali, o neurali.

 Un esempio è mostrato in fig. 1-14 di un adulto di 51anni con diagnosi di malattia di Meniere che mostrava  una ipoacusia moderata SNHL per le frequenze  basse   e medio alte nell’orecchio sinistro. Le TEOAEs erano  presenti nel suo orecchio sinistro per le frequenze comprese tra 1-1,5-kHz , nonostante la diagnosi di una patologia cocleare

 

 

 

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Figura 2-14 Audiogramma e tracciati delle otoemissioni acustiche transitorie vocate (TEOAE) i per entrambe le orecchie in un paziente di 51 anni con diagnosi di malattia di Meniere L'orecchio colpito è il sinistro uno ed i sintomi erano presenti  13 mesi prima di questa valutazione. La migliore sensibilità uditiva  per l'orecchio sinistro è a 2 kHz, ma i picchi delle TEOAE a circa 1 kHz. Il livello complessivo delle  risposte per le TEOAE per le due orecchie è quasi la stessa, nonostante le differenze tra le 2 configurazioni audiometriche Da Harris, FP,, e Probst, R. (2002) Le emissioni otoacustiche e risultati uditiva. da : MS, Robinette, & T, J. Glattke (Eds), otoemissioni acustiche: applicazioni cliniche, 3a edizione,2007 (pp. 250-252). New York: Thieme,.

 

 

La misurazione della OAE può aiutare a determinare di eziologia diversa dalla idrope endolinfatica (EHs) in base alla presenza o assenza di motilità delle  cellule ciliate esterne (OHC outer hair cell) . Un risultato potenziale è la scelta della terapia medica.

Una proposta di applicazione clinica della EOAEs è l’obiettivo di monitorare la funzione cocleare, per esempio, nella diagnosi della idrope endolinfatica (EH) usando i tests al glicerolo, si è riscontrato che le  EOAEs sono  più sensibili (Cianfrone et al, 2000; e Li Zhong, 1999; Magliulo et al, 2004 ; Sakashita et al, 2001) o ugualmente sensibili (Jablonka et al, 2003) ai cambiamenti della soglia ai tono puri.Sakashita et al, (2001) hanno misurato TEOAEs, DPOAEs, e le soglie ai toni puri prima e 3-ore dopo la somministrazione orale di glicerolo su 22 pazienti con idrope endolinfatica( EH)Le  soglie ai toni puri miglioravano  da 10 o più dB su una o più frequenze sulla funzionalità uditiva di 11 sui 22 paziente esaminati. I cambiamenti delle TEOAE e DPOAE sono stati considerati significativi qualora superavano di  2 deviazioni standard la media della variabilità del test-retest di un gruppo normativo.Sia le TEOAEs ,che le  DPOAEs hanno mostrato livelli di ampiezza significaticativamente  maggiori per le 11 orecchie che aveva avuto un migliorato delle soglie ai toni puri. Inoltre, le TEOAEs sono risultati presenti in  14 orecchie e le  DPOAEs in 20 su  22 orecchi dei pazienti esaminati.Gli autori concludono che le EOAEs erano più sensibili come test diagnostico delle idrope endolinfatica (EHs) rispetto all’audiometria ai toni puri e la sensibilità del test è stata di gran lunga superiore per le DPOAEs rispetto alle TEOAEs . Altri studi indicano un aumento delle ricerche  che utilizzano nelle  DPOAE la funzione I/O ,che sono più sensibili ai cambiamenti nella funzione cocleare in pazienti con idrope endolinfatica( EHs) rispetto alle DPOAEs che utilizzano un singolo livello di stimolo (Kusuki et al, 1998; Sakashita et al, 1998).

 

Elettrococleografia

 L’elettrococleografia misura i segnali elettrici dell’orecchio interno in risposta agli stimoli uditivi ed è onsiderato un indicatore dell’idrope.

I parametri chiave sono il rapporto tra l’ampiezza dei potenziali di sommazione (SP) e l’ampiezza dei potenziali di azione (AP).Nell’individuo normale c’è una piccola differenza mentre nel menierico c’è un aumento dell’SP e quindi un alto rapporto SP/AP.

APPLICAZIONI DELL’ECOCHG NELLO STUDIO DELLA MALATTIA DI MÉNIÈRE

Numerosi parametri sono importanti per l’analisi dei risultati:

- è ben documentata l’influenza delF intensità dello stimolo, quella del posizionamento dell’elettrodo (Eggerrnont, 1976) e del livello uditivo sui risultati ottenuti:

- è necessario impiegare una banda passante larga, poichè quella utilizzata abitualmente per l’ABR impedisce la rilevazione dell’SP (fig. 3a-8);

- è necessario altresì tener conto del tempo di salita del tone burst. Infatti questa variabile influenza direttamente l’ampiezza dell’AP (e dell’effetto 0FF). ma non sembra modificare sensibilmente l’ampiezza dell’SP (fig. 3a-8). La costanza dell’SP al variare del tempo di salita del burst è un argomento che depone a favore di un tempo di salita breve per le diverse frequenze, in grado quindi di produrre la nascita di un AP di migliore leggibilità. Non va tuttavia trascurato il fatto che un tempo di salita breve fa perdere a1FAP la sua specificità in frequenza. in quanto il contributo della base della coclea tende a predominare, indipendentemente dalla frequenza dello stimolo.

La principale applicazione dell’SP è quella di facilitare la diagnosi differenziale della malattia di Ménière dalle altre patologie a carico dell’orecchio interno. L’SP è in effetti di maggiore ampiezza nella Ménière (Dauman et al., 1986). E spesso di valore positivo con un tone burst di 8 kHz e negativo a 1 o 2 kHz (fig. 3a-9a e b),
L’elemento più caratteristico resta tuttavia lo studio degli effetti del glicerolo sull’SP (Dauman et al., 1984). Nel 60% dei malati di Ménière si osserva una caduta progressiva, in 3/4 - i ora, dell’SP sulle frequenze basse (Dauman et aL, 1988b), Tale effetto (un esempio è illustrato in fig. 3a-iOa e b) viene generalmente interpretato come un indice indiretto di una distensione reversibile della membrana basilare. La diminuzione delle ampiezze dell’SP sotto l’azione del glicerolo si manifesta elettivamente alle frequenze gravi (1 e 2 kHz). Tale azione selettiva del glicerolo è stata interpretata come una modifica della risposta della base della coclea ai suoni di bassa frequenza (Dauman et al., 1986).

Il test al glicerolo è due volte più sensibile in elettrofisiologia che in audiometria, nonostante che sugli stessi soggetti il miglioramento audiometrico si rilevi solo nel 30% dei menierici.

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Fig. 1-15. SP e AP nello stesso soggetto e con la stessa stimolazione acustica (un burst di 8 kHz) ma in condizioni di registraziom diverse. Nella colonna di sinistra sono presentate le curve ottenute con banda passante I - 10000 Hz, Nella colonna di destra le curvi con banda passante più stretta, come usualmente impiegata nella misura dell’ABR, 150- ì000 Hz. Le lettere A - D corrispondono nei due tipi dì filtraggio, a valori differenti del tempo di salita dello stimolo, rispettivamente 0.25, 0 5. 1 e 2 ms. L’ampiezza dell’AP è influenzata dal tempo di salita che condiziona la sincronizzazione delle risposte individuali. L’ampiezza dell’SP dipende inven essenzialmente dal filtraggio

 

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Fig. 2-16.

Test al glicerolo (prova audiometrica) e ECochG di un soggetto con malattia di Ménière. I due test sono entrambi positivi; mostrano un miglioramento dell’udito di meno dii O dB ed una caduta progressiva e selettiva dell’SP alle basse frequenze. (Da Dauman et al.. Am J Otol 9:31-38, Decker Periodicals, I 988b), GRANDORI- MARTINI-I POTENZIALI EVOCATI UDITIVI” ,1955 –PICCIN.

 

  A fronte di questi dati clinici, sono tuttora poco chiare le relazioni tra SP, idrope e malattia di Menière, La presenza o l’assenza dell’SP potrà forse diventare in futuro un elemento discriminante tra diverse forme di malattie di Ménière.

A fronte di questi dati clinici, sono tuttora poco chiare le relazioni tra SP, idrope e malattia di Menière, La presenza o l’assenza dell’SP potrà forse diventare in futuro un elemento discriminante tra diverse forme di malattie di Ménière.

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Fig. 1-17. Test al glicerolo (prova audiometrica) e ECochG di un soggetto con malattia di Ménière, I due test sono entrambi positivi; mostrano un miglioramento dell’udito di meno di IO dB ed una caduta progressiva e selettiva dell’SP alle basse frequenze. (Da Dauman et aL, Am i Otol 9:31-38, Decker Periodicals, I 988b).

F. Grandori-A Martini-“IPotenziali Evocati Uditivi” ,1955 –Piccin.

 

 

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Fig. 1-18. L’ elettrococleogramma nel soggetto nonnale, Sono visibili 3 picchi positivi (PI. P2 e P3) e 3 picchi negativi (N I. N2 e N3). Il potenziale di sommazione (SP) è visibile nella branca discendente delFNl (click. 80dB HL)F. Grandori-A Martini-“I Potenziali Evocati Uditivi” ,1955 –Piccin.

 

 

F. GRANDORI-A MARTINI”-I POTENZIALI EVOCATI UDITIVI” ,1955 –PICCIN.

In questa condizione, come in altre caratterizzate da idrope, quali sifilide, sordità improvvisa e alcuni casi di neuromi dell’ acustico, il dato più significativo che emerge dall’interpretazione del tracciato è un potenziale di sommazione di grande ampiezza (fig. 3c-3); questo può essere notato sia come una deflessione nella branca discendente dell’ N 1, sia come una pre-onda negativa che si stacca dalla N 1. caratterizzata dalla conservazione di latenza al diminuire dell’intensità. 11 complesso AP-SP è sempre allargato. e questo è dovuto interamente all’aumento relativo della componente SP negativa. Per comprendere tale comportamento dell’SP bisogna rifarsi ai dati della latteratura sulla genesi e fisiopatologia di questo potenziale; Dallos et al. (1972) hanno ritenuto l’SP una risposta a molte componenti, originate da più di una sorgente all’interno della coclea: secondo Withfield e Ross (1965). la maggiore di queste componenti deriva da una fisiologica vibrazione asimmetrica della membrana basilare, tale per cui quest’ultima oscilla maggiormente verso la scala media, e meno verso la scala timpanica. In effetti, si può ipotizzare come questa asimmetria sia responsabile della genesi dell’SP. Infatti, in condizioni caratterizzate da idrope endolinfatica. l’asimmetria di vibrazione verso la scala media viene intensificata, in quanto quest’ultima si trova già in una condizione di stiramento e tensione verso la scala timpanica; tale condizione produrrebbe quindi un potenziale di ampiezza maggiore. Il potenziale di sommazione può essere evidenziato, oltre che come misurazione della sua ampiezza assoluta, anche come rapporto di ampiezza tra SP e AP. Nel normale tale rapporto è di circa 0,27 e può essere ritenuto patologico un rapporto SP/AP maggiore di 0,51.

Per quanto riguarda il potenziale d’azione, a differenza della presbiacusia, in questa condizione recruitante la difasicità dell’AP non è evidente, nel tracciato ottenuto con il click, La difasicità si può dimostrare utilizzando per la registrazione la tecnica di sottrazione. descritta da Gibson e Beagley (1967):

essa si basa sul principio di ottenere un tracciato a bassa cadenza di stimolazione (10 pps) e un altro a rapida cadenza (70 pps); questo permette di separare il complesso AP-SP nei suoi costituenti fondamentali, e il potenziale di azione appare così di ampiezza ridotta e difasico. La condizione di recruitment è riconoscibile anche dalla curva intensità/ampiezza.

 

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Fig.2-19. Malattia di Ménière Il tracciato tipico è caratterizzato da un ampio potenziale di sommazione (SP) e da un allargamento del complesso AP-SP (click. 80 dB HL)F. Grandori-A Martini-

“I Potenziali Evocati Uditivi” ,1955 –Piccin.

 

 

 

F. GRANDORI-A MARTINI”-I POTENZIALI EVOCATI UDITIVI” ,1955 –PICCIN.

In particolare, rapporti di ampiezza SP / AP abnormemente grande (che è semplicemente  il rapporto tra l'ampiezza SP rispetto alla ampiezza AP) sono buoni indicatori della malattia di Meniere, in contrasto con i casi di perdita delle cellule acustiche  (che hanno un basso rapporto SP / AP). L'SP / AP rapporto ha circa 60-70% di sensibilità per l’ identificazione della malattia di  Meniere, ed il 95% di specificità (ad esempio, Sass, 1998; Chung et al, 2004). Una misura potenzialmente più sensibile per la rilevazione di idrope endolinfatico è rapporto tra le aree l'SP / AP, che mette a confronto le aree del SP e il AP invece della loro ampiezza (Devaiah, Dawson, Ferraro, e Ator, 2003).

Potenziali evocati acustici

Al contrario della risonanza magnetica (RMN), la loro utilità è duplice: essi permettono sia di escludere un processo tumorale retrococleare che può mimare clinicamente la malattia di Ménière, sia di mostrare il recruitment specifico di questa malattia 72 pazienti (50 males/22 femmine) con vertigini e / o perdita dell'udito ed acufeni di diversa origine sono state studiate con i potenziali uditivi evocati del tronco encefalico.Il 41,66% dei pazienti era affetto da malattia di Meniere ed il resto (58,33%) da vertigini di origine virale, trauma-cranico, ototossicità, spondiloartrosi cervicale, e di origine vascolare improvvisa-, tra cui la varietà idiopatica.


Il  recruitmnt della malattia di Meniere può essere dimostrata con le risposte evocate  uditive del tronco encefalico ,così come le lesione retrococleare potrebbe essere escluso con lo studio dei valori di latenza interpicco, che ha notevolmente contribuito a differenziare una malattia di Meniere unilaterale da un neuroma acustico. I potenziali evocati uditivi del tronco encefalico forniscono quindi informazioni su come funziona la coclea e il nervo 8 a livello del tronco encefalico fino al collicolo inferiore .

 


Prove vestibolari

I pazienti con malattia di Ménière usualmente presentano un nistagmo spontaneo orizzontale controlaterale all’orecchio malato simile a quello che avviene nei casi con perdita acuta della funzione vestibolare. In questi casi il nistagmo associato con l’idrope riflette una funzione paretica (nistagmo paretico).

Il nistagmo ispsilaterale (nistagmo irritativo) che è diretto verso l’orecchio malato è molto meno frequente ma può essere osservato nelle fasi preparatorie della crisi. (fig.1-20).Sono r le osservazioni del nistagmo all’inizio e durante un attacco. Bance e coll., McClure e coll. hanno osservato un nistagmo controlaterale durante l’attacco acuto (in alcuni pazienti della durata di più di un giorno) seguito da un nistagmo ipsilaterale durante il periodo di convalescenza (nistagmo recovery) della durata di minuti o molte ore. Quando il nistagmo non è presente,la manovra dello head shaking test può frequentemente far comparire nei pazienti con disfunzione vestibolare.

Eseguite in assenza di terapia antivertiginosa o sedativa, esse sono classicamente rappresentate dalla prova di stimolazione calorica calibrata. Questo esame fornisce, in accordo con la letteratura, una serie di informazioni sulla reflettività vestibolare e la sua prevalenza direzionale. In questa sede si ricordano solo i risultati delle prove effettuate durante la fase intercritica.

La funzione vestibolare resta a lungo anormale ed è caratterizzata da una grande variabilità di risposta alle prove, senza che vi sia un parallelo con le risposte ai test audiometrici (fig.2-4).Nei periodi di intervallo tra un episodio vertiginoso e l’altro, riesce talvolta difficile notare la presenza del nistagmo con l’osservazione diretta. In questi casi, lo si potrà valutare meglio o mediante la registrazione ENG che permette, con la chiusura degli occhi, di eliminare l’effetto inibitorio della fissazione o per mezzo di stimoli (sensitivi o sensoriali, di posizione, otticocinetici) che sono in grado di rendere evidente una condizione di asimmetria vestibolare “latente”.
Negli stadi iniziali della malattia, la stimolazione calorica del labirinto non rileva particolari variazioni dei parametri del riflesso vestibolo-oculare. Ma se l’osservazione del nistagmo avviene con la registrazione ENG è possibile, anche in questo periodo, evidenziare nel lato malato una riduzione dei valori dell’ampiezza e della velocità angolare della fase lenta delle scosse. . Tuttavia, essa si deteriora nel tempo e nel 50-70% dei casi compare un'iporeflessia dal lato colpito  

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Fig.2-21 La crisi di Ménière si accompagna generalmente a iporeflessia vestibolare (A), raramente ad areflessia (B). Nella fase intercritica, la prova calorica calibrata è normale (C).

Infine,Fig.2-22l'iporeflessia si stabilizza a valori pari alla metà o a un terzo del suo valore iniziale. come la cofosi, l'areflessia, è all'inizio, eccezionale (nella fase terminale interessa il 5-10% dei casi) e impone, se è riscontrata in diversi esami successivi, di ricercare sempre altre cause, in particolare quella neoplastica

 

 

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Fig.2-22 Aspetto tipico della funzione vestibolare nello stadio avanzato

della malattia.Si ha iporeflessia dal lato affetto.

 

 

La prevalenza direzionale, al contrario dell'iporeflessia, non ha valore localizzante, in quanto può risultare diretta sia verso l'orecchio sano che verso quello malato. Al contrario, rivela a volte il fenomeno della iper-compensazione, caratterizzato da una prevalenza direzionale dal lato dell'orecchio affetto, quando essa dovrebbe essere normalmente diretta verso il lato sano. Tale segno si osserva durante un periodo di crisi vertiginose di qualche giorno o settimane e si spiega con un meccanismo centrale: per ridurre lo stato di squilibrio, il nucleo vestibolare centrale controlaterale al lato affetto riduce la sua attività spontanea; quando lo stato di sofferenza del labirinto malato cessa, l'attività del nucleo vestibolare omolaterale si ristabilisce. È quindi il lato sano che sembra ipoeccitabile a spiegare la preponderanza paradossa.

È stato dimostrato nei canali semicircolari posteriori della rana che i recettori ampollari venivano inibiti da un aumento della pressione idrostatica, probabilmente per le variazioni della quantità di neurotrasmettitore a livello del polo sinaptico delle cellule ciliate (Zucca G,1991).La prova rotatoria è eseguita più raramente. Nella fase intercritica è normale solo nel 15% dei casi. Un'asimmetria delle risposte è riscontrata quasi nella metà dei casi(Conraux C, 1982) Nei pazienti affetti da Ménière non è stato osservato recruitment vestibolare dopo la prova rotatoria(Furman JM,1990 ;) 

 

Caso: VEMP nella malattia di Meniere.

Si potrebbe ipotizzare che I VEMP’s siano normali in gran parte nella malattia di Meniere, ma ridotti dopo iniezioni di gentamicina intra (trans) timpanica. La gentamicina riduce i VEMP in maniera sistematica è, e che, logicamente anche si riduconi i ridurre VEMP dopo somministrazione locale.I VEMP possonoò essere utile nel monitoraggio del trattamento con gentamicina a basso dosaggio per la malattia di Meniere,  perché i VEMP sono ridotti in questa situazione (Helling et al., 2007; Picciotti et al., 2005). Finora, si è osservato in alcuni la conferma di queste affermazioni Guardate qui per una spiegazione del caso.

Questo caso (Fig.1-23/24) illustra una situazione simile:

Prima della somministrazione con  gentamicina (basso dosaggio), questo uomo aveva una differenza di 14% tra le orecchie.

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Fig.2-23

Un anno più tardi, egli aveva una differenza del 63% fra le orecchie.

 

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Fig.2-24 :Così, questo esempio mostra che c'è stata una sostanziale riduzione dell'ampiezza VEMP per questo particolare individuo aveva un ottimo risultato, senza ulteriori attacchi di vertigine

 

Rauch e soci hanno riferito che VEMP mostrano  diversi "tuning" nella malattia di Meniere. L'idea sembra essere al fatto che, siccome i pazienti con Meniere hanno un ipoacusia per le frequenze basse, potrebbe anche mostrano alterazione per le frequenze  basse con i VEMP. Questa non sembrerebbe  un'idea molto logica ,in quanto , la coclea e sacculo hanno un’organizzazione meccanica molto diversa. Tuttavia, in diversi documenti, Rauch e colleghi hanno dimostrato che a 500 Hz- ton-burst i  VEMP hanno una soglia minima, e che questo "favorisca" i 500 hz ,in quanto i 250 ed 1 K  in gran parte si perdononei pazienti  con la malattia di Meniere #Rauch et al., 2004 #. Si ha la  sensazione che questo è semplicemente impraticabile. È’ semplicemente troppo difficile ottenere le soglie VEMP a 3 frequenze.

Rauch et al, hanno riferito che le differenze di soglia nei VEMPs, in particolare a 250 hz, erano circa l'80% precisi nel rilevare il lato della lesione in pazienti  già noti per avere la malattia di Meniere da dati audiometrici e clinici (Rauch et al., 2004 #. In mancanza di una diagnosi patologica "gold standard", tuttavia, è difficile sapere come interpretare questa osservazione.

Osei-Lah e altri # 2008) ha recentemente riferito che il rapporto di differenza media di ampiezza interaurale è significativamente più alto nella malattia di Meniere stabile rispetto  alla malattia di Meniere in fase acuta. Soglie e latenze non erano utili

 

 

 

Test al glicerolo

Risultati

Nel 1966 Klockhoff, adattando un test di screening del glaucoma  Klockhoff I,1967 ; constatò che l'assunzione di glicerolo, potente agente osmotico, poteva temporaneamente alleviare l'idrope endolinfatica, causando un temporaneo miglioramento della funzione delle cellule ciliate esterne (vedi sotto) e della soglia uditiva. I test osmotici hanno acquisito anche un grande interesse diagnostico, perché rappresentano l'unico modo disponibile per dimostrare l'esistenza di un'idrope endolinfatica. Essi hanno, peraltro, sia valore prognostico, dato che la loro positività testimonia che la malattia è ancora in uno stadio reversibile, sia valore terapeutico, perché costituiscono un aiuto nella scelta del trattamento. Tuttavia, un risultato negativo non consente assolutamente di escludere l'esistenza della malattia di Ménière  Hamann KF, 1999 ;

Principio Il principio di questi test è basato sull'induzione di un gradiente tra i compartimenti vascolare e labirintico, attraverso un rapido e transitorio aumento dell'osmolalità ematica indotto dall'ingestione o dall'infusione di una sostanza ad alta capacità osmotica. Questo gradiente comporta uno spostamento di liquido fuori dall'orecchio interno, che attenua l'ipertensione labirintica e, conseguentemente, migliora la trasduzione elettromeccanica nell'orecchio interno e, dunque, la funzione uditiva o vestibolare. Questo miglioramento può essere verificato con prove funzionali, eseguite prima e dopo il test. Il fatto che la sottrazione chirurgica di endolinfa possa peggiorare la funzione uditiva, mentre al contrario la somministrazione di glicerolo la migliora, potrebbe indicare che lo spostamento dei liquidi indotto dal test osmotico avviene a carico della perilinfa piuttosto che dell'endolinfa e che l'abbassamento della pressione perilinfatica sarebbe immediatamente trasmesso all'endolinfa  Tran Ba Huy P1989; Tuttavia, l'ipotesi di un semplice effetto osmotico diretto non è sufficiente a motivare le differenze che si osservano tra i diversi prodotti utilizzati. Altri meccanismi, come l'aumento del flusso ematico cocleare(Larsen HC, 1982) o l'effetto emodinamico diretto della pressione arteriosa (Carlborg BI,1983)sono stati chiamati in causa

Tecnica Il farmaco più comunemente utilizzato è il glicerolo. Esso viene somministrato per via orale, a digiuno, a riposo assoluto, alla dose di 1,5 g/kg di peso corporeo, mescolato a un pari volume di soluzione salina isotonica e ad alcune gocce di succo di limone, se il suo gusto è sgradito al paziente. Oltre ai suoi effetti sulla funzione uditiva, esso può indurre cefalea (da ipotensione liquorale) o vomito. A volte viene utilizzata anche l'urea per via orale alla dose di 20 g mescolati a 200 ml di succo di frutta. Il mannitolo può essere usato per via venosa con, parrebbe, eccellenti risultati.Gli esami audiometrici vengono effettuati poco prima di iniziare il test e nelle prime due o tre ore che seguono l'ingestione del prodotto.

Risultati

L'audiometria tonale è quella eseguita più spesso. Il criterio comunemente fissato per valutare la positività del test è dato dalla comparsa di un miglioramento delle soglie tonali di 10 dB almeno su due frequenze tra 500, 1.000 e 2.000 Hz.

L'audiometria vocale è considerata più sensibile dell'audiometria tonale. Un miglioramento dell'intelligibilità pari al 10% è considerato come significativo.

Per quanto riguarda l'audiometria, il test al glicerolo risulta positivo in circa il 60% dei casi di malattia di Ménière. In realtà, questa positività dipende dallo stadio della malattia. A causa del carattere fluttuante della capacità uditiva, ci si rende conto anche di come il test possa essere negativo al di fuori della crisi. Alcuni Autori hanno proposto di rendere più sensibile il test attraverso un carico di sodio da somministrare nei giorni precedenti, fatto che peggiora momentaneamente la funzione uditiva  (Arenberg IK,1974).;

 

Recentemente la risposta al glicerolo è stata studiata con i DPOAEs. Sono stati segnalati casi in cui il Dp-gramma migliorava dopo l’assunzione del glicerolo ed altri casi in cui, assente prima, compariva dopo.

I test all'urea e al mannitolo sembrano complessivamente meno sensibili del test al glicerolo. Inoltre, l'assunzione di questi prodotti può, in alcuni casi, non provocare un miglioramento ma piuttosto un peggioramento.

 L'elettrococleografia con elettrodo transtimpanico è un metodo di registrazione dei potenziali evocati acustici molto precoci, che hanno, cioè, una latenza massima pari a 2 ms. L'origine di questi potenziali è localizzata a livello della coclea o del nervo coclearie. Il potenziale elettrococleografico è costituito da tre elementi: i potenziali microfonici, che verranno eliminati; i potenziali di sommazione, che riflettono lo spostamento statico della membrana basilare; e i potenziali d'azione, che provengono dall'origine del nervo cocleare. Nella malattia di Ménière, l'ampiezza dei potenziali di sommazione è aumentata in valore assoluto rispetto a quella che si riscontra nei soggetti normali. Questo aumento è correlato alla distensione della membrana basilare verso la scala timpanica. Eggermont ha messo a punto un metodo di valutazione di questi potenziali, calcolando il rapporto ottenuto dalle ampiezze dei potenziali di sommazione su quelle dei potenziali d'azione (PS/PA). Una ratio superiore a 0,35, può indicare l'esistenza di un'idrope endolinfatica (Eggermont JJ 1979).

Sotto l'effetto glicerolo, peraltro, l'ampiezza dei PS si riduce (generando una riduzione della distensione della membrana basilare), mentre quella dei PA aumenta (generando un miglioramento dell'udito). L'elettrococleografia, che mostra un aumento del rapporto PS/PA nell'80% dei casi, appare quindi allo stato attuale come il miglior metodo per documentare un'idrope endolinfatica  (Dauman R, 1986). Nonostante ciò, un test negativo non consente di scartare formalmente l'idrope, poiché quest'ultima può ridursi, casualmente, anche poco prima del test (Hamann KF,1999).

D'altra parte, le procedure di esecuzione tecnica devono essere meglio codificate ed esistono tuttora problemi per ottenere registrazioni stabili e riproducibili  (Jackler RK, 1994).

Alcuni Autori ritengono che il test al glicerolo consenta di individuare i pazienti con malattia di Ménière allo stadio precoce e usano questo test come indice di risposta terapeutica  (Jackler RK,1994).

L'audiometria tonale è quella eseguita più spesso. Il criterio comunemente fissato per

 valutarela positività del test è dato dalla comparsa di un miglioramento delle soglie tonali

di almeno 10 dB su due frequenze tra 500, 1.000 e 2.000 Hz.

L'audiometria vocale è considerata più sensibile dell'audiometria tonale. Un miglioramento dell'intelligibilità pari al 10% è considerato come significativo. Per quanto riguarda l'audiometria, il test al glicerolo risulta positivo in circa il 60% dei casi di malattia di Ménière. In realtà, questa positività dipende dallo stadio della malattia. A causa del carattere fluttuante della capacità uditiva, ci si rende conto anche di come il test possa essere negativo al di fuori della crisi. Alcuni Autori hanno proposto di rendere più sensibile il test attraverso un carico di sodio da somministrare nei giorni precedenti, fatto che peggiora momentaneamente la funzione uditiva(Arenberg IK,1974).

 

I test all'urea e al mannitolo sembrano complessivamente meno sensibili del test al glicerolo.

Inoltre, l'assunzione di questi prodotti può, in alcuni casi, non provocare un miglioramento ma piuttosto un peggioramento.

 

 L’elettrococleografia(FIG 1-25 )

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L'elettrococleografia con elettrodo transtimpanico è un metodo di registrazione dei potenziali evocati acustici molto precoci, che hanno, cioè, una latenza massima pari a 2 ms. L'origine di questi potenziali è localizzata a livello della coclea o del nervo cocleare. Il potenziale elettrococleografico è costituito da tre elementi: i potenziali microfonici, che verranno eliminati; i potenziali di sommazione, che riflettono lo spostamento statico della membrana basilare; e i potenziali d'azione, che provengono dall'origine del nervo cocleare. Nella malattia di Ménière, l'ampiezza dei potenziali di sommazione è aumentata in valore assoluto rispetto a quella che si riscontra nei soggetti normali. Questo aumento è correlato alla distensione della membrana basilare verso la scala timpanica. Eggermont ha messo a punto un metodo di valutazione di questi potenziali, calcolando il rapporto ottenuto dalle ampiezze dei potenziali di sommazione su quelle dei potenziali d'azione (PS/PA). Una ratio superiore a 0,35, può indicare l'esistenza di un'idrope endolinfatica (Eggermont JJ, 1979). Sotto l'effetto glicerolo, peraltro, l'ampiezza dei PS si riduce (generando una riduzione della distensione della membrana basilare), mentre quella dei PA aumenta (generando un miglioramento dell'udito). L'elettrococleografia, che mostra un aumento del rapporto PS/PA nell'80% dei casi, appare quindi allo stato attuale come il miglior metodo per documentare un'idrope endolinfatica (Dauman R., 1986)

Nonostante ciò, un test negativo non consente di scartare formalmente l'idrope, poiché quest'ultima può ridursi, casualmente, anche poco prima del test di Hamann (1999).   D'altra parte, le procedure di esecuzione tecnica devono essere meglio codificate ed esistono tuttora problemi per ottenere registrazioni stabili e riproducibili (Jackler RK, 1994). Alcuni Autori ritengono che il test al glicerolo consenta di individuare i pazienti con malattia di Ménière allo stadio precoce e usano questo test come indice di risposta terapeutica (Jackler RK, 1994).  

Altri test cocleari

Potenziali evocati acustici

Al contrario della risonanza magnetica (RMN), la loro utilità è duplice: essi permettono sia di escludere un processo tumorale retrococleare che può mimare clinicamente la malattia di Ménière, sia di mostrare il recruitment specifico di questa malattia

Otoemissioni acustiche

Esse mostrerebbero, con la loro assenza, lo stato di sofferenza delle cellule ciliate esterne e sarebbero in grado di ricomparire durante il test osmotico. Case: VEMP in Meniere's disease.

Altri test meno utilizzati

Vengono riportati, infine, alcuni esami che, per mancanza di specificità e per la loro complessità, sono poco usati:

test psicoacustici. 

La membrana basilare deformata dall'idrope comporta una perdita di selettività e di potere mascherante, che può essere esplorata attraverso questi test

test all'acetazolamide

Questa prova consiste nel praticare un'audiometria tonale poco prima e 45 minuti dopo somministrazione endovenosa in 1 minuto di 500 mg di acetazolamide. Questa sostanza è un inibitore dell'anidrasi carbonica, enzima contenuto in grandi quantità nell'orecchio interno. Il meccanismo del test è poco chiaro; l'acetazolamide potrebbe indurre una transitoria caduta dell'osmolalità sanguigna. Questo test è considerato positivo in presenza di un peggioramento delle soglie acustiche almeno pari a 10 dB. Dotato di alta sensibilità, provocando un peggioramento e non un miglioramento della funzione uditiva, il test potrebbe essere in grado di predire una possibile bilateralizzazione della patologia in presenza di un orecchio controlaterale apparentemente sano;

test vestibolare al furosemide

Stranamente, le sostanze osmotiche summenzionate non esplicano alcun effetto sul vestibolo . La furosemide, al contrario, sembra in grado di modificare la funzione vestibolare nei pazienti affetti dalla malattia Ménière (Futaki T, 1977 ;Futaki T1975).  

Il test consiste nel praticare una prova calorica fredda (50 ml a 30 °C) prima e 1 ora dopo la somministrazione endovenosa di 20 mg. Il test, positivo in presenza di un incremento della velocità massima del nistagmo superiore al 9,4%, risulterebbe positivo nell'80% delle forme tipiche e potrebbe essere positivo anche nelle fasi di ipoacusia stabilizzata, quando il test al glicerolo non è più positivo. A causa dei loro effetti secondari indesiderati (cefalea, diarrea, vomito, aumento della diuresi), i diuretici osmotici (glicerolo, furosemide, ecc.) non vengono comunemente usati. Inoltre, il diabete, la disidratazione, l'insufficienza cardiaca, renale o epatica ne controindicano l'utilizzo;

 

la camera ipobarica

Nel 1975, Densert descrisse come l'ipoacusia di tre pazienti in piena crisi di Ménière fosse stata stata migliorata da una permanenza di 30-129 minuti in camera ipobarica, a pressioni variabili da -300 a -900 mm di acqua. L'Autore avanzò l'ipotesi che la crisi di Ménière fosse dovuta a un'ostruzione parziale o totale, ma temporanea, del canale endolinfatico, a causa di una stasi venosa. In base a ciò, se l'organismo fosse stato esposto a una riduzione della pressione atmosferica, avrebbe potuto giovarsi del decongestionamento dei vasi dell'orecchio interno e dell'orecchio medio e, conseguentemente, della neutralizzazione dell'ipertensione endolinfatica(Densert B,1987)

Cliccare qui per andare alla sezione Riferimenti. I pazienti considerati affetti sono sistemati in una camera ipobarica, all'inizio a pressioni di -500 mm d'acqua, quindi, dopo 5 minuti, a -700 mm d'acqua. La pressione è mantenuta a questo livello durante i 5 minuti successivi, quindi riportata a 0. La procedura è ripetuta per tre volte consecutive, mentre viene chiesto ai pazienti di non effettuare manovre di compensazione dell'orecchio medio quando la pressione è a 0. Un guadagno di 10 dB in almeno due tra le frequenze di 250, 500 e 1.000 Hz è considerato come un effetto positivo del test. La funzione uditiva migliora solo nei pazienti con Ménière (50%) e/o con una forma cocleare pura della malattia (32%). Secondo gli Autori, la positività a questo esame indica la presenza di una malattia di Ménière, anche se, per contro, non riescono a spiegare come una riduzione della pressione atmosferica possa migliorare la funzione uditiva dei pazienti affetti;


Più recentemente, Kitahara et al hanno descritto un altro test diagnostico della malattia di Ménière  

altri test. Il Test di Fowler, il SISI test, il Bekesy e il Tone Decay Test confermano la natura endococleare della malattia, ma generalmente sono poco  usati.

Diagnostica per immagini

Nel caso della malattia di Ménière, le tecniche di imaging vengono usate con un duplice scopo:

  1. escludere una patologia in grado di mimare la sintomatologia menieriforme: neurinoma dell'acustico, meningioma dell'angolo ponto-cerebellare, malformazione congenita dell'orecchio interno (sindrome di Mondini), malformazione del tratto cervicale della colonna o della cerniera occipito-atlantoidea;
  2. tentare di evidenziare varianti anatomiche dell'orecchio interno in grado di favorire lo sviluppo della malattia.

I progressi della radiologia medica, in particolare l'avvento della tomografia computerizzata, hanno permesso di confermare nei pazienti affetti dalla malattia di Ménière le osservazioni istologiche di un acquedotto del vestibolo di piccole dimensioni e di una ridotta pneumatizzazione mastoidea periacqueduttale (Sando I,1985 ) . Così, vari tagli di scansione della rocca petrosa hanno mostrato una ipoplasia della regione retrolabirintica  (Yazawa Y ,1994) , e dell'acquedotto del vestibolo (Takeda T, 1997) nei pazienti affetti Tuttavia, altri lavori, basati sulla scansione delle rocche, non hanno permesso di raggiungere conclusioni definitive sulle caratteristiche dell'acquedotto del vestibolo, poiché il diametro del canale endolinfatico non è strettamente correlato a quello dell'acquedotto. (Schmalbrock P ,1996). 

Più recentemente, studi di imaging mediante risonanza magnetica (RMN) sembrano dimostrare con buona significatività che l'acquedotto del vestibolo può essere visualizzato con minor frequenza nei pazienti portatori della malattia piuttosto che nei soggeti appartenenti al gruppo di controllo

Si vedrà più avanti che il calibro dell'acquedotto del vestibolo sembra avere un ruolo preponderante nella genesi della malattia. La RMN ha anche dimostrato che, da un lato, la distanza tra la parte verticale del canale semicircolare posteriore e la fossa cranica posteriore era rappresentativa della grandezza del sacco endolinfatico e che, dall'altro, questa distanza era significativamente inferiore nei pazienti affetti da Ménière, rispetto a quella dei soggetti sani  (Mateijsen DJ 1999).Nonostante ciò, nella stessa persona, gli stessi Autori non hanno osservato differenze significative tra orecchio affetto e orecchio sano, ed evocano, per concludere, un'anomalia anatomica congenita.

 Bisogna dunque diffidare di possibili variazioni interindividuali e della mancanza di studi comparativi, per l'assenza di standardizzazione delle tecniche di imaging utilizzate. La mancata visualizzazione radiologica dell'acquedotto del vestibolo non deve essere considerata come un equivalente della sua lesione funzionale. Le tecniche di imaging servono, per alcuni, solo ad escludere altre patologie e, in particolare, il neurinoma vestibolare (Hamann KF, 1999). 

 

 

 

Esami di laboratorio

Qualsiasi sospetto di malattia di Ménière impone una valutazione di laboratorio per ricercare l'esistenza di un'anomalia causale o intercorrente, la cui correzione è, teoricamente, in grado di migliorare la storia evolutiva della malattia

Vengono dunque richiesti: un'elettrolitiemia, una glicemia a digiuno e, in casi dubbi, una curva da carico orale di glucosio, osmolalità plasmatica, emocromo, bilancio lipidico e sierologia per la sifilide.

 Vengono talvolta richiesti altri esami come: dosaggio degli ormoni tiroidei, prove immunologiche (ricerca di anticorpi antinucleo, elettroforesi proteica, indici di flogosi, studio del sistema degli antigeni umani leucocitari [HLA]). Tuttavia, come si vedrà più avanti, l'ipotesi di una malattia autoimmune non è, al momento, sufficientemente provata.

 

18)DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Il problema della diagnosi differenziale si pone soprattutto quando la triade clinica non è completa.

Sindrome cocleare isolata

In presenza di una sindrome cocleare isolata, bisogna escludere:

  1. una forma cocleare pura della malattia, ancora chiamata ipoacusia fluttuante.
    Il riscontro di una forma cocleare pura di Ménière è comunque messa in discussione da numerosi Autori (AAO-HNS), perché non è affatto dimostrato che il substrato fisiopatologico sia in ogni caso un'idrope endolinfatica. È meglio quindi parlare di «ipoacusia fluttuante», in attesa che l'eventuale comparsa di crisi vertiginose associate possa far sospettare una malattia di Ménière. Questa malattia, in effetti, può evolvere per molti anni in modo monosintomatico;
  2. una ipoacusia improvvisa.
  3. Le ipoacusie improvvise, se reversibili nell'arco di alcune ore o giorni, possono evocare la diagnosi di malattia di Ménière allo stadio iniziale. Solamente un controllo a lungo termine del paziente, valutando l'assenza o al contrario l'insorgenza di recidive, può consentire un'esatta diagnosi;
  4. una labirintite sierosa.
  5. Una lesione infiammatoria, acuta o cronica, dell'orecchio medio, può generare un'idrope reattiva  MM ,1984).

 D'altronde, in questi casi è molto comune notare una sensazione di pienezza auricolare e di lieve instabilità, così come una curva in salita sull'audiogramma di otiti purulente. La diagnosi si basa sull'esame otoscopico e sul quadro clinico;

  1. una sifilide labirintica.
  2. La sifilide nella sua fase terziaria dal punto di vista istologico si manifesta con alterazioni infiammatorie del labirinto membranoso, con idrope, che evolvono secondariamente in fibrosi. La diagnosi si basa sulla storia clinica, sui classici segni associati, sul segno di Hennebert (segno della fistola senza fistola), qui particolarmente evidente per la presenza di fibrosi e soprattutto sulla sierologia;
  3. una sindrome di Cogan o altre malattie autoimmuni.
  4. La sindrome di Cogan è un fenomeno raro che associa ai segni labirintici la cheratite e una vasculite sistemica. La sua diagnosi, affidata in genere all'internista, si basa su stigmate generali, che lasciano ipotizzare l'esistenza di un disordine immunitario, e sull'esecuzione di test laboratoristici che esplorano la funzione immunitaria. La diagnosi, rara, chiama in causa un trattamento che associa a diversi gradi corticosteroidi, immunosoppressori o addirittura la plasmaferesi. A causa della pesantezza di questi trattamenti, questa diagnosi va posta solo con estrema prudenza.

 

Sindrome vestibolare isolata

In presenza di una sindrome vestibolare isolata, bisogna escludere:

una forma vestibolare pura della malattia.

Prima di poter porre tale diagnosi, solo dopo aver escluso ogni altra patologia possibile, bisognerebbe tuttavia attendere nel corso degli anni la comparsa dei segni cocleari;

una neurite vestibolare.

La neurite vestibolare si differenzia dalla malattia di Ménière per la mancanza di sintomi cocleari associati, per l'unicità della crisi vertiginosa, per la sua durata, che supera generalmente alcune ore per durare alcuni giorni, per l'ipo- o l'areflessia unilaterale spesso definitiva alle prove vestibolari e per la presenza di un meccanismo di compensazione centrale che si instaura nel giro di alcuni giorni o settimane;

una vertigine posizionale parossistica benigna (VPPB).

La VPPB è caratterizzata da episodi vertiginosi brevi, dell'ordine di qualche secondo, che si manifestano in concomitanza di alcuni movimenti del capo. Le vertigini sono elicitabili con la manovra di Dix e Hallpike;

una vertigine di origine centrale.

Tre malattie possono accompagnarsi a manifestazioni vetiginose e fanno sospettare un'origine periferica: la sclerosi multipla e la sindrome di Wallenberg, diagnosticabili con la RMN, e l'insufficienza vertebrobasilare.

 

Segni vestibolari e cocleari

Al cospetto di segni vestibolari e cocleari, devono essere escluse:

una labirintite o ancora un'ipoacusia improvvisa con interessamento labirintico.

Essa è caratterizzata dal calo, improvviso e unilaterale, dell'udito e a volte della funzione vestibolare, associati a un acufene omolaterale. Contrariamente alla malattia di Ménière, la sintomatologia dura parecchi giorni e il recupero è casuale, come per l'ipoacusia improvvisa e la neurite vestibolare;

il neurinoma dell'acustico.

Nella sua forma classica, intracanalare quindi pontocerebellare, il neurinoma può essere diagnosticato con la RMN, che viene richiesta quando dopo la prima crisi c'è assenza di recupero. Al contrario, nella sua variante eccezionale a partenza intralabirintica, esso può simulare a lungo una malattia di Ménière (Tran Ba Huy P, 1989); In questo caso la diagnosi può essere posta spesso solo dopo diversi anni, in presenza della comparsa di sintomi atipici, in particolare con esteriorizzazione della massa neoplastica nell'orecchio medio o addirittura esterno. Questa possibilità diagnostica deve essere tenuta presente in presenza di qualsiasi malattia di Ménière caratterizzata da elementi atipici, in particolare areflessia vestibolare e cofosi;

una fistola labirintica.

Di origine traumatica (trauma cranico, barotraumatismo) o iatrogena (chirurgia otologica), la fistola labirintica si manifesta con sensazioni vertiginose fugaci provocate da sforzo e associate a una riduzione progressiva e graduale dell'udito. Questo quadro clinico può confondersi solo raramente con la malattia di Ménière; tuttavia, è stato riportato che alcune fistole perilinfatiche della finestra cocleare potrebbero mimare tutte le caratteristiche cliniche della malattia di Ménière e che solo un'esplorazione chirurgica potrebbe identificarle e trattarle;

 

ototossicità da farmaci.

Molte classi di farmaci sono in grado di danneggiare l'orecchio interno (antibiotici come gli aminoglicosidi, per esempio,(Bagger-Sjobak D, 1997 ); Altri possiedono un effetto inibitorio sul labirinto, come gli antiinfiammatori non steroidei, gli antiepilettici e i sedativi (Brandt T,,1991);La raccolta dell'anamnesi, che deve essere rigorosissima, rivela la relazione tra l'assunzione del farmaco e la comparsa dei sintomi. L'attacco dura inoltre più a lungo di una crisi di Ménière

 

 

19)TERAPIA(scuola francese)

Il trattamento della malattia di Ménière dovrebbe avere quattro obiettivi:

Al momento, le terapie conservative e chirurgiche hanno mostrato la loro efficacia solo sui primi due punti. D'altronde la letteratura internazionale offre un panorama alquanto confuso, che rende arduo stabilire il trattamento medico più efficace. Nessun'altra patologia vestibolare è stata in grado di suscitare un così imponente numero di articoli (circa 1.500 tra 1966 e 1996), fatto che testimonia la complessità del problema.

I pazienti devono essere istruiti sul modo di gestire le crisi e devono essere informati sull'evoluzione complessivamente benigna della malattia, con la comparsa di una remissione spontanea nella maggior parte dei casi o, quanto meno, con la riduzione del numero delle crisi dopo qualche anno.

 

Trattamento della crisi

Il trattamento della crisi è essenzialmente indirizzato contro la vertigine e prevede:

L'iniezione intramuscolare di un derivato dei butirrofenoni come il droperidolo (Sintodian®) 10 mg, si mostra generalmente efficace. I derivati delle fenotiazine, come la metopimazina (non disponibile in Italia) o la sulpiride (Dobren®), rivestono un certo interesse terapeutico, per la loro potente azione antiemetica. Alcuni Autori consigliano la somministrazione di un agente osmotico Il principio è identico a quello dei test osmotici. Il mannitolo trova così indicazione (500 ml al 10%, infuso in 2 ore, due volte al giorno durante le crisi vertiginose). Tra i molti altri farmaci consigliati, va ricordata la lidocaina (Xilocaina®) per via endovenosa, 1 mg/kg di soluzione all'1%, a dosi di 6 mg/min, che avrebbe una grande efficacia nei disturbi neurovegetativi per il suo effetto corticale. Infine, test calorici calibrati «ripetuti» durante il periodo intercritico sono stati proposti come «psicoterapia comportamentale», per i pazienti in cui le crisi di vertigine scatenano reazioni di panico.

Tutti questi farmaci ostacolano la pratica dei test vestibolari. D'altronde, queste norme devono essere seguite, alla scomparsa della crisi, da una terapia di fondo.

 

 

Trattamento di fondo

Il trattamento di fondo, prescritto durante le fasi intercritiche, mira a impedire o a ritardare l'insorgenza di una nuova crisi, a preservare l'udito residuo e a impedire la comparsa di un acufene invalidante. Il susseguirsi di varie teorie patogenetiche della malattia di Ménière ha suscitato lo sviluppo di un gran numero di protocolli. La molteplicità delle terapie rende conto della difficoltà di dimostrare l'efficacia di questa o quella strategia farmacologica.

 

LA DIETA NELLA MALATTIA DI’ MÉNIÈRE

S. GALLETTI

DA DIAGNOSI E TERAPIA DEI DISTURBI DELL’EQUILIBRIO,GIORGIO GUIDETTIED. MARRAPESE 1997.

La malattia di Ménière costituisce una condizione patologica ad andamento cronico caratterizzata da ipoacusia. inizialmente fluttuante, acufeni, crisi vertiginose oggettive, con lunghi periodi di remissione della sintomatologia a seguito di cure mediche o anche spontaneamente.

Tale capriccioso decorso richiede di necessità una terapia medica continua per cercare di stabilizzare il periodo silente della malattia, ed evitare il lipetersi delle crisi vertiginose. Frequentemente però i pazienti vengono curati soltanto durante gli attacchi acuti della malattia

Tutti i dati istopatologici. semiologici e clinici permettono di concludere per l’esistenza di un idrope endolinfatico. anche se la patogenesi è tutt’oggi discussa .

L importanza dei fattori generali è indubbia, anche se difficilmente dimostrabile, per esempio

— il rapporto della malattia con turbe del ricambio idrosalino e dell’equilibrio acido-basico;

— il miglioramento della sintomatologia del paziente menierico sottoposto a dieta iposodica;

— il peggioramento delle crisi vertiginose in seguito all’assunzione di contraccettivi che determinano modificazione del

 ricambio idrosalino.

La terapia medica di base consisterà nell’attuare la “deplezione” farmacologica del labirinto idropico mediante farmaci diuretici o vasoattivi (es:, glicerolo cv., urea) anche se tutti gli Autori concordano che sul piano pratico sono importanti non solo i provvedimenti farmacologici ma anche quelli dietetici finalizzati a correggere e prevenire l’alterazione idrosalina e a modificare sensibilmente l’intensità e la frequenza delle crisi .

È molto importante fornire al paziente all’atto della dimissione uno schema alimentare iposodico di riferimento, in quanto la generica raccomandazione di assumere pochi liquidi e di ridurre l’assunzione del sale si traduce praticamente in una grossolana semplificazione: la sola soppressione del sale aggiunto agli alimenti determina infatti un apporto medio giornaliero di sale pari a circa 2.1 g che è maggiore o equivalente a quello consentito dal regime iposodico “largo” (1 ,5 / 2

In Italia mediamente si consuma troppo sale:lO-15 g/die equivalenti a 4/6 g di sodio.

Ciò è molto più del necessario in quanto secondo i dettami della moderna scienza dell’alimentazione i ricercatori stimano che 4/6 g di sale al giorno siano il valore massimo accettabile (1.6/2.5 di sodio)(13).

Da dove proviene l’eccesso di sodio che ingeriamo?

Si possono individuare quattro fonti di assunzione di sodio:

— una modesta quota di sodio è assunta per mezzo di cibi che naturalmente lo contengono; il sodio è maggiormente concentrato nei cibi animali che non nei cibi vegetali (Prosciutto crudo 1.2 g/hg - Prosciutto cotto 0.5 g/hg - Formagni 2-3 mg/hg - Latte 1.25 mg/Lt);

— una rilevante quota di sodio è assunta con il sale aggiunto agli alimenti nel corso delle trasformazioni industriali (per ragioni di conservazione di gusto, e tecnologiche sottoforma di sali diversi da cloruro di sodio):

— in cucina, durante la cottura si aggiunge ai cibi una considerevole dose di sale;

— a tavola si aggiunge una ulteriore quota di sale

Esistono inoltre apporti di sodio “dissimulati”: occorre ricordare che nei cibi preconfezionati oltre al sale vengono utilizzati molti composti ricchi di sodio in particolare bicarbonato, propionato e arginato di sodio presenti nel cioccolato, nei gelati, in alcune bibite a base di latte. nei biscotti e sodio nitrato e monosodio glutammato (contenuti nei dadi per brodo).

Un’attenzione particolare è rivolta all’acqua e a determinati farmaci:

 — il contenuto di sodio in quella potabile è molto variabile quella trattata con agenti anticalcarei per renderla meno “dura” è spesso ricca di sodio perché due atomi di Na+ rimpiazzano ciascun atomo di e Mg durante lo scambio;

— alcuni farmaci, come per esempio i salicilati. bicarbonati e sostanze alcalinizzanti in genere. sulfamidici e benzoati. possono contenere una notevole quantità di sodio.

Da quanto brevemente discusso risulta l’opportunità di attuare un controllo del sodio introdotto con la dieta:

1) scegliendo cibi più ricchi in K (cibi di origine vegetale) che hanno un rapporto NaIK ottimale. cioè < I (Nella nostra alimentazione il rapporto globale Na/K volge a favore del Na).

Il rapporto Na/K si inverte drasticarnente negli alimenti che hanno subito trasformazioni (pane, formaggi, insaccati,

tonno sott’olio);

2) riducendo l’uso di cibi preconfezionati;

3) abolendo l’uso del sale da cucina (usando sale iposodico);

4) aumentando il rapporto P/S (l’acido linoleico. un AGE e precursore delle prostaglandine ad azione vaso-dilatatoria e/o natriuretica;

5) aumentando l’assunzione della fibra alimentare oltre ad avere un effetto sul transito intestinale viene regolato attraverso l’attività degli ormoni gastro-intestinali il tasso di insulina sierica, cui può essere attribuita un’azione natriuretica.

Esistono tre tipi di regime iposodico:

— largo (1000-2000 mg)

— relativo (400-1000 mg)

— stretto (250-400 mg).

Per consentire al malato di attuare un regime alimentare realmente iposodico ed efficace. sono state calcolate 3 diete riferite al regime iposodico relativo, raggiungendo una razione media giornaliera pari a circa 600 mg Na.

Le diete sono state concepite prendendo come riferimento le esigenze metaboliche di un soggetto tipo di sesso maschile e femminile. di media età. in condizione di normopeso e svolgenti una modesta attività fisica (2500-2000 Kcal rispettivamente).

La dieta di 1700 Kcal è stata concepita invece per pazienti anziani o in sovrappeso corporeo. Tale schematismo dovuto, dovuto ad una necessaria generalizzazione dei modelli di riferimento rimane comunque adattabile ai singoli soggetti conformemente alle diverse necessità metaboliche. tenendo conto, nel calcolo del fabbisogno energetico giornaliero. dell’età, del peso. dell’altezza e dell’attività fisica,

Tab. 11- Menù a regime iposodico relativo,


COMPOSIZIONE BROMATOLOGICA

2500 Kcal

2000 Kcal

1700 Kcal

P=14.4%
L= 29,1%
G= 56.5%

P=15,8%
L= 29.7%
G= 54.5%

P=17%
L= 29%
G= 54%

COLAZIONE

 

 

 

COLAZIONE

Calorie

 

2500

2000

1700

1) Latte frescov/sett,)

gr

200

200

200

The

gr

200

200

200

Yogurt magro

gr

180

180

180

2) Fette biscottate integr

gr

40

40

40

Burro non salato

gr

10

10

10

Marmellata (casalinga)

gr

10

10

10

OPPURE
Biscotti secchi

gr

50

50

50

OPPURE
Fiocchi cereali

gr

40

40

40

OPPURE
Muesli

gr

30

30

30

SPUNTINO

 

 

 

 

Frutta fresca di stagione

gr

200

 

 


PRANZO

 

 

2500

2000

17000

1) Pane toscano o pane specifico iposodico

 

80

60

50

2) Minestra asciutta pomod./basilico o con ragù di carne o con verdure o legumi( es. Pasta e fagioli. Riso e Piselli ecc,) scegliendo tra Pasta semola grano duro (Spaghetti. Maccheroni. ecc

gr

100

80

70

Riso

gr

100

80

70

Gnocchi di patate( max I v/sett).

gr

250

220

180

Farina di mais (Polenta) è concesso salare
l’acqua di bollitura con sale iposodico

gr

100

80

70

Minestrone di verdura senza dado né grassi con
pasta o riso

gr

30

30

30

3) Legumi lessi o in umido con pomod. o con altre verdure scegliendo tra:

 Fagioli freschi o surg.

gr

200

200

200

Fagioli secchi

gr

70

70

  70

Piselli freschi o surg

gr

200

200

200

Piselli secchi

gr

70

70

70

Lenticchie

gr

70

70

70

Ceci

gr

70

70

70

4) Verdura cruda o cotta (pesata cruda al netto
degli scarti) scegliendo tra: bietole. broccoli. cavolo, carciofi, carote. cavolfiore. poiTi. cetriolo. cipolle. fagiolini. finocchio, funghi freschi, lattuga, melanzane, pomodori. peperoni. radicchio. scarola. sedano, spinaci, zucca, zucchini, cicoria. rapanelli, indivia. rape.
(NB: Si possono associare diversi tipi di verdure nel rispetto della quantità totale indicata)

gr

200

200

200

5) Condimenti:

Olio di oliva

gr

25

20

15

Formaggio grana gratt.

gr

5

5

5

6) Frutta fresca di stagione Scegliendo tra: Albicocche. ananas, fragole, ciliege, mandarini, pere. pesche. pompelmo. prugne. lamponi. amarene.

gr

150

150

150

OPPURE scegliendo tra: Uva, banane cachi. fichi

gr

100

100

100

7) Condimenti:

 Olio di oliva

gr

25

20

15

Formaggio grana gratt.

gr

5

5

5

8) Bevande:

acqua minerale

 

gr

200

200

200

Vino NB.: Un bicchiere da tavola =200 gr

gr

200

100

70

 

CENA

1) Antipasto di verdure(ved. pranzo)

gr

200

200

200

2) Carne magra privata della parte glassa visibile Scegliendo tra: Maiale. manzo. pollo. coniglio, tacchino, agnello. vitellone) (Non più di 3 v/sett,)

OPPURE

gr

140

140

140

Pesce fresco surg. garantito (cioè non sbiancato in acqua salata, imparare a leggere l’etichetta di composizione degli alimenti!) Scegliendo tra’ Sogliola, nasello. spigola. rombo

OPPURE

gr

240

240

240

Formaggio (1 v/sett)Scegliendo tra: ricotta, mozzarella,

stracchino.emmenthal,bel Paese,certosino

 

gr

100

100

100

OPPURE 1 Uovo(1 v/sett)

gr

70 

70

70

3) Pane toscano o pane specifico iposodico 

gr

120

90

70

4) Frutta fresca (vedi pranzo)

 

 

 

 

5) Olio



gr

25

20

15

6) Vino 

gr

200

200

200

7) Acqua   

gr

200

200

200



CIBI CONSENTITI

 

CIBI VIETATI

 

Per il mantenimento di un regime iposodico relativo vengono consentiti gli alimenti con un contenuto in sodio inferiore a 10 mg/hg di alimento

 - pane senza sale

- pane azimo

- biscotti senza sale

- latte e vogurt senza sale

- farina e fecola

- riso, pasta di semola. semolino e tapioca

- dolce al latte iposodico senza lievito

- succhi di frutta ftti in casa

- frutta fresca

 - castagne

- olio, burro e maionese con moderazione

- aceto

- sale senza NaCI

- aglio, cipolla

- aromi e spezie

 

Per il mantenimento di un regime iposodico relativo, è necessario scartare gli alimenti con uncontenuto in sodio maggiore o uguale a 70 mg/hg di alimento

 - sale da cucina e da tavola

 - dadi per brodo

 - carne e pesci affumicati o essiccati

 - insaccati e salumi

- frutti di mare

 - caviale

 - frattaglie

- purè di patate istantaneo

- formaggi

- patatine fritte

- pane bianco

- latte in polvere

- surgelati sbiancati in acqua salata

- olive e capperi. ecc,

 - cacao e cioccolata al latte

 

 

Bibliografia
1) Angelborg C.. Klockhoff I.. Stahle J. Serum osmolarity in patient with Ménière’s disease, Acta otolaryngol. 76. 450. 1973

2) Celestino D.. lannetti G. Ménière’s disease and plasmatic hyperosmolarity J. Laryngol. Otol. 87 229, 1973.
3) Celestino D . Cerulli N . lannetti G.. Sagliaschi G, Acid-Base equilibrium in Ménière disease J. Laryngol. Otol. 90. 263, 1976.

4) Celestino D . Ralli G.. Plasmatic osmolaritv in Ménière’s disease, 95. 273.1981
5) Creff A.F. Manual de diétetique Masson 1987

6) De Vincentiis I. Bozi L. Pizzichetta V. Sulla terapia medica di alcune gravi ipoacusie. Il Valsava. 40. 69. 79. 1964.

7) De Vincentiis I.. Ralli G,: Nuovi orientamenti sulla patogenesi e terapia della malattia di Ménière Attualità in otorinolaringoiatria. Edizioni Scientifiche Valeas. 105. 1980

8) De Vincentiis I . Ralli G,: Trattamento medico Tavola rotonda “Revisione critica della malattia di Ménière” Acta Otorhinol. Ital.. 5,317. 1985.

9) Fustenberg A. C., Lashmet F.H., lathrop F. : Ménière’s symptom complex: medical treatment. Ann. Otol., 43. 1035. 1934.

10) Griffith H. W. Guida completa alle vitamine, minerali e integratori alimentari. EDRA. 1993

11) Jackson C.G. Celestino D.. Meli. Studio dell’equilibrio acido-base nella malattia di Ménière Acta Otorhinol. Ital., 2. 19. 1982,

12) Ralli G.. Celestino D . Fabbricatore M.. Gabini S.. Taverniti L.: Effettodell’acetazolamide sulla malattia di Ménière Acta Otorhinol. Ital.. 9. 503.1989

13) Rapelli S.: Principi per una corretta alimentazione. SOHN. 1990

14) Weille F.L. , Microcirculation and fluid physiology of the inner ear correlated with Ménière’s disease.

Laryngoscope. 77. 2063. 1967.



Regole dietetiche e trattamenti farmacologici

I programmi dietetici, inclusa la restrizione dell'apporto di sale, acqua, alcol, nicotina, caffeina sono poco efficaci così come l'esercizio fisico, la pratica di evitare le basse temperature, la permanenza in camere ipobariche. L'anestesia del ganglio stellato, i diuretici, i farmaci vasoattivi sono stati raccomandati in base all'ipotesi secondo cui era possibile diminuire l'IE modulando il flusso sanguigno nell'orecchio interno. La terapia farmacologica dell'ansia è consigliata da numerosi Autori; in questo caso il panorama terapeutico è ampiamente dominato dalle benzodiazepine (Valium®, Transene®, Frisium®, ecc.), ma buoni risultati possono essere ottenuti anche con i barbiturici a basse dosi che, in assenza di controindicazioni respiratorie o epatiche sono utili per il loro effetto moderatamente sedativo. L'idrossizina (Atarax®), alla posologia di 300-400 mg, è molto ben tollerata ed efficace nel corso della crisi vertiginosa. I betabloccanti (Sectral® o Inderal®) hanno una notevole azione ansiolitica e sono indicati se il malato riferisce cefalea o emicrania. La somministrazione di antidepressivi sedativi trova in questo caso un'eccellente indicazione. L'amitriptilina (Laroxyl®), la mianserina (Lantanon®) possono essere prescritte alla sera, con posologia ridotta. Infine, si può anche impiegare un neurolettico o il litio. Tutti gli schemi terapeutici hanno subito l'andamento delle mode, ma tranne che per i diuretici e la betaistina, la loro efficacia non è mai stata dimostrata.

Nel 1977, Torok studiò 834 articoli medici pubblicati nel corso di 25 anni; egli concluse che l'efficacia della terapia medica sulla malattia di Ménièreandava dal 60 all'80%. Nel 1991, Ruckenstein et alandarono più lontano, concludendo che tutti questi pazienti avevano in realtà beneficiato per la maggior parte del tempo di un effetto placebo.

Secondo una recente revisione della letteratura(Claes J, 1997) solo i diuretici(Petermann W, 1982) e la betaistina hanno dimostrato con studi in doppio cieco la loro efficacia sul controllo della vertigine. Ciononostante, nessun trattamento si è dimostrato veramente efficace sull'ipoacusia e sull'evoluzione a lungo termine della malattia:

 

Labirintectomia chimica

La «labirintectomia funzionale» con l'impiego di aminoglicosidi (gentamicina o streptomicina), è stata proposta da Schuknecht fin dal 1957 Essa era basata sugli effetti ototossici degli aminoglicosidi e sull'affinità preferenziale di alcuni di essi per il vestibolo. Schuknecht trattò otto pazienti con streptomicina. Cinque di essi presentarono la scomparsa delle crisi vertiginose, ma tutti persero la funzione uditiva. Silverstein pers guì questo metodo successivamente, la streptomicina non è più stata utilizzata. Dalla fine degli anni Settanta, numerosi Autori hanno utilizzato instillatori locali di gentamicina per via transtimpanica secondo vari protocolli. La gentamicina è risultata più aggressiva nei confronti delle cellule ciliate vestibolari piuttosto che nei confronti delle cellule ciliate cocleari Inoltre, numerosi studi su animali hanno mostrato un'elettiva tossicità degli aminoglicosidi sulle cellule scure della stria vascolare, presunti produttori di endolinfa, cosa che potrebbe indurre una diminuzione del volume endolinfatico e quindi dell'idrope Secondo alcuni Autori il riscontro di un miglioramento delle vertigini, persino dell'udito, prima della scomparsa della funzione vestibolare alle prove caloriche, ha fatto evocare la possibilità di un interessamento primario delle cellule secernenti endolinfa, che precede la distruzione delle cellule sensoriali. Così, l'idrope verrebbe alleviata prima della comparsa di danni a carico della funzione sensitiva vestibolare e dell'instaurarsi, in compenso della scomparsa delle vertigini, di atassia e oscillopsie particolarmente invalidanti. Giocando sulle dosi e le modalità di somministrazione, si può quindi teoricamente trasformare un trattamento potenzialmente degenerativo in una terapia eziopatogenetica.

In pratica, la letteratura raccomanda la gentamicina per uso locale. Essa venne inizialmente impiegata in Europa come solfato di gentamicina (Gentalyn®), instillato quotidianamente per mezzo di un tubo di plastica inserito dietro l'anulus fibroso, attraverso un accesso transmeatale [108]

Le instillazioni venivano sospese quando l'audiometria o il nistagmo indicavano un inizio di deafferentazione cocleovestibolare. In seguito, le indicazioni e le tecniche del trattamento locale con gentamicina sono cambiate, specialmente da quando si è osservato che l'ototossicità, rispetto all'instillazione del farmaco, compariva in ritardo di alcuni giorni fino a una settimana dopo Le instillazioni transtimpaniche di aminoglicosidi permettono il trattamento isolato di un solo orecchio, senza effetti sistemici. Il farmaco raggiunge l'orecchio interno attraverso la finestra cocleare e, inoltre, secondariamente, attraverso il legamento anulare, per via ematica, linfatica o attraverso lacune ossee

L'ipotesi di una tossicità a step della gentamicina è stata confermata dalla constatazione che il deficit vestibolare era reversibile a uno stadio precoce, mentre diventava irreversibile a uno stadio tardivo

La somministrazione di gentamicina in quantità eccessive può quindi causare effetti indesiderati e non necessari a livello dei recettori dell'orecchio interno, in particolare delle cellule ciliate cocleari. La somministrazione di basse dosi, che possono anche non attenuare le risposte caloriche dell'orecchio trattato, si è rivelata efficace ed è pertanto attualmente raccomandata da alcuni come procedura standard

Le indicazioni alla somministrazione di gentamicina per via transtimpanica sono le seguenti:

Con questa tecnica si corre il rischio di alterare la funzione uditiva, per questo, alcuni la riservano solo a casi in cui la perdita uditiva media è superiore ai 60 dB. Tuttavia, alcuni Autori la somministrano anche in pazienti con ipoacusia moderata, a condizione che la funzione uditiva dell'orecchio controlaterale sia normale [126]

Le manifestazioni bilaterali della sindrome di Ménière  sono una controindicazione relativa al trattamento ototossico.

 Non esiste consenso unanime sulla concentrazione ottimale, il dosaggio per seduta, il numero di instillazioni, la frequenza delle sedute e il dosaggio totale da somministrare. Concentrazioni di gentamicina non superiori a 30 mg/ml sono state usate nella maggior parte delle casistiche

Due o tre instillazioni consecutive si sono mostrate efficaci e con meno effetti collaterali, come la sordità, rispetto a quattro instillazioni o più Un'iniezione settimanale è raccomandata per gestire al meglio gli effetti ototossici tardivi; da 1 a 2 ml, di una concentrazione inferiore a 30 mg/ml sono così instillati attraverso il timpano per paracentesi, con una seconda incisione utile a richiamare aria.

Circa il 15% dei pazienti portatori di una deafferentazione vestibolare unilaterale presentano sintomi di insufficienza vestibolare cronica come oscillopsie durante i movimenti del capo e instabilità negli spostamenti. Ciò può essere attribuito a un'alterata funzione vestibolare nel labirinto ritenuto sano o a una compensazione centrale imprecisa durante i movimenti rapidi della testa

 

 

 

FARMACI PER L'ATTACCO ACUTO DI  Meniere (scuola americana Timothy)

 

 

 46

 

farmaci comunemente utilizzati per un attacco acuto sono i seguenti:

47

 

 

practice in Chicago for medical prevention of Meniere's.Ciò che l'autoreDr. Timothy Hain suggerisce nella sua pratica  per la prevenzione medica di Meniere.These drugs are administered to most of his patients, generally in the following sequence:Questi farmaci vengono somministrati per la maggior parte dei suoi pazienti, in genere nel seguente ordine:

Questi farmaci sono combinati con farmaci sintomatici come la meclizina, benzodiazepine ed antiemetici, da assumere  durante gli attacchi.

Nelle persone con grave progressione della malattia bilaterale, l'autore consiglia generalmente un processo di steroidi ad alto dosaggio.  Se vi è un significativo miglioramento dell'udito, poi c'è un tentativo di passare all’ Enbrel, con lil presupposto che in questa situazione è più probabile undisordine autoimmune( autoimmune disorder). Naturalmente questa strategia dovrebbe essere regolata razionalmente per la variabilità della funzione uditiva, come in ogni impresa, la fiducia che un determinato risultato è stato ottenuto dipende sia dalla dimensione degli effetti così come la variabilità degli effetti che ne derivano. . Molto spazio di miglioramento in questi algoritmi è necessario, magari coinvolgendo il monitoraggio quotidiano dell’udito utilizzando un protocollo internet.

Nelle persone che non rispondono alla terapia medica, si passa a basse dosi di gentamicina (vedi diagramma di flusso e "come ultima istanza" la sezione"), ed alla fine il trattamento distruttivo.

 Un trattamento emergente che può diventare a sua  volta un trattamento standard è l’iniezione multipla di steroidi nell'orecchio medio.  Abbiamo incontrato persone che hanno avuto ben 40 di queste iniezioni. Vi è il rischio intrinseco di perforazione della TM e infezioni


References: Riferimenti:

 

Labirintectomia chimica

definizione
La Labirintectomia  chimica è l'ablazione chimica del neuroepitelio vestibolare, per rimuovere gli eccessivi segnali vestibolari, con farmaci vestibolo tossici e con conservazione dell'udito.

Introduzione (fig. 5.29A)

l’Ablazione chimica del neuroepitelio vestibolare è comunemente realizzato con la somministrazione di aminoglicosidi (AG5) (Fig. 5.29A).

AMMINOGLICOSIDI

TOSSICITA’

MECCANISMO

Gentamicinaa

Vestibulotossico

Danneggiamento delle  cellule acustiche esterne b. perdita delle  cellule ciliate cocleari b .perdita delle cellule acustiche di i tipoc

streptpmicina

Vestibulotossica 2,3 Cocleotossica 3

 

 

kanamicina

Cocleotossica

perdita delle  cellule ciliate cocleari b

Amicacina

Cocleotossica

perdita delle  cellule ciliate cocleari b

1 effetto primario

 

a Aminoglicoside più comunemente utilizzato

2 basse dosi

 

b meccanismo di Cocleotossicità

3 alte dosi

 

c meccanismo di Vestibulotossità

A. Aminoglicosidi utilizzati per la labirintectomia chimica

La labirintectomia chimica è spesso considerata una tecnica in cui l'udito è preservato  ed è generalmente effettuata prima di utilizzare procedure chirurgiche più invasive. La labirintectomia  chimica ha un alto tasso di controllo dei sintomi (vengono riportati risultati positivi fino  al 90%) e una  conservazione utile dell'udito  (SNHL riferisce il livello più basso del 3%)SensoriNeural hearing loss (SNHL) nella  grande maggioranza l’ ipoacusia neurosensoriale è causata da anomalie nelle organo del Corti nella coclea. Inoltre, questaprocedura può essere eseguita in uno studio medico . Quando bisogna praticare la  terapia deve  essere stabilito prima dell'intervento e questo può essere ad esempio rappresentato da una mancanza completa di risposte , nistagmo, o SNHL (SensoriNeural Hearing Loss) alle stimolazioni caloriche. Il dosaggio può essere aumentato gradualmente in effetti, l'ablazione totale dell’ epitelio vestibolare è associato ad un rischio più elevato di SNHL( SensoriNeural Hearing Loss ) che non è generalmente necessario per il controllo dei sintomi. Gli aminoglicosidi possono essere dati per via sistemica o con iniezione intratimpanica , quest'ultimo è il metodo più utilizzato . Questo permette di somministrare il farmaco nell'orecchio che non funziona risparmiando dell'orecchio controlaterale. La terapia sistemica AG può essere utilizzata per i pazienti con malattia di Ménière bilaterale. C'è una varietà di tecniche di somministrazione nell'orecchio medio AG (Fig. 2-27 a/b)per via intra o trans timpanica48

 

 

 


Indicazioni
Le indicazioni comprendono una grave compromissione funzionale a causa di sintomi vertiginosi intrattabile con gli apparecchi utilizzabili

Tecnica di Somministrazione (tab n)

viene riportato un esempio di protocollo  pubblicato (tab n). Dopo l'intervento, i pazienti possono avere  vertigini, disequilibrio, nausea / vomito e / o cadute  verso il lato trattato , questi sintomi si risolvono spontaneamente in 6-8 settimane, il paziente viene sottoposto ad una serie di audiometria posto operatoria ed un’ulteriore trattamento può essere praticato  se il controllo dei sintomi non è soddisfacente.

Vari protocolli sono stati proposti in letteratura con diversi gradi di controllo dei sintomi e delle complicanze. Di recente. due meta-analisi sono stati pubblicati affrontare l'efficacia complessiva della labirintectomia chimica e della efficacia di ciascuna modalità di somministrazione  per il trattamento della malattia di Ménière intrattabile, rispettivamente.

Cohen-Kerem et al (2004) studiato la labirintectomia chimica con successo su  un totale di 627 pazienti provenienti da 15 studi pubblicati con diagnosi di malattia di Ménière intrattabile in base alla commissione per udito e di equilibrio con il criteri (sia del 1985 e/o 1995) della AAO-HNS e  cui esiti sono stati riportati in accordo alle linee guida del’ AAO-HNS linee guida. Le tecniche di somministrazione includono le iniezioni interventi o l'infusione con un micro catetere e la dose di somministrazione era fissata o  nuovamente rititolata per il controllo dei sintomi Questa analisi ha riportato i tassi di successo globale del 74,7% (95% CI:67,8% -81,5%) e 92,7% (95% CL 89,5% -96,0%)per la classe A e classe A + B risultati, rispettivamente. La soglia  di PTA è leggermente aumentata (1,5 dB SR [IC 95%: -12,0 a 9 1]) ed il  punteggio di riconoscimento delle parole è leggermente diminuita (2,0% [95% CI: -16,5% al 20,4%]) nessuno di questi dati sono risultati  statisticamente o clinicamente importanti. Questi risultati indicano che la gentamicina intratimpanica è un'opzione efficace nel trattamento delle malattie di  Ménière intrattabile.


Chia et al, (2004) hanno studiato l'effetto delle tecniche di somministrazione  di  gentamicina sul controllo generale delle  vertigine e sulla frequenza di ipoacusia , compreso una  completa ablazione vestibolare che ha portato a livelli superiori di controllo dei sintomi per la malattia di Meniere intrattabile da 980 pazienti provenienti da 27 studi pubblicati, sono stati utilizzati criteri di inclusione simili a quelle sopra citate. Le tecniche di somministrazione includevano  somministrazioni giornaliere multiple (3 dosi al giorno per 4 giorni), il dosaggio settimanale (1 dose / settimana per 4 settimane), tecniche a basse dosi (1-2 dosi totali, ripetute se si presentavano episodi ricorrenti di vertigine ), infusione continua con microcatetere, e la tecnica di titolazione (dose giornaliera o settimanale fino alla scomparsa dei disturbi   dell'orecchio interno o al miglioramento dei sintomi) le percentuali di successo complessivo per le tecniche erano del 73,6% e 90 2% rispettivamente per le classi A e A-B,. Il protocollo con la titolazione è stata significativamente più efficace nel controllo della  sintomatologia vertiginosa rispetto agli altri metodi:

81,7% (P <0001) per la classe A e del 96,3% (P <005)per la classe A-B, inoltre, non c'è riscontrato che una completa ablazione vestibolare migliori statisticamente il controllo dei sintomi.

Nel complesso la frequenza di perdita uditiva era rispettivamente della  6,6% e 251% rispettivamente per gravi o parzialmente gravi ipoacusie percettive.

Il programma di più somministrazione giornaliera ha  determinato unpiù elevata incidenza di parziale profonda ipoacusia percettiva cocleare (SNHL) rispetto alle altre tecniche (34.7%, p <002). questi risultati  indicano che il metodo di titolazione può offrire un maggiore livello di controllo dei sintomi con un tasso accettabili di ipoacusia percettiva (SNHL) rispetto alla somministrazione con altre tecniche. Inoltre, una completa ablazione vestibolare non ha aumentato i tassi di controllo dei sintomi.


Complicazioni
Complicanze con iniezioni  intratimpaniche  comprendono SNHL, disequilibrio, oscillopsia(con concomitante deficit vestibolare controlaterale), e l'incapacità di ottenere il controllo dei sintomi

infiltrazione nell’orecchio medio

miringotomia

drenaggio trans timpanico

microwick

micro catetere

parenterale vestibulectomia selettiva1

1 Il canale semicircolare orizzontale viene infiltrato con una soluzione di amminoglicosidi.E’ necessaria una mastoidectomia per l’accesso chirurgico al canale semicircolare orizzontale

B Vie di somministrazione degli aminoglucosidi

 Tab n°

(1) dose di gentamicina: 0.4 ml di 26.7 mg / ml (circa 10.7 mg; ph 5.4) utilizzando aghi  di diametro (gauge) 25 - o 27-. Il pH può essere regolata a 6.4 in caso di necessità per un migliore  comfort.
(2) Il paziente assume la posizione per l’esame neurotologico (testa girata in direzione opposta all’ orecchio target)

(3) il condotto uditivo esterno e la membrana timpanica sono anestetizzati (fenolo),
(4) nell’orecchio medio viene iniettata una soluzione di  gentamicina 

(5) La soluzione  viene lasciato nell’orecchio medio per 30 minuti (il paziente non deve deglutire  per evitare che il farmaco fuoriesca dall’orecchio medio attraverso la tuba),

(6) La soluzione   viene aspirata dall'orecchio medio

(7) Il paziente viene sottoposto a controlli audiometrici settimanali  per monitorare gli effetti cocleotossici e per tenere sotto controllo i sintomi.

(8) Può essere necessario ripetere la somministrazione se non è raggiunto il controllo  dei sintomi e non sono presenti o soggettivamente ed oggettivamente effetti cocleotossici

 C. Esempio di un protocollo di labirintectomia chimica modificato dal Minor et al. (1999)

 

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Books on Meniere's Disease:

Meniere's Disease : What you need to know by P.J. Haybach, Jerry Underwood (This book was written under the auspices of VEDA (Vestibular Disorder Association) for patients).

Meniere's Disease, An Issue of Otolaryngologic Clinics (The Clinics: Surgery) by Jeffrey Harris MD Dr. and Quyen T. Nguyen MD Dr. (Hardcover - 8 Nov 2010)

 

 

 

Trattamento Intratimpanico/Transtimpanico Con Gentamicin Per La Malattia Di  Ménière

APPROFONDIMENTO

 

DA Timothy C. Hain, MD Page last modified: July 17, 2011 leggermente modificato ed approfondito dal PRO Prof.ANTONIO TANZARIELLO 2/08/2011

TTG/ITG defined procedures Where to get it done

La situazione è cambiata notevolmente con il trattamento di  gentamicina negli ultimi anni - questo documento è stato recentemente aggiornato per riflettere gli ottimi risultati che sono stati ottenuti con un protocollo più recente, che utilizza la la gentamicina a basse dosi .

Gentamicina Intratimpanica (ITG IntraTympanic Gentamicin) e Gentamicina Transtimpanica (TTG TransTympanic Gentamicin)

 

 

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Fig.2-28. La gentamicina (un farmaco destinato a danneggiare volutamente l'orecchio interno per fermare le vertigini nella malattia di Meniere) viene iniettata attraverso il timpano utilizzando un ago sottile. Il farmaco è lasciato nell'orecchio medio per circa 30 minuti e poi può essere  drenato.

 

Nei casi  di vertigine episodica grave, come ad esempio quella dovuto alla malattia di Ménière,possono essere presi in considerazione  trattamenti farmacologici, per distruggere  l'orecchio interno , mediante  iniezioni di gentamicina. Si tratta in genere del’ ultimo trattamento per i pazienti  che hanno  gravi attacchi vertiginosi  le iniezioni di gentamicina vengono effettuate  attraverso il timpano, utilizzando un ago sottile . Questa tecnica viene denominata: "trattamento intratimpanico con gentamicina ". Alcuni autori chiamano lo stesso processo " trattamento transtimpanico con gentamicina " (ad esempio Casani, Nuti et al 2005), ma il termine "intratimpanico" sembra essere molto più utilizzato.

Questa procedura permette di trattare l’orecchio di un lato, senza influenzare l'altro lato . Per molti anni che sono stati utilizzati dosi multiple di gentamicina - in genere 4-6 iniezioni in un periodo poche fa più mesi. Se da un lato  questo protocollo di gentamicina a "dose elevate" era molto efficace , dall'altro era accompagnato da mercati  effetti collaterali - un notevole rischio di riduzione dell'udito e spesso un periodo prolungato di vertigini e vertigini provocate dallo stesso  trattamento . Questa procedura non è  consigliabile.

Recentemente , sta rapidamente guadagnando favore, il protocollo "a bassa dose " in cui viene utilizzata in totale solo una o due iniezioni, distanziate di 1 mese, . La procedura non è (molto) dolorosa - un anestetico locale76

(local anesthetic)  viene utilizzato per addormentare il timpano.  Un altro  metodo è quello di utilizzare una goccia di fenolo sul timpano. Un’altro ancora è l’applizazione di un anestetico topico come la crema "emla". Il farmaco viene iniettato, nell'orecchio medio sinistro per 30 minuti, mentre la persona sta tranquillamente sdraiata, e poi viene effettuato un tentativo di eliminarlo  dall'orecchio medio attraverso il tubo ET (facendo delle  deglutizioni). Questo ultimo passaggio è probabilmente importante per ottenere risultati riproducibili.

 

Dopo il trattamento con TTG (Trans Tympanic gentamicin ) nei pazienti con malattie di Meniere la disabilità è diminuita  (Pfleiderer, 1998; Perez et al., 1999) ma  la qualità soggettiva della vita è rimasta invariata (Soderman et al,) 2001. Le Le vertigini si possono ripresentare un anno più tardi, allora è necessario effettuare  un'altra serie di iniezioni. Diversi autori hanno riportato che l'acufene o il senso di un trattamento auricolare possono  migliorare sostanzialmente dopo TTG (ad es. Sala, 1997). L'effetto a lungo termine sulla funzionalità uditiva al punto al momento attuale non è chiaro.

Un vantaggio sostanziale del trattamento con TTG è il basso costo, rispetto ai trattamenti alternativi e distruttivi A"[sezione del nervo vestibolare o la labirintectomia (vestibular nerve section or labyrinthectomy )]. La maggior parte degli autori hanno riscontrato  che il controllo sulle  vertigine è paragonabile alla sezione del nervo vestibolare (circa il 90%). Il  trattamento con TTG ha, anche ,  un  rischio intrinseco molto basso, soprattutto rispetto alla sezione del nervo vestibolare. Il  trattamento TTG , ,rispetto alla  labirintectomia ,ha  anche un rischio inferiore  perché  non c'è alcuna necessità di anestesia generale.

 

La ITG/TTG è stato sostenuto per altri disturbi vestibolari oltre che alla  malattia di Meniere (ad esempio Brantberg et al., 1996). a nostro parere l'utilizzo di questa tecnica  deve essere utilizzata come "ultima risorsa".

 

Le due principali varianti di ITG/TTG:

Sono qui indicati di seguito i dettagli tecnici per  iniettare gentamicina.

 

A bassa dose -la nostra preferita

Il metodo a basse dose  comporta l'uso di 1-2 iniezioni  di gentamicina, con l’ attesa di un mese tra le due iniezioni. Questa variante blocca le vertigine nel  66-80% del tempo, senza significativi effetti collaterali . La variante a basso dosaggio è relativamente nuova e non ci sono molti  dati riguardanti il risultato come invece per la variante di alte dosi.

La seconda iniezione viene effettuato solamente se vi sono state intense vertigini nelle due settimane precedenti . In altre parole, invece di determinare  l'insorgenza di danni al sistema vestibolare (come avviene per le alte dosi ITG/TTG), questo  criterio ha  un buon effetto sulla malattia. Questa semplice idea sembra si traduca con  risultati di gran lunga superiori . Occasionalmente viene somministrata una terza dose . Di solito questa determina una completa  perdita della funzione vestibolare (cioè, vedi sotto Fig 2-29).

 

 

 

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Perdita unilaterale sul lato destro dopo 3 iniezioni di gentamicina.

 

 Fig 2-29

 

Risultati della variante a basso dosaggio

Nella nostra pratica, abbiamo avuto ottimi risultati con la variante a basso dosaggio, con eccellente controllo sulle  vertigini (100% finora) con nessun danno in tutti sulla funzionalità uditiva .

Qui vengono riportati i risultati di altri autori :

Presso la Mayo clinic è stato segnalato che Un trattamento monodose da,  un tasso di risposta di riduzione delle vertigini nella 84%  e nessun variazione della funzionalità uditiva. (Driscoll et al, 1997; Harner et al., 2001) questi risultati sono attribuiti al fatto che la gentamicina distrugga le cellule scure secernenti l’endolinfa prima di distruggere l'epitelio sensoriale vestibolare (Beck, 1978). Contro questa ipotesi  è  l'assenza  di un cambiamento patologico nelle cellule scure dopo il trattamento con gli aminoglicosidi per via endovenosa (Cureoglu et al 2003). La principale alternativa al meccanismo di distruzione delle cellule scure è l'ipotesi che esista un danno parziale per le cellule ciliate vestibolare. Recenti studi sugli animali suggeriscono che il tipo I-delle  cellule ciliate siano più sensibili, e le cellule ciliate  di II tipo siano più resistenti .

 

Una recente meta-analisi (Chia, Gamst et al 2004) riporta che la tecnica a bassa dose abbia un controllo significativamente più basso sulle  vertigini (66,7% complessivo). Tuttavia, nella nostra esperienza non abbiamo avuto questo  risultato. Sembra anche molto probabile , che i metodi a basso dosaggio, avranno un ricorrenza maggiore dopo  1-2 anni . Ancora, la nostra opinione  è che è molto più facile effettuare un altro "ritocco" iniezione dopo  1-2 anni, ma  che è invece impossibile riottenere una funzionalità uditiva  dopo che questa è stata danneggiata dal protocollo ad alte dosi.

I risultati a lungo termine sulla funzionalità uditiva non sono chiari  in questo articolo.Se il basso dosaggio infatti riduce  la pressione nell'orecchio interno, può essere che la funzionalità uditiva  si deteriorerà in misura minore.

 

Dose molto bassa - per le persone anziane

una variante alla  procedure dove la gentamicina viene somministrata anche meno frequentemente di una volta al mese, o in una soluzione più diluita rispetto alle dosi convenzionali deve essere presa in considerazione . Si raccomanda routinariamente l’uso di gentamicina a metà dosaggio nei pazienti con questi disturbi vestibolari che abbiano più  di 70 anni.

Contro questa ipotesi vi  è la congettura che la gentamicina transtimpanica "saturi" rapidamente i siti di legame nell'orecchio interno, e quindi non non c'è alcuna reale differenza nel dare una dose  molto bassa  o una dose  bassa , ma piuttosto è il numero di applicazioni di gentamicina che conta, più che la concentrazione. Si pensa che questa ipotesi non sia  corretta, ma sarebbe un interessante progetto da far effettuare ad un ricercatore .

Le basse dosi di gentamicina,somministrate  per un tempo prolungato rischiano di avere un effetto più uniforme sull'orecchio rispetto a quella somministrate per  breve tempo; è probabile che, le somministrazioni concentrate (Pender, 2003),  rappresentino un rischio molto inferiore per la  funzionalità uditiva .

 

Alte dosi:

 Nella variante a dosi elevate, viene somministrata più gentamicina  per un periodo di tempo più breve. Con questa  variante si hanno risultati migliori, riduzione delle vertigini nel (90% del tempo), ma è anche accompagnata da rischi di gran lunga superiori.

Le iniezioni vengono generalmente somministrate  ogni settimana, fino a un totale di 4-6. Il trattamento viene interrotto quando si producono vertigini  questo indica   che la gentamicina ha agito sull'orecchio interno . In altre parole, il trattamento è continuato fino a quando non ci sono prove , che si sono instaurati  danni, all'orecchio interno.

Raramente, anche dopo 6 iniezioni, le vertigini non possono essere indotte e la la  funzione vestibolare rimane normale. A questo punto, il trattamento viene interrotto e viene utilizzato un altro metodo  per eliminare la funzione vestibolare (ad esempio labirintectomia labyrinthectomy).

La vertigine  peggiora per un pò  dopo che il trattamento viene interrotto, la vertigine  di solito dura da 7-10 giorni, ma può richiedere fino a un mese per risolversi . I sintomi sono controllati con farmaci per la nausea e con i soppressori vestibolari. A questo punto è necessario un buon  supporto familiare o ricovero in ospedale. L’ìnstabilità di solito si risolve dopo diversi mesi, ma nei soggetti più anziani, qualche instabilità può rimanere in maniera permanente (anche se le vertigini vengono eliminate ).

La funzionalità uditiva può peggiorare . Nei  piccoli mammiferi, come le cavie, l'applicazione di gentamicina nell'area della finestra rotonda può comportare quasi una perdita totale dell'udito  (Imamura et al 2003). Si dovrebbe però notare  tuttavia, che i piccoli mammiferi , come le cavie,  hanno le membrane finestra rotonda molto più sottile rispetto agli umani  e quindi si può somministrare  una maggiore quantità di gentamicina nello   stesso periodo di tempo.

La funzionalità uditiva non è così sensibile  come  negli esseri umani, ma su questo motivo  si sta ancora lavorando. Siccome i protocolli farmacologici evolvono, la percentuale di trattamenti associati , ad una riduzione della funzionalità uditiva   continua  gradualmente a ridursi (vedi tabella sotto), ma c'è ancora qualche reale rischio di perdita dell'udito. Un rischio del 30%, per una lieve riduzione sembra essere normale, anche se di recente, i sono stati segnalati risultati migliori (Wu e minore, 2003).

Si crede, considerazioni basate  sulla  farmacocinetica, che dove la gentamicina è somministrata molto lentamente, i protocolli siano  meno rischiosi, per la funzionalità uditiva,  rispetto a protocolli dove viene somministrata una grande quantità di farmaco in in una settimana o meno. Se un paziente ha già perso l'udito utilizzabile sul lato "cattivo" ovvero dove è presente la Meniere , il rischio è eliminato, e pertanto può essere utilizzato sia un protocollo lento o veloce.

 

 

 

Fig.2-30: L'obiettivo del trattamento, con gentamicina intratimpanica a dosi elevate, è quello quello di ridurre o eliminare la funzione vestibolare da un orecchio. Questo provoca uno squilibrio tra le due orecchie con conseguente  presenza di  un nistagmo spontaneo . Questa figura è illustrata  una traccia video di eng -.

 

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La figura 2-30 qui sopra mostra il risultato previsto per alte dosi di gentamicina - nistagmo spontaneo e vertigini. Questo è il risultato auspicato per un paziente  che ha avuto somministrato un alto dosaggio di  gentamicina . Si è anche  notato che tutti i pazienti che hanno avuto successi con con  successi con alti dosaggi di gentamicina hanno un intenso  nistagmo indotto da vibrazioni

C'è anche un film con  qualcosa di simile in un paziente con un protocollo a basso dosaggio: ivg.avi(8 meg)

 

Il Nistagmo qui è osservato 2 settimane dopo una singola dose di gentamicina intratimpanica. Questo non è comune ed è stato un effetto negativo del protocollo monodose.

 

: Molti altri film può essere trovato sul sito DVD

Risultati della variante a dose elevata

I risultati, in termini di eliminazione dei disturbi vertiginosi , sono in genere molto buoni (vedi tabella). La funzionalità uditiva  è generalmente inalterata o peggiorata  e potrebbe continuare a peggiorare, anche dopo che  la vertigine viene eliminata . L’acufene rimane generalmente inalterato, ma alcuni recenti studi riferiscono una riduzione del tinnito. Alcuni pazienti ottengono  sollievo dai sintomi di Meniere a dispetto di un subtotale ablazione della funzione vestibolare. Questo è attribuito al danno selettiva di gentamicina sulle  cellule scure del labirinto (Atlas, 1999; Pender, 1985).

A sostegno di questa ipotesi ipotesi  è l'osservazione che TTG riduce la dimensione del potenziale di sommazione della ECochG, ELETTROCOCLEOGRAFIA PERITIMPANICA NON INVASIVA (ECochG) che è un test diagnostico per la malattia di Meniere (Adamonis et al, 2000). Contro questa ipotesi  è la mancanza di un cambiamento nelle cellule scure dopo il trattamento (Cureoglu et al, 2003) con aminoglicosidi.

Risultati della varianti a dosi elevate

 

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Altre varianti nelle  procedure di somministrazione di  gentamicina intratympanic - generalmente non sembra che sia il miglior approcio.

Prima di iniziare, si deve rilevare che in passato, la maggior parte dei praticanti ha utilizzato il protocollo semplice di circa 4 iniezioni di gentamicina, effettuate  settimanalmente, fermandosi quando erano presenti  segni di danni (questo tipo di somministrazione viene chiamata titolazione Titration). Questo ha dato senso ad una  meta-analisi che  è stato recentemente effettuata  da Chia e altri (Chia, Gamst et al 2004), il metodo di somministrazione (titolazione )settimanale ha avuto i migliori risultati con un maggiore  controllo delle vertigini e una tendenza ad avere complessivamente una minore  perdita uditiva . Tuttavia, in questo momento, nella nostra pratica , così come in altri centri  altamente specializzati, il protocollo a basso dosaggio è diventata routine, si pensa che sia ancora meno rischioso e che i risultati siano molto buoni. Perché questa procedura funziona così bene, gli esperimenti del passato che vengono riportati dettagliatamente più sotto sono diventati tutti piuttosto irrilevanti.

Streptomicina: sono state segnalate molte altre varianti del protocollo ITG/TTG  I risultati delle iniezione con streptomicina (la forma diidro) sono stati esaminati in due studi pubblicati ( Schuknecht, 1951), con risultati sensibilmente peggiori per la funzionalità uditiva rispetto a quelli ottenuti con  gentamicina. Questo può essere causato dalla relativa selettività della gentamicina per la cellule acustiche  vestibolari, rispetto alla  diidro-streptomicina. Sembrerebbe, tuttavia, che la streptomicina solfato potrebbero essere altrettanto efficace quanto la gentamicina. Sembra  essere poco vantaggioso sperimentare  la streptomicina , in quanto già la gentamicina funziona molto bene senza rischi significativi per l'udito quando viene somministrata  a lunghi intervalli.

Streptomicina-desometasone: Questa particolare metodologia è favorita nella  "Shea clinic", un centro di  otologia situato  a Memphis nel Tennessee. Sembrerebbe  un trattamento illogico , che sarebbe meglio  evitare. La streptomicina funziona meno della  gentamicina per questo scopo (vedi sopra). Non si vede  nessuna ragione logica per associare il  desametasone (uno steroide intratimpanico ) con la streptomicina (un antibiotico ototossico). Sembra molto più logico utilizzare questi farmaci uno alla volta, piuttosto che mescolandoli insieme . Il problema degli steroidi intratimpanici intratympanic steroids viene affrontato in queste pagine.

 

Titolazione (Titration): un problema è anche quando smettere il  trattamento, soprattutto per il protocollo ad alte dosi, con iniezioni settimanali. Una sospensione eccessivamente tardiva  potrebbe essere più grave (tossica) per la funzionalità uditiva. Sarebbe meglio non trovarsi  in questa situazione, in primo luogo e utilizzare una  iniezione una volta di mese. Tuttavia, a volte ci sono situazioni in cui si vuole somministrare più velocemente i farmaci accettando il rischio per la funzione della uditiva. .

Minor  (1999) suggerisce di fermare il trattamento quando compare un nistagmo spontaneo , un nistagmo con “head-shaking test” o  segni al "head-thrust test”. Perez et al (2003) utilizzano un metodo simile. Mentre questo protocollo appare ragionevole  è complesso e fermarsi semplicemente su un cambiamento significativo nella direzione e di intensità del nistagmo spontaneo, o dopo che  un totale di 6 trattamenti è stato effettuato potrebbe essere  una alternativa adeguata . Abou-Halawa e Poe smettono il trattamento o rallentano il trattamento quando compare  una perdita dell'udito alle alte frequenze . Sembrerebbe che utilizzare questa tecnica sia tardiva in quanto la funzionalità uditiva( l'udito) è insensibile alle gentamicina. Come è stato detto già - dare una superiorità a piccole dose di gentamicina rispetto ad un protocollo di più  dosi, non sembra esserci alcuna ragione per fare di più di 1-2 iniezioni, così come la titolazione non sembra sia  davvero un problema.

Provvisoriamente, pensiamo che sia una buona idea effettuare  un VEMP prima della di ITG e un altro,fig n, se sembra ci sia  un fallimento con il  trattamento. La letteratura  supporta l’ipotesi che il   VEMP sia ridotto o abolito in seguito alla ITG.

Nella  pratica , si è avuto un buon successo osservando il nistagmo prodotto da vibrazioni  vibration induced nystagmus per decidere o meno se la gentamicina abbia  avuto o meno un effetto. È un metodo semplice e veloce che appare molto sensibile alla gentamicina. Questo uso del VIN è non accompagnato da pubblicazionI

una  variante di  questo metodo potrebbe essere di continuare la somministrazione per via parenterale, fino a quando il VEMP è notevolmente ridotto . Un altro problema con questa ipotesi  è che l'iniezione stessa può provocare una sordità che interferisce con il VEMP.

Modalità di somministrazione: numerosi metodi sono stati utilizzati per iniettare  la gentamicina quale l'iniezione diretta, la somministrazione tramite   un tubo per timpanostomia, cateteri chirurgici(Round window m-cath, Durect Corp; Silverstein MicroWick). Il metodo dell'arco (basso dosaggio) o metodo del tubo per timpanostomia (alte dosi quando non c'è più la funzionalità uditiva) sembra abbastanza ragionevole. Le procedure che richiedono  il posizionamento chirurgico di un catetere, sembra irragionevole in quanto aggiunge il rischio (chirurgico) senza prova di risultati migliori

 

 

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Le procedure che coinvolgono il posizionamento di uno stoppino"" nel tubo per timpanostomia (cioè il "Silverstein MicroWick(tm)"), non sembrano molto diverse  dal semplice uso del tubo per sola timpanostomia . Non si dubita che funzioni, ma non si è convinti che lo sforzo supplementare e il costo necessario per inserire il tubo per timpanostomia speciale e lo stoppino, così come è successiva rimozione, è giustificata. È molto difficile competere con la procedura di basse dosi in termini di risultati. È anche difficile capire la logica di mettere  una flebo costantemente  , quando è ben noto che negli animali la gentamicina si accumula nell'orecchio per molti mesi. In questo gruppo di pazienti, i risultati migliori per le  vertigini sono correlati con risultati di un peggioramento della funzionalità uditiva  (Light et al, 2003) faceva un lavoro di essere la vostra rete viene

Chirurgia supplementare: alcuni gruppi richiedono una esplorazione  endoscopica  dell'orecchio medio e "l'eliminazione delle  aderenze" dalla nicchia della finestra rotonda. E a tutti noto  che le aderenze sono presenti in circa il 20% delle finestre rotonde. Si ha il dubbio che in questa procedura si possono avere ulteriori danni alla alla membrana timpanica (da endoscopio). Questa procedura aggiunge anche un  costo aggiunto, attrezzature specializzate e l'abilità per  una procedura , che altrimenti sarebbe, piuttosto semplice

Tempistica (Timing):: rispetto alla tempistica, protocolli che coinvolgono le amministrazioni rapide di grandi quantitativi di farmaco (qui definiamo rapida quella effettuata non oltre una settimana), sembrano essere incline a produrre risultati peggiori per la funzionalità uditiva , forse perché gentamicina ha un effetto ritardato e prolungato, che si estendono per  settimane o mesi, ed è difficile sapere se si è già somministrato abbastanza o troppo, in una  settimana. (Chia, Gamst et al 2004) Tuttavia, se la funzionalità uditiva  è già inutilizzabile sul lato da trattare, i protocolli più breve sembrano essere abbastanza  ragionevoli.

Intratympanic Gentamicin (fig 2-33)

 

Vengono utilizzati diversi protocolli chirurgici, ma essenzialmente una soluzione liquida della 53gentamicina antibiotica è inserita attraverso il timpano in spazio dell'orecchio medio dell'orecchio malato. La gentamicina è assorbita attraverso la membrana della finestra rotonda nell'orecchio medio e passa attraverso questa membrana e nell'orecchio interno che contiene le terminazioni nervose dell'organo dell'udito e dell’ equilibrio. La gentamicina è selettivamente più tossica per le terminazioni nervose del  equilibrio rispetto a quelli dell'udito e non danneggia sufficientemente a livello cellulare i nervi dell'organo dell’ equilibrio per bloccare gli attacchi vertiginosi .

Approccio chirurgico dell'autore favorisce l'esplorazione dell'orecchio medio utilizzando un otoscopico ottico rigido  molto piccolo ottico di solo 2 mm di diametro per visualizzare la membrana della finestra rotonda per  rimuovere qualsiasi tessuto cicatriziale o strati di muco sulla membrana della finestra rotonda che possono ostacolare l'accesso del farmaco alla membrana.

 

 

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Fig 2-34 Otoscopio  specializzato per vedere l'orecchio medio

 

 

 

Dopo che è stato eliminato dalla membrana timpanica seconda

ria (membrana di Scarpa) qualsiasi ostruzione, un tubo di Silverstein con lo  stoppino vengono  inseriti nel timpano. La Gentamicina viene quindi versata  nell'orecchio medio. Lo stoppino Silverstein consente al paziente di continuare a inserire le gocce di gentamicina nell'orecchio a casa per continuare il trattamento. Nella maggior parte dei casi le gocce non vengono più somministrate  dopo 5-7 giorni di utilizzo a casa . Lo stoppino è solitamente rimossi a questo punto, ma il tubo può essere lasciato sul posto per ulteriori trattamenti gentamicina, se necessario.

 

Dopo che  il farmaco viene assorbito, molti pazienti presentano  un periodo di lieve a moderato disequilibrio che inizia di solito 3-4 giorni dopo l'inizio del trattamento. Il disequilibrio si risolverà nella maggior parte dei pazienti, dopo un periodo di alcune settimane dopo che il trattamento con gentamicina viene interrotto. In molti casi, solo un breve trattamento di 5-7 giorni di  gentamicina è necessario. Il temporaneo disequilibrio è descritto in genere come la sensazione, che la maggior parte delle persone prova quando è su una  piccola barca. Il paziente si regolerà automaticamente con un'andatura con la base di appoggio allargata  (a piedi con le gambe aperte). È importante per il paziente che rimanghi attivo in modo che l'orecchio interno regolerà più rapidamente i nuovi segnali che ora sta ricevendo dall'orecchio trattato. I movimenti attivo accelerano  i centri del cervello per riequilibrare il nuovo modello segnale proveniente dall’ orecchio interno.

 

La perfusione con gentamicina è un trattamento ottimo per il paziente con problemi di udito in cui la funzionalità uditiva  nell'orecchio coinvolto è significativamente  ridotta , vertigini incontrollata e funzionalità uditiva normale o quasi normale  nell'orecchio opposto. In questi pazienti l'obiettivo principale è quello di rendere nulli  gli attacchi di vertigini fermare e la perfusione gentamicina  bloccherà  gli attacchi in oltre il 90% dei casi. Tuttavia, un dilemma per il  trattamento può verificarsi nel paziente con attacchi di vertigini aggressivo, grave che non possono  essere controllati con terapia medica, che ha anche un normale o quasi  un udito normale nell'orecchio interessato dalla malattia di  Meniere.

 

Purtroppo, non è possibile prevedere con precisione quali pazienti avranno una  perdita uditiva  a causa del di trattamento con gentamicina. Gli Studi negli ultimi 10 anni riportano una  ulteriore ipoacusia dovuta al trattamento Gentamyicin tra 10 ed il 20% dei pazienti trattati. Se una ulteriore perdita dell'udito si verifica con la  perfusione gentamicina la perdita solitamente non è grave, tuttavia ipoacusia grave o addirittura profonda nell'orecchio trattatato si possono verificare anche dopo nessun trattamento con gentamicina.

 

Continua ricerca è in corso per determinare il dosaggio ottimale di gentamicina che conserva l'audizione, ma controlla le vertigini. Qualche paziente, 12-18 mesi dopo il trattamento iniziale di gentamicina, può avere ulteriore  di episodi di vertigini e a questo punto può richiedere ulteriori trattamenti.

Infine, alcuni gruppi suggeriscono il trattamento con desametasone intratimpanico intratympanic dexamethasone treatment . Il desametasone è uno steroide e non è imparentato con la gentamicina. Il beneficio di questa procedura non è stato dimostrato chiaramente - potrebbe valere  la pena di provare in quelle situazioni dove tutto il resto è stato processato e c'è poco da perdere. Silverstein et al hanno riscontrato che non è  meglio del placebo (1998), ad esempio, potrebbe essere considerato il suo uso , quando l'orecchio rimasto colpito da Meniere è il solo orecchio l'orecchio in cui è rimasta la funzione uditiva..

 

 Gentamicinavs steroidi vs sezione del nervo vestibolare

Ci sono alcuni giudizi complessi che insorgono quando si ha la necessità di  " “aver fatto qualcosa " per la malattia di Meniere. In sostanza, si scende a costo vs beneficio. Essenzialmente, si tratta dei costi rispetto ai vantaggi

 

 


A nostro parere, la gentamicina a basso dosaggio è attualmente "il punto ottimale (sweet spot)" in questa tabella. Vediamo una scarsa motivazione  perché dovrebbe essere sostenuta qualsiasi altra procedura, a meno che la gentamicina a  basso dosaggio abbia  già fallito.

Gentamicina autogestita - di solito non è una buona idea

La procedura  più semplice  (e  meno costoso) finora segnalato  è quella  di Rutka e colleghi (Rutka, 2002). Essi avevano avuto semplicemente un paziente che si ha autosomministrava localmente della gentamicina  attraverso un tubo di ventilazione. Un tubo di ventilazione viene posto nel quadrante posterio-inferiore del TM(membrana timpanica ). I pazienti sono istruiti a collocarsi su di un fianco e istillare  5-6 gocce nell'orecchio interessato 3 volte al giorno. Viene utilizzata una bassa concentrazione di gentamicina - 3 mg/ml combinato con 1 mg/ml di betametasone. La concentrazione  totale giornaliera è di 3mg (dose/giorno) ed è circa 10 volte più debole di quelle utilizzate con iniezioni  settimanali, con ago (30 mg). A questi pazienti  è  stato detto  di somministrarsi  le gocce fino a che le vertigini diventano costanti  per 2 giorni e poi fermarsi. La maggior parte dei pazienti ha sperimentato ototossicità dopo 12 giorni di questo trattamento.

 

Circa il 50% dei pazienti ha riscontrato un  peggioramento dell'udito e circa il 40% dei pazienti ha sviluppato delle perforazioni permanenti della loro membrana timpanica i. Questi risultati sono peggiori  di quelli associati a gentamicina monodose. Si pensa che la complicanza delle perforazioni sia dovuta alla componente steroidea (Rutka, 2003).

A nostro avviso, questa procedura è meno precisa rispetto alla maggior parte delle altre procedure sopra indicate, e la mancanza di precisione è probabilmente associata con un rischio maggiore di perdita uditiva . Tuttavia, sembra ragionevole in situazioni dove la funzionalità uditiva non è più  inutilizzabile, come alternativa a un labirintectomia chirurgica dell'udito. Come accennato, potrebbe essere preferibile utilizzare gocce senza steroidi a causa del pericolo di una perforazione permanente. Inoltre, utilizzando  meno gocce al giorno, si potrebbero avere risultati migliori sulla funzionalità uditiva, sebbene ci sia una latenza più  lunga prima che inizi la  tossicità. Non sembra  che l'uso di steroidi, in questi casi sia  una buona idea, poiché sembra che determini altre complicanze.

Aggiungere altri agenti farmacologici alla  gentamicina - anche questa non è una buona idea

Alcuni gruppi hanno sperimentato  l'aggiunta di altri farmaci alla  gentamicina, apparentemente nel tentativo di rendere la soluzione più viscosa e meno propensa a correre giù attraverso la tromba  di Eustachio, non appena il paziente si siede. Ad esempio, una a colla di fibrina (!?) è stata utilizzata per questo scopo (Casani, Nuti et al 2005). Non si consiglia  questa procedura. Siccome in passato il problema principale è stato la tossicità per la funzionalità uditiva , procedure finalizzate ad aumentare la dose introdotta nell'orecchio  all'orecchio sembrerebbe irrazionale a meno che l'orecchio sia  già sordo. Non si è entusiasti per quanto concerne  l'aggiunta di steroidi alla  gentamicina, o steroidi alla  streptomicina (come discusso in precedenza).

 

Perché la TTG potrebbe fallire?

  • Diagnosi sbagliata 
    • emicrania Migraine
    • disturbi del nervo vestibolare 
    • sindrome vestibolare scarsamente definite 
  • malattia di  Meniere bilaterale
  • mancato arrivo del farmaco 
    • adesioni nella finestra rotonda 
    • drug rapidly leaving ear via ET tube
  • resistenza alla gentamicina
    • genetiche 
  • recupero delle cellule ciliate 

Ci sono una serie di ragioni perché la ITG/TTG potrebbe avere avuto esito negativo. In primo luogo, la diagnosi potrebbe essere sbagliata. Il paziente potrebbe avere un disturbo centrale come l’emicrania(Migraine) associata vertigini, patologia che è almeno 25 volte più comune rispetto alla  malattia di Meniere), il paziente potrebbe avere una malattia nervosa (ad esempio una compressione microvascolare microvascular compression), o potrebbe avere una Meniere bilaterale( bilateral Meniere's.). Non ci si dovrebbe aspetterebbe che i disturbi  del nervo vestibolare rispondino alla TTG.

 

Un secondo gruppo di motivi dipende dal fatto che il farmaco non è  efficace. In teoria, potrebbe essere inefficace perché non raggiunge l'orecchio interno (forse a causa di aderenze sulla finestra rotonda o perché il farmaco fuoriesce dall'orecchio medio  attraverso la tromba  di Eustachio),  il paziente in trattamento potrebbe avere una resistenza idiosincratica alla  gentamicina (è stata documentata una suscettibilità idiosincratica idiosyncratic susceptibility), forse c'è anche resistenza, o ci potrebbe essere un recupero delle cellule ciliate che sono state danneggiate in maniera incompleta. A questo proposito, inizialmente, la gentamicina può arrecare  danni reversibili per le cellule ciliate. È comune che  gli attacchi di Meniere ricompaiono  1 o 2 anni dopo il primo trattamento TTG (Waele et al, 2002). Uno otoneurologo può essere più certo che la TTG abbia ucciso una parte significativa dell'orecchio interno facendo dei test vestibolari,  soprattutto le prove caloriche (caloric testing). A causa della possibilità di danni reversibili,  potrebbe essere necessario fare un test calorico dopo  circa 3 mesi dalla  fine del trattamento (per vedere la risposta di picco), e fare un altro test se le vertigini si ripetono uno o due anni più tardi.

 

Nella nostra pratica abbiamo trovato, occasionalmente, individui che sembrano avere sistemi vestibolari "duri", che  recuperano la funzione dopo le procedure ablative, che normalmente sono  altamente efficace in molti altri pazienti. Presumiamo che questi individui hanno una migliore capacità di adattarsi alle lesioni vestibolare o recuperare da loro. Queste persone sono molto rare e si rimane sempre dell’opinione generale sopra riportata riguardante l'efficacia molto elevato di TTG/ITG.

Si potrebbe pensare che, i pazienti con  con crisi otolithic di Tumarkin otolithic crises of Tumarkin [AKA cadute improvvise (drop attacks), a volte una variante della malattia di Meniere(Meniere's)] potrebbero avere un probabile  esito negativo, in quanto questo  è un disturbo di origine otolitica e si pensa che la gentamicina , negli esseri umani , sia meno tossica per gli otoliti(otoliths) rispetto per i canali semicircolari. A nostro parere, questo non è corretto, come evidenziato da dati recenti (Picciotti et al., 2005; Helling et al., 2007) viene suggerito  che la gentamicina prima colpisce il sacculo (uno dei due organi Otolitici);  Abou-Halawa e Poe (2002) riferiscono che su 4 pazienti con crisi Tumarkin, 2 non aveva ulteriori attacchi, 1 non ha risposto, e 1 aveva una ricorrenza di attacchi che ha richiesto la somministrazione di  ulteriore gentamicina. La nostra esperienza è stata che la TTG/ITG funziona bene per gli attacchi di caduta improvvisa .

Quando la TTG fallisce, bisognerebbe effettuare un esame accurato per  escludere errori del primo gruppo (diagnosi sbagliata). Se la diagnosi risulta ancora essere sostenibile, uno potrebbe desiderare di prendere in considerazione le procedure più radicali come la sezione del nervo vestibolare (vestibular nerve section) la labirintectomia.

Provvisoriamente, pensiamo che sia una buona idea effettuare un  un VEMP VEMP fig n prima della ITG/TTG e un altro, se  ci sembra ci sia  un fallimento del trattamento.

 

Dove praticare  il trattamento intratimpanico di  gentamicina

 

Questa è una procedura ambulatoriale. Quasi tutti i più grossi centri medici offrono ora il  trattamento intratimpanico di  gentamicina  attraverso il loro servizio di Otorinolaringoiatria. Prima di iniziare  il trattamento intratimpanico di   gentamicina, pensiamo che sia prudente provare tutti i principali trattamenti medici medical avenues of treatment..

Non riteniamo che bisogna  provare i numerosi trattamenti per la malattia di Meniere , che sono probabilmente placebo numerous treatments for Meniere's that are probably placebos, come questi rifiuti tempo e denaro, e basso dosaggio gentamicina è molto efficacia. Esempi di procedure che sono probabilmente placebo o almeno solo leggermente efficace, sono il dispositivo Menniett, gli steroidi intratympanici (intratympanic steroids) e la chirurgia dello shunt indolinfatico .

 

Bibliografia riferita al trattamento intratimpanico con gentamicina:

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Informazioni Supplementari Concernente la Iniezione Intra/Transtimpanica di Gentamicina

TimothyC.Hain,MD
Main ITG/TTG page. Please read our disclaimer. Last edited: June 18, 2009 . leggermente modificato ed approfondito dal PROF ANTONIO TANZARIELLO

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anestesia Locale per   TTG (or myringotomy)

Una goccia di fenolo sul timpano è il metodo più comunemente usato di anni per anestetizzare localmente  il timpano. Brucia per pochi minuti, ma lascia un'area insensibile della  membrana timpanica che è insensibile per diverse settimane.

Un'anestesia meno duratura  può essere ottenuta con tetracaina o lidocaina, con o senza ionoforesi.

Può anche essere utilizzato la crema EMLA (lidocaina con prilocaina).

Sistemi di Somministrazione per la Gentamicina

Iniezione di ago attraverso il timpano (vedi  sopra)

Catetere a farfalla di tipo  T-tube

Micro Wick inserito attraverso un tubo per timpanostomia

Microcatheter a pompa attraverso un  tubo per timpanostomia

 

L'approccio più economico sembra essere il metodo dell'iniezione con 'ago semplice. Ci non sembra essere molto più vantaggioso un catetere a farfalla  L'idea che sta dietro il Micro-Wick e Microcatheter è quella di fornire un livello più basso di farmaco ed un somministrazione costante di  gentamicina. Mentre la logica è ragionevole, praticamente alla scrittura attuale, non sembra importante  quale sistema di distribuzione viene utilizzato per amministrare. Il "Micro-Wick" Silverstein richiede un tubo per timpanostomia. La pompa Microcatheter richiede un approccio anche più invasivo.

Preparazione del farmaco

Una piccola quantità di soluzione di gentamicina è acquistata in  farmacia, in concentrazioni di 20-40 mg/ml, tamponato con bicarbonato. Lo scopo del buffer è per evitare l'irritazione dell'orecchio medio a causa di pH. Una piccola quantità di lidocaina può  anche essere aggiunta alla miscela, per rendere meno doloroso il processo.

Metodologie per la iniezione

Una siringa per tubercolina  viene utilizzata, con un piccolo ago per iniezioni spinali, contiene 1 cc e la soluzione viene iniettato in modo da riempire l'orecchio medio. L'ago spinale è piegato in modo che il medico possa  inserire l'ago senza che  la siringa, oscuri il campo visivo . La soluzione è lasciata nell'orecchio medio per 30 minuti, mentre il paziente viene lasciato  sdraiato .

Dopo che sono passati 30 minuti , viene effettuato un tentativo  di eliminare il liquido  dall'orecchio medio attraverso le trombe  di Eustachio, posizionando che il soggetto seduto in posizione verticale faccia delle manovre di compensazione . A volte viene effettuato un tentativo di fornire una ventilazione con un piccolo foro sulla membrana timpanica  L'idea è di garantire che il farmaco lascia l'orecchio medio dopo 30 minuti. Questa sembra essere una procedura ragionevole , almeno per le persone che sono in grado di eliminare  il farmaco dopo 30 minuti. Questo può essere accertato  cercando di vedere se il farmaco è nell'orecchio medio (forse sarebbe una buona idea usare una soluzione colorata?).

Regime di dosaggio - mensile (a basso dosaggio)

Questo è attualmente il regime preferenziale di dosaggio. Un'iniezione viene somministrata ed il paziente viene ricontrollato dopo  un mese (o 2 mesi). Se i sintomi sono invariati nella seconda metà del mese precedente, e non ci sono segni che il farmaco abbia agito sulla funzione vestibolare ed uditiva viene somministrata una  una seconda iniezione.

 

Dosaggio di regime - settimanale

Per le iniezioni settimanale, sono amministrate da 1 a 6 iniezioni, in genere una volta / settimana.

Gentamicina Intratimpanica per la malattia di  Meniere

Storie Con il Contributo dei Pazienti

 

Solo per i tuoi commenti,  io sono un paziente di 43 anni che avuto per un lungo anno la malattia di Meniere con attacchi di vertigine e trattato con gentamicina base dose che hanno eliminato completamente  tutti i miei attacchi. La qualità della mia vita prima erano completamente differenti. E ' stato un miracolo assoluto. Solo dovuto dire a qualcuno che dà molto consigli. Leggere PA

 

Trattamento Steroideo Intratympanic per la Malattia di Meniere

Timothy C. Hain, MD

: June 25, 2011

Definizione di steroide  itratimpanico  Intratympanic steroids (ITS) defined

Metodologia  Methodology

Risultati Results

Variante nelle procedure Variant procedures

Complicazioni (compreso il costoComplications (including the cost)

Dove e seguirloWhere to get it done

Bibliografia  References

Definizione degli  steroidi  itratimpanici ( Intratympanic steroid ITS)

 

 

 

56

 

Fig. 2-35 A.Uno steroide come il desametazone, metilprednisolone o betametasone può essere collocato nell'orecchio medio usando gocce autogestite. Questa immagine mostra il tubo di drenaggio per imettere gocceattraverso la membrana timpanica.

 

 

 

 

In casi estremamente gravi di vertigine episodica, come ad esempio quella dovuta alla malattia di Meniere (Meniere's disease), possono essere presi in considerazione somministrazione di farmaci nell'orecchio medio . Questa è l'ultima risorsa di trattamento per i pazienti che hanno attacchi gravi di vertigine.  L'obiettivo di questi trattamenti è di influenzare l'orecchio interno utilizzando farmaci  che entrano  nell'orecchio interno attraverso la finestra rotonda. La presunzione è che la malattia sia  immunologicamente mediata immune mediated.. I corticosteroidi diminuiscono l'infiammazione dell'orecchio e possono migliorare la circolazione labirintica. E’ stata inoltre avanzata l’ipotesi  che gli steroidi influenzano il metabolismo dei sali dell'orecchio interno. Questa ipotesi  sembra strana  in quanto farmaco di solito utilizzato, il desametasone, ha molto poco o nessun effetto sui mineralcorticoidi.

Qualche autore suggerisce  che i corticosteroidi sono antiossidanti (Chi et al, 2011

Gli steroidi possono essere somministrati per via orale, e questo metodo è  discusso qui’ this method is discussed here.

Indicazioni per ITG con steroidi.

L'autore di questo articolo non è molto entusiasta degli  steroidi ITG per la malattia di Meniere. Il motivo è che il farmaco viene eliminato in pochi giorni e anche se funziona, deve essere ripetuto ogni 3 mesi. Sembra un metodo di gran lunga inferiore all'uso di gentamicina IT (IT gentamicin), che fornisce una soluzione molto più durevole.

Le iniezioni di steroidi possono essere ragionevole quando uno sta tentando di diagnosticare malattie autoimmuni dell’ orecchio interno( autoimmune inner ear disease). Può anche essere giustificabile per la perdita improvvisa dell'udito Iniezioni di steroidi (come shunt chirurgico endolinfatico per malattia di Meniere) sono una procedura che sembra essere molto popolare come un intervento chirurgico, anche se un po' carente di una chiara logica.

Tipo di trattamento

Tuttavia, le iniezioni steroidee stanno rapidamente crescendo in popolarità. Al momento attuale (2008) nella pratica dell'autore a Chicago practice in Chicago, ha occasionalmente raccomando a un paziente che sta avendo un chiara  malattia di Meniere ben definita, o una perdita improvvisa dell'udito(sudden hearing loss).. Le ragioni per la mancanza di entusiasmo sono indicate nell'articolo dell'autore sulla stessa malattia di Meniere,  article on Meniere's disease itself, ma in sostanza, non sembra funzionare, a meno che non viene somministrata  per un lungo periodo, e ci sono alternative (cioè la gentamicina a basse dosi( low dose gentamicin ) che sono molto più durevoli, e si è scettici che sia  una buona idea  dare più iniezioni di steroidi nell'orecchio medio per un lungo periodo di tempo. Ancora, le cose stanno cambiando con questo tipo di trattamento.

Metodologia:

Le iniezioni di steroide possono essere effettuate attraverso il timpano, per mezzo di di un piccolo ago (Figura 1-35B), o somministrate con delle gocce attraverso un tubo di ventilazione (figura 1-35A). Gli steroidi IT permettono  di trattare un solo lato, senza influenzare l’altro . Inoltre evita le complicazioni degli  steroidi sistemici, può evitare l'intervento chirurgico e può funzionare quando gli altri trattamenti non funzionano .

La soluzione di desametasone deve essere una preparazione fresca  (i conservanti causano dolore intenso). Una miscela dura  circa 1 settimana. Bisogna fare due piccole incisioni, un per l'iniezione e la seconda per la ventilazione. Conservare  il desametasone a caldo a temperatura ambiente (per evitare le vertigini). Iniettare il desametasone attraverso l'incisione posteriore (Minor , 2008).

Il protocollo consigliato per la maggior parte dei pazienti si inizia con una sola iniezione intratympanic di desametasone (12 mg/ml). Follow-up in 2-3 settimane. Ripetere l'iniezione a 6-8 settimane se si ripete la vertigine. (Minor, 2008)

 

Risultati

 

 

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Varianti nella procedura degli steroidi  intratimpanici

La maggior parte dei professionisti utilizzano un semplice protocollo per le  iniezioni con gli  steroidi, iniettati  a intervalli più lunghi o settimanali. Tuttavia, i metodi di maggior successo riportati fino ad oggi, come gli studi di Sennaroglu e Boleas, implicano  periodi più lunghi di somministrazione.

Il Desametasone ha l'emivita più lunga: 36-54 ore. Ci si aspetterebbe  che gli steroidi nell'orecchio interno dovrebbero  persistere per un periodo più breve rispetto al  corpo umano, perché nell'orecchio interno, gli steroidi in generale non sono in equilibrio con il corpo. Così, si potrebbe pensare che tutti i protocolli con un dovrebbero con una  sola iniezione dovrebbero  probabilmente  fallire.

Alcuni degli steroidi sembrano causare più dolore rispetto ad altri. Il Desametasone sembra di essere il più tollerato, alla una dose di 12-24 mg / ml. E’ stato segnalato da Parnes che il Solumedrol sia il più doloroso  (1999).

 

Steroidi autogestiti (Self-administered steroids )

La  più semplice procedura (e  meno costoso) segnalato finora è quella di Sennaroglu et al (2001). Essi avevano avuto un  paziente che si somministrava desametasone semplicemente attraverso un tubo di ventilazione. Un tubo viene posto nel quadrante posterio-inferiore del TM. I pazienti sono istruiti a stare sul  fianco interessato mentire e ad istillare  5 gocce nell'orecchio interessato una volta ogni due giorni. Dopo l'instillazione, sono a giacere con l'orecchio dritto per 15 minuti. Viene utilizzata una bassa concentrazione di desametasone - 1 mg/ml. Questo è molto inferiore alla quantità  (24 mg/ml) che viene utilizzata  quando il farmaco viene iniettato.

Complicanze della  ITS.

Mentre generalmente si pensa che la ITS sia una tecnica sicura, ci sono molte possibili complicazioni (probabilmente minori) (vedi Doyle et al., 2004).

I rischi comuni sono il dolore, vertigini  di breve durata, episodi di otite media e perforazioni della membrana timpanica.

Il dolore durante l'inserimento del farmaco è comune. Questo non è un fenomeno inaspettato in quanto la  puntura in qualsiasi parte del corpo  con aghi è solito doloroso. Il dolore dovuto alle  gocce stesse è raro, soprattutto se viene utilizzato il desametasone, ma i conservanti presenti nelle gocce possono essere dolorosi.

L'otite media (Otitis media) è stato segnalata in solo 1 su 24 pazienti, utilizzando il metodo di Sennaroglu et al (gocce attraverso tubo). Sembra che sia  ancora più raro, in quei pazienti, in cui vengono somministrate direttamente le iniezioni. Quando si verifica di otite media di un paziente in cui è presente un drenaggio , è possibile  utilizzare  gocce di antibiotico nell'orecchio , come ad esempio gocce di Floxin (antibiotico fluorochinolonico).

La perforazione del timpano è una complicanza possibile. Gli steroidi compromettono la guarigione della ferita e ci si potrebbe aspettare un chiusura della perforazione più lenta. Il rischio di perforazione è aumentata dalla  presenza delle fibre  radiali della membrana timpanica . Questa complicazione in generale può essere gestita facilmente da un otolo e la perforazione può essere chiuso

Vertigini. Un vertigini temporanea può verificarsi quando le fiale utilizzate non hanno la stessa temperatura  del corpo, o se le soluzioni contengano lidocaina. Molti pazienti sono in grado di camminare senza aiuto dopo 20-30 minuti dalla somministrazione delle iniezioni. Non sono stati segnalati disturbi dell'equilibrio e vertigini permanenti.

Perdita dell'udito: la maggior parte dei medici che utilizza  steroidi intratimpanici riferiscono che non c'è poco o quasi nessun  rischio di perdita dell'udito (Doyle et al, 2005).

Costo: Questo può essere un metodo molto costoso per trattare la malattia di Meniere. I chirurghi otologi statunitensi effettuano una fattura di  $3000 per questa procedura di 30 minuti, possibilmente ripetuta 4 volte all'anno. Altri simili metodi di trattamento Menieres, come invece ad esempio l'utilizzo di gentamicina, a lo stesso  costo per iniezione ma generalmente  non è necessario fare più iniezioni . Così, il costo , per il sistema sanitario, di trattamento con la gentamicina è molto più basso rispetto al trattamento steroideo.

Errori: La ITS può fallire per vari motivi:

  • diagnosi sbagliata
  • Emicrania( Migraine)
    • Compressione microvascolare (microvascular compression )
    • Sindrome vertiginosa scarsamente definita
    • Meccanismo di Meniere che non risponde di steroidi
  • malattia di Meniere bilaterale
  • fallimento nella somministrazione del farmaco

 

    • aderenze nella finestra rotonda
    • rapida eliminazione dei farmaci attraverso la tromba d'Eustachio

 

 

Dove praticare il trattamento steroideo intratimpanico

L’ITS è un trattamento emergente. Generalmente viene fornito dai medici dell'orecchio  (Otologi - una sotto specialità della otorinolaringoiatria). Le varianti sono comuni, e molti delle varianti sembrano che non siano meglio  del placebo. Consigliamo un'attenta indagine del protocollo offerto dai vostri professionisti locali. Siamo favorevoli alla durata più lunga metodi sopra descritti. Siamo sicuri che qualche otologo  può monitorare da vicino il trattamento.

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Steroidi per perdita dell’udito o vertigini (Steroids for Hearing loss or Vertigo) 

Timothy C. Hain, MD:July 26, 2009

Gli steroidi sono comunemente prescritti per la perdita improvvisa dell'udito, così come per malattie autoimmuni orecchio interno e per la neurite vestibolare. Lo scopo di questa pagina è quello di descrivere  la metodologia abituale. Non discutiamo sulla efficacia o la validità delle loro indicazioni.

 

 I farmaci più comunemente utilizzati sono:

 

FARMACO

Mg equivalenti

mezza vita

Dose usuale di partenza

dexamethasone (decadron)

0.75

48(36-54)

4mg (equivalentE a 20mg di  prednisone, ma con una durata più lunga )

prednisone

5

24(18-36)

60

Methylprednisolone (medrol)

4

24(18-36)

6-5-4-3-2-1 di tavolette di 4 mg , equivalenti ad una dose iniziale di 30 mg

C'è una differenza molto piccola  rispetto al risultato finale con questi farmaci e per gli  effetti collaterali, ma differiscono per potenza e durata di azione, e per questo motivo, la dose deve essere regolata. Nella maggior parte dei casi, l'obiettivo sarà di iniziare con un equivalente di 1 mg/kg di prednisone (cioè circa 60 mg/giorno). IL decadron orale  sembrerebbe una cattiva scelta in quelle   condizione in cui sono desiderabili effetti rapidi come nella  perdita improvvisa della funzionalità uditiva o nella neurite vestibolare, in quanto per la sua lunga emivita, ci vogliono 20 giorni per raggiungere dello stato stazionario. Naturalmente, si può regolare il protocollo per dare all'inizio più farmaco , come è il caso con il "medrol dose pack".

Il più comune metodo di somministrazione è quello orale. Non verrà affrontato il problema della somministrazione di endovenosa (più veloce e più forte, utilizzato qualche volta in quel situazioni in cui i sintomi sono molto gravi, come la sordità bilaterale associate a malattie autoimmuni orecchio interno).

La somministrazione  attraverso il timpano è stata discussa altrove

. Questo metodo ha il vantaggio di molto meno effetti collaterali, ma gli svantaggi di un costo  molto più elevato e la necessità di un visita con degli otoneurologi per le iniezione  intra timpaniche.

Per il metodo orale, ci sono quattro protocolli comuni che si usano:

Ad impulso breve e debole - ad esempio - confezione dose di Medrol (circa 1 / 2 mg / kg equivalenti)

  • meglio e con un uso più forte  -- 21 giorni di  1 mg/kg con uno  stoppino
  • ad impulsi lunghe e forti  -- 30 giorni di  1 mg/kg con uno  stoppino
  • Ad impulso  seguito da un mantenimento

Il metodo più sicuro, più facile e più conveniente di utilizzare  gli steroidi è quello di utilizzare una confezione di medrol (metilprednisolone)

Questa è una scheda che contiene 6 giorni di steroidi, che vengono ridotti ogni giorno . La graduale diminuzione della quantità di steroidi ogni giorno viene chiamata  "cono". La ragione per fare questo è di consentire che le ghiandole surrenali del paziente, che solitamente il eliminano gli steroidi, tornare gradualmente a fornire in proprio gli steroidi al paziente. Il Medrol è leggermente più forte del  prednisone, così per convertire questo in "prednisone", quando si utilizza la dose di 4 mg-pack, uno ha appena al multiplo di 5. In altre parole, il medrol dose pack è l'equivalente di 30 mg di prednisone, si assottiglia fino a 0, in una  settimana. Perché il dose pack di medrol non contiene di solito 1 mg/kg di steroidi per la maggior parte dei pazienti, può essere semplicemente un intervento troppo "debole" per ottenere una buona indicazione se è presente una  condizione di reattività agli  steroidi.

Per le persone in cui è indicata una maggiore quantità di steroidi viene selezionato un protocollo più lungo e più intenso .

In generale, si  inizia con l'equivalente di 1 mg/kg di prednisone, si mantiene con  un "impulso" di diverse settimane o qualche  mese e poi si riduce  verso il basso (in 21 giorni o 30 giorni). Gli impulsi richiedono coni più lunghi. Controllare la pressione sanguigna per assicurarsi che non diventi  troppo basso e spesso sono richieste visite di  follow-up visite durante il periodo di somministrazione .

Alcuni pazienti sono "steroide dipendenti". Ad esempio, ogni volta che la dose di steroidi è ridotta al di sotto di una soglia, la funzionalità uditiva  comincia a deteriorarsi nuovamente. In questo tipo di pazienti , viene effettuato un tentativo di trovare un farmaco steroide con risparmio di sostituzione di steroidi (ad esempio metotrexato o Enbrel), ma nel frattempo, gli steroidi sono ridotti ad un livello  più basso. Questo è comunemente circa 5-10 mg/die di predisone.

Gli steroidi hanno molti effetti collaterali, che sono più comuni con le somministrazioni più  lunghe .Quelli comuni nel breve periodo (cioè 7 giorni) includono:

 

  • Aumento della pressione sanguigna
  • Ritenzione di liquidi
  • Sensazione di benessere (perdita di dolori articolari, per esempio).
  • Deterioramento o induzione temporanea del diabete, glicemia alta
  • Insonnia, sbalzi d'umore

 Problemi che possono verificarsi dopo  somministrazione più lunga , oltre a quelli sopra riportati, possono essere :

 Aumento di peso con gonfiore alle caviglie e accumulo di grasso attorno al centro del corpo, con  faccia di  luna.

  • Debolezza alle gambe (miopatia da steroidi)
  • Cataratta
  • Aumento del rischio di infezioni
  • Soppressione delle ghiandole surrenali, bassa pressione sanguigna e altri problemi durante la somministrazione .
  • Ecchimosi, pelle sottile
  • Perdita di calcio dalle ossa
  • Necrosi asettica dell'anca

References

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EPIDEMIOLOGIA DELLE MALATTIE DI MÉNIÈRE: II°APPROFONDIMENTO

Vi è un notevole disaccordo nella letteratura mondiale circa l'incidenza (nuovi casi / anno) e la prevalenza (tutti i casi della popolazione) della malattia di Meniere. Per riassumere, sembra che tale malattia Menieres ha una prevalenza di circa 200 casi/100 000 persone negli Stati Uniti, o in altre parole, circa 0,2% della popolazione ha la malattia di Meniere. La prevalenza può variare a livello internazionale, possibilmente essendo inferiore di quanto un fattore 10 in alcune popolazioni. La prevalenza aumenta con l'età, piuttosto linearmente, fino all'età di 60 anni.

57La nostra esperienza a Chicago Vertigini e udito - malattia di Meniere è più o meno equamente distribuito tra uomini e donne, con una età di picco di insorgenza di circa 60.

l'autore, Dr. Timothy Hain  , che ha una grande esperienza con Meniere. Semplicemente guardando l'età in soggetti con diagnosi di Meniere, in base al sesso (blu sono donne), produce il grafico qui soprariportato. Naturalmente questo grafico è tratto dalla popolazione clinica, ma si può ragionevolmente riflettere la prevalenza di Meniere a Chicago nell’Illinois. Si dimostra ancora una volta prevalenza crescente con l'età fino a 60 anni di età.

Per l'Inghilterra, Cawthorne e Hewlett (1954) riportarono 157 casi/100 000 casi sulla base dei registri di 8 pratiche generali in Inghilterra durante l'anno che termina a marzo 1952. Non è chiaro nella loro relazione se tali cifre riflettono l'incidenza o la prevalenza, anche se Arenberg et al suggeriscono che è  l’incidenza (1980). Se fosse la prevalenza, questa cifra sarebbe molto simile a una cifra riportata per gli Stati Uniti da Wadislowvsky e soci, in seguito). Se incidenza, questa figura suggerisce una prevalenza molto più alta (circa .16 * 25%, o circa il 4% della popolazione). Pensiamo che questo è altamente improbabile. Mentre altri hanno anche suggerito un tasso di prevalenza più alto 1% (ad es Morrison, 1995; Harrison e Naftalin, 1968), sembra che ci sia poco di buono nella prova di questa affermazione. Goodman (1957) ha presentato dati che suggeriscono una prevalenza del 0,056%, che è simile alla figura trovano negli Stati Uniti da Wadislowvsky e soci.

In Giappone ci sono stati diversi grandi studi epidemiologici. Secondo Watanabe (1988), la malattia di Meniere era raro fino al 1950.Dalla fine della seconda guerra mondiale, c'è stato un rapido aumento del numero di pazienti osservati con malattia di Meniere. In questi studi hanno definito Menieres come la combinazione di ripetuti attacchi di vertigine, fluttuante sintomi cocleari con le vertigini, e l'esclusione di altre malattie (Watanabe et al, 1995). Hanno riferito età media di insorgenza di 41-42 anni di età, con un picco di incidenza a 30-39 anni. La prevalenza era 16-17 per 100.000. Questa figura appare basso. Uno studio più recente di Shojaku e Watanabe (1997) ha trovato una prevalenza compresa tra 21,4 e 36.6/100, 000, che può essere ancora una stima bassa.

Ci sono stati diversi studi di popolazione degli Stati Uniti. Nello studio Framingham, (Framingham, Mass, USA) 1,48% della popolazione ha affermato di avere una storia di malattia di Meniere (Moscicki et al, 1985). Questa grande figura prevalenza probabile deriva da una tendenza di molti medici accomunare tutti i casi di vertigini ricorrenti nella categoria della malattia di Meniere (Slater, 1988). Wladislavosky e soci, presso la Mayo Clinic hanno riportato una prevalenza nel 1980 nella popolazione di Rochester Minnesota di 218,2 casi/100, 000, e un tasso di incidenza di nuovi casi di 15.3/100, 000/anno. Essi hanno inoltre riferito un tasso di diagnosi fondamentalmente proporzionale alla età fino a 60 anni di età, con un successivo declino. Bilateralità è stata trovata nel 34% del loro gruppo. Essi hanno osservato che i tassi a Rochester MN appaiono inferiori a quelli segnalati in Inghilterra e in Svezia.

In Finlandia, la prevalenza è stato segnalato per essere 43/100, 000 e incidenza era 4.3/100, 000 (Kotimaki et al, 1999). Questa cifra sembra bassa rispetto agli Stati Uniti e in Inghilterra.

In Svezia, Stahle et al ha riportato l'incidenza per il 1973 di Menieres a Uppsala a 45/100, 000 population.This studio ha utilizzato anche criteri più rigorosi per la diagnosi di altri hanno avuto, ed è generalmente pensato per essere una sottostima. La malattia di Meniere, per i loro criteri, è di circa 4 volte più comune come otosclerosi .

In Italia, Celestino e Ralli riportato un tasso di incidenza di 8/100, 000, e la stima che la prevalenza era di circa lo 0,4% della popolazione. Ciò fa supporre che la maggior parte delle persone con la Meniere vivono con la malattia, in media, per 50 anni. La loro distribuzione , non normalizzato per l'età della popolazione, viene  alzata a 41-50.

L'impressione generale è che entrambi i sessi sono ugualmente colpiti. Tuttavia ci può essere una differenza nella distribuzione dei pazienti gravemente disabili. Stahle (1976) ha osservato che il numero di maschi superano le femmine (206:150) in questo gruppo.

Pochi dati disponibili sulla predisposizione razziale alla malattia di Meniere. Nel 1972 Nsamba ha riferito che la malattia di Meniere era rara in Uganda.  Caparaosa (1963) ha riferito che la malattia di Meniere era prevalentemente una malattia della razza bianca e si è verificata solo raramente nei neri. D'altra parte, Kitahara e Futaki (1974) hanno trovato che l'incidenza della malattia di Meniere è quasi identico tra bianchi e neri americani i. La malattia di Meniere è rara nel sud-America (Wiet, 1979). Per riassumere, al momento non è chiaro se ci sono predisposizioni razziali alla malattia di Meniere.

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